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Autore: elisa27_99    19/08/2013    1 recensioni
"E se ci fosse anche per me, il lieto fine? Se ad un bel momento comparisse un punto alla mia storia e tutto potesse filare liscio... per sempre?" pensieri come questi fluivano liberi nella sua mente nascondendo e spesso oscurando quelli tristi e quelli felici, lasciando posto al dubbio del mistero, all'angoscia della paura. Quel «per sempre» a volte riecheggiava tutta la notte nella sua testa, insinuandosi nei sogni e trasformandoli in incubi.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Non se ne parla signorinella, tu sei in pu-ni-zio-ne!»
«Ma mamma come puoi essere così crudele?»
«Crudele? Senti cocca non sono io quella che si è ubriacata distruggendo la casa!»
«Tu non capisci! Ogni ragazza in classe con me va a feste e in discoteca tutte le sere, fanno cose che alla mia età non si dovrebbero fare e certi si drogano pure. Io apro qualche bottiglia di vino e mi rovini la vita!»
«Non mi interessa nulla di quello che fanno le tue amiche, tu devi essere diversa.» Era sospettosamente calma.
«Okay hai ragione, ma ogni tanto succede a tutti di superare un po' il limite!»
«E ne pagherai le conseguenze! Tesoro voglio solo farti capire che ciò che hai fatto è sbagliato e un giorno "superare un po' il limite" potrebbe costarti la carriera!»
«Okay, okay, fammi una ramanzina, proibiscimi di guardare la tv, toglimi internet, ma ti prego permettimi di uscire domani!» la pregò Agata, le lacrime agli occhi. Deglutì. Un sapore amaro si disperse nella bocca, facendola raccapricciare.
«Si certo, spassatela pure mentre io compro un nuovo divano, dato che quello in salotto l'hai rotto TU!»
«Non vado a spassarmela! Te l'ho detto, a Jake servono lezioni di latino ed ha bisogno di me!»
«Bella scusa Agata. Il latino. Mah!»
«Chiamalo e chiediglielo se vuoi!» le porse il telofono, disperata. Come poteva essere così crudele da impedirgli di uscire?
«Mi sembra ti importi un po' troppo di questo Jake. Sarà mica che ti piace?»
«Da quando è "troppo" aiutare un amico?» Agata si rendeva conto di stare un esagerando. Ma non ce la faceva più. Avrebbe voluto tirarle un pugno. Si trattenne e si ricompose. Il soggiorno poco illuminato le dava un'aria malvagia, la bocca semichiusa in un ringhio feroce.
Annie sospirò ed appoggiò una mano sul tavolo sbilanciando tutto il peso sul palmo sinistro, sfinita. I capelli spettinati ed arruffati le si intrecciarono davanti al viso, le borse sotto gli occhi accentuate dall'ombra. «Vai in camera tua.»
«Ecco, brava. Mandami in camera mia, come se non bastasse.» Fece qualche passo all'indietro fissando Annie negli occhi, le palpebre a due millimetri di distanza. Toccata la ringhiera della scala, si aggrappò al corrimano e scappò su, piangente.

Si gettò sul letto. Avrebbe preferito non essere mai nata. Ma tanto chi si credeva quella donna per dirle cosa doveva e non doveva fare? L'idea di scappare si dilatò piano piano nella sua testa, inglobando il buon senso. Sarebbe potuta passare per la finestra e piano piano calarsi giù aggrappandosi a mattoni ed occasionali appigli. Oppure avrebbe potuto legare le coperte l'una con l'altra ed usarle come corda per calarsi giù. Tutto sarebbe stato meglio di rimanere in quella casa un secondo di più.
Il telefono cominciò a cantare Eye of the Tiger, segnale che qualcuno la stava cercando. Dovettero passare alcuni secondi prima che Agata se ne accorgesse, assorta nei suoi pensieri ed elaborando diabolici piani. Non aveva neanche voglia di rispondere. Svogliatamente guardò chi era. Eva. Le passò la voglia di parlare. Ad un tratto smise di suonare. 'Meglio così' pensò Agata. Bliiiing. Messaggio da Eva: "rispondi idiota". Ricominciò a squillare. Era sempre lei. 'Uff' sbuffò rumorosamente.
«Pronto?»
«Ciao cara sono io.»
«Non l'avrei mai detto!» scherzò Agata.
«Si, si, fai poco la spiritosa e rispondi subito la prossima volta.»
«Scusami. Allora tutto bene dopo ieri sera, vero?»
«Non molto. Sono nei guai. Guai seri. Sigillata in casa, niente tv, niente computer e cellulare. Almeno, questo lo crede lei, ma è da quando avevo 5 anni che nasconde le cose sequestrate nella credenza.»
«Mia madre credo che preferisca torturarmi e vedermi soffrire, piano piano, lentamente.»
«Ti devo chiedere un grande favore: vieni da me e dì a mia madre che non è stata colpa mia!»
«Niente da fare, non posso uscire.»
«Agata!»
«Mi dispiace tantissimo, davvero. Promesso che appena si calmeranno le acque qui in casa verrò! È tutta colpa mia se sei in questo casino e te ne farò uscire fuori.»
«Mh. Grazie Agata, ci sentiamo.» Sembrava delusa, ma un barlume di speranza filtrava tra le sue parole. 'Magari ha anche lei un appuntamento speciale', pensò Agata.
«Ciao.»

Accese la bajour sulla scrivania ed osservò gli inquietanti giochi di luce sui muri: ombre e sagome animalesche danzavano serene sulle verdi pareti trasformando la sua stanza in una savana notturna. Poteva sentire il leggero ronzio dello stereo di sua sorella, nella camera accanto. Rimase seduta alcuni minuti, una mano che massaggiava lentamente il collo formicolante. Sentiva i nervi e i muscoli stirati, indolenziti per i troppi sforzi. Dopo aver lavato i piatti e passato l'aspirapolvere per tutta la casa, le toccò andare da sua madre ad aiutarla a ricomporre alcuni fogli e cartelle nel suo studio e farle da assistenze durante il lavoro. Agata odiava quel posto. "Annie Dottinger. Studio legale n. 2" diceva il cartello al fianco dell'entrata per il suo piccolo cubo di studio, parte della complicata griglia che costituiva il Dipartimento Distrettuale più famoso di tutta Banham  L'avvocatessa Dottinger, si occupava della difesa da ormai 1 anno, dopo aver perso 3 lavori. La sua squallida scrivania brulicava di fogli, cartelle, penne e nastri. Fu più che stancante riordinarla per Agata, che svogliatamente impilava qualsiasi cosa in precisi, futili ordini. Tenette il muso tutto il giorno a sua madre che sembrò ignorarla e sfruttare le sue giovani forze a suo piacimento. Ripensando alla giornata, non si accorse di aver aperto il suo quadernone e ripreso a scarabocchiare una pagina. Il segno pesante e calcato della sua penna trapassò nelle pagine, imprimendo fulmini, tornado e teschietti tra le righe. Tirò la cordicella della bajaur e sulla stanza calò un velo d'intensa oscurità, che immerse ogni oggetto in un mare di mistero. Sospirò più volte mentre s'infilava sotto le coperte, il pigiama pesante che si accartocciava sotto i piumoni. Scrutò nel buio della notte l'orologio digitale sul comodino: 00.06. Pochi secondi dopo aver chiuso gli occhi, si infiltrò nelle sue palpebre una sottile lama di luce. Uno spiraglio bianco si stagliava sulla parete opposta, espandendosi lentamente.
Quando la porta fu aperta completamente, una figura scura le si materializzò davanti.
«Buonanotte tesoro.» bisbigliò Annie, schioccandole un bacio sulla fronte. Agata si girò dall'altra parte. 
«Ti volevo ringraziare per ciò che hai fatto oggi. Sei stata davvero gentile e sono contenta che tu abbia passato un po' di tempo con me.» Fece per andarsene e chiudere la porta, quando una debole vocina la trattenne.
«Notte.» disse Agata, in tono freddo.
  
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