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Autore: memi    26/02/2008    7 recensioni
Sora Takenouchi ha quindici anni, vive con la madre ed è una normalissima studentessa dell’istituto Odaiba High School. Un giorno, però, nella sua stessa palazzina si trasferiscono due aitanti ragazzi che le stravolgeranno letteralmente la vita! Si tratta di Taichi Yagami e Yamato Ishida, suoi coetanei, che tuttavia hanno una particolarità: sono l’uno l’opposto dell’altro! Ben presto la povera Sora si troverà a vivere episodi di vita esilaranti, scene divertenti e molto di più assieme ai due inseparabili amici.
P.S.: Se credete che sia il solito triangolo amoroso…allora vi sbagliate di grosso!
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sora Takenouchi, Taichi Yagami/Tai Kamiya, Yamato Ishida/Matt
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Good Boys

Chapter Sixteen

 

Nota dell’Autrice:

Il capitolo che segue è un po’ *particolare* rispetto agli altri. Difatti nel sedicesimo e – per la lunghezza della parentesi – nel diciassettesimo capitolo, le avventure dei protagonisti di “Good Boys” si alterneranno ad episodi estratti dai ricordi di Taichi e Yamato. Si tratta di un excursus sul loro passato che, in una serie di digressioni fatte di flash-back continui, si proporrà di chiarire anche il forte sentimento quasi fraterno che li lega, ma che dapprincipio non aveva mancato di assumere talvolta dei toni quasi rissosi. Fatta questa piccola ma essenziale premessa, vi lascio finalmente alla storia! E, intanto, vi mando un bacio a tutti! J

Memi

 

***

 

Il sole spalleggiava un cielo sgombro di nuvole ma non riusciva ad incidere sulle temperature ancora basse. Taichi si strinse un po’ di più nel giubbotto blu, chiedendosi come avrebbero potuto giocare con un’aria tanto pungente. Ma poi l’entrata in campo di Sora e Reika, le prime ad inaugurare l’apertura stagionale del campionato di tennis, gli fece dimenticare ogni pensiero circa il tempo. Piuttosto si chiese che fine avesse fatto Yamato, visto che il torneo stava per iniziare e lui ancora non si era fatto vedere. La sua muta domanda, però, trovò risposta non appena voltò il capo verso l’entrata del cortile.

Il biondo stava percorrendo a grandi falcate l’erbetta inumidita dal freddo e gli si faceva rapidamente incontro.

“La partita?”, chiese infine quando lo ebbe raggiunto.

Il giovane Yagami scrollò le spalle. “Sta per iniziare”

Yamato annuì, dando segno di aver capito, per poi voltarsi a fissare il campo da tennis.

“Come mai sei arrivato in ritardo?”, fu Taichi a fugare il silenzio appena qualche istante dopo.

“Stavo aspettando Jyou e Koushiro, ma mi hanno appena avvertito che avrebbero tardato”

“Quindi verranno anche loro?”

“Già”

Scese il silenzio e Taichi si scoprì a riflettere, forse per l’ennesima volta, che era diverso da quello di un tempo. E nemmeno la vicinanza con Yamato era più tanto irritante, al contrario adesso la trovava persino rassicurante. Gli pareva assurdo che una volta loro due non potevano sopportarsi, eppure era stato così. Proprio così…

 

 

Flash Back

Taichi imprecò, maledicendosi mentalmente per aver sbagliato a programmare la sveglia. Non era possibile che il primo giorno di sesta elementare fosse già in ritardo!

Controllò l’orologio e, con suo enorme sconforto, si rese conto di essere ormai in ritardo per la cerimonia d’apertura. Così quando imboccò il cancello d’entrata, decise di dirigersi direttamente in classe. Varcò come una furia l’entrata dell’edificio scolastico e fece per salire i gradini diretto alla sua vecchia classe, ma a metà si ricordò che era cambiata e così si precipitò a controllare la bacheca contenente i cartelloni che riportavano la nuova sistemazione.

“Ahi”

Tanto per la fretta, Taichi non si era minimamente accorto di trovarsi in rotta di collisione con un altro ragazzino che, di conseguenza, colpì brutalmente in una rovinosa caduta.

“Ahia…che dolore”, mormorò il brunetto massaggiandosi il gomito su cui era a sua volta caduto.

Quindi, senza perdere il suo buonumore, si voltò verso il povero malcapitato per accertarsi che stesse bene.

“Tutto okay?”, gli sorrise raggiante alzandosi e allungando una mano verso il biondino steso di fronte a lui.

Taichi ricordava vagamente di averlo visto qualche volta in giro per la scuola, ma non poteva dire di conoscerlo. Probabilmente, si disse mentre lo fissava cordiale, dovevano essere stati quegli spinosi capelli dorati ad aver attirato la sua attenzione, o quegli impenetrabili occhi blu, o ancora quell’aura impertinente che si leggeva sul suo volto. Ma non trovò mai una risposta alla sua domanda, perché le parole del biondino lo distolsero completamente dai suoi pensieri.

“Sta attento a dove metti i piedi la prossima volta”, disse con voce inflessibile e velatamente indispettita.

Taichi spalancò suo malgrado la bocca, sconvolto da quella reazione. Ma poi subito si riscosse, deciso più che mai a non farsi rivolgere quel tono da nessuno.

“Non l’ho fatto mica apposta!”, si difese brusco.

“Me ne sono accorto”, ribatté il biondino alzandosi a sua volta da terra.

Adesso i due si fronteggiavano. Avevano la stessa altezza e lo stesso fisico asciutto, ma le somiglianze parevano finire qui. L’uno aveva dei cespugliosi capelli castani, con dei buffi occhiali da aviatore sul capo, vestito con una magliettina blu e dei pantaloncini marroni, e con un’aria palesemente incollerita in volto. L’altro era biondo, portava una magliettina verde su un paio di semplici jeans, e aveva un’aria totalmente impertinente.

“Ti ho già chiesto scusa!”, disse con veemenza Taichi.

“No, non me l’hai chiesto”, negò con voce calmissima l’altro.

A Taichi quel modo di fare iniziava a dare sui nervi. E, soprattutto, odiava essere contraddetto.

“Stavo per farlo se solo tu me lo avessi permesso!”

“Non mi sembra ti abbia impedito di farlo”

Adesso il brunetto era notevolmente irritato.

“Insomma, si può sapere chi diavolo sei tu?!”, scoppiò.

“Potrei farti la stessa domanda”, replicò prontamente il biondino.

“Te l’ho chiesto prima io!”, ribadì il brunetto, colorandosi di rosso tanta era la collera.

Mai nessuno aveva osato trattarlo così! Ma chi diavolo si credeva di essere quello?!

“Non sono affari che ti riguardano”

“Ah sì? Allora nemmeno a te!”, rispose stupidamente Taichi.

Il biondo scrollò le spalle, facendo involontariamente infuriare ancora di più l’altro. Poi, senza dire nulla, lo superò diretto verso le scale.

“Ehi!”, s’inalberò Taichi, stizzito per essere stato così volutamente ignorato. “Si può sapere dove diavolo stai andando adesso??”

“In classe perché, nel caso non te ne fossi accorto, è tardi”, la velata ironia che utilizzò, suonò alle orecchie del brunetto come una presa in giro.

Taichi stava per dirgliene quattro, ma l’entrata di alcuni studenti – segno che la cerimonia d’apertura si era conclusa – lo fece desistere. Anche perché, come notò voltando il capo, ormai di quel presuntuoso biondino non c’era più nessuna traccia. Sbuffando poco aggraziatamente, il brunetto si avvicinò finalmente verso la bacheca per leggere i cartelloni affissi.

Fine Flash Back

 

 

Il fischio dell’arbitro risuonò acuto nell’aria, risvegliando il brunetto dai suoi vecchi ricordi.

“Che sta succedendo?”, si voltò verso il biondo al suo fianco.

“La partita è iniziata”, rispose sbrigativo Yamato, chiedendosi nel contempo se Taichi un giorno avrebbe poggiato i piedi a terra lasciando anche solo per qualche istante il mondo dorato dei sogni.

“Ah”, colto da un’improvvisa folgorazione, il giovane Yagami si avvicinò alla rete metallica che costeggiava il campo e vi si aggrappò con forza. “Forza ragazze!!!”

Il grido fece sorridere le due gareggianti che, dopo avergli regalato un sorriso raggiante, si concentrarono finalmente sul match che si apprestava a cominciare.

Soddisfatto, Taichi si portò leggermente più indietro e fece un cenno d’okay al biondino accanto a lui, prima di concentrarsi in definitiva sulla partita.

Yamato, invece, rimase ancora per qualche istante intento a fissarlo. E per un istante gli sembrò di rivedere quel Taichi undicenne che era riuscito a guadagnarsi sin da subito le sue antipatie, salvo poi abbatterle in una folata di vento…

 

 

Flash Back

Yamato sbuffò. L’incontro appena avvenuto con quell’arrogante ragazzino era riuscito ad infastidirlo e questo lo seccava forse ancor di più, perché non era da lui lasciarsi coinvolgere a tal punto dalle proprie emozioni.

“Accidenti a lui!”, tuonò, tirando un calcio alla porta scorrevole e aprendola così bruscamente.

Dentro qualche ragazzino gli lanciò un’occhiata perplessa, ma non se ne curò. Potevano pensare quello che volevano di lui, non gli toccava.

Si sedette in un rigoroso silenzio ad uno dei posti collocati verso le prime file. Odiava stare dietro, troppo chiasso.

“Ehm…ciao”, una vocina timida attirò la sua attenzione.

Yamato si voltò, ma non fece una piega quando incontrò lo sguardo impacciato di una ragazzina poco appariscente ma dall’aria indubbiamente amichevole.

“Io sono Maeko”, si presentò con un sorrisino. “Non…non ti ho visto alla cerimonia d’apertura”

“Non sono venuto”, le rispose con voce atona lui.

Le sue iridi blu erano ancora fisse sulla figurina di lei, tanto da provocarle un certo imbarazzo, ma Yamato non se ne curò.

“Ah…”, soffiò appena percettibilmente lei, arrossendo un po’. “Beh, se hai bi…bisogno, io…sono…”

“Okay”, la interruppe il biondino.

Maeko annuì e, incoraggiata dalle parole di lui pronunciate stavolta con un accenno di calore, gli sorrise, per poi tornare a parlottare con un gruppo di ragazzine poco più in là. Yamato sospirò. Aveva un caratteraccio, lo sapeva, ma non gli importavano tutte quelle formalità. Per questo aveva volutamente evitato la cerimonia di benvenuto.

“Salve a tutti!!”, la porta si spalancò di nuovo e l’attenzione del biondino venne attirata da un’entrata plateale.

Si voltò e sgranò appena percettibilmente gli occhi quando incontrò due vivaci occhi marroni.

“Tu…!”, il brunetto che aveva scontrato qualche minuto primo lo additava senza troppo ritegno, mentre sul suo volto iniziava man mano a salire un certo rossore dettato da una foga a stento controllata. “Che diavolo ci fai tu qui?”

Yamato sbuffò. “È la mia classe”

Lo vide impallidire repentinamente e, come un fulmine a ciel sereno, tutti i suoi più atroci dubbi si fecero sempre più reali, quasi palpabili. Non era possibile che…

“Ma è anche la mia classe!”

Appunto.

Gettò un’occhiata al brunetto, convincendosi sempre più che quella fosse una giornata assolutamente negativa per lui.

“Deve esserci un errore, non può essere vero…!”, insistette dall’altro lato della stanza il ragazzino dai capelli cespugliosi, mentre usciva per controllare ancora una volta la sezione. “Dannazione, è quella giusta!”

Yamato sospirò. Oltre che arrogante, era anche stupido…

“Coraggio, entrate in classe ragazzi. Che ci fate ancora qui fuori?”, la voce gioviale del professore attirò le sue attenzioni.

Il biondino si voltò verso la porta e vide il brunetto di poco prima rientrare in classe accompagnato da qualche altro ragazzo più il giovane professore della prima ora.

“Prendete posto dove più vi aggrada”, sorrise l’uomo, mentre si accomodava a sua volta dietro la cattedra.

Il brunetto sorrise e andò ad occupare uno dei posti dietro a tutto, non senza aver prima gettato un’occhiataccia a Yamato nel passargli accanto che però quello ignorò volutamente.

“Bene, procediamo con l’appello in modo che io possa conoscere anche i vostri nomi”, continuò il professore una volta che i suoi nuovi studenti avevano trovato collocazione. “Aritsu Ryu

“Presente!”, si alzò l’interpellato.

Yamato gli gettò un’occhiata fugace, prima di concentrarsi verso lo spettacolo che gli offriva la finestra. La voce del professore gli giungeva come da sottofondo, ma si fece trovare ugualmente pronto quando fu la sua volta.

“Ishida Yamato”

“Presente”, si alzò compostamente, per poi riprendere subito posto.

Il professore continuo l’appello e Yamato si voltò nuovamente verso la finestra, ma la sua discreta concentrazione venne di nuovo violata da un piccolo tonfo direttamente sul suo banco. Il biondino abbassò incuriosito lo sguardo e a stento nascose un moto di stupore quando si vide davanti un pezzo di carta tutto accartocciato. Lo aprì senza pensarci e rilesse più volte le poche parole che conteneva.

Ho scoperto il tuo nome alla fine!, citava, in una scrittura confusionaria, il biglietto.

Yamato si voltò quasi per istinto e non nascose un cipiglio quando, suo malgrado, incrociò lo sguardo vittorioso di un certo brunetto con dei bizzarri occhiali da aviatore. L’artefice di quel messaggio.

Il giovane Ishida, allora, aprì nuovamente il biglietto e, dopo avervi scritto velocemente qualcosa, lo lanciò discretamente verso il proprietario originario.

Anche io, gli aveva scritto Yamato e il brunetto ne pareva piuttosto perplesso. Com’era possibile?, si chiese confuso. Ma la risposta gli arrivò appena pochi istanti dopo.

“Yagami Taichi”, lo appellò il professore.

“Presente!”, si alzò di scatto quello, colto alla sprovvista.

L’uomo gli fece un cenno con la mano, al seguito del quale il brunetto riprese nuovamente posto. Tuttavia l’occhiata spiccatamente compiaciuta che Yamato gli rivolse non riuscì a passargli inosservata. Taichi si sedette, con il volto in fiamme, e il biondino seppe all’istante di aver colpito a fondo il suo orgoglio. E fu quello il momento in cui, senza volerlo, si designarono in contemporanea come il degno rivale dell’altro.

Fine Flash Back

 

 

“Taichi! Yamato!”

I due giovani interpellati si voltarono per scoprire la fonte di quel richiamo. Non furono sorpresi di vedere il sedicenne Jyou Kido e il rosso Koushiro Izumi avanzare verso di loro in una corsa trafelata.

“Ragazzi…a che punto è la partita?”, ansimò quest’ultimo, gettando fugacemente un’occhiata al campo da tennis.

“È iniziata da poco”, lo informò Yamato.

“Come mai avete fatto tardi?”, domandò invece Taichi, alzando un sopracciglio con espressione stupita.

Non era né da un tipo tanto affidabile e coscienzioso come Jyou, né da uno educato e riflessivo quale Koushiro, portare ritardo ad un incontro. La domanda, quindi, nasceva spontanea.

“Miyako!”, sbuffò discretamente il rosso.

Taichi e Yamato lo fissarono perplessi, ma fu Jyou a fornire loro una spiegazione.

“Avevamo appuntamento con lei, Ken e Iori, ma dopo mezz’ora che li attendevamo Miyako ci ha mandato un’email con scritto che avrebbero fatto un po’ più tardi. A quanto pare deve rimanere al minimarket di famiglia il tempo che i genitori escano un istante, e Ken e Iori hanno deciso di aspettarla”

“Così quando siamo arrivati alla fermata della metropolitana, abbiamo dovuto aspettare il prossimo convoglio dato che avevamo perso il primo!”, terminò di dire Koushiro.

“Allora meno male che non c’era anche Daisuke! Altrimenti vi faceva aspettare minimo un’altra ora!”, sghignazzò divertito il brunetto, ricevendo un’occhiata saccente da Yamato.

“Perché, tu sei tanto più puntuale di lui?”, lo ammonì con tono scherzoso, ma ricevette ugualmente una linguaccia da parte dell’amico.

“Pensa a te!”, ribatté prontamente Taichi, mal celando il divertimento che stava provando in quel momento.

“In ogni caso”, li interruppe Jyou, puntellando gli occhiali da vista. “È davvero un peccato che Daisuke e gli altri non siano potuti venire. Hikari mi aveva confessato di tenerci molto a vedere Sora giocare”

Affianco a lui Koushiro annuì.

“Anche Takeru c’è rimasto molto male”, annuì con fare diplomatico. “Ma purtroppo avevano un compito importante proprio per domani e così né loro né Daisuke sono potuti venire”

“Mia sorella me ne aveva parlato”, disse pensieroso Taichi.

La sua assorta contemplazione venne però distolta dal boato che riempì il cortile. Il brunetto, allora, si voltò incuriosito verso il campo da tennis.

“Che sta succedendo?”, domandò mentre i suoi occhi si posavano sul caloroso abbraccio che Reika aveva rivolto alla compagna di squadra.

“Sora ha appena fatto punto”, gli rispose con voce apparentemente incolore Yamato, ma Taichi era convinto che quella luce nei suoi occhi fosse di un sommesso compiacimento.

 

  
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