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Autore: sososisu    22/02/2008    6 recensioni
Aveva un modo particolare di mangiare le fette biscottate, staccava con le piccole dita poco curate, la crosticina esterna, quella bruciacchiata, che le piaceva tanto. L'interno invece lo abbandonava a se stesso. Dimenticato.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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DREADLOCKS

Si sistemò la fascia a righe colorate, fatta all’uncinetto da sua nonna circa vent’anni prima. Era quasi arrivata … quasi, per modo di dire. L’aereo stava per atterrare, dopo di che l'avrebbero aspettata chissà quante ore di attesa per i bagagli e poi il viaggio fino all’hotel. L’orda di fan. Il casino. Il mal di testa. Lo scazzo.
Si sistemò le cuffiette dell’Ipod nelle orecchie, incastrandole fra i vari orecchini. Le venne quasi da ridere al pensiero di sua madre, dieci anni prima, che le urlava contro di tutto quando tornava a casa ogni giorno con un buchetto in più.
Diciamo che non era mai stata proprio una ragazza modello: i suoi erano disperati e a scuola era un disastro. Poi però aveva messo la testa a posto … più o meno.

… Non ebbe il tempo di terminare la canzone che stava ascoltando battendo il ritmo con l’indice e il medio sul ginocchio, che la piccola immagine che stava sopra la sua testa s’illuminò, doveva allacciare la cintura. Grazie a Buddha era finito quel volo interminabile. Buddha? Si lo so … solitamente si dice grazie a Dio, ma lei era Buddista, quindi diceva grazie a Buddha. Semplice no?
Riordinò il marasma che si era creato intorno alla sua figura nelle ultime tredici ore: coperte lanciate per aria, cartacce di merendine e affini, elastici per capelli, posate, bottigliette d’acqua e diversi quaderni e matite. Diciamo che non era proprio il genere di ragazza che si definisce ordinata. Una hostess la venne a chiamare annunciandole che lei sarebbe stata la prima ad uscire dall’aereo. Bella pacchia lavorare per delle star, eh? Prima classe, extra lusso e super comfort. Mica male. Peccato che lei fosse il primo gradino di un’altissima piramide. C’era una gerarchia, ovviamente, e lei era il cameraman. Il cameraman di quei quattro, famosi in tutto il mondo. Era felice, nonostante appartenesse alla categoria di minor importanza nella troupe, guadagnava bene, si divertiva, faceva ciò che le piaceva, anche se in realtà la sua vocazione era la fotografia.

Afferrò il suo bagaglio a mano, che più che una borsetta, sembrava una vera e propria valigia di ventisette tonnellate. Se lo mise a tracolla e con le mani libere raccolse una piccola videocamera che aveva abbandonato in un angolino, vicino al suo sedile. In quella camera, su quella memoria, era conservata la sua vita. Erano anni che lavorava per star famose, che era lontana da casa, dalla quotidianità. E, per farsi un po’ di compagnia, si registrava. Può sembrare squallido, ma ormai era una sua abitudine. la videocamera le faceva compagnia, era la sua unica vera amica, confidente. Si riprendeva di giorno, di notte, triste, felice, arrabbiata, depressa, mentre mangiava, mentre cantava, mentre suonava qualche accordo di chitarra. Centinaia di nastri dove l’unica protagonista era lei. Su quelle cassette, riservate esclusivamente alla sua esistenza, non sarebbe mai, MAI, comparso nessun altro, fuorché lei.
Stava camminando mezza barcollante per il corridoio, quando finalmente, le porte dell’aereo si aprirono. Un uomo sulla cinquantina le si avvicinò e le strinse la mano piena di anelli, stritolandogliela.
-Piacere, sono Saki Pelka, se mi vuole seguire, ora la porto all’hotel. Mi dia pure i suoi bagagli … - La guardò attraverso quei suoi occhialetti buffi. Lei gli sorrise: -Oh, no, non si preoccupi signor Saki, faccio da sola-
Carino, quel tizio. Molto loquace soprattutto. Beh, in fondo era un bene, lei detestava le persone logorroiche. Lei amava la pace, la tranquillità, il silenzio.
Scese le scale e attraversò l’aereoporto, seguita da un’orda di fan che, appena avevano notato la scritta bianca stampata sulla maglietta di Saki, avevano iniziato a sbraitare come galline sgozzate. Leggermente intimorita si avvicinò di più all’uomo-gorilla, che rimaneva impassibile di fronte a quella massa di piccole ed odiosissime tredicenni. –M…Ma…cosa?-
Lui, senza nemmeno guardarla, le disse un banalissimo: -E’ per la mia tshirt- e continuò a camminare, spedito verso il parcheggio.
Effettivamente sul tessuto scuro si poteva notare benissimo l’enorme scritta: TOKIO HOTEL STAFF. Improvvisamente capì tutto e un’enorme vena iniziò a pulsarle sulla fronte. Si mise nei panni di tutte le star del mondo, come cazzo facevano a sopportare situazioni simili?
Aumentò il passo, ancora più alterata. Ora il pollaio la stava fulminando con lo sguardo. Avevano tutte notato il suo pass appeso al collo che rappresentava la stessa identica scritta che era stampata sulla maglietta di Saki. Un brivido le percorse la spina dorsale, quelle non ci avrebbero messo molto a sbudellarla e ingurgitare la sua carne. Cannibali. Tsk.
In pochi minuti raggiunsero finalmente la macchina, un suv nero dai vetri oscurati. La valigia le stava sfondando la spalla. E grazie a Buddha il resto della sua roba gliela stavano trasportando gli addetti dell’hotel che il signor Pelka si era portato dietro. Insomma … non che lei viaggiasse con cosi tanti vestiti, però le attrezzature di un cameraman pesavano, eh?
Abbandonata finalmente la borsa nel bagagliaio gigante del suv chiuse con un colpo secco lo sportello e aprì quello più avanti, per poi stravaccarsi sulla poltrona di pelle. Che figata non era quell’auto?
Come aveva fatto poco prima, si risistemò la fascia che le copriva le orecchie e si tolse l’elastico nero che le teneva legati sulla nuca una cascata di dreadlocks neri come la pece. Se li rilegò in cima alla testa, sistemandosi alcuni serpentelli che erano scivolati giù. Sorrise al pensiero che presto avrebbe lavorato con un suo simile.
Tom Kaulitz. Per quel poco che ne sapeva, era un bastardo con la B maiuscola, che aveva scopato con la futura moglie del batterista, Gulasch … Gustav … un nome del genere.
Poi c’era il cantante finocchio, beh si … lui era impossibile non conoscerlo. E per ultimo, un tipo pompato e piastrato. Andreas. Si, si chiamava cosi se non ricordava male.
Appoggiò la fronte liscia sul finestrino, intenta a guardare il paesaggio della città oscurato da quei vetri spessi e neri. Stava schiattando di caldo, possibile che fossero a fine aprile e ci fossero trentun gradi? Con un movimento svelto si slacciò la cintura di sicurezza e si sfilò la maglia a maniche corte che indossava, mostrando sotto una semplice canottiera di un colorino identificabile come verde-oliva-marcio-cacca. Ficcò la vecchia tshirt tutta sudaticcia nella borsa, che di lì a poco sarebbe scoppiata e si fissò per qualche secondo nello specchietto che era posto sul parasole, sopra la sua testa. Si voltò verso Saki che stava fissando con attenzione la strada. –Ehi … - Gli fece, lui non si girò nemmeno, semplicemente annuì, in attesa di una possibile domanda. – …Quanto manca?-
-Poco- Rispose. Va bene che detestava le persone esageratamente logorroiche però … che cazzo, quello era peggio della mummia millenaria di Tutan Camon o come diavolo si chiamava. Sbuffando tornò a guardare fuori dal finestrino, fino a che non scorse una folla, enorme, di ragazze urlanti e piene di cartelloni. Si mise a fissare attentamente ogni singola giovane, fino a che non si rese conto che quell’ennesima orda di gente era lì da ore-giorni-settimane-mesi-anni solo per scorgere anche una singola ciocca di capelli di uno dei quattro, possibilmente il finocchio che, secondo loro, era più etero di Rocco Siffredi. L’uomo parcheggiò il suv e subito la folla si aprì, come se fosse stata il mare diviso in due da Mosè. Le ragazze, notando una massa di dread, subito pensarono ad un presunto Kaulitz, e iniziarono a sbraitare come anatre, ma, quando si resero conto che i suddetti rasta erano color notte e non miele, iniziarono ad urlare una serie di adorabili insulti, quali: “Mignottazoccolaputtanabattona non toccare il mio Bibiiii!” La poveretta cercava di farsi largo mentre le pazze le tiravano i capelli, la canottiera, i pantaloni, le spalline del reggiseno, le mutande e gli arti, inferiori e superiori. Entrata finalmente nell’hotel si accasciò per terra, esausta e ansimante.
- Porca troia -
A quella sua educatissima esclamazione, tutti i vecchietti che alloggiavano in quell’albergo a tremiladuecentoventuno stelle si voltarono verso di lei e la fulminarono con il classico sguardo da stronzi snob.
Si guardò intorno, alla ricerca di un viso conosciuto, ma Saki era scomparso e insieme a lui anche i facchini dell’hotel, che avevano abbandonato tutte le sue valigie nel bel mezzo della hall. Si alzò, stravolta, e cercò di chiedere un qualche aiutinoinoino alla tizia della reception, che però era troppo intenta a parlare al telefono per ascoltarla. Ok, era partita col piede sbagliato, doveva calmarsi, respirare e pensare che una volta in camera si sarebbe fatta una bella sigaretta. Cercò di sollevare tutti i bagagli contemporaneamente, ma non ci riuscì. Allora provò ad usare un meccanismo ad incastro che consisteva nell’incastrare alla perfezione tutte le borse e dirigersi verso l’ascensore. Ma nemmeno questo ebbe successo. Si stava per arrendere quando, all’improvviso, una voce gentile e ovattata le carezzò i timpani.
-Ti serve una mano?-
Non appena sentì la fatidica frase, che attendeva da lunghi minuti, gli occhi blu le si illuminarono come due torce. Si voltò verso il suo salvatore e le comparve un sorriso a tredicimiladuecentoventicinque denti, non appena si accorse che era una ragazza, più o meno della sua età, forse un po’ più grande.
- … Te ne sarei eternamente grata!-
Lei le sorrise e la aiutò con i pacchi, pacchettini, pacchettoni e affini. Si avvicinarono all’ascensore e, una volta portato tutto al suo interno, ripresero fiato. La ragazza le allungò la mano e lei gliela strinse sorridendo.
-Piacere, mi chiamo Meredith-

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Note Dell’Autrice: Et Voilà, ecco un altro capito sfornato solo per voi! Ed ecco anche un nuovo personaggio, di cui ancora non si conosce il nome! Eheheh sorpresa! [EH BE, che sorpresona -.-]
Beeh, allora … cercherò di rispondere alle vostre recensioni anche se non erano poi molte, soob! Recensiiite recensiiite! Che fa solo piacere!!

_Princess_: ahaha sì, hai perfettamente ragione, Kaulitz è e resterà per sempre una diva! Ahahaha Comunque, per quanto riguarda Meredith … porta pazienza, piano piano si scoprirà di più anche su di lei!^^ Grazie per la recensione, un bacione!! E tu quando aggiorni? ;-)

elli_kaulitz: sono felice che il capitolo ti sia piciuto!:) Già è vero, Tom senza vestiti enormi non è lui … però io lo trovo carino anche più aderente … ma non come il suo checca-gemello, don’t worry! ;D

claudy: ahahah ma guarda, io non è che ci metta poi molto di mio, lui davvero si comporta così nella verità! E’ un marmocchio! Ahahah Bill, cresci un po’!!! ahaha

picchia: già, ci hai proprio azzeccata. Anche io sono morta annegata nei suoi occhioni verdi! Poi dopo il concerto del 30 e i Kids’ choice awards, mi sono innamorata ancora di più di lui<3 Dal vivo è tremiliardi di volte meglio che in foto :-Q_____

biti0189: ma grazie cara^^ spero ti sia piaciuto anche questo capitolo! Un bacione

RubyChubb: eccomi qui! Guarda in questo capitolo ho presentato un nuovo personaggio! Spero sia di tuo gradimento! :D è da un bel po’ che non ci sentiamo su msn! Mannaggia! Ah, c’è qui Polly che ti vuole salutare, aspetta, aaaaaaah, si sta impossessando della tastieraaaaahsahlshdlshlf AMOOOOOOOOOO CM STAIIII? TI LIEBOOOOOOOOOOOO banggg
Ok … l’ho fatta fuori :D Ahaha un bacioo!

Grazie ancora a tutti! Mi raccomando recensite :)
Un abbraccio e un bacio a tutti voi!

Vostra G.

  
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