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Autore: UnLuckyStar    22/08/2013    1 recensioni
REVISIONE IN CORSO
Questa è la storia di Fortunata, una ragazza come tante altre, che nasconde il suo nome dietro a 'Lucky'. Lei si odia, odia il suo corpo, odia ciò che la circonda. Non sopporta le persone, fosse per lei potrebbero morire in tutti i modi che vogliono. E' sarcastica, acida nei confronti di tutti, intollerante alle persone stupide. Le uniche persone che sopporta sono Alice e qualche compagna di classe. Suo fratello è lontano, sua madre è in un centro di recupero per tossicodipendenti, suo padre è inesistente, il mondo non la capisce, non capisce la sua rabbia. Poi una mattina qualunque arrivano loro... Loro, che cambieranno tutto.
⁂⁂⁂
Dal primo capitolo:
Cammino svelta, con il mio passo vagamente saltellante, percorrendo la strada per andare a scuola.
Quel triste edificio rosso mattone, con il cancello arrugginito e dalla vernice verde scrostata.
Non poteva esistere scuola più brutta qui a Torino, soprattutto dal punto di vista di una che è all'ultimo anno.
La verità è che fa schifo. Tutto fa schifo in questo posto.
⁂⁂⁂
Da prestavolto per questa storia ho deciso di usare i bellissimi visi di Giuseppe Giofrè, Jonathan Gerlo e Nunzio Perricone.
#PeaceAndLove
Genere: Commedia, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Schiacciata sotto un peso non mio


«Giacomo.»
La parola mi esce dalle labbra come un sussurro, in uno sbuffo d'aria, liberando il respiro che ho trattenuto fino ad ora.
Un sorriso si apre sul suo volto mentre si stringe nelle spalle.
Sì. Sì, cazzo, è proprio lui. E' proprio il mio Giacomo.
«G-Giacomo!» esclamo, stavolta con più fermezza, muovendomi a grandi passi verso di lui. Eccomi qui, faccia a faccia con colui che ha fatto popolare di apprensione i miei incubi. Ho pensato il peggio e sperato il meglio per lui e per ciò che stava passando, indecisa se fosse vivo, morto, con una siringa in vena, se stesse bene, se si fosse scordato che io lo stavo ancora aspettando.
Ho passato notti insonni a causa sua, in un bagno di lacrime e sudore, stremata e tremante nel letto.
Cercavo le sue braccia che mi stringessero rassicuranti dopo ogni litigata con papà, ma ogni volta che mi tendevo per cercare la sua figura distesa nel letto, con le cuffie nelle orecchie anche quando dormiva, non trovavo nulla. Ed è stato in quei momenti più che in altri che mi sono sentita sola.
Neppure gli incoraggiamenti di Alice e delle mie compagne servivano a niente: era crollato il mio muro portante, non avevo nessuno che mi sorreggesse e mi tenesse in piedi.
Ed è in questo modo, dopo essermi letteralmente strappata i nervi a morsi per l'apprensione, che me lo trovo davanti.
Senza pensarci due volte, tiro indietro la mano e gli schiaffo il palmo aperto dritto sulla guancia, facendogli girare la testa da un lato e sparire il sorriso.
«Sei un pezzo di merda!» grido mentre due grosse lacrime  sfuggono al mio controllo e mi rigano il volto.
Lui si limita a portarsi una mano alla guancia colpita e a guardarmi confuso.
«No, cazzo, non guardarmi con quella faccia. Non mi guardare come se tu non avessi fatto nulla e io fossi una pazza a reagire così!»
«Pensavo che saresti stata contenta» dice piano.
«Pensi che non lo sia? Credi che mi riesca facile rimanere qui ferma a parlare e piangere e disperarmi, invece di abbracciarti e dirti che mi sei mancato? Ma come potrei farlo? Te ne sei andato. L'hai fatto di nascosto, senza salutare, senza darmi il tempo di prepararmi. Non te n'è fregato niente di quanto la tua assenza mi avrebbe distrutto, ti sei limitato a prendere le tua cose e sparire dalla circolazione.»
«C'era papà con te.»
«Papà, certo. Tu sei sempre stato il suo cocco, credi davvero che senza di te avrebbe cominciato a considerarmi? Io...» non finisco la frase perché la voce mi si incrina, fino a rompersi. Con un gesto stizzito asciugo le lacrime e riprendo a parlare, anche se la mia voce ancora trema «Io non capisco il tuo modo di ragionare. Credevo che io e te fossimo uguali, ma è più che evidente che mi sbagliavo. Io non ti avrei mai fatto una cosa del genere; fino a pochi mesi fa non riuscivo neppure a concepire la mia esistenza senza di te. E tu adesso arrivi qui, liscio come l'olio, con una faccia da schiaffi e un 'Ciao', credendo di cancellare ogni cosa?»
Apre la bocca, come a voler replicare, ma la richiude velocemente passandosi le mani tra i capelli. Probabilmente non si aspettava tutto questo al suo arrivo.
«Basta, vieni qui» dice stringendomi tra le braccia, ed io, per un attimo mi ci abbandono come avrei fatto tempo fa, ma mi divincolo quasi immediatamente.
«No, non toccarmi» dico asciugandomi nuovamente le lacrime e andando a stringermi contro Alessandro, che fino ad ora ha assistito alla scena in silenzio «Andiamocene a casa, Ale, per favore» sussurro premendo la fronte alla sua spalla.
«Sicura?» mi domanda prendendomi il viso tra le mani.
Annuisco, incapace di trovare la voce senza singhiozzare.
«Okay, allora andiamo» dice avvolgendo il suo braccio intorno alle mie spalle e guidandomi fuori dai giardini, verso la macchina seminascosta nel buio.
Una volta entrati in macchina e aver chiuso le portiere, scoppio in un pianto isterico. Cerco di contenere i singhiozzi coprendomi il viso con entrambe le mani. Mentre guida, sento la mano di Alessandro posarsi sul mio ginocchio, come a dire "Sono qui. Se vuoi, io sono qui per te". Stringo e intreccio la mie dita bagnate di lacrime alle sue.
«Gli vuoi ancora bene, vero?»
Annuisco forte prima di rispondere.
«Molto più di quanto chiunque possa pensare.»

<> <> <>

«Chiamalo, digli di venire, ti prego» imploro Alessandro appena tornati a casa.
«Ma l'hai appena trattato come un animale, non verrà!» replica lui tra lo shockato e il divertito.
«Verrà, credimi... Sa che adesso lo voglio qui, probabilmente ci ha seguiti e sta aspettando giù di sotto che io chieda di lui. Ti prego, ti prego, fallo venire qui» continuo strattonandolo per la maglia con tono supplichevole.
«Okay, okay... Ora gli mando un messaggio» dice tirando fuori il cellulare e cominciando a digitare parole.
Intanto io mi butto sul divano. In fondo non ha tutti i torti: con che coraggio gli dico di venire dopo che gli ho urlato in faccia cose orribili? Non posso nemmeno dirgli 'Scusa, non lo pensavo davvero', perché lui lo sa, la benissimo che era esattamente ciò che pensavo.
Sospiro in modo forse troppo sonoro.
«Hey» dice Alessandro avvicinandosi e appoggiandomi una mano sulla gamba «andrà tutto bene, lui capirà, no? Ti vuole bene, farà finta di nulla» dice con il tono più confortante e calmo e dolce che riesce a tirar fuori. Gli sono grata perché ancora riesce a darmi retta, nonostante le mie assurde azioni.
«Certo, certo, lo so» dico annuendo «Adesso vai a letto, sei stanco e io ho bisogno di restare un attimo da sola prima che arrivi.»
Lui rimane di fronte a me, con le ginocchia semi-piegate e l'indecisione sul volto.
«Ma prima dammi un bacio» riprendo facendolo avvicinare.
Posa le sue labbra sulle mie, si gira e va a letto, chiudendo la porta della sua camera.
Rimango rannicchiata nell'oscurità del salotto, dondolandomi appena sul mio posto, lo sguardo perso a fissare il nulla. Non faccio in tempo a formulare un pensiero ché sento suonare il campanello. Sobbalzo appena, poi vado ad aprire la porta.
Lui è lì, in piedi nella sua statura non particolarmente imponente. Mi ci lancio letteralmente addosso.
«Mi dispiace davvero tantissimo, non dovevo trattarti così. Insomma, sei venuto qui da Dio sa dove e io ho trattato da schifo» dico allacciando le braccia al suo collo, le lacrime agli occhi per il senso di colpa.
«Tranquilla, scricciolo, va tutto bene. Sapevo che non l'avresti presa benissimo all'inizio. E come vedi ti sbagliavi: ti conosco meglio di quanto pensi.»
Mi arrendo di fronte a queste parole. Non ho bisogno di pregarlo e di chiedere scusa altre cento volte, lui ha già capito tutto.
Entra in casa e si accomoda sul divano, invitandomi a fare lo stesso.
«Sei cambiata tantissimo, in questi pochi mesi» dice con un tono... strano, tra il nostalgico e il colpevole.
«In che senso?-
«Prima di tutto i capelli. Hai sbagliato tinta, per caso?»
«Qualcosa del genere» rispondo trattenendo una risata.
«E poi sei diventata tutta pelle e ossa. Sei sicura di star mangiando?» domanda apprensivo.
«Ma certo!» squittisco con il solito tono che uso quando mento «Cioè, sono stressata nell'ultimo periodo, ho solo perso un po' l'appetito» mi correggo per rendere questa balla un po' più veritiera.
«Certo, lo capisco» dice non troppo convinto «e poi c'è qualcos'altro... Non so, hai uno sguardo diverso. E' più... spento.»
«Ah, grazie mille» ribatto sarcastica e parzialmente offesa da questa affermazione.
«Ma non sempre, » riprende subito «quando guardi Alessandro non hai questo sguardo. Potrei sbagliarmi, ma credo che tu abbia una cotta, e una di quelle belle» dice ammiccando.
Gli do una botta sul braccio e rido imbarazzata.
«Non è assolutamente vero» rispondo in maniera non troppo convincente.
«E allora perché stai sorridendo?» chiede con il tono di chi la sa lunga.
«Ma perché sei tu che mi fai sorridere, scemo! E... E credi che se ne sia accorto?» domando riassumendo un po' di serietà.
«Forty, vieni qui, ché ti confesso una cosa» dice facendomi segno di avvicinarmi «Lui è pazzo di te» mi sussurra all'orecchio.
«Te l'ha detto lui?»
«Non proprio, ma tra ragazzi queste cose si capiscono. E sappi che avete tutta la mia approvazione e benedizione.»
«Sono felice che tu dice questo, dato il fatto che questo pomeriggio... Insomma, l'abbiamo fatto» dico con un sorriso a trentadue denti.
«Che cosa?! Ma vi conoscete da troppo poco tempo! Insomma, siete praticamente degli estranei! E lui? E' stato lui ha cominciare? Giuro che se è così gli spezzo le braccia.»
Ah, questa capacità di blaterare e formulare ipotesi contemporaneamente ce l'abbiamo entrambi.
«L'iniziativa è stata di tutti e due. L'abbiamo fatto perché volevamo farlo, ed era già da un po' di tempo che avevamo una certa tensione sessuale da risolvere... Finalmente l'abbiamo risolta, quindi credo che d'ora in poi la nostra convivenza andrà molto meglio. Davvero, non c'è da preoccuparsi.»
«Beh, a me non la conta per niente giusta quel ragazzo, non mi è mai piaciuto, sin da quando mi ha chiamato al telefono» dice bofonchiando.
«Ma se ci ha appena dato la tua benedizione!» ribatto ridendo della sua adorabile incoerenza.
«Avevate la mia benedizione prima che scoprissi che lui ti ha palpeggiata, magari proprio su questo divano» dice indignato.
Roteo gli occhi, ed evito di precisargli che effettivamente ha azzeccato il posto.
«Su, non essere esagerato. Dai, vieni in camera mia, mi devi raccontare un po' di cose» dico facendogli strada fino alla mia porta.
Così passiamo ora, forse giorni, a parlare. E lui mi racconta di dove è stato, dove ha dormito, che cosa ha fatto per mantenersi e di come è uscito dal giro dello spaccio pesante. Adesso è tornato ai vecchi tempi, vende solo erba, e in piccole quantità. Ha decisamente messo la testa a posto.
Lo guardo e vorrei saltargli addosso, a baciarlo e abbracciarlo fino a domani. Fino a quando il sole non farà capolino dalla finestra e ci bacerà i volti, e noi sorrideremo... E saremo talmente belli nella luce del mattino, che il sole non vorrà tramontare pur di continuare a guardarci.

<> <> <>

E' l'inizio di un nuovo giorno. L'aria è fresca, il cielo è limpido, e l'odore di crepês aleggia in giro per la casa.
Delle voci sommesse provengono da dietro alla porta accostata di camera mia. Mi avvicino e faccio per aprirla, quando afferro delle parole.
«Sono davvero preoccupato» sta dicendo Alessandro.
«Ora che l'ho vista... Beh, lo sono anche io. Credi davvero che avermi qui potrà aiutarla?»
«Penso di sì. Per quanto mi ha detto Alice, ha smesso di mangiare poco dopo che te ne sei andato. Ovviamente non devi sentirti in colpa per questo, probabilmente la tua partenza è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso.»
«Può darsi...» dice Giacomo, pensieroso «In effetti non è mai stata molto sicura di sé. Ma non posso fare a meno di pensare che se fossi rimasto, lei... Lei non avrebbe mai avuto nessun disturbo, e...»
«Te l'ho già detto, amico, non è colpa tua. Forse è un problema che in parte ha sempre avuto... Nessuno ha colpa, nemmeno lei» dice Alessandro con fermezza.
«Forse hai ragione... Sai, magari ti perdonerò per essere andato a letto con mia sorella» dice dandogli un piccolo pugno sul braccio.
«Io le voglio bene, davvero tanto, tanto bene. Forse la amo, ed è una cosa incredibile da dire, visto che all'inizio ci odiavamo, non ci sopportavamo per nulla. Ed è per questo che non mi approfitterei mai di lei.»
«Me l'hai appena dimostrato.»
Dal tono di voce riesco a capire che sta sorridendo.
Lentamente, ritorno a stendermi sul letto dalle lenzuola sgualcite, riflettendo su ciò che ho appena sentito.
Quindi loro credono che io sia malata. E Giacomo teme che sia colpa sua. Pensano davvero che io sia anoressica, ma non sanno che io tengo tutto sotto controllo. Forse non si fidano? E poi... Alessandro ha detto che mi vuole bene, che forse mi ama.
Non so se essere felice o scoppiare a piangere.
Prendo il cellulare e compongo il numero di Alice. Ho bisogno di parlare con qualcuno mentre sento gli occhi inumidirsi. Mi sento sopraffatta dagli eventi, ciò che sta accadendo è così grande che mi schiaccia e non mi permette di respirare.
«Al?» chiedo con un sussurro spezzato.
«Hey? Lucky? Che succede?» chiede allarmata.
«Ehm... Niente, avevo bisogno di parlare con qualcuno, e tu sei l'unica con cui posso farlo» dico cercando di non far tremare la voce e cominciando a mordermi l'unghia del pollice.
«Ma come, Alessandro sicuramente è a nemmeno quattro metri da te, e sai che alla fin fine sarebbe contento di esserti utile» dice con ottimismo.
«No, adesso ho bisogno di te. Dimmi qualcosa.»
«Beh, giacché me lo chiedi... Ieri ho fatto il grande passo- dice con un tono tra il felice e l'imbarazzato.
«Hai perso la verginità?» chiedo ironica.
«Sì.»
La risposta è talmente secca e decisa che quasi mi si ferma il cuore e strabuzzo gli occhi.
«Come, scusa?»
«Sì, sì! E' successo, finalmente l'ho fatto!»
«Ed è andata bene?»
«Boh, penso di sì. Insomma, non è stato affatto come lo immaginavo, ed ero così nervosa e imbarazzata, mamma mia...» dice terminando in un gridolino «Non lo so, non ho termini di paragone, ma spero che vada meglio... Le prossime volte, sai...»
«Ma sentivi che non stava andando bene a causa tua o a causa sua?»
«Credo fosse colpa mia» confessa titubante.
«Allora stai tranquilla, andrà molto meglio con un po' di pratica» dico asciugandomi le lacrime che si sono impigliate alle mie ciglia «Anche io ieri mi sono data da fare» butto lì con nonchalance.
«Scommetto anche di poter indovinare con chi» dice lei «Alessandro? O mi sbaglio?» chiede ridendo.
«No, non ti sbagli. Ed è stato bello. Molto bello. Davvero tanto bello.»
«E allora perché mi hai chiamata tutta sconvolta? Di certo non è per questo.»
«Infatti. E' che Giacomo è di nuovo in città, forse è tornato per restare. Per restare per sempre.»
«E non dovresti essere felice per questo?» chiede confusa.
«No, veramente...»
Sto per confessargli ogni parola della conversazione che ho appena origliato, quando mi viene in mente un piccolo particolare.
"Per quanto mi ha detto Alice, ha smesso di mangiare poco dopo che te ne sei andato."
Lei la pensa come loro.
Stringo gli occhi, i pugni, i denti, in un disperato tentativo di non far uscire le emozioni da qualche scappatoia.
«Niente, ora devo andare. Magari ci si vede uno di questi giorni, okay? Tu devi raccontarmi nei dettagli della tua ultima esperienza con Emanuele» dico ostentando un tono malizioso.
«Certo, va benissimo. Allora ci sentiamo presto.»
«Okay, ciao.»
Premo il pulsante rosso, chiuda la chiamata, gli occhi, la bocca e la voglia di vivere. Ieri ero talmente felice, perché non posso esserlo ancora?
Torno ad avvicinarmi di soppiatto alla porta. Stanno ancora parlando di me, di come ci sono ottime strutture e medici pronti a 'guarirmi'. Ma non capiscono che in me non c'è niente da curare? Sto diventando perfetta, e le persone mi amano e mi apprezzano per questo; perché loro non riescono a capirlo?
Apro la porta, facendo attenzione perché cigoli e gli faccia capire che sono presente nella stanza.
«Bellissima, guarda cosa ti ho preparato?» mi accoglie Giacomo, mostrandomi un piatto con due crêpes alla nutella e una banana tagliata a rondelle. E' la mia colazione preferita, e lui lo sa bene.
«Cosa fai, mi prendi per il culo?» domando aggressiva, facendo sparire il sorriso del suo volto «Prima stai qui a confabulare con lui e dici che sono anoressica e che devo farmi curare, e poi mi proponi una bomba calorica? Che fai, cerchi di testarmi?»
«Hai sentito tutto?»
«Sì, cazzo, ho sentito ogni fottuta parola. E tu?» dico rivolta verso Alessandro «Prima dici che mi vuoi bene, che forse mi ami, e poi mi pugnali alle spalle? Mi vuoi far rinchiudere in qualche clinica? Vuoi farmi marcire dentro a qualche ospedale, è davvero questo che vuoi farmi?»
Il mio tono ha assunto una sfumatura supplichevole.
«Forty, dai, non hai...» interviene Giacomo.
«Non provarci! Non chiamarmi 'Forty'! Non siamo più due bambini, io non sono più la tua sorellina indifesa; ho una mia vita, lasciami in pace. Non avrei mai dovuto farti venire qui in casa, dovevo immaginarmelo che non eri venuto qui solo per il mio compleanno» farfuglio, cominciando ad agitarmi sul serio.
«No, infatti, non sono venuto per il tuo compleanno, io sono qui per te, e se c'è un motivo per cui sto in questo buco di cucina a farmi urlare addosso è perché non voglio che tu finisca come me e che butti la tua 'vita' nel cesso!» esclama stravolto.
Sento il respiro accelerare, i colori mi sembrano grigiastri e sbiaditi. Sto sudando, sento la fronte imperlata, ho bisogno di piangere; mi sento schiacciare. Mi sembra di avere la testa completamente fredda, le labbra e le dita dei piedi mi formicolano.
Mi lascio travolgere dal panico appena la vista inizia ad oscurarsi.
Quando precipito nel buio sento le ginocchia che mi cedono. Il viso di Alessandro è l'ultima cosa che vedo.


Il tempo di una sigaretta:
Sì, sono passati sei mesi.
Sei mesi in cui non sono rimasta inattiva come sembra, perché in realtà mi sono data un sacco da fare, cominciando a scrivere altre tre storie (sì, tre storie contemporaneamente) e che presto pubblicherò qui su EFP ^^
Per questo vi annuncio già in anticipo che il prossimo capitolo sarà l'ultimo e che poi ci sarà un epilogo.
So che probabilmente non se lo cagherà nessuno, ma anche se non recensite fatemi capire che l'avete letto, in qualsiasi modo (?)
Insomma, a parte il ritardo, spero vi sia piaciuto, il prossimo dovrebbe arrivare tra una settimana :)
Tantissimi baci, fatevi sentire!
UnLuckyStar!
P.s. Ringrazio ovviamente missindipendent e Koteichan per non avermi abbandonata e QueenHTT e Ellie99 per essere appena arrivate tra noi c:

   
 
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