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Autore: KittyPryde    25/02/2008    3 recensioni
« deve perdonarli Signorino, non sono abituati a riconoscerla » ma Dietrich sapeva che il motivo di tanto baccano era esattamente l’opposto di quanto affermava il loro padrone cercando di giustificarsi senza risultato.
[Dietrich Von Lohengrin]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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tema: strada

Era buio, ogni mattina nello stesso modo, una tenebra fumosa e senza stelle, spezzata da lampioni intermittenti che si intromettevano tra una macchia di oscurità e l’altra; una notte lunga e pericolosa che ad ogni tramonto si senza tregua regolarmente al giorno, una notte sconsigliata anche dal coprifuoco, che cessava soltanto al sorgere del sole.
Il lugubre tragitto, che separava la sontuosa villa campestre dei Von Lohengrin dalla piccola scuola comunale del paese si stendeva, per un paio di chilometri, in un groviglio di curve polverose, che diventavano impraticabili nei giorni di pioggia e in quelli a seguire trasformando il sentiero in un percorso sudicio e inagibile che costeggiava le modeste abitazioni dei contadini agli ordini della famiglia e i numerosi terreni che ne rappresentavano il vasto podere.
Quando Dietrich usciva di casa, per arrivare in orario all’apertura della scuola, il cielo era ancora sprofondato nel buio; aveva l’abitudine di incamminarsi lungo il selciato di terra smossa ogni mattina prima dell’alba, attraversando la pianura tetra e opprimente dove abitava quando il sole non era ancora sorto, ma senza che nessuno si preoccupasse del pericolo reale che le tenebre potevano rappresentare per un bambino. Dietrich aveva imparato a crescere in un’atmosfera di costante noncuranza che la sua famiglia gli trasmetteva e, con il passare del tempo, si era fatto contagiare da quel sentimento di totale disinteresse nei suoi confronti imparando a dare più importanza alle sue stravaganti fissazioni piuttosto che alla sua sicurezza e sviluppando una sorta di assuefazione alla piacevole ricerca di un angolo in cui isolarsi dal chiassoso silenzio della sua famiglia; abbandonato come era a se stesso, tanto da dover pensare a se stesso fin da bambino, Dietrich aveva cominciato a sentirsi onnipotente.
Lungo quella strada, sempre coperta da una fitta coltre di nebbia che sembrava non alzarsi mai e che si mescolava in modo innaturale e angosciante ai colori rosati dell’alba, il rampollo dei Von Lohengrin aveva imparato a calcolare il suo percorso con spietata attenzione; contava le case di mattoni seminate, una dopo l’altra, in ordine perfetto lungo la via alberata, osservava con perplessità il gusto fiabesco delle tendine di pizzo che le vicine esponevano orgogliosamente alle finestre della cucina o i cancelli in ferro battuto, chiusi da sgradevoli catenacci che, nell’immaginario collettivo, dovevano tenere lontani sia i vampiri che i malintenzionati, ma che, in realtà, riuscivano soltanto a far sfigurare ulteriormente la misera immagine che quelle dimesse abitazioni davano a chi vi passava affianco; crescendo, e abituandosi conseguentemente alle noiose stravaganze dei suoi vicini, Diertrich aveva anche imparato a dominare l’irragionevole timore che provava nei confronti dei battenti dalle forme grottesche che troneggiavano sui portoni di ogni casa. Aveva percorso quella strada così tante volte al punto da conoscere a menadito ogni immobile dettaglio ed era ben cosciente che soltanto le cose vive potevano sfuggire al suo maniacale controllo mnemonico.
Usciva di casa sempre alla stessa ora, scendeva le scale ripassando le raccomandazioni che nessuno gli faceva prima di uscire e percorreva la strada tenendosi sulla destra fino all’ultima curva poi, quasi meccanicamente, attraversava la strada in diagonale e si fermava, prima che la strada voltasse immettendosi sulla via principale aspettando che i cani del signor Fuchs, come ogni mattina, cominciassero inevitabilmente a digrignare i loro denti ingialliti nel vederlo arrivare; erano animali addestrati alla caccia, ma tutti gli abitanti del quartiere sapevano che erano tanto vecchi da non rappresentare una minaccia nemmeno per i gatti randagi del quartiere, tre setter inadatti al compito per cui erano stati ammaestrati, che non abbaiavano mai a nessuno, tranne che al giovane Von Lohengrin. Dietrich aveva escogitato diversi stratagemmi per evitare l’insistente e fastidioso latrato dei tre ostinati animali, le prime volte passava in punta di piedi davanti alla casa, e in seguito aveva cominciato ad attraversare la strada, evitando di passare vicino al cortile, ma ogni suo piano si era rivelato fallimentare; era come se i tre cani potessero intuire il momento del suo arrivo, percependo in qualche modo la sua grave e ostile presenza e, ogni mattina, il padrone dei tre insistenti animali apriva la finestra cercando di riportare ordine e scusandosi goffamente
« deve perdonarli Signorino, non sono abituati a riconoscerla » ma Dietrich sapeva che il motivo di tanto baccano era esattamente l’opposto di quanto affermava il loro padrone cercando di giustificarsi senza risultato.
Quando il signor Von Lohengrin scomparve, in circostanze misteriose, Dietrich ereditò, assieme al sospetto di esserne il carnefice, anche tutte le terre che, in qualità di unico erede, gli spettavano di diritto e una personale convinzione di poter decidere il destino di chi, fino a quel momento, aveva lavorato per suo padre.
L’ultima volta in cui Dietrich percorse la lunga strada che andava dalla sua villa fino alla scuola comunale del villaggio, lo fece a testa alta, calcolando i brevi passi delle sue gambe infantili con insolente alterigia, forte della sua nuova posizione; camminò senza timore sul lato destro della strada e, quando arrivò all’ultima curva, non arrtaversò la via come era abituati a fare, ma avanzò sicuro, mentre i cani del signor Fuchs cominciavano imprudentemente ad abbaiare, ignari che l’unico limite al potere di Dietrich fosse sempre stato quello di doverlo mantenere segreto; in un attimo la determinazione feroce del piccolo Von Lohengrin si tramutò in fili brillanti e robusti come la sua volontà, che avvolsero senza fatica il collo indifeso dei tre animali, imponendogli il silenzio e guardandoli compiacente mentre cadevano a terra privi di vita, senza fare alcun rumore
« amen »
Sibilò tra i denti, poi riprese la polverosa strada per la scuola, con la cartella sulle spalle e la sola preoccupazione di arrivare prima che aprissero i cancelli.
   
 
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