A Rivoltella-J, perchè lo sò, un giorno l'amore me la porterà via.
E a Pansy Parkinson[quella vera], perchè ciò creduto veramente [ma Lucius a scelto Astoria]
Nuvole
nere,coprono i già fiochi raggi di una luna ormai calante.
Rumori di calici e
risa, escono dal grande e lussuoso locale, squarciando: prepotenti,
disturbatrici, il sinistro silenzio che aleggia nel bosco.
Odore di sesso,alcool e fumo penetrano nel naso.
Impregnano la pelle.
Generosi scolli e
costosissime gonne, sicuramente troppo
corte, mostrano, lussuriose, tentatrici,
pezzi di carne bianca e liscia, a occhi indiscreti, folli, travolti dal piacere di vini conservati per decenni, in
infinite cantine, di ottocenteschi manieri.
Bocche carnose, pesantemente truccate, aspettano o
leccano, avide, altre labbra a confronto
rudi e sporche, macchiate di voglie
proibite.
Occhi di mogano
nero, scrutano altezzosi la sala.
Vuoti,
indifferenti, spenti, accarezzano
corpi, che in passato gli avrebbero ricordato il suo, ma non lo sarebbero mai stati.
Mani dalle unghie
curate, placcate di nero, scorrono su corpi estranei, alla ricerca di illusioni
perdute.
Rubate dal tempo.
Fuori le nuvole
ormai coprono il celo.
La speranza è perduta.
Impedendogli di
osservare le stelle.
Mitiche o
spettrali bestie, protagoniste di leggende antiche come l’uomo, si muovono,
cacciatrici, tra i rami, il celo o le foglie della boscaglia , incuranti delle sue debolezze.
Dentro ormai anche
gli ultimi vestiti sono stati brutalmente strappati; corpi nudi si uniscono in
danze storpiate. Grida e sospiri, sostituiscono la voglia di qualcosa più
caldo, più vero.
Zittiscono coscienze.
Capelli color
della pece, portati in un caschetto sbarazzino, si muovono, staccandosi dalla
pelle sudata del viso, per poi ricaderci, al
ritmo di ogni spinta. Urla di orgasmo escono prepotenti dalle tue labbra,
ormai prive di ogni colore.
La notte passa, si perde, e chi ne è capace dimentica,
mentre un sole sonnacchioso, sorge lontano; là dietro i colli. L’alba di un nuovo giorno nasconde le
stelle.
Il locale si
svuota, lasciando i corpi nudi.
Ancora caldi.
Negli angoli,
tavoli o letti, di quel lussuoso pezzo d’inferno.
Gli occhi si
aprono, le macchine si riversano in strada, lente.
Come il caffè caldo versato da una cameriera annoiata, ad un impiegato intento
a sfogliare distratto le pagine del giornale.
Le serrande dei
negozi sulla via principale vengono alzate, mentre la soffice nebbia di una
giornata di fine febbraio si perde nel celo.
La vita comincia,
mentre la sua inizia a morire, lentamente, affogata, in ricordi dal profumo del
mare, dal colore del fondo di una bottiglia.
Muore, per
rinascere la notte seguente.
Sola, com’ è
voluta essere. Sola come sempre.