Fanfic su attori > Josh Hutcherson
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Autore: Nani9610    19/08/2013    1 recensioni
Non potrebbe esserci circostanza più buffa per iniziare a raccontare questa sottospecie di fiaba. Lei, la principessina e lui, beh tutto ciò che non è adatto a lei. Eppure, se un fatidico giorno si incontrassero per puro caso mentre fanno al stessa identica cosa? E se per qualche strano motivo, quel incontro dovesse intralciare e cambiare permanentemente il loro futuro? Questa sarebbe la perfetta premessa per una fiaba metropolitana che ha come sfondo Londra, la città delle prime volte, delle seconde occasioni, dei sogni realizzati e di tutto ciò che si possa mai immaginare o volere.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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C’è il momento in cui guardi una persona e capisci di aver trovato il tuo posto.
Non è questione di chimica, non è istinto: è amore.
E’ guardarsi e capire di essersi sempre cercati.



Regola n°1: Gli opposti si attraggono. Sempre.

Quella sera nessuno dei due chiuse occhio. Josh per gli strani rumori che faceva Alex e Devon per finire di leggere per l’ennesima volta un vecchio libro polveroso. La verità è però, che nessuno dei due ne aveva voglia. Josh non faceva che chiedersi se si sarebbe presentata e se mai fosse venuta che cosa avrebbe indossato, Devon pensava a come sarebbe stata con in dosso un abito bianco e a come si sarebbe comportata con lui, perché adesso non riusciva più a pensare con razionalità.
 
Straordinariamente alle 7 stava già girando per casa con in mano una tazza fumante di caffè e con addosso una maglia di Star Wars di 3 taglie più grande di lei. Aveva chiuso occhio si e no 4 ore quella notte e poi si era alzata presto, troppo presto per i suoi standard. Sentiva che qualche cosa la spingeva ad alzarsi, ma nemmeno lei sapeva cosa. Continuava a fare avanti e dietro dalla terrazza alla sala, dalla sala alla cucina e dalla cucina alla camera, dove finalmente si guardò allo specchio. Notò i segni della stanchezza sotto gli occhi, i capelli arruffati e senza forma concreta e poi le unghie mangiucchiate e con lo smalto rovinato. Doveva fare assolutamente qualche cosa, non poteva presentarsi così quella sera, non avrebbe potuto. Appoggiò la tazza vuota sul comodino e si buttò pesantemente sul letto cercando il suo cellulare tra le lenzuola, che come se sapesse di essere cercato iniziò a squillare. Devon l’afferrò al volo prima che potesse cadere e rispose.

B: il tuo vestito è pronto!
D: io ti amo! Quando me lo porti?
B: sono già qui fuori, aprimi.

Iniziò a correre inciampando più volte sul lungo tappeto e sbattendo ripetutamente contro i mobili iniziando ad imprecare, poi finalmente, riuscì ad arrivare tutta intera alla porta. Quando l’aprì le si presentò un omone altissimo con degli enormi occhiali da sole, un auricolare e la testa lucida. Devon esitò un attimo poi gli saltò al collo. Era l’unico oltre a suo padre che gli mancasse.

D: Joe!
J: Devon vatti a vestire immediatamente.
D: ciao anche a te. Si mi sei mancato!

Le passò una mano tra i capelli scompigliandoli ancora di più, poi si spostò facendo apparire una ragazza alta quasi come Devon con in spalla una sacca bianca. Non fece in tempo a dire niente che si ritrovò in camera sua sopra ad una sedia per gli ultimi accorgimenti.

D: che stai facendo Beth?!
B: zitta e infilati questo!

Senza ribattere indossò un lungo abito bianco che cadeva giù morbido e rimaneva più rigido sul torace. Beth con degli spilli continuava ad appuntare, a rifinire gli orli, intrecciare spalline e così via. Dopo tre ore di modifiche, punture di spilli e tutto il resto poté guardarsi allo specchio. Era come se non avesse indossato altro per tutta la vita. Passò delicatamente le dita tra il tessuto semitrasparente come per paura di rovinarlo. Era magnifico.

B: ovviamente manca ancora qualche dettaglio.
D: tipo?
B: lo vedremo dopo. Adesso toglitelo e mettiti qualche cosa. Usciamo.
D: dove andiamo?
B: hai intenzione di presentarti in questo stato? Non credo proprio. Muoviti ti aspetto alla macchina.

Con un sorriso si tolse l’abito e si preparò in fretta. Pantaloni della tuta, maglietta bianca, infradito e capelli legati alla buona. Chiuse la porta e corse giù per le scale. Uscita dalla porta un’auto nera con lo stemma della sua casata aspettava ferma sul vialetto. Saltò immediatamente su e senza dire niente Joe iniziò a guidare per le strade trafficate di Londra.

B: beh?
D: beh cosa?
B: lui! Com’è lui?
D: è … insomma … è, un tipo.
B: com’è? Dai descrivilo!

Descriverlo?! Da dove avrebbe potuto iniziare?! Dalla smorfia che ha sempre in faccia? Dalla mascella larga? Dalle lentiggini, dalle labbra sottili o dai capelli sempre in disordine? Oh no, niente di tutto quello. Lei sapeva bene da dove iniziare, solo che non voleva ammetterlo.

B: Devon? Ci sei? Allora? Com’è?
D: b-beh… ha dei begli occhi.
B: cos’hanno di così speciale?
D: sembrano castani, però se li guardi bene hanno anche del verde e del blu. Poi h-ha le labbra sottili, qualche lentiggine intorno al naso e …
B: ho capito, ho capito basta. Il tuo tipo.
D: non è per niente il mio tipo! È troppo pieno di se, arrogante e stupido per essere il mio tipo!
B: quanti requisiti ha?
D: non ho mai confrontato la lista con lui…
B: allora facciamolo subito! È bello?

Se era bello? Oggettivamente parlando era molto più che bello, con quel viso dai tratti marcati, poi le spalle larghe, il modo di muoversi ...

D: direi che è discretamente bello.
B: ok è maledettamente sexy. Passiamo al secondo requisito. Ha una voce sexy?

Quel ragazzo aveva un non so che nella voce che faceva andare il cervello di Devon in tilt. Forse perché è bassa, calda e leggermente roca, oppure per il suo accento…

D: purtroppo si.
B: è spontaneo?
D: ancora non lo so! So solo che è puntiglioso.
B: perché?
D: ero in biblioteca l’altro giorno e stavo leggendo, lui è venuto li senza ritegno e ha iniziato a punzecchiarmi.
B: abbiamo un cuor di leone tra noi! Ci vuole fegato a stuzzicarti mentre leggi. Con questo fanno 3 requisiti su 9. ha la battuta pronta?
D: si. Ha la lingua biforcuta quel tipo. Però adesso basta parlare di lui Beth, non ne posso più!
B: un’ ultima cosa… avete litigato e poi fatto sesso per far pace?
D: cosa?! Ma sei matta!?
B: andiamo, a me puoi dirlo…
D: lo conosco da si e no due settimane. Ti sembro il tipo che va a letto con un tipo solo per far pace?
B: lo vedremo…
 

*

Josh quella mattina, al contrario di Devon, era rimasto intrecciato tra le lenzuola fino al nuovo ordine. Fu Alex a svegliarlo verso le 11.

A: sveglia Hutch!
J: togli il tuo fottutissimo culo dalla mia schiena!
A: buongiorno finezza!

Detto questo si alzò e rimase a guardare Josh. Aveva la faccia stanca. Che non avesse dormito? Ma ovvio che no! Doveva avere qualche cosa per la testa. Sarebbe riuscito a scoprire cosa.

A: come mai non hai dormito?
J: hai anche la faccia tosta di chiedermelo? Se solo le tue fan sapessero che razza di rumori fai di notte, scapperebbero a gambe levate. Fidati!
A: come scusa?
J: Alex! Russi! E dalla tua camera uscivano gas tossici! Per non dire che parli nel sonno!

Ecco! Avrebbe volto la cosa a suo vantaggio! Se c’è una cosa che sa bene di Josh è che è un credulone. Basta buttare l’esca che lui abbocca subito.

A: anche tu parli nel sonno se è per questo.
J: non è vero!
A: allora perché quando sono entrato dicevi : “ posso avere questo ballo?”

Josh arrossì. Aveva veramente detto quello? Come poteva saperlo? Stava dormendo! Si grattò la testa imbarazzato. In effetti, aveva sognato di ballare con qualcuno. Magari un qualcuno che fosse Devon. Erano lui e quella ragazza in maschera a ballare al centro della sala. Non era mai stato così pateticamente romantico. Alex aveva ragione. Si sarebbe dovuto trovare una ragazza durante il soggiorno…

A: Oh, ho capito! Sognavi lei!
J: non è vero! Smettila e vammi a preparare un caffè!

Alex si allontanò ridendo. Aveva fatto bingo! Josh rimase a fissare il soffitto cercando una risposta. Sarebbe venuta? L’avrebbe ignorato completamente? Che cosa diavolo sarebbe successo?! Prese un cuscino e se lo portò al viso. Perché era tutto così fottutamente complicato con lei? Perché ne era così attratto e non era come con tutte le altre che se gli dicevano no ci rinunciava subito? E in più perché sentiva il bisogno costante di prenderla a schiaffi e contemporaneamente portarsela a letto all’infinito? E proprio in quel momento l’immagine di una Devon senza vestiti gli si stava parando davanti, ma fu subito scacciata via dalla voce di Alex. Un giorno di questi l’avrebbe sicuramente fatto fuori.

A: no non ucciderti! Voglio farlo io!
J: divertente, davvero divertente.
A: il caffè te l’ho fatto. Devo anche berlo?
J: ho già detto che non sei divertente?
A: e tu sai di essere strano? Sei più scombussolato del solito, ma so io come farti tornare con i piedi per terra!
J: come?
A: alza il culo e vestiti Hutch. Oggi si va per negozi!
J: tu sei pazzo. Io non mi alzo!

Si coprì fin sopra la testa con le lenzuola che in un attimo sparirono, poi fu trascinato giù per un piede da Alex. Era cocciuto come un mulo. Dopo la lotta, tre cuscini rotti, diverse scivolate sul pavimento si decisero ad uscire. Attraversato il quartiere dove viveva Josh ci si ritrovava a Piccadilly, ormai piena di gente che correva da tutte le parti. Alex lo trascinò ovunque, negozio per negozio per trovare quel dettaglio che mancava al suo costume da 007. Passarono delle ore prima che si rendesse conto che quello di cui aveva realmente bisogno, erano un paio di gemelli da appuntare ai polsini della camicia. Finalmente dopo aver scelto tra 15 modelli diversi si fece impacchettare quelli in platino rettangolari. Chi mai avrebbe speso 200 £ per degli affari minuscoli? Ovviamente Alex.

J: senti, devi cercare qualcos’altro? Io ho fame, sono le due.
A: anch’io ho fame. Fammi pensare a dove possiamo andare

Il biondo rimase un attimo in silenzio e prese a grattarsi il mento, poi di scatto afferrò Josh per il colletto della maglia e iniziò a trascinarlo per le vie come un cane al guinzaglio. Alex era veramente un tipo strano, ma non sarebbe stato altrimenti, dopotutto è amico di Josh. Camminarono per una decina di minuti fino a trovarsi alla fermata della metro. Salirono su e arrivarono fino ad Hyde Park.

J: perché siamo qui?
A: tu hai detto che l’hai vista spesso in un ristorante qui vicino. Fai due più due…
J: tu sei fuori di testa. Se quella mi vede mi denuncia per stalking!
A: correremo il rischio. Adesso muoviti!

Prima che potesse afferrarlo di nuovo per la maglia, si scansò e riprese a camminare normalmente verso l’entrata del ristorante. Entrati li dentro notarono i pochi posti occupati e un cameriere, probabilmente quello che aveva servito Devon l’ultima volta, andò ad accoglierli.

A: un tavolo per due.
X: per di qua prego.

Li accompagnò fino ad un tavolino rotondo vicino alla finestra. Li guardavano tutti quelli che passavano e ogni volta che Josh intravedeva dei ricci biondi perdeva un battito. Non riusciva a non pensare a quello che sarebbe potuto succedere tra poche ore. Se mai si fosse presentata sarebbe caduta ai suoi piedi. Doveva farla cedere ai suoi piedi, doveva essere sua. ad ogni costo… ma a chi la dava a bere! Lui non era mai stato bravo con le ragazze. Il primo approccio era sempre un disastro, cosa poteva fare con lei? Si era comportato da coglione. Aveva provato a fare il ragazzo diverso, alternativo. Il problema era che così non sarebbe mai andato da nessuna parte con lei.

A: Josh? Ehy! Mi ascolti?
J: come?
A: ti stavo dicendo che dovresti darti una sistemata a quei capelli. Hai metà testa bionda.
J: si lo so.
A: dovresti tornare completamente biondo. Insomma, stasera ti vestirai da Peeta e non puoi essere così.
J: certe volte ho dei dubbi su di te. Non riesco a capire se sei una ragazza travestita da ragazzo oppure una ragazza molto muscolosa.
A: idiota. Parlando di ragazze. Stasera vieni con qualcuno?
J: forse.
A: chi è?
J: quella di cui ti ho parlato.
A: hai invitato Devon… e non sei svenuto? Insomma niente figure di merda? Tutto così diretto?
J: l’ho buttata nello stagno del parco.
A: sei un caso clinico! Andiamo Josh, non ci vuole un genio!
J: non iniziare, sono pessimo in queste cose…
X: oh, certo. Hai ragione.

Si voltarono tutti e due e videro una Jenn che afferrava una sedia per mettersi al loro tavolo.

J: non prendermi in giro…
Jenn: sei così dolce! E affascinante e adorabile!
J: sono molto affascinante, estremamente affascinante…
Jenn: divertente…
J: ne sono consapevole, sono molto divertente.
Jenn: e sei intelligente!
J: sono molto intelligente, ma la cosa…
Jenn: e in più guardati, sei atletico, sei un grande giocatore di basket!
A: cosa vuoi, che si metta a giocare a basket?! Andiamo Jenn!
J: giocherò a basket… no seriamente, sono davvero pessimo nell’iniziativa e nel primo contatto con le donne, ma una volta iniziato ho raggiunto il mio obiettivo.
A: certo, come no!
J: sentite, il primo contatto è sempre il più difficle… che cosa dovrei fare ? Mandarle un biglietto con scritto “ Ti piaccio? Si o NO.”?

Lo guardarono entrambi perplessi. Era una cosa complicata! Magari non per Alex, lui non aveva di questi problemi. Bastava una sbattuta di ciglia, tirare un attimino i bicipiti e le ragazze arrivavano, erano  attratte da lui come le mosche con il miele. Ma con Josh… uff! Aveva bisogno dei segnali luminosi per capire se qualche ragazza era interessata.

A: scherzi vero?
J: andiamo, è un classico, funziona sempre.
Jenn: ok. adesso mi spiegate, per favore, chi è lei?
A: quella per cui Joshy ha perso la testa!
J: esatt.. non aspetta, cosa?! Non ho perso la testa per lei!
A: chi lo nega si frega.
Jenn: ha ragione sai?
J: volete finirla? Voglio solo ordinare e mangiare qualche cosa. Sono stanco di parlare di lei.
A: che c’è? Hai paura che non si presenterà stasera?
Jenn: l’hai invitata alla festa?
J: già.
Jenn: e che ha detto?!
J: non sono sicuro che fosse una risposta affermativa… più che altro mi ha gridato in faccia.
Jenn: e perché?
A: l’aveva appena buttata nello stagno delle anatre. Non doveva essere molto felice.
J: comunque c’è il 50% di possibilità. Io mi preparerò, indosserò il mio costume e mi divertirò, comunque vadano le cose.
Jenn: che indosserai stasera?
A: si vestirà da tributo! Gli ho portato il costume, sarà fantastico.
Jenn: che cosa?! Non puoi fargli mettere quello! Andiamo sarà una festa di classe!
A: e allora?
J: indossare completino aderenti in pelle non è esattamente ciò che si definisce di classe. Però ormai non ho scelta. Non so che altro mettere.
Jen: e io che ci sto a fare qui?! Forza alzatevi e andiamo!
J: ma devo ancora mangiare!
Jenn: zitto e non contraddirmi! Muovetevi!
A: ma Jenn!
Jenn: siete ancora li?! Non costringetemi a fare delle cose che proprio non vorrei fare!

I due si alzarono intimoriti dalla ragazza che avevano davanti. Jenn riusciva a farti quell’effetto più di qualunque altro, perché lei non gridava. Rimaneva impassibile, con il tono piatto e gli occhi puntati nei tuoi senza mai spostarli. Sarebbe riuscita a convincere chiunque a fare ciò che voleva, e così aveva fatto con Alex e Josh. Li trascinò di nuovo per negozi. Iniziò a frugare tra giacche, pantaloni camicie, scarpe e ciò che le piaceva lo lanciava tra le braccia di Josh. Lo costrinse a provare pezzo per pezzo. Impiegarono due ore soltanto per decidere i pantaloni, poi da quelli avevano trovato una giacca nera con profili in velluto, una camicia nera attillata, un papillon in raso e delle scarpe lucide. Mancava solo un dettaglio che ancora non si sapeva quale fosse.

J: da che cosa sarei mascherato?
Jenn: da domino, ovvio. Manca qualche dettaglio qua e la, ma vedrai prima di stasera sarai perfetto.
J: ne sei sicura? Insomma, mi sembra di indossare solo uno smoking.
Jenn: ti fidi di me si o no?
J: si, ed è proprio per questo che mi preoccupo…

Perplesso come non lo era mai stato, Josh tirò fuori la sua carta di credito e raggiunse la cassa. Con che faccia si sarebbe presentato li quella sera?

Jenn: fermati! Hai intenzione di sistemarti la testa vero?
J: come?
A: i capelli Josh. Non puoi andare in giro con la testa di due colori. Forza muoviti, dobbiamo sistemarli.

Lo spinse fuori dal negozio fino al primo parrucchiere aperto. Jenn diede gli ordini facendo scattare tutti sull’attenti, shampoo, taglio e piega tutto alla perfezione. Josh avrebbe fatto cadere ai suoi piedi chiunque a suo parere, solo che Devon non era una chiunque.
 

*

Il tempo passò in fretta, troppo in fretta forse sia per Beth che per Devon. Si ritrovarono a correre verso casa che erano di poco passate le sette. Entrarono di fretta nell’appartamento e Devon iniziò a togliersi di dosso la tuta grigia e sgualcita per la sciare spazio all’abito preparato da Beth. Con delicatezza fecero scivolare il tessuto leggero sopra alla biancheria bianca che quella sera stava indossando e , una volta che la gonna toccò terra, Beth iniziò a tirare i lacci sottili sulla schiena per legarci sopra gli ultimi dettagli: delle ali bianche e morbide che lasciarono Devon spiazzata. Per ultimo l’aiutò ad indossare le scarpe con il tacco altissimo a cui lei era già abituata e la maschera , semplice, in raso che le incorniciava gli occhi truccati di nero e metteva in risalto le labbra con il rossetto del medesimo colore. Prima di uscire fece un giro su se stessa.

B: che ne pensi?
D: penso che tu sia un genio.
B: lo sapevo.
D: davvero modesta.
B: dopotutto so esattamente cosa vuoi. Ti conosco troppo bene, è in più quando mi hai detto di avere una festa in maschera ho subito pensato al balletto.
D: te ne sei ricordata?
B: Devon, siamo cresciute insieme. Posso certamente dire di conoscerti meglio di tua madre
D: non ci vuole molto. A proposito, qualcuno è a corrente di questa “ uscita”?
B: nessuno, tranne me e Joe. Tranquilla, non lo saprà nessuno.
D: grazie.

Iniziò ad incamminarsi verso la porta quando Beth la fermò nuovamente per andarle vicino e guardarla negli occhi.

B: Devon, sei sicura di quello che fai?
D: ormai non sono più sicura di niente.

Si sorrisero tristemente ancora una volta,prima che Devon uscisse di li per poi sparire dietro all’immenso portone nero, lasciando il suo appartamento immerso nel silenzio rotto solo da alcuni pensieri di Beth. Fuori dal suo palazzo, Joe l’aspettava per portarla dalla parte opposta della città. Con il suo abito e le ali salì in macchina, attenta a non rovinare nemmeno una piega dei capelli perfettamente lisci e tirati indietro per lasciare spazio alla meravigliosa maschera. Joe ogni tanto la notava dallo specchietto retrovisore, mentre cercava di sistemare dei difetti inesistenti sulla gonna dell’abito e si contorceva freneticamente le mani.

J: Così ti romperai le dita.
D: è solo che non riesco a stare ferma…
J: agitata?
D: un po’.
J: è solo una festa. Hai bisogno di rilassarti un po’.
D: non voglio essere riconosciuta.
J: con tutta la gente che ci sarà, nemmeno si accorgeranno di te. Vedrai.
D: ho paura di sbagliare. Non potrei mai finire nelle pagine di una rivista. Non sopporterei di nuovo quel peso.
J: alle volte abbiamo solo bisogno di una scusa per sbagliare.
D: in che senso?
J: nel senso che se troverai qualche cosa per cui varrà la pena sbagliare, potrai sbagliare e non ti importerà.
D: forse non a me. Ma credo che a palazzo a qualcuno interessi.
J: fregatene di loro. Almeno per stasera sentiti libera. Adesso stai tranquilla. Ci metteremo un po’ ad arrivare.

Ci sarebbe voluto molto più di un po’. Sembrava che tutti quanti avessero deciso di uscire quella sera e che andassero tutti nella stessa direzione. Distrattamente Devon iniziò a guardare fuori dal finestrino leggermente appannato per poi seguire lentamente una delle prime gocce che scivolava su di esso. Senza fretta la strada scorreva davanti ai suoi occhi e il nero dell’asfalto si fondeva lentamente con la tonalità rosa che si specchiava sulle pozzanghere e si rifletteva attraverso il fumo che usciva dai tombini. Amava il tempo quando era così. L’odore che c’è nell’aria, i colori che diventano stranamente di una tonalità più violacea,  i suoni che diventano ovattati, tutto sembrava più dolce, più calmo ai suoi occhi, ed era quello che le serviva. Le serviva calma, anche solo una calma apparente. Giusto un qualche cosa che non la facesse andare fuori di testa. Cercò di crearsi una sorta di equilibrio che non durò poi più di tanto, si perché una volta che Joe l’aiutò a scendere dall’auto fu subito assalita da domande, luci abbaglianti e dall’aria umida di quella sera. Prima di muovere un solo passo, un ragazzo con un ombrello le si avvicinò coprendola e scortandola lungo un chilometrico tappeto nero che spariva dietro alle porte decorate del palazzo, dietro alle quali scomparve anche lei, immergendosi in un ambiente lucido con delle note che si disperdevano tra le colonne di marmo che facevano da padroni ai lati dell’ingresso. Sembrava essere finita in un universo parallelo. Come potevano 10 metri fare tanta differenza? Si voltò in dietro per osservare. Lampi di luce rompevano il buio, vedeva labbra muoversi freneticamente ma senza sentire nessun suono. Quella sera, in quell’atrio, dopo tanto tempo si sentì in pace con se stessa per non dover rendere conto a nessuno. Sospirò prima di far comparire un leggero sorriso su quelle labbra tinte di nero. Riprese a camminare lentamente lungo il tappeto che la portò dritta alla sala dove la festa era già iniziata. Il soppalco le rese facile vedere la gente che ballava al centro della pista. Era un tripudio di abiti, tessuti, luccichii e colori. Ognuno con un abito diverso, qualcuno appariscente, qualcuno semplice ma non banale, come quello azzurro di una ragazza dalla parte opposta della sala. Rimase ad osservarsi intorno. Chissà lui dov’era. Che costume avrà avuto? Come avrebbe fatto a riconoscerlo tra tutte quelle persone?
 

*

 
Josh intanto si stava facendo le stesse domande. Se ne stava seduto ad un tavolo dal quale era assicurata la vista di tutta la sala, almeno prima che Liam gli si sedesse davanti, subito seguito da Alex e Jenn.

L: sembri un po’ avvilito Romeo.
A: non pensarci Josh! Guarda le ragazze che ci sono qui. Scegline una e vai.
Jenn: pensi veramente che possa essergli di aiuto? Quanto sei stupido!
A: almeno io provo a tirarlo su di morale! Tu che cosa fai invece? Guardati! Sei talmente impegnata a sistemarti continuamente quella montagna di stoffa azzurra che ti ritrovi addosso, che hai ignorato il fatto che quella li non si è presentata.
Jenn: primo, non ho affatto ignorato questo particolare. Secondo, il mio vestito non è affar tuo. Chiaro?!
J: potete farla finita?

Il moro li guardò con una faccia stravolta per poi togliersi il mantello, slegarsi il fiocco ormai troppo stretto che aveva intorno al collo e passarsi nervosamente una mano tra i capelli tirati indietro, adesso spettinati e sparsi sulla fronte ampia del ragazzo. Ordinò qualche cosa di alcolico sperando di lasciarsi andare almeno un po’. Dopotutto lei non si era presentata, ma questo non voleva dire che non avrebbe potuto divertirsi ugualmente. Infondo Alex aveva ragione. Non c’era solo lei quella sera. Era come trovarsi in un negozio di caramelle. Ragazze rosse, more, alte, basse, con le curve, magre come manici di scopa, abiti lunghi e sfarzosi, abiti corti e attillati che lasciavano ben poco all’immaginazione. Buttò giù in un sorso il mezzo bicchiere che gli era rimasto per poi sbragarsi ancora di più sulla poltroncina in velluto rosso.

L: sicuro che non verrà?
J: più che sicuro. Dopo che l’ho buttata dentro al lago escludo l’eventualità di vederla.
L: Alex mi aveva accennato questo dettaglio. Dai non pensarci. Vieni a ballare.
J: con te?
L: certo!
J: sarai anche affascinante con quella divisa da Marine, ma non sei il mio tipo.
L: allora invita qualcuna a ballare. Scommetto che farebbero la fila.
J: allora perché non ne vedo nemmeno una?
L: perché sei fottutamente cieco! Perciò ora apri gli occhi e scegline una!

Iniziò a  vagare con lo sguardo tra tutte le ragazze presenti nella sala, senza mai davvero osservarle, poi eccola. Fu questione di un attimo e la vide. Appoggiata al corrimano, stava scendendo elegantemente una ragazza vestita in bianco. Ad ogni passo la gonna si apriva mostrando parte delle lunghe gambe, ad ogni passo la gola di Josh si faceva sempre più secca. Ad ogni gradino il tessuto semitrasparente volteggiava intorno alle sue caviglie e ad ogni gradino gli occhi di Josh si riempivano sempre di più di quella figura.

J: voglio lei.

Liam si girò verso la scalinata osservandola. Anche lui ne rimase sorpreso. Ma non dalla bellezza, dal fisico o da altro, ma dalle ali bianche che spuntavano da dietro la schiena.

L: allora vai.
J: ma dico l’hai vista? Andiamo, una come lei con me che ci fa?
L: allora fai come vuoi, resta pure qui e continua ad ordinare da bere, ma poi non lamentarti se non hai nessuno con cui passare parte della tua vita.
J: che vorresti dire?
L: sei bloccato dalla paura! Dici sempre di avere bisogno di qualche cosa che non sai cos’è, il problema è che l’unico a non saperlo sei tu! Ti serve qualcuno con cui stare Josh! Hai bisogni di farti amare e di amare qualcuno, il punto è però che non ci arrivi! Se continuerai a trovare delle scuse idiote per ogni cosa, tanto vale che lasci perdere.

Quelle parole lo colpirono in pieno petto. Liam gli aveva sputato in faccia la verità, in meno di due minuti era riuscito a rispondere a tutti i suoi stupidissimi dubbi esistenziali. E allora che ci faceva ancora li seduto? Afferrò immediatamente la maschera nera e la indossò coprendosi il viso. Era pur sempre una festa in maschera. Senza nemmeno indossare il mantello o sistemarsi il papillon iniziò a camminare verso di lei ma in una frazione di secondo un ragazzo gli tagliò la strada portandola via. Lui l’aveva scelta e quella sera sarebbe stata sua ad ogni costo. Li seguì con lo sguardo fino al centro della pista, dove le prime note di una tango scandirono il tempo. Senza pensarci due volte si fiondò tra tutta quella gente che aveva iniziato a volteggiare sul ritmo di Roxanne. Arrivò al centro dopo essersi preso una vagonata d’insulti, ma non gli importava. Era concentrato su di lei che ballava tra le braccia di un ragazzo dai capelli lunghi e mori e dagli occhi color carbone. Poi eccola li. Un volteggio. Il tempo di staccarsi che la tirò a se. Continuando a farla ballare. Portò una mano sul suo fianco morbido e intrecciò l’altra libera con la sua.

J: presa.

Soffiò a qualche centimetro dalle sue labbra. Dio che labbra, carnose e ricoperte da uno strato di rossetto nero che spiccava su quella pelle bianco latte. Senza esitare riprese a ballare in un modo che non gli era mai appartenuto. Movimenti sinuosi accostati a quelli molto più che espliciti della ragazza che gli stava davanti. La pelle delle gambe che usciva dallo spacco del vestito lo mandava letteralmente fuori di testa, scatenava in lui una reazione probabilmente eccessiva, solo per aver visto un po’ di pelle. Forse perché se la pelle delle gambe era così, poteva solo immaginare come poteva essere tutto il resto… rimase incollato a lei e lei a lui anche quando la musica tornò ad essere quella iniziale. Una musica metallica, senza senso che piaceva a tutti tranne che a lui. Fece scivolare la mano fino a quella della ragazza e la portò via con se, verso al tavolo che aveva già occupato prima e dove aveva abbandonato il suo bicchiere. La fece accomodare, e lei, accavallò lentamente le gambe facendolo letteralmente esplodere. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Al diavolo Devon! Lei era senz’altro meglio di quella cinica senza cuore, perché diciamocelo, Devon non sarebbe per niente stata il tipo da mettersi a ballare un tango con le gambe scoperte e ad osservare il vuoto con ari assorta.

J: un penny per i tuoi pensieri.
D: scusami, sono con la testa da un’altra parte.
J: ah si? E dov’è?
D: dove dovrebbe essere anche tutto il resto.
J: e di preciso dov’è questo posto?
D: non lo so nemmeno io veramente…

Un sorriso sornione le si dipinse sul volto facendo allungare quelle labbra magnifiche. Se non fosse stato da maniaci, ci si sarebbe fiondato sopra già da un pezzo. Chissà che cosa si provava a baciare una ragazza del genere.

J: come mai sei venuta qui?
D: un invito dell’ultimo momento. Sai quasi un regalo di scuse.

Un flash gli attraverso la testa. Un regalo di scuse, un invito dell’ultimo momento…  Josh fece due più due e capì subito di aver mandato mentalmente al diavolo la ragazza che aveva davanti. Doveva
solo fare la prova del nove per esserne assolutamente certo.

J: sai, era il minimo dopo averti buttata nel lago.

Devon puntò gli occhi nei suoi. Piombo contro ebano. Grigio nel marrone, si fusero insieme del tutto inconsapevolmente. Come potevano non essersi riconosciuti? Era così evidente. Soltanto guardandola meglio riuscì ad intravedere il neo sulla guancia destra e soltanto dopo averlo osservato attentamente, Devon, si rese conto che lui gli era sempre stato davanti. Da quando l’aveva notato scendendo le scale. Quella sera erano due opposti. Lei in bianco e lui in nero, lei di ghiaccio lui in fiamme. Ciò che non avevano, lo avrebbero compensato con l’altro, anche se ancora non ne erano coscienti.
 
 Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.
 Luoms.

Mi dispiace per aver aggiornato soltanto adesso. è un periodo un po' difficile in questo momento, però mi sono ripromessa che quando tutto sarà passato ritornerò ad aggiornare regolarmente. Parlando del capitolo, questa qui è la premessa per quello che potrebbe succedere dopo ( una premessa un pochino lunga in effetti, solo che studiare economia mi fa questo effetto, per non parlare di Just a Dream di Nelly e Skinny love di Birdy). adesso direi che dovrei andare a letto. Ultimamente non dormo molto e il medico dice che non è una buona cosa, perciò per evitare l'ira funesta del dottore mi dileguo. 
STARK
Nox...
F
atto il misfatto.
 
  
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