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Autore: grenade_    21/08/2013    1 recensioni
Ero innamorato di lei. Abbracciarla, starle accanto, mi procurava sensazioni e brividi che non sarei mai riuscito ad esprimere ad alta voce. Ogni sua parola, ogni suo gesto, erano diventati una perenne ossessione.
Ma ero anche il suo migliore amico. L’unico con cui lei sentisse di confidarsi, su cui poneva fiducia anche ciecamente, e l’ultimo da cui si aspettasse delusioni.
E se avessi dovuto scegliere tra il suo amore e la sua amicizia, avrei scelto la seconda. Perché mentre la prima era qualcosa di incerto e tentennante, sapevo che la sua amicizia sarebbe durata per sempre.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Quindi diventerai zio, che cosa tenera!» fu l’esclamazione di Alex, dopo che le ebbi spiegato per bene la situazione.
Mi allontanai un secondo e sorrisi al signore di fronte a me, prima di servirgli il cappuccino che aveva chiesto. Quando tornai da lei, la trovai ancora con un sorriso dolce dipinto in viso, la testa tra le nuvole come al solito.
«Sì, in effetti ne sono felice» asserii.
Da piccolo l’idea di diventare padre non mi entusiasmava per niente, e nemmeno all’alba dei miei 19 anni le cose erano cambiate, ma quello dello zio era un buon compromesso: avrei potuto prendermi cura del bambino e farlo divertire senza l’incubo di doverlo fare per 24 ore di fila. Ma ora che mia sorella stava per diventare una ragazza madre ed era piombata in casa mia stravolgendo la mia vita come suo solito, non ero più così certo che sarei stato immune alle terribili notti insonni. Lei affermava di non essere preoccupata, che avrebbe potuto gestire le sue condizioni perfettamente e in modo autonomo, ma io non ero dello stesso avviso. E soprattutto non pensavo mancasse poi così tanto tempo al momento del parto, di cui lei era fermamente certa. Ma era mia sorella, non mi avrebbe dato l’occasione di vederla tesa neppure in piena gravidanza.
«Dovresti vederla, parla con la sua pancia come se il bambino fosse già tra le sue braccia. E’ un po’ inquietante, se ci penso.» ridacchiai.
Lei si unì alle mie risate, riprendendo a sciacquare le stoviglie di cui stava occupandosi prima della mia gran notizia. «Credo sia un normale atteggiamento da madre, non è affatto strano. Quando mia madre era incinta del mio fratellino la sentivo fare intere conversazioni da sola, pensa tu!» gracchiò lei.
«Spero proprio di non esserne testimone!»
Non poté fare a meno di ridere, afferrando lo strofinaccio sul bancone. «E’ una cosa dolce, invece. Ogni madre tiene il suo bambino in grembo per 9 mesi, e sa che quello è l’unico periodo in cui è completamente suo, perché una volta venuto al mondo dovrà condividerlo con un partner innanzitutto, poi parenti e diverse altre persone. Così ne approfitta.»
Riflettei sulla sua versione dei fatti, e mi ritrovai a sorridere. Aveva ragione, Elena stava semplicemente sperimentando quella gioia di essere madre che non le era mai appartenuta e che è così rara e naturale da essere nuova a tutte le altre, e la rendeva colma di felicità. Da quando aveva scoperto di essere incinta non aveva mai abbandonato il sorriso, neppure quando James le aveva esplicitamente detto che non si sarebbe preso cura né di lei né del piccolo, e aveva continuato ad andare avanti e vivere le sue giornate con immensa allegria e speranza, inondando d’affetto e amore la piccola creatura che cresceva nella sua pancia, e che la stava rendendo una donna del tutto rinata.
E Alex sembrava essere l’incarnazione un po’ più giovane di quella che sarebbe stata una donna responsabile e una madre premurosa, capace di sottomettere la sua felicità a quella delle persone che amava e che la circondavano. Anche alla mia, quando si era offerta di coprire anche i miei turni alla caffetteria per permettermi di rimettermi da un semplice e banale raffreddore.
La conoscevo e lavoravamo insieme in quella caffetteria londinese da quasi un anno, e a distanza di 365 giorni non avevo ancora trovato un difetto in quel suo sorriso timido e l’aria sbarazzina, infantile. La prima impressione che mi aveva trasmesso quando mi si era presentata, vittima perenne dell’estremo imbarazzo che la rappresentava, era quella di una persona timida, gentile e amichevole, seppure un po’ introversa, e ora pensavo che quegli aggettivi non le rendessero giustizia: Alex era la persona più umile e altruista che conoscessi, la migliore amica di cui ci si potesse fidare, e una ragazza davvero matura e seria, per i suoi soli 18 anni. Inutile dire andassi davvero d’accordo con lei e costituisse per me una specie di diario segreto, al quale raccontare ogni mio segreto e paura, senza il rischio di essere giudicato o che qualcun altro venisse a conoscenza delle mie confessioni, perché lei le avrebbe tenute al sicuro.
«Dimmi un po’, non vorrai diventare mamma così presto, eh Alexandra?» stuzzicai la mora, appena tornata dopo aver servito delle brioche a dei bambini, a cui sorrideva ancora.
Lei si imbronciò nell’udire il suo nome completo che tanto detestava, non si sa per quale motivo, e con cui io mi divertivo a provocarla, ridendo della sua espressione corrucciata. «Ammetto di sentirmi un po’ troppo giovane per un incarico e una responsabilità simili» rispose comunque, «ma sì, mi piacerebbe e voglio diventare mamma. In futuro prossimo però, quando non avrò dei caffè da preparare.»
Sfuggì alle mie risate andando ad azionare la macchinetta per il caffè e riscaldare del latte, ed io andai ad affiancarla, ricevendo l’ordine di un caffè e un cornetto alla crema.
«Magari potrai fare della pratica con mia nipote, quando sarà nata. Elena avrà bisogno di riposarsi, e toccherà a me prendermi cura della piccola.»
«Avrei una paura folle di farla piangere o farla cadere per terra.» commentò sovrappensiero, attenta a non riempire la tazzina fino all’orlo, «E poi è solo al settimo mese, non credo partorirà qui, a meno che non decida di restare più a lungo.»
«Chiamalo pure presentimento, ma penso che passerò un bel po’ di notti in bianco per lei, prossimamente.»
«Come sei esagerato!» sbottò lei, divertita, mentre andava a servire un cappuccino ad una donna sulla trentina «Un bambino è sempre un angelo e un dono e va protetto e coccolato, e tu non puoi lamentartene, perché sarai il suo zietto preferito.»
Anche lei pizzicò la mia guancia tra le dita, come faceva Elena, e si allontanò, chiedendo gli ordini di una coppietta seduta ad uno dei tavolini alla finestra. Io scossi la testa, recuperando il cornetto per il signore quasi del tutto calvo che avevo di fronte, impegnato in una telefonata al momento.
Alex tornò al bancone dopo qualche secondo, e cominciò a elogiare l’amore e il romanticismo tra i due che aveva appena servito. Continuammo a chiacchierare per un bel po’, tra un ordine e l’altro, fin quando la porta della caffetteria si spalancò, e un ragazzo con addosso una felpa verde e il ciuffo biondo acconciato in un boccolo, si riparò all’interno, rabbrividendo quando prese posto ad uno degli sgabelli.
«Fanculo, odio Londra.» borbottò, cercando di riscaldarsi stringendosi e accarezzandosi frenetico le braccia.
Alzai gli occhi esasperato, ormai abituato a quella comica scenetta. «Fine e di buon umore come sempre, eh Cory?» commentai retorico, osservando Alex ridacchiare mentre preparava un caffélatte.
Lui alzò gli occhi, decidendosi finalmente a calare il cappuccio della felpa. «Non tutti siamo allegri e pimpanti di primo mattino come te, Horan.» sputò sprezzante, «E in questa città fa sempre un fottuto freddo.»
«La accetterei come scusa, se solo non fossero le 11.30. E’ quasi ora di pranzo, e tu hai l’aria di uno appena caduto dal letto. E siamo a Londra, non ai Caraibi, nel caso non te ne fossi accorto.»
Alex rise ancora, mentre io continuai ad asciugare dei bicchieri, sotto lo sguardo furioso di Cory.
«Ho l’aria» iniziò, disegnandosi un finto sorriso, «di uno che non può nemmeno gironzolare nudo in casa sua, perché il suo coinquilino sempre felice come un Teletubbies non lo ha avvertito che sua sorella è venuta a trovarlo e resterà con loro per un mese. 30 fottutissimi giorni che passerò a nascondermi da lei, perché ho appena fatto la figura di merda peggiore di tutta la mia vita.
Fai lo spiritoso adesso, così potrò tirarti un calcio nelle palle e porre fine alla tua esistenza una volta per tutte, come tu hai fatto con la mia.»
Non potei fare a meno di ridere alle sue parole, immaginando la reazione di mia sorella a quella visione inaspettata, e la seguente di Cory, che doveva essere arrossito più di come avesse mai fatto in tutta la sua vita, e poi scappato a nascondersi, imprecando in tutte le lingue possibili e chiedendosi cosa ci facesse una donna incinta nel salotto di casa sua. Il suo camminare in giro nudo per casa era qualcosa che detestavo, e almeno adesso avrebbe smesso di farlo.
Alex aveva gli occhi spalancati e si tratteneva dal ridere, mentre la signora accanto a lui tossicchiò a disagio, quasi a voler sottolineare la sua presenza.
Cory grugnì irato e si tirò di nuovo il cappuccio in testa, accasciandosi con la testa sul bancone. «Fottiti, Horan. Fottiti.» piagnucolò.
Smisi di ridere e mi lasciai sfuggire un aw derisorio, che lo irritò di più, tanto da alzare il capo e guardarmi negli occhi, uno sguardo intimidatorio che non avrebbe potuto fare altro che farmi ridere, anziché spaventare.
«Sta’ tranquillo Cory, è una donna adulta e una quasi madre, non si sarà scandalizzata così tanto, e poi si dimenticherà presto delle parti anatomiche del tuo corpo.» cercai di rassicurarlo, sebbene non riuscissi ad abbandonare il sorriso derisorio.
«Ma non sarò io, a dimenticarlo!» riprese, attirando l’attenzione di un gruppetto di persone. Si costrinse quindi ad abbassare i toni della voce, e «Tua sorella mi ha visto nudo, te ne rendi conto? Non potrò più guardarla in faccia senza arrossire come un idiota, adesso. E lei senza ridere.» sibilò.
«Io dico che esageri.»
«Io dico che avresti potuto dirmelo, invece!»
«Non pensavo non te ne accorgessi... Dorme in salotto, non in una stanza nascosta, l’avresti vista dormire al tuo ritorno a casa.»
«La prima e unica cosa che ho fatto una volta tornato a casa è stato buttarmi sul letto e dormire, non controllare se ci fossero sconosciuti nel mio salotto. Perché suppongo che, se ci sono, il mio coinquilino mi avviserebbe. Ma a quanto pare mi sbagliavo.»
Colsi ancora la punta di astio nella sua voce e sbuffai. «Il tuo problema è che a volte pensi che non ci sia neanche io in quella casa. Dove sei stato ieri notte?» attaccai con l’interrogatorio, sicuro di volgere il coltello dalla parte del manico dalla mia parte.
Sospirò, guardandosi attorno. «Ad una discoteca in centro.» rispose poi, già stanco di dovermi dare spiegazioni.
«E a che ora sei tornato stavolta? C’era ancora buio in giro o era già spuntato il sole? Così, tanto per regolarti. Ormai non riesci a trovare le differenze tra le due cose.»
Normalmente non mi impicciavo della vita di Cory, aveva il diritto di farne ciò che voleva, ma ultimamente la sua routine cominciava a preoccuparmi. Da quando era stato licenziato come aiuto meccanico nell’officina del padre di un suo vecchio amico la sua vita si alternava tra lunghe dormite, sessioni di tv e serate in discoteca, e non tornava a casa mai prima della mezzanotte. Avevo perso l’abitudine di aspettarlo sveglio da una settimana, abituandomi a vederlo in caffetteria il giorno dopo, esausto come avesse fatto chissà cosa. Ma adesso che Elena avrebbe vissuto con noi avrebbe dovuto cambiare le sue abitudini, ed era meglio avvertirlo.
Mi rivolse un’occhiataccia, come sempre «Alle 2, credo. Vuoi sapere anche quante volte sono andato al bagno stamattina e quanto tempo sono stato sotto la doccia o va bene così?»
Questa volta fu il mio turno di strizzare gli occhi, fulminandolo con il solo sguardo. «Dovresti smetterla di tornare così tardi, sembri un rincoglionito il giorno dopo.»
«Tu invece sei più fortunato, sembri un rincoglionito comunque.»
Restammo a fissarci per qualche secondo, fin quando entrambi non scoppiammo in un sorriso, che avrebbe determinato la fine di quella strana discussione. Era sempre la stessa storia con Cory, non avremmo saputo sostenere un litigio per più di qualche minuto, perché avremmo finito col sembrare quasi madre e figlio, e riderne. Ma d’altronde lo preferivo così, non sopportavo i suoi musi lunghi e le sue occhiatacce.
«Almeno sei riuscito a concludere qualcosa con Lucy?» domandai quindi, ricordando la sua ossessione temporanea per la castana. Avrebbe cambiato preda tra qualche giorno, ormai aveva deciso di abbandonare le relazioni serie e stabili, dopo l’ultima batosta di cui non sapevo granché, visto che si rifiutava di parlarne.
Scosse la testa, mentre sbadigliava. «Ma non mi interessa più, ormai. E tu? Lo spettacolo di Maddie?»
Non risposi a quella domanda. Non solo perché il panico e l’ansia mi assalivano al solo dover raccontare di lei e dei suoi spettacoli, ma perché Alex arrivò alle mie spalle, salvandomi dall’imbarazzo.
«Cory!» lo salutò, seppur timidamente. «Sembri stanco. Vuoi che ti porti qualcosa?»
Quello le sorrise, e avvertii Alex rabbrividire, al mio fianco.
«Il solito.» disse semplicemente, riferendosi alla ciambella al cioccolato e frappuccino con spruzzo di vaniglia che prendeva ogni mattina.
Allora Alex annuì timida e si allontanò, tesa come una corda di violino. Teneva la schiena dritta e lo sguardo fisso su ciò che faceva, senza accennare a voltarsi verso di noi.
«Secondo me le piaccio.» fu allora il commento sensato di Cory, che mantenne gli occhi fissi su di lei, «Hai visto cosa fa quando le sorrido? Arrossisce, spalanca gli occhi e comincia a balbettare, e non mi guarda più. Si imbarazza.»
Avrei voluto dirgli che era l’unico a non essersene accorto ormai, che non passava giorno in cui lei non aspettasse di vederlo arrivare da quella porta e sorridere ingenuamente, che lui le rivolgesse la parola e le sorridesse, mentre lei gli porgeva il suo solito ordine. Che si sentiva terribilmente a disagio quando restava a fissarla per troppo tempo, e fuggiva a far finta di dover fare qualcosa quando lui mi raccontava l’ennesima scappatella.
Ma Cory avrebbe dovuto capirlo da solo, come avevo fatto io. E anche se morivo dalla voglia che quell’idiota cominciasse a vederla come la ragazza straordinaria che era e non la semplice cameriera, non potevo tradire la fiducia di Alex, quindi «Lasciala stare, è troppo pura ed innocente per far sì che tu ti prenda gioco di lei.» mormorai, attento a non farmi sentire da lei.
Cory sbuffò e prese a guardarsi in giro, e uno strano sorriso lo attraversò quando si voltò verso di me, schioccandomi un’occhiata strana. «Preparati amico, perché la tua ballerina sta per arrivare.» sghignazzò.
«Arrivare dove?» ebbi il tempo di chiedergli, ma capii quando Madison entrò dalla porta principale, stretta nel suo cappotto e la sua sciarpa, i capelli a svolazzarle attorno schiacciati dal cappellino di lana. Bellissima.
Si guardò in giro e mi sorrise quando mi individuò, ed io dovetti trattenermi ed inspirare forte come al solito, per non arrossire davanti al suo naturale sorriso.
«Nialler!» esclamò, cercando di abbracciarmi nonostante il bancone a dividerci. «E Cory, ciao.» gli sorrise.
Cory le rivolse un mezzo sorriso sghembo, sorseggiando il suo frappuccino, e così lei tornò a concentrarsi su di me. «Perché sei scappato ieri? Non ti ho visto, alla fine dello spettacolo.»
Boccheggiai, in cerca di una valida scusa. La verità era che avevo assistito all’intero spettacolo, ma quando le luci si erano riaccese e Madison era corsa a baciare Ethan, la gelosia aveva preso il sopravvento e me n’ero andato, incapace di sopportare di vederli insieme, e di trattenere le lacrime, se solo fossi rimasto.
«Non sono potuto restare.» la buttai lì, catturando lo sguardo confuso della mora e quello più sospettoso di Cory. Ma poi l’idea arrivò, e mi rilassai e «E’ che Elena è venuta a trovarmi ieri, resterà qui per un po’, e nelle sue condizioni non volevo restasse da sola, perciò...» cercai di spiegarle, sorridendole poi. Cory roteò gli occhi, come ogni volta che le raccontavo una bugia, pur di non ammettere la mia insuperabile e insormontabile cotta per lei.
«Elena? Tua sorella, Elena?» mi interruppe lei, all’improvviso non più interessata alle mie false giustificazioni ed esaltata. Annuii, e «Ma è fantastico!» esclamò lei, «Non la vedo da così tanto tempo!»
Cory si lasciò scappare un sorrisetto amaro a quell’affermazione, forse ricordando l’incidente di quella mattina, ed io sorrisi.
«Mi piacerebbe così tanto vederla...» mormorò malinconica, quasi stesse parlando con sé stessa e non con me, fin quando «Potrei venire a cena da voi, stasera!» propose, includendo stavolta anche Cory nella conversazione.
Quello che feci fu voltarmi appunto verso di lui, incerto se darle o no il mio consenso, ma lui si strinse nelle spalle, annuendo indifferente.
«E’ una buona idea, Maddie.» sorrisi con lei, egoista dell’idea che finalmente avrei potuto passare una serata con lei, senza quell’Ethan attorno.
«Perfetto!» riprese lei entusiasta, «non vedo l’ora!»
«Evviva.» commentò incolore Cory, che diede un morso alla ciambella.


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Soooono tornata! 
Non ho idea di quanto tempo sia passato dal primo capitolo, ma ho pubblicato il secondo ahaha
Qui compaiono Alex, Cory e Maddie :) (Cory è il mio preferito ma shh)
bene, mi dileguo ahah
ho notato che già tre persone hanno messo la ff tra le seguite e mi fa molto piacere, magari potreste anche lasciare un commento, se vi va? ahah 
a presto! :)
  
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