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Autore: Sotalia    22/02/2008    3 recensioni
Un assurdo seguito del settimo libro, un po' amaro e molto intricato. Ho mescolato l'azione all'approfondimento psicologico dei personaggi. Perchè i sogni vivono per sempre...
Genere: Romantico, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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CAPITOLO 8

CAPITOLO 8

 

SILENZIO TUTTI.

 

Dalla “gazzetta del profeta” del 15 dicembre:

..Pare, inoltre, che sia Harry Potter il responsabile della morte del babbano Samuel Baggin avvenuta ormai due mesi fa, nei pressi del Ministero della magia. Quel giorno Potter avrebbe dovuto presentarsi di fronte al Wizengamot per un’udienza, ma non fu più visto. Testimonianze attendibili riferiscono di averlo visto gridare e gesticolare in un bar babbano, e scagliare incantesimi pericolosi e maledizioni senza perdono a destra e a manca, inveendo contro individui visibili solo a lui..  Il mistero della sua scomparsa è ancora aperto. I conoscenti intimi si rifiutano di esporre opinioni al riguardo, fomentando sospetti su implicazioni con la questione degli Elfi liberi. E’ ben noto infatti come Harry Potter non sia nuovo a contatti di questo tipo. Approfondirò l’argomento nell’articolo a pagina 5, dove presento un’intervista al leader del movimento di liberazione degli elfi domestici: Jumm, recentemente registratosi all’anagrafe magica sotto il nome di Jumm Garfield. In ogni caso, il mondo magico è in subbuglio per la prolungata assenza del noto mago, che..

Rita Skeeter

 

Dalla “gazzetta del profeta” del 17 dicembre:

E’ stato rinvenuto ieri notte un cadavere nella cantina del Paiolo magico. Il proprietario e gestore afferma di non saperne nulla. L’uomo si chiamava Andy Connor, e si è suicidato dopo aver scritto sul muro col proprio sangue la frase “Scusami Ines. Grazie George di essere tornato”. Gli esperti stanno ancora indagando sul caso. Andy lavorava...

 

Il 23 dicembre. Ore 23:00. Londra era addobbata di rosso e di verde. Con le sue luci cercava di competere con le stelle in alto sopra di lei. E ci riusciva. Le insegne dei negozi ammiccavano ai passanti imbacuccati in pellicciotti ecologici. Le vetrinette risuonavano di musichette basse, provenienti da piccole radio incastrate su alti scaffali. L’atmosfera era.. come dire? Trepidante. Nella sua frenesia la gente aspettava.

L’uomo si era infilato in un anonimo cappotto grigio scuro. Teneva le spalle strette e le mani in tasca, nel tentativo di crearsi un’illusione di calore. Camminava in mezzo a decine di altre persone cariche di pacchi. Le percepiva a stento. Aveva un’altra occasione, un’occasione per fare qualcosa che avrebbe dovuto fare molto tempo prima, se solo non gli fosse stato impedito.. Chissà se ancora avrebbe trovato il ricordo di sè, chissà se aveva ancora diritto a mescolarsi a questa vita così inconsapevole di sè stessa.

L’uomo camminava. Si fermò di fronte a un negozio di dolciumi. Era gremito di ragazzi, bambini e giovani donne che si accalcavano per accaparrarsi i pezzi più zuccherosi e sfiziosi. Anche l’uomo entrò. Uscì dal negozio con un sacchetto di carta bianco, con stampato sopra il marchio dell’esercizio. Era cambiata la direzione, e anche il nome del posto. Certo, in tutto quel tempo.. Ricominciò a camminare, tenendo stretto il sacchetto.

Era vivo. Era vivo? Aveva forse il diritto di esserlo? Una lacrima gli scivolò oltre le ciglia. La sfiorò stupito. Piangeva. Solo ai vivi è concesso piangere.

Sentiva sul cuore una pesantezza formicolante. Sentiva il cuore. Solo i vivi hanno un cuore.

Annusò l’aria e si beò del suo odore di cemento e ghiaccio.

Una pista di pattinaggio. Rumore frizzante di pattini che scivolano sul ghiaccio.

L’uomo la superò e camminò fino a un palazzo.

Cercò il nome sul citofono e pigiò il pulsante. Never. Rispose una voce di donna.

“Sei.. sei Minnie?”

“Cerchi Minnie Never?”

“Sì! SI! Cerco lei..” rispose l’uomo troppo in fretta. La donna all’altro capo del filo si mosse inquieta. Il suo uomo la attendeva in camera da letto. Il vino bianco nel suo bicchiere rischiò di traboccare. “Culetto mio, torna a letto!” si sentì chiamare. E come, se lo desiderava, di tornare a letto!

“Chi è lei?” chiese al misterioso uomo che veniva a citofonare alla casa dei suoi genitori due giorni prima di Natale. Con la coda dell’occhio vide le luci rosse che brillavano intermittenti nascoste come lucciole sull’albero in soggiorno.

“Cerco Minnie”

“Questo l’ho capito, ma lei chi è?” insistette spazientita.

“Un vecchio amico. Io.. mi chiamo Michael”

Ann ci pensò su. “Ann, ma chi è?” la interruppe un po’ bruscamente il suo uomo dal letto. Lo sentì alzarsi e venirle alle spalle. A stento trattenne un sospiro quando sentì il contatto dei loro corpi nudi quando la abbracciò.

“Vieni con me. Chi è al citofono?”

“Michael chi?” continuò imperterrita Ann, sentendo come Mark le passava delicatamente i palmi aperti lungo i fianchi nudi e tesi.

“Michael Barry”

Ma quel tizio non era morto? Sapeva che sua madre aveva un amico con quel nome, quando era giovane. Ma non era stato ucciso da Colui-che-non-deve.. accidenti.. da Voldemort?

“Michael Barry...” mormorò Ann contro la cornetta.

Spesso aveva visto le sue foto tra gli oggetti a cui sua madre teneva di più. Era stato un bel ragazzo. Eppure lei era certa che fosse morto..

“Minnie Never era mia madre. E’ morta” informò duramente quel presunto Michael.

Nessun suono, se non una sorta di ansimare angoscioso.

“Signor Barry?”

Nessun suono.

Riappese la cornetta.

“Ma Michael Barry non era quell’amico di tua madre che era morto per salvarla dai mangiamorte?”

“Sì”

Si baciarono. A lungo e profondamente, tanto che quasi potevano respirare l’uno dalla gola dell’altro.

Ann posò la fronte sul petto di Mark, intrecciando le sue dita con quelle di lui e carezzandole lentamente.

“Sarà stato il suo fantasma che è venuto a cercare quello di mia madre”

Lui le carezzò i capelli passandoci in mezzo le dita.

“Ann?”

“Sì?”

Lei lo guardò, godendo delle ombre mobili che si spostavano sul viso di lui.

“Andiamo a fare l’amore”

 

Michael si inginocchiò di fronte alla lapide. Scostò la patina di gelo che offuscava il vetro sopra la foto. Quello nella piccola foto rotonda era il volto di Minnie Never. Quel volto era quello di una donna sulla trentina. A testimoniare la sua trascorsa esistenza erano rimasti quella piccola foto rotonda e un’epigrafe intagliata superficialmente:

Silenzio tutti. Gli elfi esistono.

Una piccola foto e una frase in mezzo ad altre centinaia di piccole foto. E non c’era nessuno a guardare quelle foto se non lui. Quello non era un cimitero di uomini, ma di immagini.

Era triste: adesso che lui poteva dire di essere vivo lei era morta. Allora non era vero che di là si incontrano tutti coloro che si è persi. O forse basterebbe sapere di dover cercare. E volerlo, magari.

Posò il sacchetto con i cioccolatini sulla lastra di marmo che chiudeva la dolce Minnie sotto terra.

“Sono i tuoi preferiti. Quelli rotondi, con la crema alla noce dentro. Credevo che li avremmo mangiati insieme, ma data la situazione credo che li lascerò tutti a te. Non ho una gran fame.”

Michael tirò fuori da una tasca interna del cappotto un tascabile dalla copertina blu con una scritta rossa.

“Lo stavamo leggendo quando sono arrivati, Minnie. Mi dispiace di aver dovuto interrompere la lettura, quella volta. Poi purtroppo non ho potuto ricominciare. Eravamo arrivati a che la signorina con i capelli blu decide di regalare un bacio al signore dei cammelli, no?”

Sì, eravamo arrivati lì. Finisci di leggermi la storia, Michael. Nessuno ci disturberà la lettura stavolta.

 

Michael chiuse il libro e lo posò acanto al sacchetto. “Qui ho finito, Minnie”

Si alzò e si avviò. Si fermò in un vicolo. Semplicemente per respirare. Aveva finito.

Quattro persone si materializzarono accanto a lui. Sfoderò istintivamente la bacchetta.

“Harry!” gridò una donna dai capelli crespi, e gli si avventò contro. Un’altra donna si aggrappò al maglione dell’uomo che le era accanto.

Michael tese la mano, per fermare l’impeto di quella donna riccia.

Poco più in là, sotto la luce di un lampione, un uomo dai capelli rossi lo osservava livido.

“Aspetta un attimo”

Era giusto un attimo quello che gli rimaneva.

“Harry..” lo chiamò la donna, sul vertiginoso bilico del pianto.

“Non sono Harry, non ancora”

Michael ispirò a fondo l’aria fredda. Aprì le mani e lasciò che l’aria si facesse prendere dalle dita. Mosse piano le dita e godè della sensazione di percepire distintamente vita dentro di sè.

“Adesso” mormorò. Chiuse gli occhi e sospirò.

Grazie.

Di nulla Michael. Ora puoi andare, e io posso tornare...

“Harry!” lo chiamò Hermione stridulamente.

L’uomo rilassò le sue membra. Non represse un brivido. Aveva freddo. Voleva dire che era vivo. Sorrise.

“Sono io”

Aprì le braccia, e Hermione gli gettò le braccia al collo, tutta la collera dimenticata.

Ginny gli si avvicinò. Gli toccò il viso. Ron e George rimanevano in silenzio.

“Andiamo a casa?” chiese Ginny seria.

“Andiamo pure” rispose calmo Harry.

 

 

  
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