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Autore: Ceci Princessofbooks    18/08/2013    4 recensioni
Ci sono momenti, in cui tutto ciò di cui si ha bisogno è avere qualcuno che ci stringa, e allontani le ombre con la sua voce. Un piccolo scampolo della vita di Bones e Spock, che spera di portarvi un sorriso sulle labbra.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Leonard H. Bones McCoy, Spock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Heart's Bonds'
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Doctor's Lullaby


Con il sibilo della portà, Spock scivolò nella penombra della sala, le mani strette sulla schiena come sempre quando doveva concentrarsi o districare i propri sentimenti. L'aria era buia e fresca, silenziosa; ma nell'infermeria bruciavano ancora i fantasmi dell'attività frenetica appena passata, come cicatrici nascoste negli angoli, nelle flebo abbandonate sui lettini, nelle chiazze rossastre che i suoi occhi coglievano sui lucidi strumenti cromati. Quel luogo tremava di dolore, di pietà e di coraggio, in un modo che esulava dalla logica e risvegliava parti di lui che non credeva di possedere. Esattamente come l'uomo che l'abitava.

Era proprio per cercarlo che Spock era sgusciato via dal ponte, in quel lungo pomeriggio di revisioni e controlli, e aveva lasciato che i suoi piedi lo conducessero per uno dei sentieri che meglio conosceva, e che bastava a colmare il suo sangue di un calore inspiegabile e delizioso. Quel giorno, l'equipaggio dell'Enterprise aveva dovuto discendere su Gardalia, un pianeta dalle dolci e fragili città flagellato da un morbo oscuro che ne aveva falciato la popolazione in poco più di un mese. Raramente il Primo Ufficiale, il cui sguardo non aveva rabbrividito di fronte ad orrori e drammi anche più grandi, aveva conosciuto una miseria così tremenda; e resa ancor più insopportabile dalla totale irrazionalità di un simile evento. Che logica serviva una malattia che consumava i suoi stessi ospiti, morendo mentre infliggeva morte? Che ordine del cosmo, che superiore mosaico di saggezza imponeva quei fiumi di volti devastati, quei pianti che si levavano continuamente tra i fumi dei roghi? La malattia non è logica, Spock, gli aveva detto Bones una volta, mentre trascorrevano una sera bevendo tazze di tè profumato e ammirando insieme i ricami candidi delle stelle, non è una cosa pulita e comprensibile; è sudicia, stupida e impietosa. Per combatterla ci vuole cervello, certo, e conoscenza: ma bisogna anche essere disposti a sporcarsi le mani, e a dibattersi nel fango per strapparle gli altri uomini.

In quel giorno, il primo Ufficiale l'aveva capito; e insieme allo sgomento di cui l'aveva riempito lo sguardo smarrito e assente dei malati, era cresciuto anche un timore più egoista, più umano, che si addensava ogni volta che incontrava gli occhi azzurri e indifesi di McCoy, tra le urla e il fruscio di camici dell'Infermeria: il timore di ciò che quelle morti avrebbero potuto fare al cuore troppo generoso del suo dottore. Ora era lì per scoprire quanto a fondo nel fango avesse dovuto sprofondare, e se la sua presa sarebbe bastata per trascinarlo in salvo.

Spock avanzò, i tacchi degli stivali che schioccavano sul pavimento. Non chiamò ad alta voce, sapeva che Bones avrebbe riconosciuto i suoi passi.

Fu in quel momento che udì il suono: un mormorio basso, senza parole, piacevolmente roco, che si alzava e si modulava come il grave tremolio di un liuto Vulcaniano. Inarcando un sopracciglio, il Primo Ufficiale svoltò l'angolo: e la scena davanti a cui si trovò gli strappò il cuore.

Leonard sedeva su un lettino, le spalle esili sotto il camice, le palpebre socchiuse; con una mano, ravviava i capelli sottili di un bambino raggomitolato sul suo grembo, il volto immerso nel sonno abbandonato dell'infanzia. Per qualche motivo, quell'immagine, così quotidiana, così sommessa, lo commosse in un modo che fino a qualche mese prima, fino a quando lui e il dottore non avevano scoperto i loro sentimenti, gli sarebbe sembrato impossibile. Si avvicinò, lentamente, per non interrompere il canto di Bones, per non rinunciare a quella calda magia; ma il medico si accorse di lui, e alzò gli occhi. Gli sorrise, e Spock si rese conto con sollievo che si trattava del suo solito sorriso: forse un poco sbiadito dalla stanchezza, forse un poco incrinato agli orli, ma anche quella volta non si era spezzato. Il Primo Ufficiale non ne sarebbe mai stato abbastanza grato. -Ehi- sussurrò Leonard -come sta il mio goblin preferito?-.

-Non rivelo nessun motivo di disagio- rispose imperturbabile il Vulcaniano -...adesso.-

Fu una parola, una goccia di miele, ma al dottore bastò.

-E tu?- domandò a sua volta; si sentiva ancora impacciato ad usare quel tono così palesemente amichevole: la formalità stridente delle loro diatribe aveva qualcosa di intimo, di complice che continuava ad amare. -Come stai?-

McCoy sospirò. -Come sempre ogni volta che mi trovo davanti ad un'epidemia. Stanco, ingarbugliato e maledettamente impotente.-

-Non avresti potuto salvarli tutti, Leonard.-

-Lo so. Ma questo non rende le cose più facili.-

Spock riconobbe il cambio di correnti nel grande oceano tempestoso che era Bones, e tentò di arginare la marea. Indicò il ragazzino, in una muta domanda.

-Si chiama Arshanan, o un altro nome impossibile del genere- rispose il dottore, continuando a sfiorargli le ciocche chiare -L'ho trovato che vagava per l'Infermeria, terrorizzato, e cercava i suoi genitori. Li ho curati entrambi io. Sono morti.-

McCoy distolse il viso, ma il Primo Ufficiale non si lasciò ingannare: tese il braccio, avvolgendolo intorno alle spalle dell'uomo, e fu un gesto così ovvio e istintivo da non sembrargli neppure difficile.-Raccontami.-

Bones posò la testa sulla spalla di Spock: il suo corpo emanava sempre un tepore profondo, dorato, come quello di una stella. -Avevo appena finito di somministrare l'ultima dose di antidoto- cominciò – il resto dei pazienti era già tornato a casa.-

Spock serrò le labbra: la nave non aveva potuto portare più di un certo quantitativo di medicinali, a meno di ridurre i magazzini scientifici. A questo proposito, lui e Leonard si erano lanciati in uno dei litigi più infuocati e scenografici della loro esistenza comune. Ma in quel momento nessuno dei due voleva combattere.

-Ad un certo punto, alzo gli occhi e mi trovo davanti questo ragazzino magro dagli occhi enormi che mi fissa con aria solenne. “Mi scusi, signore” mi dice “ha per caso visto la mia mamma?”. In un secondo, guardandolo meglio, mi rendo conto di aver già visto quei capelli bianchi e quei tratti dolci: erano gli stessi di una donna che avevo curato qualche ora prima, e a cui io stesso avevo chiuso gli occhi. Ricordarlo è stato un colpo in mezzo al petto, Spock. Per fortuna sono riuscito a tirare fuori qualche parola, e gli ho risposto. “No, piccolo, non credo di averla vista. Però se vuoi posso farti vedere un sacco di strane cose di metallo. Ce n'è anche una per guardare nella gola della gente.” Così l'ho preso per mano e gli ho mostrato tutto quello che c'era nella mia borsa da medico. Poi gli ho preso un sandwich e un succo di frutta, e dopo qualche minuto mi è praticamente crollato addosso.- un momento di silenzio, un respiro. -Il guaio è che mi assomiglia così tanto. Così tanto.- Il Primo Ufficiale gli strinse il braccio, delicatamente, nel modo con cui cui sapeva che McCoy si sarebbe sentito protetto ma non commiserato; quella era una storia che Bones gli aveva raccontato solo da poco, sussurrandola contro l'incavo del suo collo nel buio della loro camera. Sfiorando la mente del dottore, poteva immaginare il piccolo Leonard, tutto gomiti e ginocchia, rannicchiato accanto al muro della camera di sua madre, le urla di lei che si mischiavano ai suoi singhiozzi soffocati; l'odore di disinfettante e di sangue che accompagnava l'arrivo del dottore; la figura accasciata di suo padre, troppo sprofondato nel proprio dolore per curarsi di quello di un bambino di sette anni. -Mi dispiace, Leonard.-

-Non devi dispiacerti- mormorò McCoy -non è colpa tua, né di nessun altro. È solo che sono un vecchio dottore sentimentale. Insomma, so che è assurdo reggere un'intera nottata di morti e malattia e poi piagnucolare di fronte ad un unico bambino, ma è tutto così...- inspirò a fondo – ...così uguale che mi viene voglia di urlare. È come se in lui vedessi me stesso, e anche Johanna. Essere genitori è una responsabilità enorme, Spock. Oltre a quella di insegnar loro a vivere, c'è anche quella di non lasciarli soli troppo presto.-

Ecco un'altra delle cicatrici, pensò Spock, un'altra delle ferite mai rimarginate che bruciavano sotto la dolcezza ruvida di Bones, e che in qualche modo ne facevano parte. Aveva dovuto lasciare sua figlia bambina, senza accompagnarla il primo giorno di scuola, senza litigare con lei per i primi ragazzi, senza vederla sbocciare in una giovane donna. Le poche volte che si erano sentiti, i toni erano stati aspri e feroci, troppo simili e quindi ancora più irosi. Era uno dei grandi rimpianti del dottore.

-Che cosa farà adesso Arshanan?- chiese -che cosa gli succederà? Verrà sballottato tra i parenti, fino a quando sarà abbastanza grande da cavarselo da solo, senza aver conosciuto una vera famiglia? Non posso permetterlo. Non posso.-

Per qualche istante rimasero in silenzio, il Primo Ufficiale eretto e solido, Leonard con la testa appoggiata al suo braccio, le lacrime che scorrevano senza rumore.

Poi le parole vennero in superficie, come anelli nell'acqua.

-Che cosa gli stavi cantando, prima?- domandò Spock.

-Oh, . Una ballata del Sud che mia nonna mi cantava sempre per farmi addormentare. Sembra che funzioni ancora, dopotutto.-

Il Vulcaniano esitò solo un istante, un brivido di fronte a quel gesto, a quella sfida a tutto ciò cui aveva obbedito nella sua vita. Ma per Bones, ne valeva la pena. -Pensi che potrei cantare per voi una canzone? È un famoso canto Vulcaniano.-

Leonard sorrise contro la sua uniforme, riprendendo ad accarezzare i capelli di Arshanan; il bimbo dormiva tranquillo. -Certo.-

Spock cominciò, la voce bassa e fluida come oro fuso, incanalata da una disciplina senza asprezze: il canto scivolò nell'Infermeria deserta, magico, solenne, vibrante di fuochi nascosti come tutti i Vulcaniani, allontanando l'odore di sangue, arginando un poco i ricordi. Il respiro contro la sua spalla diventò più profondo; gli occhi di Bones erano chiusi, i capelli scarmigliati, le occhiaie due solchi violacei. Spock lo trovò bellissimo.

Continuò a cantare piano, stringendo entrambi a sé.



   
 
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