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Autore: Felem    17/08/2013    6 recensioni
Londra, 1807 (Preso dal secondo capitolo).
Elizabeth accennò un lieve inchino, mantenendo gli occhi scuri puntati su di lui, in segno di sfida. David le cinse le spalle con il braccio destro e disse fiero al cugino.
- Lei è Liza, ha diciott'anni, ne dimostra appena quindici?
Elizabeth rimase seria, mentre l'ufficiale avanzò sorridendole.
- Suppongo Liza, sia l'abbreviazione di Elizabeth, lo preferisco per intero - disse per poi aggiungere con tono suadente - Ritengo non andiate fiera del fatto che sembriate più giovane. Fidatevi di me, è la cosa che più mi affascina in una donna.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Image and video hosting by TinyPic    Capitolo XI "Le perle del cielo"






Adam giaceva al suolo, con il braccio destro rivolto verso la nuca ed il palmo della mano al suolo.

Quella posizione innaturale inizialmente impressionò Elizabeth che, subito dopo, si mise all'opera per cercare aiuto. Ora pioveva ed il tetto d'alberi non era sufficiente a trattenere le lacrime del cielo e le fratte grondavano d'acqua piovana, come i vestiti di Liza. L'ufficiale la fissava con il volto contratto in un'espressione di dolore e gli occhi azzurri puntati sul suo volto la supplicavano di non lasciarlo lì da solo.

Elizabeth si accasciò al suolo, vicino alla figura di Adam e gli portò un braccio sotto le ascelle, aiutandolo così ad alzarsi in piedi, il braccio destro era zuppo di sangue e Liza cercava di non guardarlo, evitando di sentirsi male. Elizabeth e l'ufficiale, seguiti dal destriero bianco si allontanarono di poco dal fiumiciattolo e la giovane fece sedere l'uomo in un punto riparato dalla pioggia, mentre lei zuppa, legava il cavallo ad un albero.

- Cosa fate?

- Sono molto più veloce da sola, che con voi alle costole. Cercherò aiuto. Sarò di ritorno a breve.- Disse Liza, mostrando il suo totale disinteresse nei confronti dell'ufficiale.

Adam non disse nulla, era un uomo forte. Appoggiò il busto al tronco di un albero e attese lì immobile che Elizabeth facesse qualcosa. La ragazza lo intuì e vedendo il braccio di lui continuare a grondare di sangue, gli si avvicinò, prendendogli il volto tra le mani e sussurrandogli parole rassicuranti.

- Fidatevi di me, sarò di ritorno al più presto. Resistete, le donnette sanno essere molto veloci.

Adam accennò un sorriso, appena in tempo per vedere la figura di lei, che scalza correva per la distesa.
Elizabeth correva, senza sosta, vedendo il paesaggio intorno a lei divenire un mescolarsi di trattini ed ombre. La pioggia le offuscava la vista ed i vestiti bagnati appesantivano la sua corsa. Corse a più non posso, con la gonna ed i piedi inzaccherati ed i capelli sciolti completamente bagnati.
Giunse di fronte al portone della villa, poi si bloccò di colpo. Se avesse aperto quella porta, se avesse chiesto aiuto alla sua famiglia nessuno si sarebbe risparmiato i commenti.
Si sarebbero chiesti cosa ci facessero i due giovani soli nel bosco. Elizabeth era pietrificata, col fiatone, dinanzi al portone di ferro e legno di fronte alla villa. Poi avvertì una mano dietro la schiena e si girò immediatamente. Due occhi verde bosco, perfettamente intonati al suo abito la scrutarono preoccupati.

- Cosa fate qui, da sola, sotto la pioggia?- Chiese il giovane medico, impugnando un ombrello e coprendo l'esile figura di Liza.

- Aiutatemi, vi prego.- Quasi sussurrò la ragazza, abbastanza forte perchè Metthew potesse sentirla.

- Devo visitare Catherine, Elizabeth, non potete chiedermi questo!- Matthew la stringeva a sè ed Elizabeth lo spintonò via.

- E' ferito! E' lì da solo! Adam è nel bosco, vi prego!

E fu così che il medico non resistette alle parole supplichevoli della ragazza e la seguì per il bosco, più veloce che mai e quando vide, anche lui che era un medico, rimase sconvolto.
L'ufficiale si era tolto la giacca e perfino la camicia bianca intrisa di sangue. La carne dell'avambraccio era lacerata ed un qualcosa di appuntito spuntava da quest'ultima. Osso avrebbe detto Elizabeth. Il medico si affiancò a quest'ultimo con la valigetta di pelle nera e ne tirò fuori una stecca di legno, lunga all'incirca quaranta centimetri. Guardò a lungo la frattura di Adam per poi esordire.

- Signor Evans, è una frattura scomposta.- Così richiamò Liza al suo fianco e gli chiese di tenere la mano dell'ufficiale.

Fu tutto talmente rapito, tutto talmente veloce che Elizabeth percepì unicamente un lamento soffocato, vide l'ufficiale digrignare i denti ed infine il braccio tornato alla posizione originale. Matthew tirò fuori dalla valigetta un ago sterilizzato ed una volta immerso in un liquido trasparente, trafisse la carne dell'ufficiale con quell'arnese, come fosse stato un abito o un pezzo di stoffa. Adam taceva, non un lamento, teneva gli occhi chiusi e Liza avvertiva la stretta dell'ufficiale farsi sempre più forte. Quando il medico finì di operare, Adam si decise a lasciarle la mano e rimase stupito lui stesso, dei segni violacei che aveva impresso sui polsi della fanciulla, che lo guardava preoccupata, non curandosi dei propri lividi.

- Liza, prendetemi quella garza.

Elizabeth aprì la valigetta e tra siringhe e vari utensili da medico, tirò fuori una garza candida che avvolse attorno al braccio dell'ufficiale, con movimenti delicati.
Una volta fatta la fasciatura i tre si incamminarono verso l'abitazione. Matthew ed Elizabeth si guardavano e a tratti si sorridevano, mentre Adam che camminava tra i due, guardava in cagnesco la figura del medico.

- Vi ringrazio per la medicazione.- Così l'aveva ringraziato Adam.

- E' il mio lavoro signor Evans. Tutto per Elizabeth.- Disse queste parole estremamente lusinghiere, che al contrario di ogni aspettativa, suscitarono un fastidio insolito in Liza.

L'ufficiale non potè fare a meno di scoppiare in una sonora risata udendo le parole del medico e a seguito notare l'espressione contrariata di Elizabeth.

- Davvero? Elizabeth vi ha chiesto di curarmi?- Chiese divertito Adam.

- Mi ha implorato di salvarvi.- Incalzò Matthew, sorridendo ad Elizabeth, che sprofondava nell'imbarazzo.

- Davvero? Davvero Elizabeth?- Chiese sorridendole maliziosamente l'ufficiale.

- So essere caritatevole.- Così terminò la discussione Liza.

Giunsero di fronte al portone, che questa volta aprirono. Matthew si recò immediatamente nella stanza di Catherine, domandando a Liza di accompagnare l'ufficiale in camera sua.
Salirono le scale insieme ed Elizabeth non lo degnò di uno sguardo. Lo aiutò ad asciugarsi, pulirsi e ad infilarsi una camicia, non riuscendo a non fissare i pettorali scolpiti e quel corpo sinuoso che le si presentava davanti. Era bagnata fradicia, senza le scarpe ed interamente ricoperta di fango. Si diede uno sguardo veloce e si accorse che Adam per un attimo fugace posò il proprio sguardo sulla scollatura della ragazza.

"Siete una donnetta"

Ed è così che si sentiva in quel momento, una donnetta. Stava facendo del male a Matthew, passando del tempo con l'ufficiale ed illudendolo a questo modo. Stava facendo del male a sè stessa, ogni volta che sentendo quel profumo di gelsomini, fremeva all'idea che l'ufficiale potesse accarezzarla, anche solo con quel profumo.
Cercò di rimuovere quei pensieri e dando un'ultimo sguardo all'ufficiale e ripensando a quanto lui la odiasse, dopo quella passeggiata che si era rivelata più pericolosa del previsto, gli sorrise. Gli sorrise, come non aveva mai fatto, con un tale modo ed una tale finzione in quella sua allegria da spaventare anche sè stessa.
Ma quel suo sorriso esagerato, non copriva il dolore in fondo ai suoi occhi ed Adam se ne accorse.

- Non penso siate una donnetta, sia ben chiaro. Penso solo siate estremamente sciocca.

Disse l'uomo rudemente, senza peli sulla lingua. Con una tale fermezza e freddezza che fece irrigidire Liza.

Come aveva fatto a percepire i suoi pensieri?

Elizabeth si limitò a chinare il capo, in segno di rispetto.

- Lo so.- Disse, per poi fare un lieve inchino ed uscire da quella stanza, ancora una volta, nelle peggiori delle condizioni.

Andò in camera sua e dopo essersi lavata e cambiata si recò dalla sorella maggiore.
La trovò davanti alla finestra, mentre osservava le goccioline di pioggia cadere all'impazzata. Elizabeth le si avvicinò da dietro, per poi cingerle il busto con le braccia, affondando la testa nella sua schiena. Sentì le mani calde della sorella afferrarle le proprie e tirò un sospiro di sollievo nel sentire quella stretta delicata.

- Liza, cosa facevi lì?- Di nuovo una morsa le prese il petto e per un istante le fu impossibile respirare.

-Passeggiavo Mary, devi credermi, poi l'ufficiale a cavallo è giunto da me. Non sapevamo entrambi che ci saremmo incontrati. Poi un fulmine, il cavallo si è spaventato ed Adam è caduto.

Mary lasciò le mani della sorella e la fissò a lungo, con i lineamenti duri e gli occhi vispi che la rimproveravano.

- Da quando lo chiami per nome, Liza?

Elizabeth non potè fare altro che chinare il capo e posare entrambe le mani aperte sul ventre della sorella, che si ammorbidì, dopo quel gesto così spontaneo.

- Mi è venuto spontaneo, Mary. Perdonami.

Cosa stava accadendo all'animo gentile della sorella maggiore?

- Non deve più accadere.- Mary le prese il volto tra le mani con un'espressione preoccupata -Nessuno, mai, deve notare la vostra affinità, Liza. Reprimila. Sarebbe un disonore.

Mary la fissava ed Elizabeth cercava di distogliere lo sguardo dagli occhi verdi della sorella.

- Elizabeth, pensa solo a cosa potrebbero pensare gli altri!

Quando Liza finalmente la guardò negli occhi, vide il suo riflesso in quelle iridi. Si buttò ai piedi della sorella, affondando il viso tra le pieghe della sua gonna, sentendo il morbido velluto aderirle al volto. Disse parole espresse in un lamento, che Mary udì e che non potè far a meno di comprendere.

- Ti prego, Mary, perdonami.

I lineamenti della ragazza si rilassarono e posò una mano sulla spalla di Elizabeth. Ci fu un silenzio atroce, che seguì quel gesto altrettanto freddo. Quell'insopportabile tacere delle due sorelle, fu interrotto dall'irruzione violenta in camera, di una terza fanciulla.

- Sorelline mie! Il povero Adam è ferito. Che disgrazia! Lo andrò a trovare nella sua stanza a breve.

Anne saltò sulle spalle di Liza, che si era rialzata e per poco non la fece cadere, stampandole un bacio sulla guancia. Elizabeth cercava un rifugio dalle parole e dall'umiliazione subita dalla sorella e non poté fare altro che fiondarsi tra le braccia di Anne. La quale era ben felice di poter esprimere il proprio affetto nei confronti della sorella.
Amava gli abbracci, non era come Elizabeth. Anne era sempre gioiosa, faceva amicizia con tutti ed era solare come nessun'altro nella famiglia. Elizabeth, invece, era taciturna, ombrosa, i suoi amici erano i libri. I suoi amori erano le parole, il migliore afrodisiaco per lei.

I suoi amici, i suoi affetti reali stavano svanendo in un vortice senza fine.


                                                                                           **********




Robert giocherellava con una cordicina trovata per terra e si divertiva a fare nodi di ogni tipo.

Correva per i corridoi, stringendo un cuscino tra le mani e lanciandosi sul pavimento marmoreo, lucidato con la cera, tenendo sotto il ventre il morbido pezzo di stoffa riempito con delle piume. Così scivolava, come trasportato da una corrente invisibile, per i lunghi corridoi di casa Evans. Jonathan lo chiamava "pinguino" quando si comportava in questo modo. Cosa fosse un pinguino Robert non lo sapeva, ma Jon gli aveva detto che scivolava sul ghiaccio proprio come lui.

Chi era questo pinguino?

Dopo aver terminato la sua slittata folle lungo i corridoi, decise che avrebbe inventato qualche nuovo gioco per le scale della villa. Scendeva due a due i gradini dell'abitazione, quando fuori dalla finestra si accorse che aveva cessato parzialmente di piovere. Persisteva qualche gocciolina, ma a Robert non importava, a lui piaceva saltare nelle pozzanghere di fango. Lo faceva sempre con Elizabeth. Per questo motivo decise di chiamarla.

- Liza! Liza! Le pozzanghere di fango!- Così le aveva urlato giunto in fondo alla scalinata.

La signora Lodge ed il resto della famiglia erano riuniti in una stanza circolare, con un caminetto e delle poltrone bordeaux. Robert era affascinato dal fuoco e guardava le scintille scoppiettare sopra il legno umido.

Si guardò intorno, c'erano tutti, tranne Anne ed il signore vestito di bianco che si era rotto il braccio. Liza sedeva vicino al camino con un libro in mano, aveva l'aria triste e Robert le tirò la gonna, fino a trascinarla fuori dalla stanza.

- Le pozzanghere, Liza!

Un lampo attraversò lo sguardo della ragazza e Rob, in pochi secondi, si ritrovò a correre per il prato umido con la sorella maggiore.
Correva e sentiva ancora qualche gocciolina cadergli sul volto roseo e pulito. Indossava una camicia di flanella color avorio ed i calzoni arrotolati fino al ginocchio gli rendevano i movimenti più facili.

- Ti sfido, Elizabeth!- Urlò alla sorella mentre continuavano entrambi la loro corsa.

- Ah, sì? Cosa proponi?- Lo canzonò Liza.

- Una caccia al tesoro.

Robert vide la sorella fermare di scatto la sua corse ed incuriosita avvicinarsi a lui.

- Di che genere?

- Ti ricordi che David ha detto che i suoi porta fortuna erano delle pietre blu? Quelle che si nascondono nei giardini e che servono per abbellire la casa. Sono preziose ed in tutto devono essere poche. A chi ne trova di più- Disse per poi tenderle la mano tenera - Accetti?

Liza strinse la mano di Robert ed in un soffio pronunciò quella fatidica parola.

- Ci sto.

Ed in un soffio volò via, alla ricerca delle sfere blu.

Le strade dei fratelli si separarono e Rob si infilò in uno stretto labirinto presente nella villa. Era enorme ed era contornato di statue e cespugli alti il triplo di lui. Esplorava i piccoli angioletti di pietra con le soffici mani e perlustrava il terreno infangato alla ricerca delle "perle del cielo", così le chiamava David. Erano il suo porta fortuna, appartenevano da generazioni alla propria famiglia e dovunque andasse le portava con sè. Per innaugurare l'abitazione le avevano sparse per il giardino ed ora Robert le avrebbe trovate, avrebbe battuto Liza a tutti costi. Sentì un rumore e si accasciò sotto una delle pareti erbose. Sentiva il terriccio aderirgli alle guance e tastando il suolo con le dita, sentì un bozzetto sotto il palmo. La pioggerellina non cessava e lo rinfrescava dalla lunga corsa. Scavò accuratamente ed estrasse da suolo una delle pietre sferiche. la guardò in contrasto con la luce fioca che traspariva dalla fitta coltre di nubi sopra la sua testa. Era blu ed assumeva delle sfumature violacee. Se la infilò in tasca e continuò la sua corsa disperata verso le altre perle.

Corri Robert!

E lui correva senza sosta. I capelli castani che gli aderivano alla fronte sudata, la mano destra in tasca per assicurarsi di non perdere il bottino. Sentiva dei passi.

Non ti fermare, Robert!

Lui la prendeva sul serio. Se l'avessero trovato? Di certo non lo avrebbero ucciso come nelle favole, al massimo gli avrebbero fatto il solletico. Ma la sua era una favola e sentiva l'adrenalina salire nel suo corpo minuto. Continuava a correre, con il volto ed i vestiti sporchi di terra. Poi la vide, tra i cespugli vide quella fontana, il centro di quel labirinto dal quale sapeva, sarebbe stato molto difficile uscire. Fece qualche passo avanti, cautamente, controllando che la sorella non fosse nei paraggi. Poi immerse interamente il braccio nell'acqua cristallina e vi tirò fuori fiori secchi, bacche, un nocciolo perfino. Poi sentì un qualcosa di duro e nuovamente estrasse una perla.

Sentiva una voce femminile, Elizabeth era vicina, corse. Corse come non mai. Il terrore cresceva nelle sue membra e sentiva il corpo affaticato e dolorante. Giunse ad un vicolo cieco e decise così, di passare sotto l'altra mura d'erba e si ritrovò davanti a due giovani.

Era in mezzo a due muri d'erba e di foglie, accarezzava l'edera con una mano e con l'altra tastava il proprio bottino. I due ragazzi non si erano accorti di lui.
Lui era il signore vestito di bianco, che copriva con i riccioli biondi il viso della fanciulla. Lei indossava un vestito giallo paglierino. Finalmente si staccarono e Robert, nascondendosi dietro all'alto muro d'erba vide il volto di Anne.

Cosa stavano facendo? Perchè appiccicavano le proprie facce? Si stavano mordendo? Forse avevano litigato ed era un loro modo per picchiarsi. Doveva forse intervenire?

I due continuavano quella strana danza e Robert era disgustato alla vista dei due abbracciati che appiccicavano, socchiudevano, mordevano l'uno le labbra dell'altra. Poi capì, quello era un bacio. Il papà glielo aveva descritto ed una volta gli disse che lui ne aveva dati tanti da ragazzo, ma che mai ne aveva dato uno come alla mamma.
Robert era inorridito da quello spettacolo, lui di certo non avrebbe mai baciato.

Poi una mano gli toccò la spalla e Rob sussultò.

- Ne ho trovate tre! Ora ti ruberò tutte le pietre!- Così gli aveva detto Elizabeth.

Poi l'aveva vista, aveva visto il suo volto contrarsi nel vedere l'uomo in bianco baciare Anne. Lui si era subito staccato e aveva guardato Elizabeth, che era corsa via, facendo cadere a terra le perle azzurre.

Forse, perfino lei, era troppo disgustata per guardare quel bacio.






Dalla scrittrice ai lettori:
Carissimi lettori, chiedo venia. Scusatemi tantissimo, è molto, troppo tempo che non aggiorno, ma la connessione è assente e sto scrivendo altre due ff.
Mi dispiace avervi fatto attendere così a lungo. Vi auguro una buona lettura, recensite in molti. 
Baci, Felem ♥
  
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