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Autore: lithium    22/08/2013    4 recensioni
Fergus Finnigan non può credere alle sue orecchie quando, fresco diplomato dell'Accademia degli Auror, gli viene offerta la posizione di Assistente Personale Temporaneo del Capitano Ronald Weasley. Si imbarcherà in un'avventura roccambolesca, fatta di appunti indecifrabili, auror gelosi, incidenti di percorso e un cattivissimo mago oscuro. E chissà se lungo la strada non troverà anche il tempo per innamorarsi.
Dal primo capitolo: "“Ehi, su, su, ora non fare quella faccia! Dannazione, Hermione mi ha detto un milione di volte che devo essere meno severo con le reclute. Non dirai a nessuno che ti ho spaventato, vero?” Chiese il Capitano, passando in venti secondi netti da minaccioso e terrorizzante all’uomo più sorridente ed accomodante che Fergus avesse mai visto.
Scosse la testa “Nossignore, Signore.”
“Bravo ragazzo! Ci intenderemo alla grande io e te! Certo non hai le gambe che aveva Annette, ma non si può avere tutto. E poi, ripensandoci, credo che siano state proprio le gambe di Annette a causarle quest’increscioso incidente dei gemelli…” disse Ron, pensieroso.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Nuovo personaggio, Percy Weasley, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Il caso Mackenzie serie'
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CAPITOLO XI

 

DI SCONFORTO, SCOPERTE E SPERANZA

 

Harry Potter aveva assistito a quella scena molte, troppe volte. Era una cosa che detestava, una conversazione silente dalla quale veniva escluso, mentre gli altri due riuscivano a capirsi a meraviglia: l’aveva visto fare da Ron ed Hermione da quando avevano dodici anni. Ciò che lo sorprendeva questa volta era che a comunicare senza parole con il suo migliore amico non fossero i grandi occhi castani di sua moglie, ma quelli altrettanto azzurri di Percy.

Qualsiasi cosa si fossero detti era tutt’altro che confortante, qualunque soluzione avessero escogitato pareva che la cura fosse altrettanto spaventosa della malattia. Questo era chiaro persino a lui. Lo sguardo che i due fratelli si stavano scambiando era assolutamente terrorizzato.

Ron Weasley era l’uomo più coraggioso che avesse mai conosciuto.  Harry Potter l’aveva visto restare in piedi dopo aver assistito alla morte di Fred. Anzi, facendo mente locale, egli aveva osservato entrambi i Weasley seduti al tavolo con lui in quel momento, continuare a combattere dopo quella tremenda tragedia. Una volta sola nella sua vita Harry aveva visto il volto di Ron assumere quell’espressione di assoluta disperazione: nella cantina di Malfoy Manor tanti anni prima. Qualunque cosa stesse accadendo non era nulla di buono.

** * **

Percy fu il primo a rompere il silenzio. “Dev’esserci un altro modo. Non posso permettertelo, Ron.” Sussurrò.

“In tre giorni?” Chiese l’altro, una nota disperata nella voce.

“Non posso chiederti di mettere in pericolo la tua famiglia, per provare a salvare la mia. So che me l’hai promesso, ma dev’esserci un altro modo.”

“Non si tratta solo di Audrey, ma dell’intero mondo magico, Percival. Non ci sarà nessuna famiglia se non fermiamo quella pazza, purtroppo. In ogni caso lei fa parte della mia famiglia esattamente come te.”

“Ok… Ma Audrey è un auror è addestrata per queste cose, ha scelto questa vita, Hermione … Lei …”

A quel punto, Harry che aveva osservato sino a quel momento la conversazione tra i fratelli sempre più stupito e preoccupato, domandò “Che c'entra Hermione, ora?”

Gli altri due lo guardarono come se si accorgessero improvvisamente di nuovo della sua presenza. Ron si limitò a scuotere la testa, nascondendo il viso tra le mani. Per qualche secondo Harry lo fissò allibito: vedere un auror di un metro e novanta singhiozzare era qualcosa che avrebbe impressionato chiunque, vedere Ron Weasley, eroe della guerra magica, decorato al valore che egli non aveva visto piangere che un paio di volte nella sua vita, avere praticamente una crisi isterica, era qualcosa che gelò il sangue nelle vene del Capitano Potter.

Fu infine Percy a vocalizzare la conclusione che aveva ridotto Ron a pezzi.

“L’ipotesi è questa se la pozione simula uno stato di gravidanza per permettere a Diodora di maneggiare la magia pura e il libro suggerisce che solo un potere simile può sconfiggere colei che lo utilizzi, l’unica soluzione per cercare di fermarla è utilizzare lo stesso tipo di magia e, poiché non abbiamo il tempo di riprodurre la pozione ed utilizzarla su un’auror, ci serve una donna incinta.”

“Oh…”

“Peraltro, se ho ben compreso quello che intendeva dire Ron, utilizzando la metafora dell’esplosione e dell’incendio, è probabile che uno stato di gravidanza reale sia un catalizzatore migliore per la magia pura rispetto ad una simulata, più piccolo il bambino più grande la protezione fornita alla madre. Naturalmente si tratta di pura teoria. Nessuno può sapere se funzionerà… Se il libro sbaglia …”

Harry alzò le dita della destra, arrestando la spiegazione di Percy, non che c’e ne fosse bisogno, il terzogenito Weasley s’era già fermato di fronte all’enormità delle conseguenze di quel pensiero.

“Hermione, eh?” mormorò, ma tutti sapevano che si trattava di una domanda retorica. Se solo ci fosse stata un’auror incinta, forse… “Robards, non ci permetterà mai di coinvolgere un civile.”

Era vero. Ma avevano forse altra scelta?

** * **

“Thabatha, vieni un momento. Credo d’aver trovato qualcosa.”

Fergus non era mai stato un granché con il latino. Sapeva però che Thabatha aveva ricevuto una coccorda quando si era diplomata all’Accademia per essersi particolarmente distinta nello studio e nella traduzione delle lingue antiche: tutti pensavano che gli auror dovessero intendersi solo di combattimenti magici e incantesimi. Non era così, competenze intellettuali e mediche erano altrettanto fondamentali. Ogni anno l’Accademia premiava i diplomandi che avevano particolarmente brillato in ciascuna disciplina, era un grandissimo onore: lui stesso aveva una coccarda simile per aver eccelso nelle arti di primo soccorso e ne aveva notata una identica nella bacheca del Capitano Weasley, solo su quella del suo superiore la targhetta recitava “Strategia e Organizzazione.”

Non appena la ragazza si fu avvicinata, Fergus le mostrò un brano in latino in un grosso registro antico. “Traducimelo, per cortesia.”

“Certo. Dunque, dice 5 settembre 1666 – Londra – Arrestato Dioscurus Mackenzie di Alastair e Atalanta Farynor – 25 anni – Sospettato di aver appicato un incendio a Pudding Lane, presso la casa del nonno materno – Ogni oggetto e la bacchetta riscontrati in possesso del sospettato sono stati requisiti dal Ministero – Il processo è fissato davanti al Wizengamot per il 1 ottobre 1666.”

Thabatha lo guardò piena di speranza, erano ore che cercavano senza risultato e forse quella era una svolta.

“Avevo capito più di quanto pensassi. Meno male. Forse …”

“Assolutamente …” concordò lei. “Ehi, ehi, scusatemi…”

Quando si rese conto che gli altri auror affaccendati nelle rispettive ricerche e conversazioni non le davano retta, si puntò la bacchetta alla gola, mormorando Sonorus, poi ripeté “Ragazzi, per favore…” La sua voce amplificata richiamò infine l’attenzione di tutti i presenti.

“Fergus ha trovato notizie dell’arresto di un certo Dioscurus Mackenzie nel 1666 – Sembra che fosse stato fermato per aver appiccato un incendio a Londra nel settembre di quell’anno, gli furono requisiti degli oggetti magici, forse è quello a cui si riferisce il messaggio. Dobbiamo cercare notizie sui suoi discendenti e sul suo processo. Ci servono gli atti del Wizengamot dell’ottobre 1666.”

A quel punto Rednails la guardò stupito “Hai detto settembre 1666?”

Thabatha spiegò “Sì,  5 settembre 1666, qui si parla di un incendio scoppiato a Pudding Lane.”

“Non ne avete idea, vero?” chiese l’auror più anziano agli altri due.

Entrambi scossero la testa.

“Il grande incendio di Londra, quello che distrusse gran parte della City arse Londra dal 2 al 5 settembre 1666.”

Tutti i presenti si guardarono un momento basiti. Sembrava che avessero trovato una pista.

** * **

Hector Rednails muoveva freneticamente il grosso indice della mano destra, tenendo il segno, sopra la pagina di pergamena di un grosso volume di cuoio brunito. Era il registro del Wizengamot del 1666, le annotazioni vergate in una calligrafia un po’ pomposa in inchiostro nero da qualche funzionario del Ministero, oltre trecent’anni prima. Fergus non ne aveva mai consultato personalmente uno di quei tomi, ma sapeva, per sentito dire, che in quel genere di volumi venivano riportate tutte le sentenze emesse dal Tribunale Supremo dei Maghi.

“Non c’è.” Mormorò il grosso auror, una certa sorpresa nella voce baritonale.

“Come è possibile?” Chiesero in coro lui e Thabatha.

“Non so. Se Mackenzie fosse stato giudicato dal Wizengamot, dovrebbe essere qui. Potrebbe darsi che la sentenza sia stata emessa nel 1667, ma ne dubito, all’epoca si tendeva a fare tutto più velocemente di oggi e … In un caso del genere, uno che è stato tra i casi alla base dell’istituzione dello Statuto di Segretezza del 1692, almeno secondo quanto dice il Preambolo dello stesso, sicuramente ci sarebbe stata una particolare urgenza… Certo che se l’avessero chiamato il caso Dioscurus Mackenzie, anziché Grande Incendio, sarebbe stato più semplice per noi individuarlo, ma dall’altra parte chi poteva immaginare che, oltre tre secoli dopo…”

Non era la prima volta che Fergus notava che il suo maturo collega tendeva a blaterare a voce alta quando era nervoso. Al momento però un po’ più di sintesi sarebbe stata gradita, oltre che necessaria. Lo interruppe.

“Hector, cosa significa se una sentenza non è in quel libro?”

“Beh, se non c’è, significa che non c’è.” Spiegò

Oh certo, detto così era tutto più chiaro.

“Fergus, significa che non c’è stata, non esiste, non è stata pronunciata. Dev’essere successo qualcosa che ha impedito al Wizengamot di pronunziarla. Ad esempio una grazia, una fuga del sospettato, la sua morte.” Chiarì Thabatha che evidentemente era stata in grado di rendere intellegibile la risposta di Rednails.

“Nessuno scappa da Azkaban.” Obiettò quest’ultimo all’affermazione della ragazza.

Sebbene la fuga di Sirius Black e di numerosi Mangiamorte durante la seconda Guerra Magica avesse fatto di quella frase ormai poco più che un manifesto, era sicuramente consigliabile controllare prima le altre alternative.

“Va bene, verifichiamo queste alternative: io prendo il registro dei provvedimenti di clemenza del 1666.” Disse Thabatha.

“Io, i registri di morte ad Azkaban.”

“Ed io, invece andrò a verificare se gli altri hanno trovato qualche legame concreto tra questo Mackenzie e la nostra. Potrebbe anche darsi che non vi siano collegamenti tra i due ed allora dovremo ricominciare da capo.” Concluse Rednails, massaggiandosi il collo taurino, come se aver passato tanto tempo su dei vecchi registri avesse aggravato la cervicale di cui notoriamente soffriva.

** * **

Due ore dopo, Thabatha Goldielocks attendeva fuori dall’ufficio di Harry Potter per parlare con il suo superiore. Era contenta perché il duro lavoro che la squadra alla quale era stata assegnata aveva fatto degli importanti passi in avanti. Erano stati molto fortunati, ma soprattutto scrupolosi. Quando Fergus l’aveva chiamata per tradurre quel trafiletto su Dioscurus Mackenzie, la giovane era stata presa da una sensazione positiva di speranza. Certo, tutto sembrava contro di loro, le minacce di Diodora Mackenzie quanto mai spaventose, l’idea di cosa potesse essere di Audrey in quelle ore la spaventava a morte, ma, finché ci fosse stata la possibilità di lavorare, di cercare indizi e combattere avrebbero dovuto essere fiduciosi.

Per tutto il pomeriggio la ragazza aveva infuso coraggio ai suoi compagni di lavoro: ora si sentiva assolutamente esausta, le sue energie mentali, prima ancora che fisiche consumate, ma sembrava che quel lumicino di speranza che si era acceso dentro di lei continuasse a guidarla. Era poco. Era tutto quello che aveva nel buio. Non vi avrebbe rinunciato.

La porta alle sue spalle si aprì.

“Entra Auror Goldielocks”

Harry stava seduto dietro la sua scrivania, il viso teso, non s’era alzato per aprirle la porta, l’aveva fatto con la bacchetta.

“Signore, ho il rapporto sulle ricerche che abbiamo fatto sulla famiglia Mackenzie.”

“Bene, siediti”. Mentre la ragazza prendeva posto, il Capitano Potter cominciò a leggere le dodici pagine che Thabatha aveva scritto.

Furono venti lunghi minuti di silenzio, in cui l’auror non aveva null’altro da fare che guardare il suo superiore leggere: a venticinque anni Harry Potter non avrebbe dovuto avere tante rughe d’espressione ai lati degli occhi, né occhiaie così profonde. Il loro lavoro era stressante, la necessità di essere lucidi ed imparziali sempre presente, ma probabilmente nel caso del Salvatore del Mondo, quell’aria un po’ vissuta, quell’essere un po’ invecchiato dalle esperienze più che dagli anni aveva radici più profonde. Qualche volta si era chiesta come mai, dopo aver sacrificato la sua adolescenza alla Guerra Magica contro Tom Riddle, il Capitano Potter avesse scelto di fare l’auror, se non fosse stato stufo di combattere. Forse alcuni nascevano con un percorso già segnato per loro.

Harry aveva completato la lettura.

“Quindi riassumendo in due parole, questo tale Dioscurus Mackenzie sarebbe un antenato di Diodora. Il Ministero l’avrebbe arrestato nel 1666 per il Grande Incendio e sarebbe morto ad Azkaban due giorni dopo.”

“Esatto, signore.”

“Sappiamo che gli furono confiscati dei beni, oltre alla bacchetta, al momento dell’arresto, ma non esistono inventari.”

“Sissignore.”

“Dici che fu ucciso in un tentativo di fuga da …” Harry scartabellò il rapporto trovando la pagina che cercava “una guardia. Intendi un dissennatore?”

“Nossignore, i dissennatori non furono ingaggiati per Azkaban che molti anni dopo. Fu ucciso da un maleficio scagliato da un mago. Non siamo stati in grado di individuarne l’identità. Il padre di Mackenzie chiese la restituzione delle spoglie e dei beni del figlio ed un’inchiesta. Il Ministero aprì una pratica. Nulla risulta della sua istruzione. Non risulta nemmeno la consegna del corpo ai parenti.”

“Fu insabbiata.” Concluse Harry.

“Non abbiamo elementi per dirlo con certezza, signore.” Fece notare lei, ma entrambi sapevano che in quegli anni il Ministero non era esente dalla corruzione esattamente come non lo sarebbe stato secoli più tardi.

Harry stette un attimo in silenzio. Gli occhi verdi fissi su un punto nel vuoto. L’aveva già visto altre volte comportarsi così.

“La biblioteca, quella di Mackenzie Manor, andata in fiamme … Abbiamo fatto un inventario dei libri che conteneva?”

“Sissignore.”

“Posso vederlo?”

Alzandosi Thabatha colpì due volte lo schedario della M nella cassettiera, il suo polso disegnò un movimento circolare nell’aria. Il documento che Harry aveva chiesto si depositò dolcemente sulla scrivania.

Due minuti più tardi, il pugno di Harry batté violentemente sul tavolo. “Cazzo! Ce l’abbiamo avuto sotto il naso tutto questo tempo, l’ho avuto sotto il naso tutto questo tempo. Guarda.”

Sporgendosi un po’ avanti per vedere cosa le stesse mostrando, Thabatha lesse. “1 volume di pelle di mamba nero – De frigidus ignis consumens distrutto”

“Qualcuno di famiglia aveva insegnato alla piccola Diodora il suo gioco preferito pare... Come diavolo ho potuto non accorgermene?” Harry pareva furioso per aver ignorato quel particolare. Era stato lui ad interrogare Diodora Mackenzie, dopo l’incendio a casa sua ed ora sembrava che si addossasse tutta la colpa per aver sottovalutato ciò che era stato raccolto. Thabatha avrebbe voluto rincuorarlo, spiegargli che quando aveva esaminato per la prima volta le prove non potevano immaginare che l’incendio fosse stato appiccato da Diodora e perciò quei particolari apparivano trascurabili.

“Ma Capitano cosa può aver requisito il Ministero a Dioscurus Mackenzie?” chiese.

“Non lo so, ma dobbiamo capirlo al più presto.” Soggiunse lui. “Vai a casa, Thabatha. Sono le nove e mezza passate. Devi riposare, domani sarà un’altra difficilissima giornata.”

 

** * **

Da quanto era entrato nell’ufficio del Capitano Weasley mezz’ora prima, Fergus non riusciva più a concentrarsi. Il suo superiore era più pallido di un cencio, non che normalmente la sua carnagione non fosse lattea sotto le lentiggini. Quando gli aveva domandato se volesse mangiare qualcosa, essendo da tempo passata l’ora di cena, Ron aveva rifiutato e l’aveva invitato ad andare a casa. Ma egli non aveva nessuno che l’attendesse nel piccolo bilocale dove abitava, il Capitano invece aveva una bella moglie innamorata, perché allora lui non era ancora rientrato a casa? C’era la possibilità che quelli fossero gli ultimi giorni che restavano loro da vivere, perché non passarli per quanto possibile con chi amavano?

Quasi fosse un segno del fato, mentre quel pensiero attraversava la mente di Fergus, Thabatha uscì infine dallo studio del Capitano Potter. Aveva l’aria stanca, eppure quando lo vide guardarla, gli sorrise. Come sarebbe stato bello se qualcuno l’avesse accolto con quel sorriso quando fosse rientrato a casa.

La ragazza di avvicinò alla sua scrivania, depose i documenti che aveva in mano e andò all’attaccapanni per prendere il suo mantello. A metà strada si fermò, pensierosa.

“Fergus hai impegni, stasera?”

“Io…” Possibile che Thabatha gli leggesse nel pensiero?. “No, non direi.”

Alla sua risposta, lei arrossì. Prese un respiro e disse. “Mia madre mi ha mandato nuovamente la sua mince pie speciale, ne fa sempre una quantità industriale … Vorresti …” si interruppe un momento. “Senti, Fergus, date le circostanze, è stupido girarci intorno, per quello che ne so dopodomani potremmo essere tutti feriti o peggio, quindi … Tu mi piaci, Fergus. Tanto. Ed io … Io non ho nessuna voglia di passare questa sera sola, per cui se vuoi … Se mi trovi, almeno un pochino carina … Ti andrebbe di venire a casa con me?”

Per un attimo Fergus la guardò senza capire cosa stesse succedendo. S’era addormentato alla scrivania era evidente e quello era un sogno. Ma se non lo fosse stato? Avrebbe mai avuto un’altra occasione simile? Anche se avessero sconfitto Diodora, chi gli assicurava che lei non avrebbe preferito qualcun altro a lui, per esempio Van Domme? Il solo ricordare cosa aveva provato vedendoli insieme al ristorante lo fece alzare dalla sedia.

“Assolutamente sì.” Pronunciò

Thabatha sorrise, recuperò entrambi i loro cappotti, prima di prenderlo per mano, dirigendosi verso gli ascensori.

“Grazie.” Sussurrò quando le loro mani si toccarono.

“Thabatha”

“Mmmm”

“Per la cronaca, tu sei uno schianto, non un po’ carina.” Poi quasi il pensiero lo colpisse solo in quel momento, aggiunse “Ma tua madre l’ha fatta veramente la mince pie, perché la mangerei volentieri, sai?”

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Allora che ve ne pare? Ormai sapete (quasi) tutto ciò che so io. Vi è piaciuto il capitolo? Non vi è piaciuto? Ditemelo, vi basta un click. L.

 

   
 
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