Anime & Manga > Card Captor Sakura
Segui la storia  |       
Autore: francy91    22/02/2008    3 recensioni
Fanfiction confusa, molto strana, direi. Non anticipo i personaggi, perchè so già che quando la leggerete mi odierete a morte. Nata mentre scrivevo "Don't phunk with my heart". Come nasce il fuoco.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura, Touya/Toy
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Senza nome 1

Salve, sono francy91. Dato che qualcuno non ha ben compreso la trama di questa storia, ve la spiegherò il più chiaramente possibile.

Sakura ama Touya e glielo dice. Shaoran le dice quelle parole perché ha capito i sentimenti della ragazza nei confronti del fratello. Poi, Touya, dopo essere stato baciato, se ne va dalla stanza di Sakura, la quale tenta di strangolarsi per la vergogna e l’umiliazione, ma perde solo i sensi. La ragazza, però, non sa che anche Touya la ama, beh, a suo modo naturalmente (un modo molto ambiguo). Touya nasconde ciò che prova e dice a Sakura che i suoi sentimenti e quel bacio lo disgustano. Può risultare sconvolgente, ma è la cruda verità.

Questa storia verrà scritta da me (che interpreterò la parte di Sakura) e dalla venerabile Faffy (che, invece, sarà Touya).

Bene, ora che (spero) è tutto chiaro, buona lettura.

Come la colomba, serpeggiante di desiderio, che vola con le ali spiegate nel cielo perso e crudo; come la spezia orientale, potente, che provoca prolisso piacere; come la rugiada che, simile ad acido, brucia la mia candida pelle e mi trapassa, come una lama in uno specchio d’acqua, turgido e torbido di resti umani; come le nocche sulla porta quando aspetti la Morte: Sua Maestà Infernale raccoglierà trionfante le mie reliquie d’amore.

Comincio a brancolare nel buio…

Non c’è più spazio, non c’è più aria per cui vivere…

(… mi disgustano … mi disgustano … mi disgustano … mi)

Se vedessi la luce chiuderei gli occhi, se ascoltassi il canto delle allodole e degli usignoli serrerei le finestre, se percepissi il profumo dell’amore mi laverei con sangue e assenzio, per odorare di ferro tagliente.

Give me the redemption,

Yes I’m wrong, yes I’m right,

I just want to feel my soul beneath my feet.

My bleeding love is turning to madness.

It feels like heaven’s darkening

And hell’s whitening… softening…

Splendore fiabesco, come non anelarti? Come non desiderare che questo virginale rossore impallidisca fino a diventare pietra di luna? Come non essere tormentata dall’eco esasperante delle sue parole? Come non chiedere redenzione dei peccati commessi e agognati?

Quando amare significa scoprire la tenera pelle bagnata dalla luna e scorticata dall’aria davanti al pugnale argentato che, così simile al mio corpo, riflette il tuo crudele profilo, proprio in quel momento sarò sicura di amarti. E quel momento è arrivato.

I muscoli si contraggono il sangue riceve la sua contropartita di lacrime, che seccano le mie infide vene curve e le spine della…

Il campanello mi riscuote come campane vespertine, ossessive e insaziabili, rimpinguate dalle fedeli e caduche ed inutili e divine preghiere dei credenti, di coloro che portano le perle in croce, di coloro per cui la via della perdizione è un viale affollato di corpi nudi e pulsanti…

La mia fronte sanguina, come se una corona di spine mi consacrasse con il frutto della mia passione… Sento il denso liquido purpureo colarmi sugli occhi… Il sangue, lo stesso sangue che scorre nelle sue vene… Vorrei assaporarlo fino a sentire le mie viscere contorcersi insopportabilmente… Lo gusterò come la lupa affamata che sbrana il mite agnello… Ah, sì…

Paura. Della. Mia. Stessa. Coscienza.

Ormai inesistente, certo, ormai subdola e dall’ineffabile corruzione… Non si può negare, ormai preda del più sfrenato e incontrollabile inconscio.

Scendo le scale intrecciando sagome mute e suoni bui.

Come le cicatrici della notte,

come il bagliore vermiglio della perdizione,

come il gigante che porta la vergine rapita nelle sue grotte

pronto a saziare la sua sadica, violenta ossessione,

così l’amore morde la mia carne

infestata dai feroci, spietati, selvaggi insetti del peccato,

così l’amore inghiottisce le scarne

speranze di candore fuggito, strappato, sbranato.

La mia mente lavora, inserisce, elimina, taglia, cuce, copia, strappa, incolla, infrange, ripristina, collega e tesse delebili reprensioni.

E’ mattina. Le finestre riflettono il noioso e soffocante grigio delle nuvole che accecano il sole velato, dallo sguardo perso.

Le scale sembrano così numerose … così molteplici e fitte… Le scendo apaticamente, osservando i miei piedi muoversi come il sole a mezzogiorno, che sembra non spostarsi mai.

Appoggio il palmo caldo e sudato alla porta lignea, salatamente lucida e odorosa. La apro, finalmente.

-Ciao Sakura, ma non dovresti essere a scuola?-. Un sorriso disgustoso stampato in faccia, ecco Yukito.

Mille demoni ringhiano dentro di me con versi animaleschi, bestiali. Vedo corpi sudici strisciare sensualmente e mordere i loro stessi cuori con denti di ghiaccio e lingue di avorio… Odore di umido, sapore di amara dannazione…

E pensare che quel sorriso lo amavo qualche anno fa.

La gelosia contamina la mia mente sussurrandomi parole sporche e infangate e suggerendomi il peccato, striscia attorno a me per stringere poi la sua morsa vitale e infuocata; i suoi denti stimolano la mia pelle come piume che solleticano un organo stonato, le sue parole mi restituiscono il fantasma della realtà effimera, il suo gutturale canto dissimula la mia coscienza arenata… Abbandonata su quell’isola sperduta sussultante di cannibali: la terra del mordace vizio.

-Non stavo bene, allora non ci sono andata. Anche tu dovresti essere a scuola…-, constato infastidita, poggiando un braccio allo stipite della porta.

-Oggi la mia classe va in gita, ma io e tuo fratello non partecipiamo perché abbiamo da fare.-. Sta sogghignando con gli occhi rivolti altrove. Mi mordo l’interno della bocca, appena sotto il labbro inferiore.

Sciocco, sciocco, sciocco… Per colpa tua la mia felicità si è tramutata in umiliazione, per colpa tua ciò che avrebbe dovuto essere lucente è opaco e inconsistente. Ti ho amato sino a quel momento e me ne vergogno, mi odio e mi detesto per questo.

-Sono venuto per Touya. C’è?-, affermi guardando oltre le mie spalle per scorgere la vaga ombra di mio fratello.

Ti diverte? Il mio sguardo truce nei tuoi confronti provoca quell’insopportabile sorriso sornione? Davvero ti piace fissarmi, vestita di lividi? Godi veramente nel contemplare beatamente la mia sofferenza da te, oh sì, da te causata? Mi osservi con quegli occhi superbi perché hai ciò che anelo, possiedi le braccia che desidererei mie, contamini le labbra che io stessa ho toccato senza alcun pudore e con suo disprezzo, dardeggi la pelle porosa e oscura che bramo lacrimosamente.

-A quanto pare, no.-.

Sorridi. Sono solo immagini distorte della mia mente solo questo solo questo solo questo solo questo solo questo solo questo solo…

-Mmh, sarà andato a lavoro, non perde mai l’occasione di guadagnare qualcosa. Comunque sono venuto anche perché doveva darmi un CD. Sicuramente sarà nella sua camera, quindi se vuoi potresti…-.

-Certamente.-, taglio la sua frase.

Ascolto i violini stonati suonati con grazia, le corde si spezzano sotto il leggero e magico tocco dell’archetto.

Quelle impressioni sul suo sadico sorriso sono tutte false: sto impazzendo. Vedo le immagini che desidero aborrire, vedo le spine che voglio strappare dal mio corpo e vedo tutto così dolorosamente spento, come se fossi annebbiata da un respiro d’incenso.

Gli faccio cenno di aspettarmi nell’ingresso, salgo rapidamente le scale e sono subito davanti alla porta della stanza di mio fratello. È da tanto tempo che non vi entro, da quell’ultima volta.

Appena poggio la mano fredda e asciutta sul pomello della porta è inevitabile il flashback indesiderato.

Ricordo che avevo undici, forse dodici anni. Ero a casa da sola e stavo studiando in cucina, perché le pareti della mia camera erano appena state ridipinte di bianco e quindi non potevo entrarvi. Spesso Touya e Yukito studiavano insieme il pomeriggio dopo la scuola e quel giorno le cose non cambiarono. Appena giunsero a casa presero posto sulla parte del tavolo opposta alla mia. A quei tempi amavo Yukito, così invece di studiare lo contemplavo e sorridevo, beata dalla sua presenza. Ad un certo punto Touya sembrò infastidito e mi avvertì che sarebbero andati in camera sua per non disturbarmi. Ovviamente cercai di dissuaderlo, poiché non volevo essere privata della presenza di Yukito, ma non ci fu verso e così restai sola in cucina. Stavo studiando inglese e avrei dovuto tradurre un brano riguardante lady Diana, ma non ci riuscivo proprio: frasi che si accavallavano, parole che non conoscevo, tempi che non riuscivo a rendere in giapponese… Così pensai di chiedere aiuto a mio fratello, il che era anche una scusa per vedere Yukito, senza dubbio. Così arrivai davanti alla camera di Touya con in mano il libro d’inglese, il quaderno e la penna. Poggiai la mano sul pomello particolarmente freddo e…

I fuochi ardenti si contorcevano nell’aere umido di benzina che alimentava sempre di più quella folle fiamma.

Arsa viva da quel calore urlante e dal cupo ringhio maledetto, lasciai cadere a terra ciò che avevo in mano e mi afflosciai come una spada fra le fiamme. Il fumo del loro piacere si espanse retrocedendo, i gemiti e i sospiri scoppiarono per lasciare spazio alle punture inclementi del gelo.

Non oso ricordare oltre, rimembrare il romanticidio che stese un luttuoso velo nero sul mio amore.

Spalanco la porta. La stanza è buia, le persiane sono chiuse, ma dalle fessure regolari presenti su di esse filtra polvere d’alluminio, fumo perlaceo aleggia e mostra le labili ombre del letto e dei mobili.

Mi chiudo la porta alle spalle ed esploro con desiderio crescente la camera opalescente. Il letto è sfatto, le lenzuola sparse sul letto e anche a terra, formando morbide ed ondeggianti pieghe, simili a piaghe di pelle morta e cartacea. Il cuscino sembra nero a causa della penombra; lo prendo e sfilo la fodera: odora di lui, dei suoi capelli corvini, della sua pelle del colore della sabbia in un annacquato tramonto primaverile. La sostituirò con la federa del mio cuscino, appena se ne andrà Yukito.

All’improvviso, come una farfalla nera in un pozzo bianco, il mio occhio viene catturato dalla scrivania, più esposta alla luce rispetto al resto della stanza. Su di essa si posano cornici dure e solenni che racchiudono le foto di me e Touya da piccoli. Non è una novità, ci sono in tutte le stanze, ma le osservo lo stesso.

Una mi cattura particolarmente: ci sono io, a circa cinque anni, nel cortile di casa. Mio padre aveva appena comprato una piscina gonfiabile e io ero davanti ad essa, i piedi affondati nell’erba, le gambe magre leggermente divaricate, il ventre lievemente all’infuori, le braccia esili penzolanti. Il mio corpo non era né in posizione frontale né di profilo, ma il mio volto era puntato dritto verso la macchina fotografica. Nella foto indosso solo un paio di mutandine bianche di cotone e le mie gambe bianche sembrano risplendere di luce propria. Il volto è decorato da un mezzo sorriso e da uno sguardo davvero molto strano: gli occhi, strizzati per via del sole, si congiungono con le sopracciglia in modo da formare un’immagine orientalmente perfetta; sembro una piccola geisha o una danzatrice del ventre. Ricordo che quella foto fu fatta da Touya.

E ricordo anche che quel giorno sentii per la prima volta la parola sexy.

Me la disse lui.

Disse che, a cinque anni, vestita solo di mutandine e con uno sguardo penetrante, ero sexy.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Card Captor Sakura / Vai alla pagina dell'autore: francy91