Scatti
Di Un Amore
-
C’è
qualcuno qui dentro così gentile da portare queste valigie
in camera mia? Sono
due ore che le porto in giro per Monaco e pesano un quintale!
Tipica
ragazza mediterranea: lunghi capelli color mogano, pelle olivastra,
grandi
occhiali da sole da diva holliwoodiana, forse Gucci, abbigliamento
impeccabile
con tanto di foulard a fasciarle il collo, tacco 12. Ah quasi
dimenticavo:
atteggiamento autoritario da prima donna. Non ho dubbi, questa
è Elena.
Subito
un fattorino si precipita a esaudire la sua richiesta; poi lei toglie
gli
occhiali da sole e si guarda intorno, finché i suoi occhi
non cadono su noi
tre, che intanto la osserviamo e ridacchiamo pensando a come
reagirà quando ci
vedrà. Subito la sua faccia si illumina di un sorriso ampio
e sincero.
-
O mio
Dio, che mi sono persa?! – esclama, correndoci incontro.
-
Direi
che più che una sfilata, questa sta diventando una
rimpatriata – scherzo.
-
Non
avete idea di quanto sia felice! – dice, e ci abbraccia.
Nonostante i tacchi,
Elena è rimasta comunque la più piccolina del
gruppo. E la più esuberante.
Parliamo
del più e del meno: io le racconto del mio lavoro e del
motivo per cui mi trovo
qui, lei mi dice che dopo il liceo aveva intrapreso la strada di
insegnante, ma
dopo un paio di anni nella facoltà ha capito che la sua
passione era un’altra,
la fotografia.
-
È
tutta la mia vita – continua Elena –
C’è un non so che di sacro nelle foto che
scatto. La macchina mi rivela segreti che l’occhio nudo non
coglie. Può
sembrare uno strumento stupido, chiunque riuscirebbe a usarla, ma la
vera arte
sta nel creare una combinazione fra bellezza e verità.
Sembra
molto presa da quello che dice, si vede che mette passione in quello
che fa.
–
Quando
eravamo tutte assieme, non avrei mai pensato a te come fotografa!
– esclama
Monica – Quando è cominciato?
-
Beh,
alla base di ogni cambiamento c’è sempre
… un ragazzo! – ridiamo insieme. Poi
lei continua, persa fra i ricordi – Avevamo appena finito la
lezione di
pedagogia, io stavo riordinando i miei appunti nella cartella. Nel
frattempo
l’aula si era svuotata e io ero in ritardo per la lezione
dopo, come al solito!
E menomale, direi. Mentre esco dalla porta, mi ritrovo faccia a faccia
con due
occhi neri come la notte, e un sorriso bellissimo che gentilmente mi
chiede
“scusa” e mi lascia passare. Lui si gira
un’ultima volta verso di me, poi entra
nell’aula. Il mio prof lo chiama “Andrea,
finalmente sei arrivato! Come è
andato il viaggio, figliolo?” E così si chiamava
Andrea, ed era il figlio del
mio professore di pedagogia. Ero rimasta completamente folgorata da
quel viso
e, come sapete bene, io sono molto determinata. Fatto sta che dopo due
settimane, all’insaputa di tutti, io e Andrea stavamo
assieme. Ho fatto tutto
quello che avrei voluto fare, insieme a lui. Abbiamo ballato sotto la
pioggia,
visto una miriade di film su quel divano sgangherato del mio
appartamento,
anche se poi non riuscivamo mai a finirli per intero, ci ritrovavamo
sempre a
fare l’amore come due ragazzi innamorati, a stringerci forte
l’una fra le
braccia dell’altro, incuranti del mondo che c’era
fuori; abbiamo giocato a
fifa, mangiato la pizza, litigato fino a odiarci per mille volte, ma ci
correvamo incontro mille e una ancora; ci siamo ubriacati come pazzi e
abbiamo
riso da morire, abbiamo vissuto. Sono stati i tre mesi più
belli della mia vita
–
-
E poi?
Che è successo? Non lasciarci sulle spine! – la
incito.
-
Era un
amore impossibile. Lui era il figlio di un mio professore, studiava a
New York
e lì aveva anche una fidanzata che lo aspettava, la sua
famiglia aveva per lui
grandi progetti, e io non ero compresa. Quando ho realizzato che
l’avrei perso
per sempre è stato il periodo più brutto, ma
disperarsi non sarebbe servito a
nulla. Avevo tanti bei ricordi, di lui, di noi, di quello che saremmo
potuti
diventare, e per
renderli più vivi ho
deciso di imprimerli in un rullino fotografico.
-
Che
cosa ingiusta però! – esclamiamo in coro.
-
C’è
qualcosa di giusto in questa vita? Ma io non ho rimpianti,
né rimorsi.
Difficile
capire se dica il vero, Elena è sempre stata una che sa
nascondere bene i
sentimenti. Si alza dalla sua sedia e recupera gli occhiali, che poggia
rigorosamente sui capelli – Allora bellezze, si è
fatto tardi e comincio ad
avere fame. C’è un posticino molto carino a dieci
minuti da qui. Mi fate
compagnia stasera?
Accettiamo
volentieri il suo invito e prendiamo un taxi che ci porta dritte al
ristorante.
Finalmente, il primo pasto decente di questo viaggio!