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Autore: queen of night    26/02/2008    3 recensioni
Era stata una stupida: non avrebbe dovuto dargli quello schiaffo, anche se lui stava esagerando. Ora si sentiva in colpa e anche arrabbiata. In colpa, perché non avrebbe voluto mollargli quel manrovescio. Chissà se gli aveva fatto male. Forse gli era rimasto il segno delle dita? Dopo il ceffone, l’aveva guardata stranito, ma non offeso. E poi era arrabbiatissima con se stessa perché si sentiva in colpa, ingiustamente. Insomma, ogni cosa era successa perché Daniel l’aveva svegliata nel cuore della notte. Questo era stato l’evento scatenante di tutto il resto, quindi era davvero ingiusto che ora lei si sentisse così.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Andrea impiegò più del solito per farsi la doccia. In verità, mentre scaldava il corpo intirizzito dalla pioggia sotto l’acqua calda e si beava del dolce picchiettare delle gocce sulla sua testa, pensava a quello che era successo pochi minuti prima.

E ringraziava il cielo che ci fosse stato Daniel, che l’aveva difesa e aveva affrontato Harry al posto suo.

Si era sentita protetta quando, dopo avere udito il portone di casa spalancarsi, aveva percepito il suo petto contro le proprie spalle. In quel momento, non si era voltata e non aveva avuto nessuna reazione, troppo spaventata dalla situazione: l’unica cosa che aveva fatto era stato osservare l’ombra dell’amico, che veniva proiettata sul corridoio dalla luce interna del loro appartamento. Poi aveva avvertito il suo fiato tiepido sul collo ed aveva capito che non doveva più preoccuparsi. Avrebbe pensato lui a tutto.

Già, perché lei voleva solo dimenticare quella realtà così amara. Tradita…

Andrea era una codarda: non sapeva affrontare le situazioni spiacevoli. Preferiva scappare. Ed anche in quell’attimo era stato così. Voleva fuggire lontano da Harry, lontano dalle domande di lui sul suo comportamento schivo (il ragazzo ancora non sapeva che lei lo aveva colto in flagrante) e soprattutto lontano da una risposta che avrebbe dovuto dargli in merito. Risposta che comunque gli era pervenuta da Daniel. L’amico lo aveva minacciato di non farsi più vedere già quella mattina, al telefono, ma quando il suo ex (poteva chiamarlo ex, dato che non era nemmeno certa fosse mai stato il suo ragazzo?) si era permesso di farle la posta sotto casa, gli aveva pronosticato un setto nasale rotto, se non si fosse tolto di torno. Inoltre, cosa più importante, gli aveva rivelato che era stato colto sul fatto, mentre portava a cena la rossa. In tal modo, Daniel aveva risparmiato a lei quell’amaro compito. Perciò gli era molto grata.

E poi l’aveva abbracciato stretto, per sentirsi rassicurata che nulla di spiacevole l’avrebbe potuta più raggiungere, lì, nel loro appartamento, tra le sue braccia.

Che codarda era stata.

Si mostrava caparbia e tosta, una dal carattere forte, che non si faceva prendere in giro da nessuno, ma… la realtà era ben diversa. Lei era una debole. Una ragazza sciocca e impedita. Senza spina dorsale, avrebbe detto qualcuno.

Solo che pochi lo sapevano davvero: nessuno vedeva quell’Andrea.

A tutti dava un’altra immagine di se stessa.

Anche per Harry aveva costruito una maschera, sperando potesse piacergli…

Evidentemente, non era stata di suo gradimento.

Una delle rare persone che conoscevano il suo lato fragile era Albert, probabilmente sfregiato del titolo di migliore amico proprio per questo motivo.

Ma prima… prima aveva messo a nudo quel particolare così personale anche davanti a Daniel e adesso non sapeva cosa pensare.

Soprattutto, non sapeva cosa fare: come avrebbe dovuto comportarsi d’ora in poi? Avrebbe dovuto giustificare con lui quel momento di debolezza?

Lui aveva sempre conosciuto l’Andrea risoluta, combattiva e fiera. Piccola, dinamica ed altruista. Non aveva mai avuto a che fare con quella insicura, timida e malinconica. Quella che, prima di un esame orale, era anche capace di rimettere la colazione per il nervoso. Non sapeva che lei aveva paura di stare in casa da sola e che spesso quelle notti non chiudeva occhio. E non era al corrente di  tante altre cose. Lui tutto quello non lo sapeva!

Albert sì, ed aveva accettato comunque le sue debolezze, stimandola come persona cui dare fiducia. Perché Andrea andava ad occupare il posto del fratello (in questo caso, sorella) che non aveva mai avuto, in quanto figlio unico. L’affetto tra loro non era altro che un amore fraterno mancante di vincoli sanguinei.

Con Daniel non aveva questo rapporto, però.

Lui non conosceva veramente il fondo del suo cuore, le sue paure e i suoi punti deboli e sarebbe stato troppo tardi farglieli scoprire adesso.

Sospirò, mentre risciacquava la lunga chioma. Che fare? Come comportarsi?

Quando, finito di fare la doccia ed asciugarsi i capelli, Andrea si presentò in cucina, indossava una vecchia camicia da notte invernale, con le maniche lunghe e che le arrivava sopra il ginocchio.

Data l’eccessiva cortezza dell’indumento, aveva messo anche i pantaloni di una tuta, che solitamente usava per stare più comoda in casa. Si sarebbe vergognata di mostrare a Daniel le gambe nude: in fondo, lui era pur sempre lui! Inoltre, quella sera erano da soli, eccezionalmente, e Andrea non voleva indurre in alcun modo il ragazzo ad uno dei suoi stupidi scherzi, come quello della mattina.

Inarcò un sopracciglio quando vide la tavola apparecchiata, ma nessuna pentola o padella sui fornelli. E i pensieri che poco prima affollavano la sua mente furono subito accantonati.

“Credevo fossi affogata in quella doccia!” la schernì Daniel, che stava seduto a guardare la televisione.

Andrea optò per l’indifferenza.

“Scusa genio, sbaglio o avevi detto che preparavi tu la cena?” gli chiese, comportandosi come faceva di solito.

Alla fine, sarebbe stata la stessa di sempre nei suoi confronti. Era meglio così.

“Calmati, famelica Andy. La cena sarà servita a momenti.” ribatté lui, alzandosi e facendola accomodare a tavola, nel posto di fronte a lui.

La ragazza, stupita per la galanteria, non fece in tempo a chiedergli cosa intendesse servire (forse del cibo invisibile?!), che il campanello di casa suonò. Chi poteva essere a quell’ora? Albert?

Fa che non sia di nuovo lui, pensò atterrita Andrea, riferendosi ad Harry.

Daniel quasi saltellò verso il citofono per rispondere. “Chi è? Ah, sissì! Terzo piano, grazie”.

Detto ciò, sparì dalla sua visuale.

Poco dopo, lo sentì aprire il portone e ricevere qualcuno.

“Salve. La sua ordinazione… e… fanno diciassette in tutto” disse una voce maschile.

Poi un tintinnare di monete.

“Tenga il resto come mancia.” Stavolta era stato Daniel a parlare.

“Grazie. Arrivederci!” aveva risposto il tipo sconosciuto.

Quando il ragazzo ritornò in cucina stringeva una busta capiente e aveva stampato in faccia un gran sorriso.

Cos’avrà da ghignare a quel modo, pensò Andrea, guardinga.

Daniel, sfilando davanti a lei, poggiò la sporta su un ripiano della cucina e cominciò a rovistarci dentro.

“Et voilat! Come antipasto, ravioli di carne al vapore” proferì infine, togliendo dalla busta una vaschetta d’alluminio, incartata, e poggiandola sulla tavola.

Andrea lo guardò stupita: aveva ordinato cinese. Il suo cibo preferito… una casualità?

“E poi… spaghetti di soia e pollo al curry.” concluse lui, poggiando sulla superficie lignea altri contenitori.

No, non era una casualità: quelli erano i suoi piatti preferiti!

Si ritrovò inspiegabilmente ad arrossire per quel gesto così carino, da parte sua.

“Che c’è? Ho sbagliato?” chiese lui, seriamente preoccupato di aver ricordato male le preferenze dell’amica. Aveva architettato tutto quello per risollevarle un po’ il morale.

Andrea non disse nulla, ma si limitò a scuotere la testa in segno di diniego.

Daniel sorrise, compiaciuto, e le porse le sue bacchettine.

Gustarono la cena orientale in tranquillità, mentre la voce della televisione riempiva i loro silenzi.

Terminato di mangiare, erano davvero pieni. Era stato tutto veramente squisito: infatti, Daniel aveva ordinato il cibo dal miglior ristorante cinese della città. Andrea lo capì leggendo il nome stampato sulla sportina, quella che conteneva le vaschette d’alluminio… e dove dentro sembrava essercene rimasta ancora una!

“Daniel, ma… si sono sbagliati: ci hanno portato qualcos’altro, guarda!” gli disse, indicando la busta.

Il ragazzo si voltò, prese l’ordinazione avanzata, e la mise in tavola.

Le sorrise, con quel suo sorriso, e Andrea quasi si dimenticò di respirare.

“È il tuo dessert. Torta cinese alla fragola.” le disse, scartando l’involucro.

Dentro c’era una sola fetta del mitico dolce rosa e lui gliela porse cortesemente.

“Tu non la vuoi?” gli chiese la mora.

“L’ho presa per te.” spiegò lui.

“Ma… ecco, mangiamola insieme.” bisbigliò Andrea a voce talmente bassa che lui non capì.

“Come?”.

“Ho detto che non ce la faccio a finirla da sola” gli disse, con tono più sostenuto, stavolta.

Daniel annuì e prese a piluccare il dolce da un lato, mentre Andrea ne assaggiava un pezzo dall’altro. 

Quando ne rimase l’ultimo boccone, la ragazza avvicinò la forchetta per inforcarlo (tanto Daniel l’aveva ordinato apposta per lei), ma il biondo fu più veloce e lo infilzò per primo, senza tante cerimonie.

Andrea lo fissò in tralice: il solito dispettoso!

“Qualcosa non va?” chiese lui, sorridendo sornione. “Volevi tu l’ultimo pezzetto, forse? Scusa, prendilo pure”. Detto ciò, avvicinò al viso di lei la sua forchetta.

La voleva imboccare, in pratica.

La ragazza arrossì per l’ennesima volta e fissò quel quadratino di dolce invitante davanti alla punta del suo naso.

Infine, si decise a schiudere la bocca e a portarla sulla forchetta. Una volta richiusa, lui fece scivolare piano i dentini della posata via da quelle labbra rosse, guardandola intensamente, occhi negli occhi.

Andrea non capì come mai, ma quella volta, per la prima volta, stranamente, non riuscì a gustarsi l’ultimo pezzo di torta.

Terminata la cena sorprendentemente piacevole, la ragazza si offrì di sparecchiare, dato che Daniel era stato molto gentile con lei quel giorno.

Mentre metteva i piatti sporchi nel lavello, Daniel guardava in tv i programmi che avrebbero dato quella sera.

“Che scatole, non c’è nulla di interessante” disse, annoiato. Poi prese a far zapping in maniera frenetica.

“Vuoi dire che non devi uscire?” gli chiese Andrea, mentre insaponava le stoviglie.

“Mmm…” mugugnò l’atro. Risposta troppo ambigua, che, però, lei prese per un sì.

Non l’avesse mai fatto…

“Dovrebbe esserci il mio telefilm preferito.”

“Oddio, guardi davvero quella roba? Alla tua età?” la schernì lui, grattandosi la fronte con la punta del telecomando.

“Problemi?! A me piace e poi è diventata una cosa rituale del venerdì sera.” gli confidò. Lei amava le piccole cose quotidiane, sempre uguali, che non cambiavano mai. La rassicuravano. Come farsi il caffè alla mattina, subito dopo essersi svegliata, o le pantofole calde, che metteva apposta sul termosifone. I fiori nel vaso in cucina. La vicina di casa brontolona. Mangiare tutti insieme. Sapere di avere qualcuno vicino…

Molti avrebbero considerato tutto questo monotono, noioso o una stupida routine, ma non lei. Per Andrea quello era prezioso.

“Dev’essere scomodo guardare un film in cucina.” commentò Daniel, risvegliandola dai suoi pensieri.

“In effetti…” dovette ammettere lei. Le sarebbe piaciuto troppo spaparanzarsi su un divano e gustarsi in santa pace il suo programma in tv. Peccato che quella casa non avesse un salotto e che la cucina fosse troppo angusta per un sofà.

Mentre asciugava i piatti, vide Daniel trafficare con le prese di corrente del televisore.

“Che fai?!”.

Non le rispose. Staccò la spina che dava elettricità e il cavo dell’antenna dal muro. Prese la tv con le braccia e si avviò in corridoio.

“Daniel, che cavolo fai?!”.

Si asciugò le mani su un canovaccio e gli corse dietro. Vide che era entrato nella sua camera e, quando si affacciò, fu stupita di vederlo installare l’apparecchio.

“Ti ho portato la tv in camera, per stanotte. Così stai più comoda.” le disse.

Se non fosse stata sicura di essere lucida e sveglia, avrebbe sicuramente detto che quel baldo giovane non era nel modo più assoluto Daniel! Insomma, le faceva molto piacere ricevere tutte quelle gentilezze da parte sua, ma, dopo anni di conoscenza passati a litigare, lanciarsi frecciatine e prendersi in giro a vicenda, tutto ciò era… quasi inconcepibile. In pratica era come se fossero passati da un polo ad un altro senza preavviso o senza comunque passaggi graduati. A parte questo, Daniel si comportava come al solito. Era sempre lui.

Piuttosto, era Andrea che stava mutando nei suoi confronti. Ma quella era una reazione normale, si diceva: ad uno che si dimostra gentile non si può rispondere che con cortesia. Sua mamma glielo aveva insegnato quando era piccina.

Tornò in cucina, ancora allibita, e finì di rassettare. Poi, siccome si avvicinava l’ora dell’inizio del suo telefilm preferito, andò in camera.

Daniel aveva sistemato il televisore sulla scrivania, girato verso il fondo della stanza, dove c’era il suo letto. Ed ora sembrava essere sparito nella sua stanza: probabilmente si stava preparando per uscire.

Andrea cominciò a spostare metodicamente la marea di peluche sopra il letto, sul lato sinistro del piumone.

Mentre si toglieva i pantaloni della tuta, per restare solo con il pigiama e infilarsi sotto le coperte, la porta si aprì. Come al solito, il biondo era entrato senza bussare. Lo spettacolo che gli si parò di fronte era molto apprezzabile: Andrea chinata per terra a raccogliere l’indumento appena levato e il suo didietro per aria, lasciato a nudo dalla corta camicia da notte.

“Belle mutandine!” fu il commento, preceduto da un fischio di apprezzamento.

Subito la ragazza si raddrizzò e, presi i lembi del vestito, cercò di tirarli il più in basso possibile.

“Accidenti a te! Ti ho detto almeno un milione di volte di bussare!” strepitò, rossa in viso per la vergogna.

“Ti ricordi quando, tempo fa, ti ho detto che sarebbe stato meglio imparare a bussare in futuro, altrimenti mi sarebbe potuto capitare di vederti in mutande? E che sarebbe stato un brutto spettacolo? Ecco, rimangio ogni singola sillaba di quello che ho detto.” dichiarò, sorridendo sornione e richiudendo la porta alle sue spalle.

“Sei un cretino! Un momento… cosa pensi di fare adesso?” chiese lei allarmata, vedendolo dirigersi verso il letto.

“Mi sembra ovvio.” rispose lui, con tono suadente. Andrea deglutì con forza, mentre lui si avvicinava passo dopo passo.

Ora sì che era nei guai!

D’accordo: lui era un bel ragazzo. Qualunque donna avrebbe apprezzato il suo fisico e il suo carattere così seducente, ma lei era una sua amica! Vivevano anche insieme! E, inoltre, era reduce da un tradimento, da parte di una persona di cui si fidava molto.

Aveva affermato più volte a se stessa di essere attratta innegabilmente da Daniel, ma un conto era della semplice alchimia fisica, un altro mettere in pratica qualcosa con lui, in quel momento. Su quel letto ricolmo di infantili pupazzetti colorati!

Il biondo arrivò di fianco a lei, scrollò la coperta, per far cadere a terra i peluche, e ci si fiondò sotto. Andrea lo guardò sconcertata.

“Ah… tu… vuoi vedere la tv con me?” chiese, con un filo di voce.

“Sì. Ovvio… perché?”

“N-no… nulla… credevo uscissi.”

“Ti avevo detto di no”

“Veramente hai detto “mmm”, manco fossi una mucca… secondo te, cosa possa capire io da un mugolio?”

“Di la verità, Andy: speravi fossi venuto per un altro motivo…”

La ragazza arrossì di botto, completamente. Il suo viso era talmente bollente che poteva sentirlo emanare calore.

“Scherzavo, dai. Non c’è bisogno di farsi venire un collasso! Sbrigati che tra un po’ inizia!” disse, accendendo la tv con il telecomando.

Lo odio, lo odio, lo odio, lo odio, lo…

Andò avanti con questo mantra mentale per i successivi minuti, finché non udì chiaramente che il suo telefilm era iniziato.

Restia e schifata si infilò sotto il piumone, stando ben attenta a tenere una certa distanza tra lei e il biondo.

All’inizio era tesa. In fondo, non si era mai ritrovata in una situazione simile con un ragazzo, se non per… altri motivi, come aveva detto Daniel. Poi, il suo interesse fu catturato dal film e si dimenticò del resto. Si distese e si mise a suo agio nel letto, seguendo attenta gli avvenimenti del programma televisivo.

Solo alla prima pubblicità si ricordò del ragazzo.

“Questo telefilm è di una noia mortale! Melodrammatico da morire”.

“Non sei costretto a guardarlo.” ribatté lei, stizzita.

“Hai ragione. Ora cambio canale.” disse lui, sorridendo. In effetti, il telecomando l’aveva ancora lui.

“Non ci pensare nemmeno!”.

“Allora facciamo un patto” propose lui, accostandosi ad Andrea, che non se ne accorse, perché girata di spalle verso la televisione. “Io mi sorbisco questa roba, ma tu dopo mi fai vedere un film horror che c’è in seconda serata.”

La ragazza aggrottò le sopracciglia.

“Non amo gli horror.” proclamò.

“Non devi avere paura”

“Io non ho…” si bloccò, voltandosi e ritrovandosi il viso di lui, vicinissimo.

Per fortuna la luce era spenta e lui non poteva vedere il suo rossore.

“Sì?” chiese lui di rimando, sorridendo.

“E va bene!” sbottò lei, rigirandosi.

“Guarda che ci sono io. Non devi avere paura. Posso anche dormire qui, stanotte” le sussurrò ad un orecchio, facendole correre un brivido lungo la schiena.

“Ho detto che non ho paura! E non pensare di dormire qui!” rispose lei, acidamente. Di spalle non riuscì a vedere il sorriso sornione che si era appena dipinto sul volto di Daniel.

Il biondo non si era minimamente pentito di aver dato buca alla ragazza, con cui quella sera sarebbe dovuto uscire. In fondo, quando si era trovato Andrea che piangeva tra le braccia, non si era sentito di lasciarla da sola. Inoltre, non gli era andato giù il discorso di lei sul fatto che loro erano amici, ma solo ad un livello superficiale, e che comunque sarebbe stato inutile cercare di creare un legame più profondo.

Era vero, lui era un tipo piuttosto superficiale, ma voleva (doveva) dimostrarle che si era sbagliata di grosso sul secondo punto della questione: approfondire la loro amicizia o quello che era non sarebbe stato uno spreco di tempo.

Per questo ora le stava accanto. Di solito era Albert a fare da spalla ad Andrea: questo si sapeva da sempre. Però quella sera l’amico non c’era ed era venuto il momento che anche Daniel facesse la sua parte.

Tuttavia lui sentiva di non voler prendere il posto che l’altro aveva nel cuore della ragazza. Già, perché Andrea considerava Albert come un fratello e lui non ambiva a diventare così per lei.

In realtà, non sapeva cosa voleva essere agli occhi della moretta: se un semplice amico, o un fratello o altro. Ma di una cosa era assolutamente certo: voleva creare un legame con lei. Avere un qualche tipo di rapporto, che superasse l’essere solo dei coinquilini e degli ex-compagni di liceo. Prima d’ora non ci aveva mai pensato, ma ora aveva realizzato una cosa: Andrea non ci sarebbe sempre stata. A breve si sarebbe laureata e chissà se sarebbe rimasta ancora in quella casa, insieme a lui e ad Albert. Avrebbe potuto benissimo andarsene e tentare il tirocinio in un’altra città.

Albert sarebbe rimasto in contatto con lei, molto probabilmente. La loro amicizia era molto salda e non si sarebbe certo persi di vista per così poco.

Ma… e lui? Lui l’avrebbe rivista? Le avrebbe parlato ancora?

Nulla gli impediva di chiamarla. Il numero di cellulare lo aveva.

Eppure aveva come la sensazione che, se quella ipotesi si fosse davvero verificata, telefonarle sarebbe stato sciocco. A che titolo lo avrebbe fatto?

Ma poi, per quale dannato motivo stava pensando adesso a quelle cose? Non ci aveva mai riflettuto prima di quel momento. E allora, cosa era cambiato al punto tale da farlo preoccupare così tanto del futuro e della sua relazione con Andrea?

In quel momento abbassò lo sguardo e la vide, con la testa appoggiata al cuscino, mentre seguiva attentamente il telefilm. I suoi occhi grigi sembravano più cupi al buio. Osservò la sua spalla esile, che usciva appena dal piumone, alzarsi e abbassarsi, ad ogni suo respiro. I lunghi capelli neri erano abbandonati indietro e le lasciavano scoperto il collo bianco come latte. Quando il suo sguardo cadde lì, Daniel ebbe l’impulso di avvicinare le labbra e assaporare quella pelle chiara e calda, ma si trattenne. Aveva sempre avuto sotto gli occhi la bellezza semplice ed ingenua di Andrea: lei era come una piccola ninfa dai capelli corvini e dagli occhi di un azzurro particolare, quasi cenerino. Il fatto di averla in casa e di vederla tutti i giorni aveva smorzato alla sua vista l’aspetto esteriore della ragazza. Molto probabilmente, se l’avesse incontrata fuori, per la prima volta, si sarebbe immediatamente voltato a guardarla e, magari avvicinandola con una scusa, avrebbe finito col parlarle, al solo scopo di conoscerla e chiederle il numero di telefono. Insomma, di solito lui non era insensibile al fascino femminile: forse, aver vissuto con lei tutto quel tempo gli aveva fatto considerare normale la sua presenza. Oppure non se ne era mai accorto, perché, conoscendosi sin dal liceo, erano praticamente cresciuti assieme. Quella era l’ipotesi più plausibile.

Sorrise, ripensando a com’era Andrea alle superiori: una ragazzina con la frangetta talmente lunga che quasi non le si vedevano gli occhi. Ricordava perfettamente quella volta che…

“Andrea, ti ricordi quella volta in cui ti è andata a fuoco una ciocca di capelli?” le chiese, sghignazzando.

La ragazza, presissima da una scena in cui la protagonista del telefilm baciava finalmente il suo grande amore, ci mise un po’ per recepire ciò che Daniel aveva appena detto.

Infastidita per essere stata distratta, gli rispose con un grugnito.

“Credo che quella sia stata la figura più stupida che abbia mai visto! Eravamo in quel bar affollato sul molo e…”.

“Uffa, non ce bisogno che me lo racconti! Ero presente, eccome se lo ero…” sbuffò lei, dandogli una gomitata leggera, che lui avvertì a mala pena.

“Cavolo, quando ho visto la fiamma dell’accendino attaccarsi ai tuoi capelli non ci volevo credere… anche tutti gli altri del gruppo sono rimasti ammutoliti.” continuò il ragazzo, imperterrito.

Andrea si alzò a sedere, puntellandosi con le mani sul materasso. Lo squadrò dall’alto, incrociando le braccia, e quasi gli ringhiò contro di smetterla di ricordarle quel vergognoso episodio.

“Ah, adesso che ci penso… chi è stato poi il genio che ha impedito alla tua testolina di andare completamente a fuoco?” chiese lui, ironico, facendole quel sorriso.

Le guance di Andrea si imporporarono un poco e lei mise ancora di più il broncio. Mugugnò qualcosa a bassa voce.

“Come, prego?”.

“Ho detto…” ma l’ultima parola fu quasi un sussurro.

“Andy, il gatto- che non abbiamo- ti ha mangiato la lingua, per caso?” la canzonò Daniel.

“Tu, maledetto! Sei stato tu! Va bene?” sbottò lei, inviperita.

“Già…” si gongolò lui “…fui davvero eroico quella volta! Ho spento la fiamma con queste mie mani.” disse, piazzandole i palmi praticamente contro il naso.

Effettivamente, quella volta anche Andrea era stata piacevolmente stupita dal gesto istintivo del biondo: mentre lei stessa e gli altri amici guardavano come a rallentatore la lingua di fuoco che si arrampicava dalla punta dei suoi capelli fino alla loro attaccatura, Daniel era stato l’unico ad agire. Le era quasi saltato addosso e aveva soffocato la fiamma a manate, scottandosi i palmi. Anche lei si era ustionata un po’ la fronte ed era subito fuggita nei bagni, che erano all’esterno del locale, vicino alla spiaggia. In quel momento, ricordava di aver tanto voluto seppellirsi dalla vergogna: aveva fatto una figuraccia davanti a tutti e non voleva tornare da loro per nessuna cosa al mondo. L’avevano poi raggiunta le amiche, per assicurarsi che stesse bene e per verificare le condizioni della sua fronte.

Aveva passato una buona mezz’ora chiusa in bagno a sistemare la ciocca bruciata. Alla fine, era uscita con un angolo della fronte scottato, che le faceva un male cane, e con addosso una puzza di gallina bruciata sul fuoco.

Si era sorpresa quando, fuori dal bagno, non aveva trovato ad aspettarla Julia ed Elenoire, ma Daniel, appoggiato ad un muretto in posa da figo.

“Quella sera sei stato gentile con me, per la prima volta in vita tua.” mormorò Andrea, come ad esprimere un pensiero ad alta voce.

“Lo dici come se di solito fossi stato un maleducato.” scherzò lui, con finta voce offesa.

Punta dal freddo, la ragazza si appoggiò contro la testata del letto, coprendosi con il piumone.

Nel frattempo, il telefilm continuava la sua scena madre.

“In effetti, sembrava che non mi sopportassi.” protestò.

“Ah… questo un po’ è vero: all’epoca eri troppo saccente per i mie gusti.” ammise Daniel, sistemandosi accanto a lei, sotto la coperta.

“Potevi ignorarmi, sai? Ti sei reso davvero insopportabile al liceo.” gli fece notare Andrea, guardandolo crucciata.

“Senti da che pulpito… comunque, quella volta al bar del molo è stata la prima in cui abbiamo parlato senza insultarci dopo soli cinque minuti.” sghignazzò Daniel, ripensando ancora all’episodio.

Quella sera, superata la sorpresa iniziale di ritrovarselo di fronte appena uscita dal bagno, Andrea si era sentita improvvisamente strana, quasi vergognosa di farsi vedere. In effetti, non aveva tutti i torti, con quella fronte ustionata e i capelli bruciacchiati. Aveva quasi avuto l’impulso di richiudersi in bagno, quando Daniel le aveva intimato di sbrigarsi, dicendole che era da una vita che la stava aspettando. Lei non aveva capito, ma nel momento in cui lui si era diretto verso la spiaggia, lontano dal locale, l’aveva seguito.

Erano andati al parcheggio, dove Andrea aveva posteggiato l’auto (lei era l’unica della compagnia, a parte Albert, che aveva già la patente). Dopo aver litigato un po’ perché la ragazza non voleva dare le chiavi a Daniel, erano infine saliti in macchina. Fortunatamente quella sera non avevano incrociato nessun appostamento della stradale, lungo la via che portava dal mare alla città: il biondo, infatti, stava guidando con solo il foglio rosa e avrebbero rischiato una multa salatissima, se non di più, se qualcuno li avesse fermati. E ciò che aveva fatto incavolare maggiormente Andrea era che, nonostante non fosse patentato, lui guidava lo stesso mille volte meglio di lei, che ancora grattava le marce.

Era talmente scombussolata dalla faccenda (e la pelle ustionata le faceva un male cane!) che non aveva neppure chiesto al ragazzo dove cavolo la stava portando, con la sua auto.

Lo aveva capito poco dopo quando, raggiunto il centro della città, Daniel si era fermato vicino alla Farmacia comunale, quella aperta anche di notte.

L’aveva osservato mentre scendeva, entrava nel negozio, parlava con il farmacista di turno ed infine pagava qualcosa.

Quando il ragazzo era tornato in auto, teneva in mano una scatola di cartone giallo e rosso, con sopra scritto “Foille-scottature”. E allora aveva finalmente capito che Daniel, proprio lui, l’insopportabile Daniel, le aveva comprato una crema per lenire la sua ustione.

Quindi, come dimenticarsi di quella volta? Anche se la vergogna per la figuraccia non l’aveva più fatta tornare in quel bar al molo, non poteva dimenticare la prima gentilezza di Daniel nei suoi confronti. Poteva sembrare una sciocchezza, ma fino a quel momento il loro rapporto non aveva mai conosciuto quella parola: gentilezza. Si sopportavano con grande sforzo solo perché avevano in comune lo stesso gruppo di amici.

E dunque, che cosa importava se quella untuosa crema puzzava da morire? O se poi Daniel le aveva chiesto la metà di quello che aveva speso per comprarla (cosa poco cavalleresca)?

Andrea poteva solo essere felice e grata al ragazzo. Ma quella volta non aveva espresso nessuno di quei pensieri, limitandosi ad osservarlo, mentre anche lui si spalmava la crema sui palmi delle mani.

“A cosa pensi?”.

La domanda giunse inaspettata, interrompendo il filo dei suoi pensieri.

La mora si riscosse, posando gli occhi sul suo interlocutore.

“Al fatto che non ti ho mai ringraziato.” si ritrovò a dire lei, senza pensarci su.

Daniel sorrise, compiaciuto.

Strano: non aveva mai sorriso a quel modo, pensò Andrea. Di solito sorrideva sfottendo, oppure sorrideva con fare sensuale, per accattivarsi le attenzioni di qualche esemplare del gentil sesso.

La mora però, non ricordava di averlo mai visto sorridere in modo così… sereno e naturale.

“Non ce n’è bisogno. Chiunque l’avrebbe fatto. Mica potevo lasciarti andare a fuoco!” rise lui, al suo fianco.

Il cuore di Andrea prese a battere più rapidamente. Che situazione assurda: loro due che parlavano di ricordi passati, in tutta tranquillità, senza battibeccare. Sotto le coperte, al caldo, l’una di fianco all’altro.

“Andrea, il tuo telefilm è terminato.” la informò d’un tratto il biondo, indicando la televisione con un cenno del capo.

Ma ormai la ragazza era tutta presa dalle riflessioni generate da quel ricordo e non gliene importava nulla se non aveva seguito la fine della puntata. Aveva scoperto che condividere qualcosa con Daniel le faceva piacere. Forse perché prima era convinta di non avere proprio nulla da spartire con lui.

“Posso vedere l’horror, quindi?” le chiese il ragazzo, impossessandosi del telecomando e cambiando canale.

“Solo per questa volta…” concesse lei, sospirando. Daniel sorrise di nuovo e le circondò le spalle con un braccio. Inutile dire che Andrea arrossì, cominciando a sentire molto caldo.

“C-che fai?” balbettò, in realtà per nulla dispiaciuta del contatto.

In tutta risposta, lui appoggiò il mento sulla sua testa.

“Così non avrai paura” sussurrò, prima che una inquietante musica di sottofondo prendesse a riempire il silenzio della stanza.

Anche se non si sentiva molto a suo agio in quella posizione, Andrea non protestò oltre, limitandosi a sbuffare per dimostrare la sua contrarietà. Ma di fatto non fece nulla per allontanarlo.

Andrea odiava gli horror: sin da ragazzina, se ne vedeva uno, anche durante il pomeriggio, la notte aveva gli incubi assicurati.

Quella volta, invece, fece solo…

“Sogni d’oro, Andrea.”

 

 

 

 

 

 

Note personali:

 

Scusate il ritardo nell'aggiornare. Voglio tranquillizzarvi dicendovi che non ho nessuna intenzione di lasciare inconclusa la storia e che, se ci ho messo così tanto a postare, ho i miei buoni e personali motivi^^

Detto ciò, che ne pensate del capitolo?

Volevo ringraziare chi mi ha commentata, ovvero Silvy49, Cry90, Kyraya, Kry33, Girovaghi, Vero93 e la mia adorabile Nali!!!

Inoltre, volevo informarvi che ho intenzione di pubblicare un'altra fic, sempre in questa categoria. Se vi piace il mio modo di scrivere, allora spero la leggerete^^

Il titolo sarà: "Per sempre sepolto nel cuore". Per maggiori info, consultate la mia pagina autore.

Grazie a tutti!

 

Un bacio,

 

Queen

 

 

  
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