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Autore: CHAOSevangeline    18/08/2013    0 recensioni
{ Inghilterra x Giappone }
[Dal primo capitolo.]
Aveva davvero poca esperienza in campo di relazioni e sebbene fosse sempre stato forzato a conoscere gente nuova – e lo facesse, mica era un asociale – non sembrava riuscire a trovare nessuno in grado di smuoverlo da quella situazione di stallo che lo vedeva isolato dal mondo.
Poi aveva conosciuto Arthur.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Giappone/Kiku Honda, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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What I want to remember.
何私が覚えておきたい。


 

 
Kiku era sempre stato convinto che se qualcuno credeva nell’applicazione della legge dei poli opposti che si attraggono anche tra le persone, doveva esserci stata una ragione, una prova, che aveva fatto giungere quel qualcuno a tale conclusione.
Avrebbe semplicemente dovuto osservare la gente che lo circondava per trovare anche solo un esempio valido in nemmeno molto tempo, vista la quantità di dimostrazioni che il mondo forniva, ma sfortunatamente non conosceva a fondo abbastanza persone da potersene rendere conto.
Aveva davvero poca esperienza in campo di relazioni e sebbene fosse sempre stato forzato a conoscere gente nuova – e lo facesse, mica era un asociale – non sembrava riuscire a trovare nessuno in grado di smuoverlo da quella situazione di stallo che lo vedeva isolato dal mondo.
Poi aveva conosciuto Arthur.
Si erano cercati a vicenda ancora prima di parlarsi; entrambi sembravano volere esattamente le stesse cose e forse era stato quello che aveva reso possibile a lui, che mai era stato particolarmente bravo nei rapporti con gli altri, di legarsi a quell’arrogante che per tanto tempo era stato lontano da tutto e tutti per dedicarsi solo ed unicamente a se stesso.
Lentamente, ambo le parti avevano capito che la forza del loro legame non risiedeva solamente negli interessi, quanto nel loro carattere: se Arthur parlava senza problemi e ingaggiava discorsi anche con perfetti estranei, Kiku era timido e lasciava che fosse l’amico ad andare in avanscoperta per lui, aggiungendosi eventualmente più tardi alla conversazione facendo ben attenzione che l’inglese non lo abbandonasse lì da solo troppo presto.
Viceversa, se Kiku era calmo e pacato, tanto da contare fino a dieci prima di dire le cose per evitare problemi e incomprensioni, Arthur era un attaccabrighe.
Un vero e proprio fiume in piena di parole a cui era tutto dovuto: cattiverie, vocaboli taglienti… nulla sarebbe stato risparmiato e se il ragazzo se la prendeva con qualcuno – rischiando magari anche di cacciarsi nei guai, perché non misurava quasi mai prima l’avversario che si trovava di fronte prima di parlare –, spettava al giapponese il compito di trattenerlo, chiedere scusa da parte sua sentendosi urlare – ovviamente dall’inglese – di essere uno stupido perché non valeva la pena di abbassarsi al livello dell’ “idiota” che aveva davanti e poi aiutarlo a curare le ferite che quasi sempre si provocava quello sconsiderato.
Se poi si vuole essere tanto schietti, c’è anche da parlare dell’onestà dei due.
Kiku era quel tipo di persona totalmente sincera, che diceva sempre le cose come stanno e che mai si sarebbe rivelato non di parola. Se poi c’era qualcosa che non voleva dire, si limitava ad ometterla.
L’inglese era invece una persona che risultava trasparente attraverso le bugie; forse era facile leggerlo come un libro aperto solamente per l’amico, ma quando lo vedeva assumere determinati atteggiamenti capiva automaticamente se era la verità o se doveva ribaltare l’intero significato delle sue parole per scovare facilmente la realtà.
Così ecco che Kiku Honda aveva finalmente l’esempio tanto cercato esattamente sotto al naso: lui e Arthur erano opposti, ma non quel tipo di opposti dagli ideali differenti che potrebbero rischiare anche di farsi la guerra pur di imporre il proprio pensiero sull’altro, no; erano quella tipologia che si completa a vicenda e nel profondo, questo entrambi l’avevano capito.
Del resto, si erano anche lasciati intendere a vicenda che tutti e due avevano occupato un posto importante nel cuore dell’altro.
L’unico dei due che aveva avuto forse un po’ di insicurezza nel rendersene conto era stato Kiku, che si era ritrovato di fronte al muro di finta indifferenza nei suoi confronti costruito da Arthur.
Peccato che quella barriera fosse parecchio labile e che alla fine fosse stata distrutta senza pietà, ma al contempo con gentilezza, proprio dal giapponese.
Forse era stato esattamente questo che aveva convinto l’inglese di aver trovato qualcuno con cui valeva la pena di stare; gli era sempre sembrato che gli altri non avessero la minima intenzione di farsi strada fino a quello che era lui, limitandosi piuttosto alle bugie con cui si proteggeva per non dire ciò che pensava realmente.
 
Alla fine ci erano voluti mesi per avvicinarsi tanto – perché entrambi possedevano la capacità di rapportarsi con la gente che solo due sociopatici avrebbero potuto vantare –, ma era stato bello giungere a quel benessere insieme.
Ormai non c’era più una cosa dell’uno che anche l’altro non sapesse.
Le cose che facevano da soli erano diventate anche parecchio naturali anche in compagnia dell’altro; Kiku non si faceva più problemi a perdere parte della propria compostezza mentre giocava con Pochi, di fronte all’inglese.
Vedendolo fare così, anche Arthur aveva iniziato a parlare con tranquillità insieme ai propri amici di fronte all’asiatico e pur lasciandolo sconvolto all’inizio, non aveva faticato a convincerlo della loro esistenza.
Per un primo periodo Kiku aveva avuto paura di scoprire se quegli esseri che chiunque avrebbe catalogato come creature immaginarie fossero tutti buoni o anche ostili, ma alla fine aveva allontanato certe paure ricordandosi le vecchie credenze tramandate nel suo territorio: tutte erano radicate alla base dell’esistenza di possibili spiritelli non tutti dai buoni propositi con cui aveva sempre convissuto.
Con il tempo aveva smesso di dare loro troppo peso come la maggior parte degli abitanti del Giappone, ma gli sarebbe piaciuto poter tornare a credere in loro con tanta fermezza da renderli di nuovo in grado di essere visti da chiunque.
Aveva come la sensazione di averci avuto davvero molto a che fare in passato, ma era solamente un bambino e oramai ricordava veramente poco.
Così la paura iniziale provata nei confronti di quelle creature insolite si era trasformata in voglia di capire e un giorno aveva chiesto ad Arthur, molto velatamente, se mai sarebbe stato in grado di vederle anche lui.
L’inglese aveva afferrato senza difficoltà dove stava cercando di andare a parare l’altro e improvvisamente si era fatto timido in merito.
A parte che non credeva proprio possibile riuscire a mostrarglieli o farglieli anche solo sentire, aveva realizzato solamente allora che se era arrivato a chiedergli una cosa del genere era solo perché lui gliene aveva dato modo e se era accaduto, era perché aveva deciso di condividere tutto, ma proprio tutto, con lui.
Sebbene il suo aspetto non lo dimostrasse era molto più vecchio di Kiku e questo comportava indubbiamente molta più esperienza in qualsiasi campo.
Poteva anche essere stato abbastanza conformista e abituato a seguire le solite tradizioni, ma ormai una cosa che aveva capito era che quasi certamente i suoi sentimenti non sarebbero andati totalmente di pari passo con i suoi ideali.
La possibilità che si trovasse una bella ragazza era dimezzata, perché un’altra parte eguale dei suoi gusti gli avrebbe permesso di stare con un ragazzo.
Non era mai stato il tipo che inizia ad interessarsi a qualcuno fisicamente parlando o solamente a causa di palesi intenzioni che muovono alcuni individui, era più quello che si faceva mille scrupoli prima di confessare i propri sentimenti perché doveva avere mille certezze.
Quindi sì, aggiungendo a questo suo tipo di insicurezza il suo carattere, finiva con il chiudersi in se stesso con un guscio più duro di quello di una noce appena si arrivava anche solo a sfiorare l’argomento amore.
L’unica volta che non aveva iniziato ad urlare come un pazzo appena era entrato in campo amoroso era stato appunto con l’asiatico, ma solamente perché lui aveva bevuto e considerando quanto poco reggesse l’alcool quei tre bicchierini di whisky sarebbero bastati a fargli scordare tutto ciò di cui avevano parlato.
Non che avesse fatto ubriacare Kiku per essere sicuro di non lasciar rimasugli di quella discussione nella sua testa, eh.
“Sai Arthur, a me piacciono quelle storie d’amore quasi da ragazze… E’ un po’ buffo che lo dica io, no…?
Sarebbe bellissimo se qualcuno mi si dichiarasse curando tutto nei minimi dettagli, rendendo l’atmosfera indimenticabile… Però forse sono egoista e chiedo troppo.”
Se doveva essere sincero, quando si era sentito dare una spiegazione del genere gli era quasi sembrato che Kiku stesse parlando direttamente a lui, consigliandogli di darsi una svegliata e di cominciare a non nascondere tanto quei sentimenti, perché per fare colpo su di lui doveva usarli e farglieli sentire uno dopo l’altro.
Da quel momento aveva iniziato a pensare.
Negare di essere innamorato del giapponese sarebbe stato stupido, come del resto lo sarebbe stato cercare di scappare da tutta quella situazione.
Erano davvero tanto amici, ma un po’ il modo con cui gli aveva detto quelle cose, un po’ l’imbarazzo che sembrava aver colto in lui quando stavano troppo vicini gli avevano dato forza.
E poi se gli aveva detto che gli piacevano le confessioni d’amore che piacciono alle ragazze specificando espressamente che avrebbe voluto ricevere una dichiarazione e non farla, gli rendeva impossibile credere che fosse totalmente etero anche lui.
Certo, erano tutti preconcetti che fosse l’uomo a dover fare la prima mossa, ma in fin dei conti anche il giapponese era parecchio tradizionalista, no?
Fatta eccezione per quelle strane festività che spingevano la ragazza a fare la prima mossa e dichiararsi, ovvio.
Così da quel momento era iniziato l’infinito arrovellarsi il cervello di Arthur Kirkland per trovare un modo di confessarsi che facesse breccia nel cuore di Kiku senza però allontanarlo inevitabilmente in caso di rifiuto.
 
Il giorno che dedicarono, però, a bere il tè nel giardino stranamente tiepido dell’inglese, non rientrava in uno dei tanti momenti in cui il padrone di casa dedicava all’elaborazione del suo piano per dichiararsi.
Si trovava lì con Kiku da mezzogiorno passato e avevano mangiato quasi unicamente cibo giapponese che il ragazzo aveva preparato apposta per l’occasione.
Sapeva perfettamente anche lui che il giapponese si serviva abbastanza ingiustamente della regola che l’ospite fa sempre bella figura a portare qualcosa per ringraziare dell’ospitalità, ma fingeva di non sapere che tutto era dettato dalla voglia di evitare la cucina inglese che non sembrava far impazzire nemmeno lui.
Sentì in lontananza il rintoccare della campana del Big Ben e prese delicatamente la teiera, sollevandola piano dal telo candido piuttosto ampio che avevano steso a terra, all’ombra di un albero.
Osservò il giapponese, indossante come sempre un kimono scuro, di sottecchi.
« Che tè preferisci, Kiku? » chiese, incurvando leggermente le labbra in un sorriso.
Gli occhi castani guizzarono sulle confezioni contenenti varie fragranze e l’inglese non si perse nemmeno quell’impercettibile movimento. Se non altro aveva acquistato una certa discrezione nell’osservarlo, tanto da non sentirsi più chiedere perché lo fissasse. Ovviamente non sapeva che in verità Kiku si accorgeva di ogni suo singolo sguardo e che aveva imparato a non arrossire per evitare di farlo smettere.
« L’altro giorno mi era venuta voglia di bere dell’Earl Grey. » rispose con un sorriso.
Sarebbe andato volentieri a chiedergliene un po’ direttamente a casa, visto che quello che gli aveva regalato era finito da qualche settimana, ma la villa inglese sembrava essere diventata bandita dai luoghi da visitare insieme da quando gli aveva domandato di presentargli i suoi amichetti.
Un po’ Kiku si era dispiaciuto, ma ben presto aveva iniziato a pentirsi di essere stato, magari, troppo invadente con quella richiesta.
Da quando aveva messo piede oltre il cancello della villa stava cercando il momento propizio per chiedere scusa ad Arthur, ma quando ne trovava uno sembrava pentirsi e pensare che fosse meglio non ricordarglielo: magari l’aveva invitato lì proprio perché voleva lasciar cadere il discorso.
Venne riscosso dai propri pensieri accorgendosi che l’inglese aveva lasciato cadere sul telo parte della fragranza che gli aveva chiesto e che si era piegato in avanti emettendo un leggero gemito.
Forse si era sentito male?
« E’ tutto a posto? Ti senti bene? » si fece più vicino, senza riuscire a trattenere un tono preoccupato.
Appoggiò una mano sulla sua spalla e la mosse come se stesse cercando di fargli una carezza.
In un primo momento il biondo non se ne accorse e si limitò ad alzare il viso verso il giapponese, abbozzando un sorriso per rassicurarlo.
« Sì, è tutto a post-… »
Le cose iniziarono a precipitare quando fece caso a un paio di creaturine – le stesse che l’avevano colpito sul dorso in modo da farlo piegare, fra l’altro – intente a tirare Kiku per il kimono.
Anche il giapponese sembrò accorgersi di qualcosa di strano e sgranò gli occhi, anche spaventato dall’improvvisa vicinanza con le labbra dell’inglese.
La situazione venne risolta con prontezza da Arthur che, appoggiatigli entrambe le mani sulle spalle, lo staccò bruscamente, ridendo nervosamente.
« Ti… chiedo scusa! » era agitato e proprio non riusciva a calmarsi.
Lo stava per baciare.
Si stavano per baciare.
E lui preso dall’imbarazzo aveva rovinato tutto.
Non sapeva se avercela di più con se stesso o con i quattro spiritelli che gli avevano servito l’occasione su un piatto d’argento pur sapendo che considerato il suo carattere l’avrebbe sciupata.
Le gote rosse del giapponese non lo stavano aiutando assolutamente, poi.
« Sai, non ti faccio venire qui da qualche tempo perché… i miei amici sono parecchio dispettosi, non so proprio che cosa gli prenda! » un’altra risata nervosa concluse la sua frase, spegnendosi gradualmente osservando gli occhi castani e a mandorla dell’altro che non si distoglievano dai suoi.
Sembrava quasi che gli stesse chiedendo di dire la verità e lui si stava sentendo terribilmente in colpa non facendolo.
Poteva stare tranquillo però: quella volta non sarebbe riuscito a leggergli dentro come spesso faceva, perché era impossibile ribaltare le sue parole.
Era troppo difficile arrivare a capire che in verità non aveva potuto invitare a casa propria il giapponese perché fatine e spiritelli si stavano assumendo l’incarico di fare loro da cupido per farli mettere insieme.
Certo, li seguivano anche fuori casa, ma lì poteva facilmente seminarli e ottenere qualche momento di pace.
Kiku dal canto suo aveva veramente sperato che Arthur lo baciasse, ma poi tutto era finito in frantumi sotto ai suoi occhi.
Era inutile illudersi, avanti! Aveva solo lasciato galoppare troppo la fantasia.
« Oh… forse gli sto antipatico… » sussurrò, passandosi una mano tra i capelli corvini come a dissimulare il nervosismo.
« No, non penso. Credo piuttosto che vorrebbero che abitassi qu-… »
Si sbatté una mano sulle labbra, guardandosi subito dopo intorno accorgendosi di aver attirato fin troppo la sua attenzione con quella frase.
No, no, stava sbagliando tutto! Praticamente era una proposta di convivenza interrotta ancora primi di confessargli i suoi sentimenti!
« Arthur, dovresti stare tranquillo, non è successo nulla. »
Gli era servito del tempo per ricomporsi e tornare pacato come al proprio solito, ma alla fine vi era riuscito forte della consapevolezza che, se non si fosse tranquillizzato almeno lui, anche l’inglese avrebbe continuato a rimanere teso come una corda di violino.
In fin dei conti era o non era lui quello che doveva sempre far calmare l’anglosassone?
« Forse sei stordito per la botta che ti hanno dato… loro, penso. E’ sembrato che ti fossi fatto davvero male, quindi se vuoi posso controllar-… »
Avrebbe colto al volo il cercare di cambiare argomento del giapponese, se solo non avesse detto quella frase.
“Non è successo nulla.”
Quindi lui si era impegnato per mesi cercando di trovare un modo per confessargli cosa provava, l’aveva trattato benissimo per tanto tempo solo per sentirsi dire che ora, quando si stavano per baciare, non era successo nulla?
« Non è vero che non è successo nulla, maledizione! » il tono di voce si alzò in contemporanea con il suo sollevarsi da terra.
Strinse le mani impugni, mordendosi il labbro e fissando il basso, senza indirizzare lo sguardo verso il giapponese.
« Sono mesi… che cerco il modo giusto per dirtelo, perché tu mi hai detto che volevi fosse tutto perfetto, ma non ce la faccio a trovare il momento adatto! » urlò, facendo stringere l’asiatico nelle spalle quasi fosse stato travolto da una folata di vento gelido. « Non è che… non è che non abbia pensato ad altro perché sei tu, eh! Vorrei non dedicarti neanche un attimo, ti ho sempre detto che non sei al centro dei miei pensieri, quindi appunto per evitare che tu… mi crei tanti problemi te lo dico subito, chiaro?! E se ti va bene mi fa piacere, altrimenti il cancello è aperto e te ne puoi anche andare! »
Non gli parlava così da tempo, ma in quel momento non era proprio riuscito a fare diversamente. Lo guardò alzarsi, senza accorgersi dell’espressione spaventata che gli aveva fatto assumere; se Arthur sapeva perfettamente di star per confessare il suo amore dopo quella premessa a dir poco penosa, Kiku si era quasi convinto che volesse liberarsi di lui, non sentendo certe frasi nei propri confronti dette dall’inglese da ormai molto tempo.
« Ti amo, Kiku! S-Sto bene… quando sono con te e… non mi piace quando ti parlo come ho fatto poco fa, ma sai che non riesco a fare altrimenti, perciò ti chiedo scus-… N-NO! Non ti chiedo scusa, perché… sto facendo tutto io, ecco! Quindi… fattelo andare bene… »
La frase era confusa, tanto confusa che anche la voce alle volte si impastava, aumentando di volume o diminuendo a seconda di ciò che stava dicendo.
Di tutto questo però, il giapponese quasi non si era accorto.
Come non aveva fatto caso alle gote arrossate di Arthur, al suo sguardo terribilmente nervoso e alle guance gonfie, insieme al petto, come se stesse cercando di sfogare così il proprio nervosismo o di resistere allo sforzo terribile che costituiva per lui quella frase.
Le prime tre parole erano state ciò che l’avevano veramente colpito e poi sì, anche il resto della frase, ma veniva abbastanza da sé anche solo grazie al “ti amo”.
Mosse qualche passo verso di lui in modo da essergli più vicino.
Arthur non poté far altro che guardarlo, speranzoso di sentire le stesse due parole uscire dalle sue labbra.
Invece lo vide voltarsi, passarsi una mano sul viso e stringersi più volte nelle spalle.
Stava quasi per dirgli che poteva fare a meno di ascoltarlo quando lo vide voltarsi nuovamente verso di lui, con gli occhi terribilmente lucidi e le guance appena gonfie – identiche a quelle di Arthur poco prima –, come se stesse trattenendo una quantità indicibile di singhiozzi.
« A-Anche io ti… amo, Arthur, ma non avevo il coraggio di dirtelo. Pensavo che mi… avresti odiato. »
L’inglese rimase immobile, un sorriso inebetito gli si stampò sul viso e mutò solamente quando si rese conto che se avesse continuato a rimanere immobile così non sarebbe successo assolutamente nulla.
Avvicinò rapidamente il viso e lo baciò a stampo, stringendolo poi in modo da affondare il viso nei suoi capelli, sorridendo e lasciando trapelare solamente allora, che il giapponese non lo poteva vedere, tutta la sua felicità.
« Sai, ho avuto paura della stessa identica cosa, Kiku. » sussurrò al suo orecchio.
Baciò piano i suoi capelli, sentendolo singhiozzare.
 
Dunque ora era confermato per l’ennesima volta che gli opposti erano davvero in grado di attrarsi.






Angolo dell'autrice ~

Sento che le lettrici delle altre mie due fanfiction vorranno prendermi a sberle accorgendosi che ho postato questo ancora non ho aggiornato le altre due.
Detto questo... Ehilà popolo di EFP, sono tornata dopo un mese - credo - di inattività!
Avrei voluto postare qualcosa prima, ma mi sono dedicata a questa cosuccia che avrei tanto voluto pubblicare prima di andare in vacanza, ma mi ero ripromessa di iniziare a mettere i capitoli dopo averla conclusa per non portare via ulteriore tempo alle altre.
Indovinate?
I capitoli saranno tre in totale e io ne ho conclusi - e con conclusi intendo scritti e corretti - solo due C: per questo la mia idea di postarne uno per giorno andrà allegramente a... mutare in qualcosa di differente (?)
Credo che aggiornerò a seconda dell'interesse che riscuoterà, sì. E' una di quelle storie che posto e che non mi piace affatto, ma ci tenevo tanto a pubblicare un'Asakiku - CHE COPPIA SFIGATA -
Già il pubblicarla oggi è stato un fuori programma, d'ho.
Detto questo ci sentiamo nei prossimi giorni con il secondo capitolo, se a qualcuno interesserà la storia, spero che vogliate dirmi che cosa ne pensate con una recensione *A*/

CHAOSevangeline
   
 
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