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Autore: The Edge    20/08/2013    2 recensioni
-Mi spiace Dean, ma ormai credo che sia arrivato il momento di finire con tutto questo.
Sono stufa e tu lo sai meglio di me.-
-No! Ti prego, resta con me!-
-Ho fatto la mia scelta-
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono passati all’incirca tre giorni da quando mia madre è partita. O forse dovrei dire che è scappata.
Non sono stupida. Ho capito benissimo che lei è fuggita per sempre dall’America e da Frank.
Non tornerà più a L.A., poco ma sicuro. Visto come ci trattava il mio patrigno. Peccato che mi abbia lasciato qui.
E’ così ingiusto.

Mi sto chiudendo in me stessa, più del solito. Sia Dean, che Sarah che Alec se ne sono accorti.
In fondo mi dispiace comportarmi così, soprattutto con le persone che amo, ma… Ormai il danno è fatto.
Odio mia madre.

Una sensazione di fastidio nasce nel mio stomaco, e sale fino alla gola. Una forte nausea mi artiglia e mi sento improvvisamente debole.
Mi trascino verso il bagno e mi chino sulla tazza del water.
Il cibo ripercorre la strada fatta solo poche ore fa, e vomito anche l’anima.
Ho sempre odiato vomitare, ho un terribile saporaccio in bocca. Mi rialzo traballante e mi risciacquo la faccia.
Alzo lo sguardo e osservo il mio riflesso pallido sullo specchio. A causa dello sforzo mi si sono rotti i capillari attorno agli occhi, adesso ci sono una moltitudine di puntini rossi attorno alle orbite.

Qualcuno bussa alla porta del bagno “Sonja tutto a posto?” mi domanda gentilmente Sarah.
Le apro e la faccio entrare “Insomma… Sono stata meglio”
“Effettivamente hai una faccina stravolta. Dovresti dormire un po’, è la migliore medicina. Dean mi ha raccontato quello che è successo e … tua madre è venuta a farmi visita, prima di partire. Kristina mi ha detto che molto probabilmente non tornerà mai più in America.”
“Lo immaginavo. Ha trovato la prima opportunità e se l’è svignata. Ovviamente mi ha lasciata qui” mormoro a denti stretti.

Una smorfia dispiaciuta compare sul suo viso e mi posa gentilmente una mano sulla spalla.
“Non preoccuparti. Dimenticala, fa finta che non sia mai esistita. Ci siamo qua io e mio figlio. Non sei da sola”
La abbraccio di slancio, lei e Dean sono state le prime persone americane che mi hanno voluto bene e sono davvero gentili con me.

  ***     
          
Apro gli occhi, sbadiglio vistosamente. Ho passato l’intero pomeriggio a dormire dopo l’allegra vomitata.
La casa è stranamente silenziosa, apro la porta della stanza e sento una voce che riconoscerei, mio malgrado, ovunque.
E’ Frank.

Deglutisco. Cosa ci fa lui qui?
Cammino in punta di piedi, fortuna che sono leggera e non faccio troppo rumore sul tappeto.
Mi nascondo dietro il mobile che c’è all’ingresso e rimango in ascolto.
Il mio patrigno sta parlando con Sarah, la quale stringe la mano di suo figlio con forza.

La voce strascicata ed odiosa di Frank riprende a parlare “So che la mia figliastra è qui. Consegnatemela”
“Non ci penso neanche” dichiara Dean
“Attento ragazzino. Non so se hai idea di cosa io sia capace di fare. Consegnatemi la figlia di quella puttana russa”
“No.” Risponde Sarah con calma e decisione “Da questo momento in poi Sonja è sotto la mia sorveglianza e se torni a tormentarla chiamerò la polizia”
“Non me ne frega un cazzo. Io la ammazzerò quella stupida ragazzina. E farò secca anche sua madre. Ha osato disobbedire ai miei ordini. E’ partita con quel vecchio per la sua stupida terra.”
“Hai una mentalità chiusa ed antiquata. Come solo pensi di proibire ad una persona di non poter tornare a casa?” ribatte con forza Sarah
“Persone? Loro due sono delle cagne, luride e bastarde. E voi non siete da meno. Attenzione, potrei farvi del male, visto che tenete in casa quella nullità della mia figliastra.”

Ho sentito abbastanza, sto per sentirmi male un’altra volta.
Torno di soppiatto nella mia stanza e mi rannicchio sul letto, porto le ginocchia al petto e appoggio i gomiti di esse.
E’ venuto fin qui a cercarmi.
Mi vuole morta.
Ma perché? Che male ho fatto? Sinceramente non mi importa se mi farà secca o meno, mi importa più che altro che non faccia del male a Dean e a sua madre.
Loro non c’entrano in questa faccenda, non devono soffrire.

Sento la porta di casa che viene sbattuta.
Deglutisco un’altra volta.
Devo trovare il modo per far sì che Frank la smetta di tormentare tutte le persone a cui voglio bene.
Che senso ha continuare a vivere per me?
Devo assolutamente trovare una soluzione.

Sono persa nelle mie riflessioni quando mi accorgo che Dean ha appena fatto partire il suo vecchio giradischi.
Una melodia che conosco bene comincia a riempire la casa.
E’ ‘Romeo and Juliet’  dei Dire Straits. La mia canzone preferita.
Tremo leggermente, con che coraggio lo guarderò in faccia? Dopo che il mio patrigno è venuto qui, a casa sua a minacciare lui e sua madre.
Mi vergogno profondamente.
Devo sparire, almeno così nessuno soffrirà più.

La voce calda di Mark Knopfler mi attira come le api al miele. Apro la porta e mi avvio verso la stanza di Dean.
Mi appoggio sullo stipite della porta e rimango in ascolto.
Il mio migliore amico mi da la schiena, è chino sui suoi disegni e non si è accorto della mia presenza.
Lo osservo e mi rammarico del fatto che anche con il lui il destino è stato particolarmente crudele.
Non ha mai conosciuto suo padre, visto che se l’è data a gambe appena Sarah gli ha detto che era incinta.
Anche lui, come me, ha avuto una vita difficile. Siamo cresciuti insieme e so bene quanto abbia sofferto. E per questo non voglio assolutamente che stia ancora male per causa mia.

I sei minuti scadono e la canzone finisce. Il silenzio regna sovrano.
Dean si alza dalla sedia, si gira di fianco per far ripartire il disco “Vedo che sei ancora sensibile ai Dire Straits” sussurra a bassa voce, mentre Mark ricomincia a cantare.
Abbasso lo sguardo, non riesco a guardarlo in faccia.
Si avvicina e intreccia le dita con le mie “Immagino che tu abbia sentito Frank prima”
Annuisco. Mi sento terribilmente in colpa “Scusa per tutti i fastidi che do a te e a Sarah.” Mormoro a mezza bocca.
Una mano mi afferra il mento e lo solleva, sono costretta a guardarlo.
I suoi occhi scuri, color cioccolato fondente sono limpidi.
Non c’è nessuna traccia di rabbia, rancore o qualche altro sentimento simile. Vedo solo tanta tenerezza.
Com’è possibile? C’è un pazzo maniaco che provoca la sua famiglia e lui non fa una piega?
“N-non sei arrabbiato con me?” balbetto stupita.
“Perché mai dovrei esserlo? Mi domanda gentilmente
“I-il mio patrigno vi ha minacciato e sembra che a te non importi. Dopotutto è colpa mia se…” mi interrompe, posa un dito sulla mia bocca “Ssh. Non è affatto colpa tua. Non sono arrabbiato con te, come potrei esserlo? Mi importa del fatto che tu stia al sicuro, quello sì”

Le sue dita sono ancora intrecciate alla mia mano e sembra che non voglia allontanarsi da me.
“Sapevo che eri sgattaiolata fuori dalla stanza e ci stavi ascoltando. Ti conosco e so che hai il sonno leggero. Sapevo anche che ti saresti chiusa a riccio nella tua stanza e per questo ho tirato fuori i vinili dei Dire Straits. So bene quanto li ami e … diciamo che ho giocato d’astuzia. Infatti eccoti qua. Sono o non sono un genio?” mi domanda con un sorrisetto divertito, mentre mi posa un bacio sulla fronte.
Timidamente gli sorrido di rimando “Beh, effettivamente mi conosci proprio bene”

 
***

Alec è fermo davanti all’entrata della scuola, si sta muovendo in modo strano, a scatti. Che sia impazzito di colpo?
Inarco un sopracciglio “Si può sapere cosa diamine stai facendo?”
Lui sorride e indica col pollice il portone della scuola “Il professore di filosofia non c’è e noi abbiamo ben due ore buche, visto che la balena di scienze è rimasta a casa. Da quel che ho capito sua figlia sta male ed è troppo piccola per stare da sola.”
“Capisco. E tu cosa stavi facendo?”
Alec mi guarda come se la risposta fosse ovvia “La danza da guerra.”
Scoppio a ridere e scuoto la testa. In fondo è bello avere un compagno di banco completamente matto.
“Ehi che dici di bigiare le prime due ore? Non abbiamo nulla da fare.” Mi domanda esaltato il biondino ossigenato.
Scuoto la testa “No, oggi no.”
Dean, che fino a quel momento era rimasto zitto, mi guarda sconvolto e posa una mano sulla mia fronte “Sei sicura di star bene?”
Anche Alec è stupefatto “Oddio, è malata. Fratello portala in infermeria! Potrebbe essere più grave di quel pensiamo”
Lancio un’occhiataccia ad entrambi “Sto benissimo, grazie. Devo parlare con una persona.” È vero. Voglio parlare col prof Poljk, devo chiedere consiglio a lui.

Alec guarda prima me e poi il mio ragazzo e alza le spalle “Va bene, io vi saluto, vi auguro tempo asciutto e vado a far colazione. A dopo!” fa un piccolo inchino e se ne va sghignazzando. 

A quanto pare, buona parte dei miei compagni di classe hanno avuto la stessa idea di Alec, infatti appena entro in classe vedo una moltitudine di banchi vuoti. 

I pochi ragazzi che ci sono mi guardano con sdegno e se ne vanno.
Solo sola in classe. Non che mi aspettassi di avere chissà quale compagnia… In fondo è meglio così.
Suona la prima campanella e io esco fuori dall’aula diretta in sala insegnanti.
Busso leggermente e il professor Poljk mi fa cenno di entrare “Hai bisogno di qualcosa?” mi domanda gentilmente.
“In realtà sì. Mia madre è partita, per non dire scappata, ed è andata a casa. Mio nonno non ha voluto dirmi il motivo per cui è dovuta andar via” le parole mi escono senza che io possa fermarmi.

Il prof è serio, mi ha ascoltata attentamente mentre gli raccontavo ogni singola cosa che mi aveva detto il nonno.
“Stavo pensando che effettivamente tuo padre non mi aveva mai parlato di cose simili, la sua, la tua famiglia non ha mai avuto problematiche del genere. Quindi non saprei cosa dirti, mi pare molto strano tutto ciò. Tuo nonno è sempre stato una persona molto decisa, e il suo comportamento attuale non lo so decifrare. Insomma, mai e poi mai avrebbe lasciato sua nipote da sola, in un paese straniero. E’ contro la sua morale, sia lui che Andrej erano molto patriottici. E’ davvero tutto molto strano. Mi dispiace Sonja, ma non saprei come aiutarti.”

Io e il prof abbiamo continuato a parlare, mi ha raccontato moltissime cose. Cose che mi hanno fatto pensare e riflettere. Mia mamma non mi aveva mai raccontato e fatto accenni al suo rapporto con mio padre, diceva che le faceva troppo male parlarne.
Scuoto la testa per allontanare il pensiero di mia madre.
Mi ha profondamente delusa.


Cammino da sola per i corridoi, non c’è l’ombra di nessuno. Mette un po’ d’ansia questa scuola, me ne rendo conto solo ora.
C’è di buono che posso fare le mie considerazioni in santa pace, senza che nessuno mi disturbi.
Ho finalmente capito che io devo sparire, devo morire, in modo da liberare sia Dean, che sua madre.
Senza di me Frank non ha più motivi per odiare tutti e fare del male agli altri.
E’ questa la giusta soluzione.
Devo morire.




Angolo dell'autrice:
Rieccomi qua!
La storia si sta praticamente concludendo, mancano pochi capitoli alla fine.
E niente, lascio a voi i commenti.


Ah, già che ci sono, faccio un po' di pubblicità ad una mia nuova storia, si intitola "So far away from us" e mi piacerebbe che la leggeste, così per farmi sapere se vi piace o meno.

Grazie mille!
Alla prossima!
The Edge
  
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