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Autore: Leopoldo    17/08/2013    3 recensioni
Raccolta di one-shot a tema vario (Au, crossover, what if, future fic, etc) e a vario rating, tutte incentrate su Quinn e Puck.
Capitolo 1: Mi concede questo ballo? (what if, tema Prom with Beth, fine terza stagione, verde).
Capitolo 2: Los Angeles è il posto giusto (futurfic, angst, verde).
Capitolo 3: Super Mario? Sei serio?! (missing moments, tema Mario Hospital, post 3x14, verde)
Capitolo 4: Protego (crossover, Harry Potter AU, Gryffindor!Puck, Beauxbatons!Quinn, verde)
Capitolo 5: Foto ricordo (futur fic, missing moments, what if, verde)
Puck fa visita a Beth poco prima del giorno di Natale. Mentre aiuta sua figlia con le pulizie della soffitta, una foto fa capolino da una pila di cianfrusaglie e creerà scompiglio. Per quale motivo? Cosa raffigura? E l'intervento di Quinn in videochiamata, cosa determinerà?
Una foto non è un fermo immagine di una vita lontana, ma l'incipit da cui riesumare ricordi ormai dimenticati.
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Un po' tutti | Coppie: Puck/Quinn
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Personaggi: Quinn Fabray, Judy Fabray, dottoressa Maddox (nuovo personaggio), Noah Puckerman, un po’ tutti (solo menzionati).
Note: missing moments, ambientato alla durante la terza stagione di Glee in un ipotetico intermezzo tra le puntate 14 e 15.
Rating: verde.
Genere: generale (augurandomi che significhi un po’ di tante cose), (appena appena) introspettivo, mi auguro un pochino comico ed appena fluff (solo come amici, però, per restare fedele alla serie … mah).
Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di qualcuno che li odia Ryan Murphy e della Fox (credo); questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro ma solo per dare un po' di spazio ad una coppia mai approfondita.  

 

 

 

Super Mario? Sei serio?!

 

 

Appoggia il sandwich sul vassoio dopo nemmeno tre morsi. Non che faccia schifo, eh. Insomma, è cibo d’ospedale e non cucina da ristorante di lusso, però non è così male.

Ha semplicemente lo stomaco chiuso in una morsa così stretta da non far passare più bocconi di così.

“Non ho molta fame” si giustifica dopo essersi accorta dello sguardo disperato di sua madre –sguardo che non l’ha abbandonata per un solo momento da quando si è svegliata in quel letto.

 

“Almeno il budino” contratta Judy, scartando l’involucro d’alluminio e porgendole il vasetto. “È cioccolata. È buona

 

Quinn ruota gli occhi al cielo, evitando di notare la dottoressa Maddox, la giovane internista che l’ha in cura, intenta a nascondere una risata dietro la sua cartella.

“Lo so che la cioccolata è buona, mamma” sbuffa, afferrando comunque il budino. “Ho avuto un incidente, non sono regredita a quando aveva cinque anni”

 

“Questa mancanza di appetito è normale?” la ignora completamente sua madre, rivolgendosi direttamente alla dottoressa.

 

“Beh, certo che sì” annuisce lei, rimettendo la cartella al suo posto. Sul volto ha un sorriso che, nonostante gli evidenti sforzi, non riesce a mascherare. “Il trauma che ha subito sua figlia può portare a ripercussioni di questo tipo. La lasci mangiare ciò che vuole per un po’ e vedrà che, non appena il corpo avrà smaltito lo stress, il metabolismo di Quinn tornerà alla normalità”

 

“Capisco” annuisce Judy, avvicinando di più al letto la sedia che non ha ancora abbandonato da quando sua figlia è stata portata lì. Cosa successa ormai tre giorni fa, per la cronaca.

 

Approfittando del momento in cui sua madre prende il cellulare dalla borsetta per rispondere ad un sms, Quinn getta uno sguardo di supplica alla dottoressa che, all’improvviso, si ricorda del loro ‘piano’.

 

“Judy” mormora la Maddox dopo aver fatto un occhiolino alla sua paziente. “Sono un po’ preoccupata per lei”

 

Per me?” sussulta la donna sulla sedia, voltandosi verso la dottoressa con una mano appoggiata drammaticamente sul petto e un’espressione addolorata stampata sul volto.

 

La giovane internista rimane spiazzata per qualche secondo dalla posa teatrale della madre di Quinn prima di annuire gravemente.

“Da quanto non dorme?”

 

“Io … beh … io dormo tutte le notti” tartaglia voltandosi almeno tre volte verso la figlia, cercando in lei un appoggio che non sa di non avere. La voce particolarmente acuta rispetto al normale, poi, renderebbe difficile a chiunque bersi una frottola del genere.

 

“Su una sedia” interviene Quinn. Sembra alto tradimento, ok, ma lo sta facendo solo ed esclusivamente per il suo bene. È pallidissima in volto e sembra invecchiata di colpo di almeno dieci anni. “Svegliandoti ogni ora per vedere se non sto soffocando nel sonno”

 

Judy fulmina la figlia con uno sguardo omicida che ricorda alla ragazza uno di quelli di Santana. Tuttavia, prima che posso dire qualcosa, la Maddox le appoggia delicatamente una mano sulla spalla.

 

“Io e sua figlia crediamo che non ci sia nulla di male se questa sera si concede un po’ di meritato riposo” le dice in tono particolarmente mieloso. “Va a casa, si fa un bagno caldo, beve un bel bicchiere di vino rosso e si riposa per almeno otto ore in un letto vero”

 

“Ma … ma … Quinnie? Non mi vuoi qui?”

 

Di nuovo la vocetta acuta, di nuovo un’avvisaglia di attacco isterico. ‘È solo stanca’ si ripete la ragazza sdraiata sul letto, spostando dietro l’orecchio una ciocca bionda particolarmente ribelle.

“Non ti reggi in piedi, mamma. Non c’è alcun motivo per cui tu rimanga anche stanotte. Sto bene”

 

“Le assicuro che chiederò ad un’infermiera di piantonare la stanza. Sarà come se fosse qui con lei” rincara la dose la Maddox, scambiandosi un cenno d’intesa con Quinn. Ormai è fatta, nessuna persona al mondo potrebbe rifiutare un’offerta del genere.

 

“D’accordo” concede alla fine Judy Fabray dopo un eterno minuto di riflessione, sistemandosi nervosamente la giacchetta ocra che indossa. “Ma-”

 

“Se succede anche la minima cosa la faccio chiamare subito” la anticipa la dottoressa, rivolgendole un sorriso smagliante.

 

“La ringrazio, dottoressa Maddox” mormora Judy con voce stranamente commossa, stringendo contemporaneamente la mano di sua figlia.

 

“Faccio solo il mio lavoro” gracchia l’internista in un tono che forse dovrebbe risultare professionale ma, come unico risultato, ha quello di far scoppiare a ridere Quinn. “Ci vediamo più tardi”

 

“Mi sembra un tantino sciocca, non trovi?” sospira Judy non appena la dottoressa è uscita dalla stanza, allungandosi su Quinn per prendere una cucchiaiata di budino dal vassoio che sta dall’altra parte del letto.

 

“A me piace”

Riesce a farla sentire a suo agio e a farla ridere, oltre al fatto che è disponibilissima. Che altro si può desiderare in un medico?

 

“Domani probabilmente arriverà Frannie da Albany” le comunica la madre dopo un paio di minuti di chiacchiere futili sul cibo e sulla temperatura delle camere ospedaliere.

 

“Non vedo l’ora di vederla” sorride, sinceramente commossa ed entusiasta. Per sua sorella il lavoro e il marito sono tutto, prendere un aereo per venirla a trovare è uno sforzo non da poco considerando il tipo.

 

“Riguardo i tuoi amici? Sei sicura di non volerli vedere? Chiedono tanto di te”

 

Quinn si rabbuia all’istante, dimenticando tutta la gioia per la notizia dell’arrivo della sorella.

Non vuole farsi vedere così, non può farsi vedere così. Ha ancora un briciolo di dignità, anche se non lo direbbe mai guardandosi allo specchio, e non si può permettersi il lusso di farsi vedere debole. Non di nuovo.

“Preferisco aspettare di essere dimessa” mormora freddamente, facendo ricadere la testa sul materasso e voltandosi verso la finestra, nella direzione opposta a sua madre. “Mi vedranno a scuola”

 

Judy è troppo stanca –o già rassegnata- per provare a convincere quella testona di sua figlia.

Da questo punto di vista ha preso decisamente da quel bastardo del suo ex marito, nessun dubbio a riguardo. Ed esattamente come faceva con lui, è molto meglio lasciar perdere.

 

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Quando è sola in stanza, tutta la fatica di sorridere di fronte a sua mamma e di far finta di essere serena con i dottori esige il suo tributo.

Quando è sola in stanza, il peso dei suoi pensieri la schiaccia con una forza tale da impedirle di riposare o, peggio, da provocarle costanti mal di testa.

 

Ha provocato un incidente quasi mortale, ha distrutto la sua macchina e quella del signore che l’ha presa in pieno, le toglieranno la patente e molto probabilmente le faranno pure causa.

In più …

 

Appoggia le mani sulle cosce, strofinandole piano, scendendo verso il basso fino ad arrivare alle ginocchia.

Nulla.

Giacciono lì, immobili, inutilizzabili, insensibili.

 

Si passa le mani sul volto, mordendosi con forza il labbro per non piangere ed affondando con la nuca nel cuscino.

 

Paralizzata.

È come se ogni volta che provasse a rialzarsi, qualcosa di più forte di lei la ributtasse a terra per una sorta di compensazione karmica.

‘Hai ritrovato il tuo equilibrio mentale ed in più hai vinto Yale al terno dei college, eh? Bene, ci andrai su una sedia a rotelle!’

 

Qualcuno con un pessimo tempismo bussa alla porta proprio mentre sta lottando con tutta sé stessa per abbandonarsi alla sconforto più totale.

Cerca di ricomporsi il più velocemente possibile e come può, sperando ardentemente che non sia la Maddox ma una semplice infermiera di passaggio. O, peggio, sua madre che dopo mezz’ora ha deciso di ricomparire perché non riesce a starle lontana.

“Avanti” mormora simulando una voce assonnata, il viso precauzionalmente rivolto verso la finestra.

 

“Buonasera”

 

Si volta di scatto, sorpresa come poche volta in vita sua, riconoscendo immediatamente il proprietario di quel vocione.

“Puck!” esclama, sorridendo a trentadue denti.

Solo quando il ragazzo entra nella camera, un mazzolino di quelli che sembrano tanto fiori di campo in una mano e una buffa cartella rosa nell’altra, riesce a rendersi conto di cosa voglia dire vederlo. Non è pronta.

“L’orario di visita è finito almeno un’ora fa” balbetta cercando una scusa plausibile per mandarlo via. Non può vederla ridotta così.

 

“Anche io sono felice di vederti” borbotta ironico, facendo ruotare il povero mazzo in aria. La osserva a lungo, quasi sicuramente per via delle tante piccole lesioni che ha sul volto a causa dell’esplosione del finestrino e dell’apertura dell’airbag, prima di appoggiare i fiori sul comodino e schiarirsi la voce.

“A parte quei taglietti sulla guancia e la fasciatura al braccio, come stai?”

 

Per questo nessuno doveva vederla. Se persino uno come Puck si trova in difficoltà di fronte alla sua nuova condizione –dando per certo il fatto che sua madre abbia già spifferato la notizia ai quattro venti-, come reagiranno gli altri? Rachel diventerà la sua schiava personale visto che era al suo matrimonio che stava andando?

 

“Bene, sì” farfuglia frettolosamente, affrettando a parlare per non lasciare spazio a Puck. “Come hai fatto a passare lo sbarramento d’infermiere? Non le avrai mica sedotte”

 

“Beh …” inizia lui, tentando di appoggiare il piccolo mazzetto in equilibrio contro ad un vaso molto più grande “… me le sono lavorate, lo ammetto, ma non nel senso che pensi tu”

La guarda negli occhi, non riuscendo proprio a non sorridere. “Ho solo recitato la parte del fidanzato disperato

 

Quinn inarca il suo famoso sopracciglio e con le labbra disegna una smorfia fintamente sdegnata, scuotendo appena il capo di fronte allo sguardo interrogativo di Puck.

“Mi infastidisce che ci abbiano creduto”

 

Il ragazzone apre la bocca per protestare, probabilmente ricordandole i loro trascorsi e il fatto che nemmeno troppo tempo fa l’aveva pregato di fare sesso con lei, salvo poi rimanere fermo a fissarla, uno strano luccichio negli occhi. Sembra … commosso?

 

“Quanto cazzo mi è mancato quel sopracciglio?” sbuffa, tuffandosi praticamente addosso alla bionda che, sorpresa, rimane imbambolata mentre le braccia di Puck le si stringono attorno. “Ci hai fatto morire di paura, Q”

 

Ci mette qualche secondo a ricambiare l’abbraccio ma, quando lo fa, improvvisamente gran parte delle sue paure crollano. Come può dubitare del calore che solo gli amici sanno trasmettere?

 

Ci?” riesce comunque a bofonchiare cercando di non far sentire la commozione nella propria voce e facendo appena un po’ di leva sulle spalle di Puck per farlo staccare.

 

“Certo” annuisce vigorosamente, sollevando lo zainetto rosa da terra ed appoggiandolo sul bordo del letto. “Ho portato una cosa ma ho bisogno di … oh, eccola lì

 

Segue con lo sguardo il movimento di Puck che avanza deciso fino al televisore che le hanno portato da un paio di giorni –la sua camera ne era sprovvista-, cercando rapidamente una spiegazione plausibile del suo comportamento.

“La playstation?” farfuglia, inorridita, osservandolo prendere fuori dallo zainetto rosa una serie di cavetti. Poi, però, la sua mente elabora una prospettiva ancora peggiore. “No. Non puoi aver portato-”

 

Nintendo 64 con Mario kart!” esulta Puck senza ricordarsi di trovarsi in un ospedale. Si mette al lavoro con un sorrisetto genuino disegnato sulle labbra, cercando di sistemare al meglio console su una sedia per permettere ai joystick di arrivare al letto di Quinn.

 

“Super Mario? Sei serio?!”

 

“Mario kart” la corregge oltraggiato, voltandosi per scoccarle uno sguardo nervoso. “C’è una bella differenza. E non c’è niente di meglio per svagarsi un po’”

 

Quinn apre la bocca ma scopre di non avere nulla da dire. Dovrebbe arrabbiarsi con lui? Per cosa, poi? Perché ha fatto di tutto per venirla a trovare e perché ha trovato un modo tutto suo –un po’ infantile, forse, ma non importa più di tanto- per farle dimenticare per qualche minuto della sua condizione?

 

È la seconda volta in pochi mesi che Noah Puckerman la sorprende, dimostrandole di essere la persona che meglio la conosce di tutto il Glee. Non ha dimenticato le parole che le ha rivolto quella sera nella sua camera e, ancora di più, il fatto che abbia dormito abbracciato a lei tutta la notte.

 

Non è ancora a riuscita a capire quali sentimenti li leghino ancora nonostante quello che è successo ma, e di questo è certa, non le dispiace troppo averlo qui.

“Scelgo io la coppa da fare” brontola con tono fintamente lamentoso mentre Puck, piuttosto soddisfatto, si è voltato verso di lei agitando i due joystick, uno grigio e l’altro blu.

 

“Pff. Come se non la conoscessi già” ridacchia scegliendo le impostazioni. “Star Cup, quella con la pista con i pinguini”

 

Quinn ridacchia a sua volta, sentendosi quasi onorata del fatto che dopo due anni si ricordi ancora quali siano le sue piste preferite.

 

“Dai, fatti un po’ più in là, così ci sto anche io” borbotta Puck, ormai concentrato sul gioco, avvicinandosi al bordo del letto e facendole dei cenni con la testa.

 

È tentata dal ricordargli delle gambe inerti attaccate al bacino e dalfargli notare la sua mancanza di tatto ma, prima di manifestare ad alta voce la propria stizza, il pensiero che lo faccia apposta per non farglielo pesare supera tutti gli altri. Anche perché sa, non ha alcun dubbio a riguardo.

 

Cerca di spostare il sedere il più possibile, muovendo faticosamente le gambe con le mani per sistemarle sul bordo del letto.

 

Puck le si sdraia accanto un secondo dopo, confermando implicitamente le sue teorie. Stanno un po’ stretti, a dire la verità, ma Quinn non ha nemmeno il tempo di farlo notare visto che le ha già messo il joystick in mano.

 

Lui sceglie Mario, perché non ha alcuna fantasia, lei invece opta per Yoshi, il piccolo e tenero dinosauro verde. Le ha portato molta fortuna le volte in cui, quando era ospite a casa Puckerman dopo essere stata gentilmente buttata in strada da suo padre, decideva di lasciarsi convincere a giocare con lui.

 

“Prima hai parlato di ci” butta lì casualmente, dopo aver battuto Puck –piuttosto arrabbiato per la sconfitta- nel primo dei quattro circuiti.

Ci sta pensando da quando glielo ha detto poco fa e, nonostante la risposta elusiva che le ha fornito in precedenza, non è intenzionata a mollare.

“A chi ti riferivi?”

 

“A tutti noi” borbotta Puck, veramente offeso per la bruciante sconfitta, con tono ovvio. “Siamo stati strapreoccupati per te finché tua madre non è venuta a parlarci”

 

Tutto sommato, l’idea di giocatore ai videogame non è stata per niente malvagia. Anzi …

Assimila la notizia in silenzio, finendo di concentrarsi sulla partenza della seconda tappa. Sua madre non si è mossa dall’ospedale, tranne che per telefonare ai parenti. Considerando che è difficile che abbia i numeri di tutti loro, è molto più probabile che …

Si mordicchia il labbro, sentendosi appena appena in imbarazzo per la conclusione a cui è arrivata.

“Siete rimasti in sala d’attesa per un giorno intero?”

 

“Ohi” ribatte ancora Puck, facendole l’occhiolino come se fosse la cosa più scontata del mondo. E lo è, lo è davvero, ma certe volte è più facile dimenticarselo, soprattutto quando ci capitano cose brutte.

“Dovevi vedere Santana. Sembrava impazzita”

 

In altre occasione avrebbe chiesto se parlare della Lopez non implicasse parlare di follia. Ora, però, non riesce a mascherare la sua sorpresa. Sono compagne di squadra da anni, ok, ma amiche non è la definizione più corretta del loro rapporto. Cordiali nemiche lo è.

“Santana? Davvero?”

 

“Certo” ammette Puck. Poi, notando con la coda dell’occhio lo sguardo fiducioso di Quinn posato su di lui e non sullo schermo, mette in pausa il gioco e inizia a spiegare.

“Ha urlato un bel po’, sembrava ce l’avesse con il mondo intero. Impossibile da calmare. Poi si è messa a piangere con Rachel, che continuava a ripetere che era colpa sua. Anche Mercedes era una fontana. Sam e Brittany, invece, non hanno spicciato una parola finché non è arrivata tua madre”

Prende un respiro, riprendendo la corsa con i kart. Poi, illuminandosi all’improvviso, si volta completamente verso di lei con un sorrisone dipinto sulla faccia.

“E Finn! Cazzo, dovevi vederlo. Mentre ti aspettavamo per il matrimonio e non sapevamo nulla dell’incidente ha detto qualcosa del tipo … ah, lo fa apposta perché sa che così non ci sposiamo” gracchia, imitando molto male la sua voce.

“Sembrava fosse stato lui …” indugia, rendendosi conto che non c’è nulla per cui sorridere sentendosi parecchio a disagio “… insomma, a sbatterti addosso”

 

Ma Quinn è troppo occupata a sentirsi sciocca per quello che ha pensato dei suoi amici. Non dubitava certamente del fatto che si fossero preoccupati di lei, però, forse, non immaginava che il suo incidente li avesse toccati così profondamente.

“Credo che dovrei parlare con loro. A tutti loro. Anche se-”

 

“Non vuoi farti vedere così, vero?” la interrompe lui, mostrandole ancora come sia una specie di libro aperto ai suoi occhi.

E le verrebbe da chiedergli perché, visto che la conosce così bene, le è rimasto sempre così distante in questi ultimi anni.

 

“Sembra una stupidaggine messa in questo modo” mormora a voce bassa, ignorando la domanda che voleva fare per concentrasi sul problema più importante che ha al momento.   “Forse lo è”

 

“O forse no” ribatte prontamente lui, risoluto. “Se non sei pronta, non sei pronta. Lo capiamo tutti e nessuno te ne fa una colpa”

 

“Però ti sei infilato in camera mia” fa con un sorrisetto compiaciuto, inarcando prontamente un sopracciglio non appena lui si volta verso di lei.

 

“Beh, io sono io”

 

Già, lui è Noah Puckerman. Solo lui avrebbe potuto circuire le infermiere di un ospedale, fare irruzione nella camera di un paziente, attaccare il Nintendo al televisore e fare schiamazzi come se fosse ad una festa in piscina.

Si limita a sorridergli e lui sembra piuttosto soddisfatto della reazione.

 

È verso la metà dell’ultimo circuito della coppa Star di Mario kart che Noah fa la domanda che lei aspettava dall’inizio ed a cui ora, molto più a suo agio di prima, non ha alcuna difficoltà a rispondere.

“Le tue gambe …” mormora, incerto, cercando di essere più delicato possibile “… tornerai a camminare?”

 

“Non lo sanno” risponde tranquilla, con la massima onestà. “Dicono che devono aspettare che l’ematoma alla colonna si riassorba e …” la voce si incrina appena e preferisce prendersi un attimo per deglutire “… non lo sanno. Dovrò fare fisioterapia, credo”

 

Una morsa le prende la bocca dello stomaco mentre una forte sensazione di disagio accompagna di nuovo nella sua mente tutti i pensieri che fin’ora è riuscita a tenere fuori, grazie anche all’aiuto di Noah.

 

Continua a fissare lo schermo, ignorando le gocce che scendono sulle guance e le cadono sulla mani che reggono il joystick.

 

Per questo non si accorge in ritardo della mano di Puck che, dopo averle delicatamente accarezzato una guancia per ripulirla dalle lacrime, le accompagna il capo fino alla sua solida spalla.

 

“Stavolta non sarai sola” mormora Noah, lasciandole un bacio sulla tempia.

 

Quinn si abbandona ad un paio di singhiozzi prima di cedere al peso che la logora da quando si è svegliata dopo l’incidente.

Si aggrappa disperata alla maglietta del ragazzo, permettendogli di stingerla in un abbraccio piuttosto stretto.

 

Si stacca dopo diversi minuti, incrociando il suo sguardo ugualmente umido.

Vorrebbe dire qualcosa ma, finalmente, sa che lui ha già capito.

 

Resterò qui stanotte, non ti preoccupare”

 

 

 

 

 

Note dell’autore.

 

E invece arrivò Teen Jesus completamente a caso con le sue erezioni sconvenienti! Sbam!

 

Ok, è un pessimo modo per tornare dopo anni con questa raccolta ma … beh, rieccomi qui!

 

Che dire? Era da un po’ che cercavo di scrivere un missing moments e, dopo aver trovato questo prompt “Mario Hospital” per caso googlando, ho buttato giù questa one-shot.

 

Che ve ne pare? Vi sembra plausibile? In fondo dalla scena 3x07 e la scena del bacio della 3x22 ci deve essere stato qualcosa. Niente di troppo intimo perché non volevo andare OOC, però … boh, moderatamente soddisfatto. Spero che vi sia piaciuta come è piaciuto a me scriverla.

 

Come sono soddisfatto di dire a chiunque segua questa raccolta che per la prossima one-shot non dovrete aspettare troppo. Probabilmente verso la fine di Agosto, visto che il 21 parto per andare a Parigi qualche giorno.

L’ho già quasi finita e devo solo limare i dettagli. Qualcuno ha detto crossover con Harry Potter? Chissà …

 

Concludo queste note insensate ringraziando chiunque abbia letto i precedenti capitoli e chi leggerà questo.

 

A presto!

 

  
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