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Autore: Moonage Daydreamer    18/08/2013    2 recensioni
Ero l'emarginata più emarginata dell'intera Liverpool: fin da quando era bambina, infatti, le altre persone mi tenevano alla larga, i miei coetanei mi escludevano dai loro giochi e persino i professori sembravano preferire avere a che fare con me il meno possibile, come se potessi, in uno scatto di follia, replicare ciò che aveva fatto mia madre.
(PRECEDENTE VERSIONE DELLA STORIA ERA Lucy in the Sky with Diamonds, ALLA QUALE SONO STATE APPORTATE ALCUNE MODIFICHE.)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Lennon , Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Baby's in Black.


Il giorno dopo nessuno si ricordava più niente di quello che era successo, se non alcuni momenti particolari, e io mi ripromisi che non avrei più toccato un alcolico che fosse uno.
- A che ora stacchi? - mi chiese Karla dopo aver riempito un boccale di birra.
- All'una, anche se come al solito aspetto che i ragazzi finiscano di suonare. - risposi.
Molto spesso mi ritrovavo a doverli ascoltare per le ultime ore in cui il locale stava aperto, anche se non sempre ero da sola. Ogni tanto, infatti, Karla mi faceva compagnia, ma dopo un po' smettevo di ascoltarla, perché andava avanti per un'eternità a parlare di stupidaggini. Mi piaceva molto di più quando anche Ringo si fermava ad ascoltare i ragazzi, con cui nell'ultimo periodo aveva stretto una solida amicizia.
- Ti fermi anche tu? - chiesi alla mia collega per gentilezza.
- No, vado a casa subito. Poi viene Pete da me. - mi disse eccitata.
Non avevo dubbi.” pensai, ma mi tenni quel momento per me.
Andai a servire ad un tavolo, poi tornai dietro il bancone e sbuffai. Le serate si stavano susseguendo sempre uguali, lì al Kaiserkeller, e cominciavano ad annoiarmi; in ogni caso, avevo messo da parte una discreta somma, che avevo la sensazione mi sarebbe servita molto presto.
Quando finii il turno rimasi a lungo in piedi di fianco al bancone, meditando se fosse meglio tornare subito al Bambi o aspettare gli altri.
Seduto ad un tavolo scorsi Ringo, che mi salutò con la mano, perciò lo raggiunsi e mi sedetti con lui. In un primo tempo chiacchierammo allegramente e il ragazzo mi offrì una birra, che alla fine mi ritrovai ad accettare; e tanti saluti al voto che avevo fatto appena qualche ora prima.
Fu soltanto dopo che il locale si fu svuotato praticamente del tutto e la musica si fu fatta più malinconica che io e Ringo cominciammo ad ascoltarla per davvero. Lui adorava il blues, e come il suo solito, chiese a John di suonare " Three-Thirty Blues". Capivo perfettamente perché a Ringo piacesse venire così tardi, quando la musica si faceva meno violenta e scoccava "l'ora dei lati B." - Da quanto tu e John state insieme? - chiese strascicando le parole.
- All'incirca due anni. -
- E la sua ragazza non ha mai sospettato nulla? -
- No. - risposi secca, , sperando che la conversazione finisse lì. Ringo, sebbene ubriaco, comprese il mio stato d'animo e tornò ad ascoltare il blues.
Provai a concentrarmi di nuovo sulla musica, estraniandomi dal resto, ma quando mi accorsi che non ci sarei riuscita mi alzai trascinando la sedia e uscii dal locale senza salutare nessuno, accompagnata dalle occhiatacce di Paul e John, che la mia uscita rumorosa aveva disturbato.
“Che le loro maestà mi perdonino...” commentai seccata.
Corsi al Bambi a testa bassa, rischiando di sbattere contro quelle poche persone che giravano ancora per la Reeperbahn e sospirai di sollievo quando finalmente arrivai al mio stanzino.
Era davvero strano: in quel momento quel locale angusto era diventato l'unico riparo dal giudizio della gente. Era come se ogni parola detta sull'argomento, ogni sguardo che si posava su me e John esprimesse una critica, e la cosa cominciava a snervarmi.
"Chi è senza peccato scagli la prima pietra." pensai stizzita.
Mi spogliai e gettai i vestiti in un angolo, poi mi infilai il pigiama e mi sedetti sulla branda. Tirai da sotto il letto la borsa con i libri e presi "Il Rosso e il Nero" di Stendhal, ma appena arrivai al primo momento di rimorso della signora de Renal e ripiegai sull'unico autore che riusciva davvero a catapultarmi fuori dalla realtà: Keats. Mi immersi nella lettura delle poesie dell'autore inglese e non mi accorsi che i ragazzi erano rientrati finché John non fu entrato bussando nella stanza.
- Sei ancora sveglia. - osservò avvicinandosi e sedendosi sulla branda mentre posavo il libro a terra.
- Scusa se sono andata via in quel modo, prima. - dissi.
Lui cominciò ad accarezzarmi le gambe:- Sei molto carina in pigiama. - si protese verso di me per darmi un bacio e con una mano mi sollevò la maglietta - ma ti preferisco comunque senza. -
Mi mordicchiò l'orecchio, poi scese a baciarmi il collo e le spalle.
Io rimasi immobile, fino a quando sentii la sua mano risalire lungo la colonna vertebrale per finire sul gancetto del reggiseno. Mi ritrassi.
- Che ti prende?- chiese lui, meravigliato.
- John, non me la sento... non con tutti gli altri nella stanza a fianco, che ci sentono e potrebbero entrare da un momento all'altro. Non chiedermi di farlo, per favore. - mormorai, rossa in viso.
- Come vuoi. - disse John, gelido. - Ma poi non venire a lamentarti con me. -
Se ne andò, nonostante lo stessi chiamando. Sospirai, ma non lo seguii, poiché tanto sapevo che sarebbe stato del tutto inutile e l'avrebbe fatto infuriare ancora di più.
Mi stesi sul letto, anche se non riuscii ad addormentarmi. Continuai a rigirarmi da una parte all'altra, finché dalla camera adiacente cominciarono a giungere dei gemiti osceni. Fra le numerose voci che si stavano sovrapponendo, ne distinsi una fin troppo chiaramente; probabilmente lo stava facendo apposta, ma la voce di John era quella che fra tutte risuonava più alta.
Cercai di tapparmi le orecchie con il cuscino, ma non servì a granché. Mi imposi di addormentarmi: ovviamente non ottenni alcun risultato. Cominciavo a sentire i muri della camera che mi si stavano stringendo addosso. Gettai il cuscino con rabbia, mi alzai, mi rivestii in fretta furia, presi il libro di poesie che stavo leggendo poco prima ed uscii facendo sbattere la porta più che potevo. Soltanto quando fui fuori dal Bambi mi accorsi di essere scalza e poiché non volevo rientrare per infilarmi le scarpe, vagai a piedi nudi lungo la Reeperbahn; arrivai alla fine della strada e continuai a camminare, sebbene non avessi idea molto precisa di dove stessi andando.
Dopo un tempo indefinito mi ritrovai in un parco poco distante dal fiume e mi fermai su una panchina sotto un lampione; aprii il libro ma fissai inutilmente le pagine scritte.
"Avrei dovuto prendere un romanzo." pensai, anche se probabilmente non sarei riuscita a leggere comunque nulla, libro difficile o meno.
Sospirai e cominciai ad accarezzare assorta le pagine.
Forse era ora di farla finita; dopotutto. Non aveva più alcun senso continuare in questo modo, né per me, né per John: era più il tempo che passavamo litigando che non quello in cui stavamo bene insieme, senza contare che era assai difficile capirci a vicenda. Forse eravamo troppo simili, ed era proprio questo il problema. Ci stavo male, ma immaginavo che fosse normale dopo due anni di rapporto.
Il suono di una voce che diceva qualcosa mi strappò improvvisamente dai miei pensieri, facendomi letteralmente fare un salto altro tre metri quando mi resi conto di essere da sola in un parco in chissà quale punto della città alle quattro del mattino. Alzai gli occhi, con il cuore che batteva freneticamente, mentre maledicevo le mie brillanti idee, tuttavia mi tranquillizzai un po' quando vidi che la persona che aveva parlato era una giovane donna.
Come se non ci fossero serial-killer fra le donne.” commentò la mia Coscienza, che come al solito aveva scelto il momento meno opportuno di tornare a farsi sentire.
La misi rapidamente a tacere, poi mi ricordai che la ragazza stava ancora aspettano.
- Mi spiace, non parlo tedesco. - dissi a bassa voce, sperando che lei invece sapesse l'inglese.
Lei sembrò parecchio sorpresa, poi impiegò qualche minuto per pensare, prima di parlare di nuovo.
- Stai bene? - chiese in un inglese un po' stentato, ma comunque comprensibile.
- Sì, grazie. - risposi, anche se non riuscii a convincere nemmeno me stessa.
La ragazza si sedette a fianco a me in silenzio, e io ne approfittai per osservarla. Aveva i capelli biondi tagliati cortissimi e un viso dai tratti delicati; era minuta e molto graziosa, ma era vestita completamente di nero.
- E' per un ragazzo, vero? -
Annuii e abbassai gli occhi, mentre con la coda dell'occhio continuavo ad osservarla.
- Posso chiederti cosa ci fai qui? Voglio dire, a quest'ora della notte...- iniziai un po' imbarazzata.
- Avevo bisogno di schiarirmi le idee... Un po' come te, in somma. - disse lei sorridendo appena. - Io sono Astrid. -
- Senti, è possibile che ci fosse stato qualcuno vestito in modo simile a te al Kaiserkeller qualche tempo fa? - le domandai dopo essermi presentata a mia volta, ricordandomi del ragazzo cui avevo servito l'ordinazione sbagliata.
Lei ci pensò un po' su:- Doveva essere Klaus, un mio amico. E' andato lì, ed è tornato a casa entusiasta del gruppo che aveva sentito suonare. Credo fossero inglesi anche loro. -
- Sì, forse sono proprio i ragazzi con cui sono venuta da Liverpool. - dissi, contenta che i miei amici fossero apprezzati.
Quando sentii le campane suonare in lontananza mi accorsi che stavo sbadigliando.- Okay, forse è meglio che torni al Bambi Kino. -
- Al Bambi Kino?! - chiese Astrid incredula.
- Alloggio lì, purtroppo. -
- Ma quel posto cade a pezzi! -
- Non dirlo a me... - mormorai. - Be', è stato un piacere conoscerti, Astrid. Spero ci incontreremo qualche volta al Kaiserkeller. -
- Vuoi un passaggio? - si offrì lei.
- No, grazie, vado a piedi. - declinai l'invito pensando che più tardi fossi arrivata al Bambi meglio sarebbe stato.
In realtà la passeggiata riuscì a farmi venire di nuovo il malumore. Me la presi con comodo e ci misi più di un ora a ritornare alla Reepherbann, ma comunque era abbastanza presto perché potessi scongiurare di incontrare John. Quando giunsi al nostro alloggio, infatti, non avvertii alcun segno di vita proveniente da una delle altre stanze, segno che tutti stavano ancora dormendo, così mi infilai nel letto vestita e mi assopii.
Mi svegliai verso mezzogiorno, e con somma gioia non trovai nessuno, anche se mentre io uscivo dal cinema, il gruppo dei miei amici stava tornando indietro.
Feci finta di niente e mi diressi dalla parte opposta della strada, sperando di passare inosservata, ma poi Paul mi chiamò e mi trovai costretta a raggiungerli.
- Ti abbiamo preso qualcosa da mangiare. - mi comunicò George passandomi il sacchetto di una panetteria con dentro due brioches.
- Queste non bastano per estinguere il debito accumulato alla fiera. - replicai sorridendo.
- Be', è comunque un passo avanti nella direzione giusta, no? E se non le vuoi puoi sempre ridarmele! - esclamò il ragazzo.
Il brontolio del mio stomaco, però, mi fece divorare uno dei due dolci in mezzo secondo.
- E' molto buona, grazie, George. - dissi con ancora la bocca piena.
- Ringrazia il Macca, è lui che ha pagato. -
- Dove sei stata ieri notte? - chiese John a bruciapelo.
Il suo intervento fece ovviamente svanire ogni traccia di allegria che ci fosse nel gruppo, poiché il ragazzo doveva aver informato gli altri del nostro litigio, oppure loro se ne erano accorti da soli. Più probabile era la seconda ipotesi.
- A differenza tua, non a puttane. - ribattei glaciale.
Il silenzio che seguì fu interrotto solo da qualche imbarazzato colpo di tosse, mentre io sostenevo infuriata lo sguardo di John. Nessuno dei due voleva distoglierlo per primo, ma poi Paul disse qualcosa di non meglio identificato sul fatto che anche lui aveva cominciato a prendere le pastiglie di eccitanti che richiamò la mia attenzione.
Dopo un breve giro, decisi di tornare alla mia stanzetta, poiché una mezza idea mi era venuta in mente. Tirai fuori dalla borsa il mio portafogli e cominciai a contare tutti i soldi che avevo, rimanendo piuttosto soddisfatta dal risultato. Mi annotai la cifra sul dorso della mano, poi nascosi nuovamente il denaro, prima di andare a lavorare.
Verso mezza notte vidi entrare al Kaiserkeller un volto che conoscevo.
- Astrid!- la salutai allegramente e lei ricambiò. Mi accorsi che era in compagnia del ragazzo che riconobbi essere quello di cui le avevo parlato.
- Lui è Klaus. - me lo presentò la ragazza.
- Piacere. - disse Klaus.
- Vi porto qualcosa da bere? - chiesi loro.
Ordinarono due birre e gliele portai, poi andai a sedermi con loro una volta finito il turno. Klaus mi fece una miriade di domande su Liverpool, l'Inghilterra e sopratutto sui Beatles, mentre Astrid non parlava molto, ma era impegnata ad osservare i ragazzi che suonavano ed in particolare Stu.
Sorrisi, mentre rispondevo all'altro tedesco, poi, dopo parecchie canzoni, mi decisi ad attuare la mia risoluzione.
- Astrid, ti andrebbe di mostrarmi qualche hotel qui intorno? -

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Buona sera a tutti! Sono tornata con il nuovo (e spero atteso capitolo). Molto diverso da quello dell'altra volta, lo so, ma è un periodo in cui sono lunatica e ho continui sbalzi d'umore, e questo ovviamente si riflette sulla mia scrittura. Ve lo aspettavate così l'incontro con Astrid? Be', prima o poi doveva per forza succedere! Spero vi piaccia.

JennyWren: grazie mille per la recensione, mi ha fatto davvero piacere sapere che la storia continui a piacerti: è un periodo in cui mi sento un po' stufa, penso che si stia protraendo un po' troppo, ma il tuo commento mi ha davvero tirato su il morale, perciò te ne sono davvero grata!

Alla prossima.

Peace n Love.

  
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