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Autore: sallythecountess    21/08/2013    1 recensioni
A qualche anno dal loro "matrimonio-non matrimonio" i due immaturi, irresponsabili e egomaniaci ritornano a far danni. Questa volta, tra bambini, baci saffici, sbronze con ottuagenari e liti familiari, si ritroveranno a fare i conti con un problema ben più serio: diventare adulti.
Ricordo a tutti che questa storia è il sequel di "La ragazza di Tokyo" che potete leggere qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3886156&i=1
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La ragazza di Tokyo'
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Capitolo 12: Nevers.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Cioè mi stai dicendo davvero che i miei rigidi nonni hanno vissuto in una comune? E che mia nonna ha fatto l'actor studio a New York? Ma davvero?”

 

“Oh sì! E a quanto pare la tua nonnina era una ribelle scalmanata!”

Lor si accarezzò la barba ispida con fare pensoso, e sorridendo sussurrò “ecco perchè odiava mia madre. Non a causa delle sue 'basse origini' ma perchè era una ragazza semplice e tranquilla...”

Alice rimase in silenzio. Ritenne che non fosse necessario riferire tutto quello che le aveva detto Diane, ma sembrava che lui lo sapesse già.

“Te lo ha detto? Che la detestava, intendo. A quanto pare lo grida ai quattro venti, senza pensare a quanto questo possa darci fastidio.”

Alice rimase in silenzio, e lui leggendole tutto in faccia si mise a ridere. “Non importa, tanto ho letto il suo diario e so tutto.”

“Cos'hai fatto? Ma sei pazzo? Ma non si fa assolutamente.”

Lor sorrise allora, e scrollando le spalle rispose “...volevo conoscerla. Non riuscivo a capire che tipo fosse. Non piaceva a nessuno. Così mi sono avvicinato a quei diari che ho trovato in uno scatolone di casa nostra a Montmatre e li ho letti, ma con rispetto. Ho saltato i punti intimi.”

“Ma è osceno comunque!” gridò lei furiosa. Era una terribile mancanza di rispetto, ma Lor con molta calma le disse “Ali...era l'unico modo per conoscerla.”

“Sì, va beh, anche a me manca mia madre, ma è da psicopatici leggere il suo diario.”

“Perchè Hellen ne ha lasciati? Davvero? Non mi sembrava una che scrive...”

“Scriveva tanto. Sono circa venti quaderni, ma non li toccherò mai.”

Ribattè lei indignata, e Lor sorridendo sussurrò “e perchè? Siete entrambe donne, magari potrebbe aiutarti. Farti crescere e magari spiegare da chi hai preso certe cose così bizzarre...” Contrariata iniziò a prenderlo a schiaffi, giurando e spergiurando che non avrebbe “mai fatto una cosa simile”. Finirono col ridere e scherzare di quell'argomento, ma Alice ignorava che da lì a pochi mesi si sarebbe ritrovata a fare proprio quella cosa che apparentemente ripugnava tanto. Eppure ignorava parecchie cose all'epoca, e ben presto le si sarebbero tutte presentate davanti al naso.

Rimasero poco tempo in Grecia: fortunatamente Monsieur Dubois aveva avuto solo un lieve ictus, e una volta ripreso la famiglia insistette affinché facesse la riabilitazione a casa propria, in Borgogna. Monsieur Laurent, però, continuava a non essere molto lucido, e dunque Madame Diane dovette per forza prendere tutte le decisioni al suo posto: nonno Dubois non era in grado di fare nulla, rimbambito com'era quindi, per volere di Diane, tutte le decisioni inerenti alla salute dei nonni, alle loro proprietà e persino al vigneto, passarono al “loro nipote maggiore” ossia al loro preferito. Lor non riusciva a crederci e si infuriò davvero per quella cosa. Era una terribile responsabilità, e lui non aveva nessuna voglia di prendersi tutti quei grattacapi perchè “ne aveva già abbastanza di suo”. Diane, però, si disse irremovibile, e questo creò vari dissapori in famiglia: molto spesso, infatti, Diane e Laurent si comportavano ignorando totalmente il loro secondo figlio, e questo era uno di quei casi. Roland furioso, affermò di non volerci entrare, ma in realtà avrebbe dato un rene per avere metà del potere che era appena stato affidato a quel ragazzino insopportabile: il patrimonio era immenso, costituito anche da gioielli, immobili e tanto oro, e il vigneto da solo fruttava veramente tanto. Ce n'era abbastanza per fare la vita da sceicchi arabi, o meglio per farla e farla fare a circa cinque generazioni successive.

Erano tutti riuniti nella stanza di ospedale di nonno Dubois cercando di dare affetto a quel povero vecchietto totalmente fuori di senno. Alice non disse nulla, era una cosa che non la riguardava, e non le era mai importato più di tanto dei soldi. Non sapeva neanche che lui ne avesse tanti. Lor però le parve molto agitato e distante, eppure non lo guardò neanche.

“Non posso accettare” affermò serio quello sciocco biondino balzando in piedi di scatto, come se qualcuno gli avesse appena messo uno spillo sotto al sedere, e una luce si accese negli occhi e nel cuore di Roland, che sapeva di essere la seconda scelta. Madame Diane scosse solo la testa, con occhi languidi e lui dolcemente le disse in francese che “la sua vita non era in Francia.”

Diane ci rimase male, ma sapeva che suo nipote, per quanto innamorato potesse essere, non avrebbe mai fatto una sciocchezza simile. Con tenerezza e fare infinitamente materno, gli accarezzò i capelli e sussurrò in francese che “sarebbe stato temporaneo, e che lei aveva bisogno del suo bambino.”

Roland, che già esultava vergognosamente, si accorse di una cosa allora e questo lo mandò in bestia: il suo sciocco nipote biondo non aveva abbastanza spina dorsale per prendere decisioni da solo e cercava la sua donna anche per certe cose. In realtà Lor era combattuto, e non poco: sarebbe stato molto bello occuparsi del vigneto, e di tutto il resto, ma aveva fatto una promessa ad Alice. La guardò per un istante, come per cercare un suo segno di approvazione, ma lei non se ne accorse. E poi giunse ad una conclusione: si disse che Nevers non era poi tanto distante da Parigi, e che le cose non sarebbero cambiate più di tanto, così sussurrò “c'est bien...” E questo diede inizio ad una terribile guerra. Roland morì di rabbia, e andò via convinto che quella ragazzina fosse la causa di tutti i suoi mali e promettendo a se stesso che si sarebbe vendicato a qualunque costo.

Quello che Roland ignorava, invece, era che Alice stava tenendo le dita incrociate di nascosto: sì, amici miei, lei voleva tornare in Scozia e sapeva che quell'incarico non era affatto temporaneo. Ci rimase molto male quando lui decise di accettare, ma non potè dire nulla, gli sorrise soltanto e pochi giorni dopo partì al suo fianco cercando di sembrare più felice che mai, ma in realtà molto delusa. Rivedere casa sua le sembrava un'utopia a quel punto della situazione. Era molto emotiva in quel periodo, e molto irritabile. Si infuriava con lui di continuo e piangeva spesso. Lor non la capiva bene, ma semplicemente lasciava correre: sapeva che non era proprio felice di tornare in Francia, eppure quando provò ad introdurre l'argomento, con toni molto pacati, la risposta di lei fu glaciale. “E' quello che devi fare, no? Quindi non ci possiamo ragionare più di tanto. Una cosa è voler fare qualcosa, altro è doverla fare.”

Non le cavò molto altro di bocca, ma si accorse che qualcosa non andava di nuovo. Ovviamente nessuno dei due si era fatto due conti. Nessuno dei due aveva dato il giusto valore alle reazioni emotive spropositate di Alice, alle sue lacrime e ai suoi malesseri passeggeri. Sembrava quasi che lei fosse vergine: nessuno si pose neanche il problema del suo ritardo. Eppure avrebbero dovuto. Alice divenne infelice ogni giorno di più, e quando raggiunsero finalmente Nevers le cose peggiorarono ulteriormente.

“Ok, da qui inizia la tenuta Dubois.” Le sussurrò in auto, mostrandole una collina traboccante di vigne. Il verde si estendeva a perdita d'occhio, e Alice si chiese se avesse mai visto tanta uva in vita sua.

“E quella è la casa.” Sussurrò dolcemente indicando col dito quello che aveva tutta l'aria di essere un enorme castello francese.

“Quella non è una casa comune:è casa di Batman, cazzo!”

“Vuol dire che ti porterò subito nella batcaverna allora” le sussurrò ridendo, ma Alice era rapita sul serio: la villa era realmente imponente e sembrava quasi un castello in pietra grigia e bellissima. Non somigliava ad Hogwarts, si disse, ma poteva benissimo essere la sede segreta e sconosciuta della scuola di magia francese Beauxbatons.

“Ci sono circa quindici stanze, tre saloni, la piscina e ovviamente la terrazza. Ah e poi una biblioteca antica e una sala-museo che di tanto in tanto apriamo al pubblico.”

Era un posto realmente incredibile: potevano starci tranquillamente un centinaio di persone. Alice si mostrò più sorpresa che entusiasta, e questo ovviamente non gli piacque.

Nei giorni successivi, poi, le cose non fecero che peggiorare: aveva sempre l'espressione di un'aquila in gabbia, sembrava sempre agognare altro.

La casa non le piaceva, era troppo grossa e sembrava quasi infestata. Andava quasi sempre a dormire da sola, ed aveva quasi sempre il sonno agitato. Lui rientrava sempre molto tardi e i suoi baci ormai erano molto rari. Non esistevano week end o serate libere, Lor lavorava a troppe cose contemporaneamente e non poteva prendersi pace. Erano entrambi infelici, ed entrambi si sentivano reclusi in una vita che non volevano: Alice lontana dal suo mondo e sola, e Lor intrappolato lontano dalle sue amate cucine, invischiato in una serie di colazioni d'affari e carte da firmare. Eppure non tutti i mali vengono per nuocere: proprio nella sconfinata solitudine di Nevers, Alice ritrovò se stessa e ricominciò a lavorare. Riprese in mano vecchie e stupide storie e ricominciò a disegnare i suoi fumetti. Lor aveva ripreso a lavorare per tutto il giorno, Diane era troppo impegnata con la riabilitazione di Laurent e lei era totalmente sola. Così, stufa di guardare la tv e parlare su facebook con Jordan e le sue amiche giapponesi, stufa di aspettare Lor sveglia per l'ennesima notte, Alice prese un foglio di carta e ricominciò a disegnare. All'inizio si diceva che era un'idea molto stupida e quel desiderio di ricominciare a disegnare la faceva quasi sentire in imbarazzo, ma ben presto si accorse che quei disegni erano l'unica via di fuga da una realtà tremendamente monotona e molto presto quei piccoli pezzi di carta si rivelarono il passaporto perfetto per fuggire da quella gabbia dorata.

   
 
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