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Autore: metaldolphin    22/08/2013    1 recensioni
Zoro è garanzia di sicurezza per tutto l'equipaggio: se lui sguaina le sue fidate spade, sanno che li difenderà con la sua stessa vita.
Allora perché giace legato ed impotente sul ponte, in balia degli elementi, pestato a sangue dai suoi stessi compagni di ciurma?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Nico Robin, Roronoa Zoro, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Tre giorni dopo, Zoro era ancora là, legato ed abbandonato sul ponte; ormai non aveva più sensibilità agli arti, ma non lamentava nulla, né per il sole che picchiava di giorno e nemmeno per la fredda umidità notturna.
Dietro esplicito comando del Capitano, la Ciurma non poteva avvicinarglisi, fatta eccezione per Robin che, una volta al giorno, gli imboccava pane ed acqua.
Se fosse dipeso da lui, non avrebbe ingoiato neanche quello, dato che non gli importava di vivere, ma il potere che la donna possedeva era utile anche in questo frangente.
A differenza degli altri, la donna non gli rivolse mai parole di biasimo e si era anche presa un brutto rimprovero da Rufy, quando, la seconda notte, era andata a gettare una coperta su Zoro, per ripararlo dal gelo che si era fatto più intenso… il Capitano si era arrabbiato moltissimo, però il plaid era rimasto lì.

Con lo sguardo perso nel vuoto, lo spadaccino non badò al trambusto che, sottocoperta, andava via via crescendo: apatico, non lo interessava nulla.
Neanche di Nami aveva più chiesto notizie… e poi sapeva bene che nessuno gli avrebbe risposto: direttive del Capitano .
Gli bastava il fatto di saperla fuori pericolo, anche se ciò non diminuiva il senso di colpa che lo opprimeva.

Il baccano aumentò, fino a quando la porta si aprì con violenza, facendone uscire una navigatrice furiosa.

Zoro non si accorse di nulla, finchè il suo ristretto campo visivo sul legno del ponte non fu occupato da un ben conosciuto paio di scarpe con la zeppa.
Sentì il suo cuore perdere un battito, ma tenne il capo chino perché non aveva il coraggio di guardarla.
Il pugno si abbattè sui suoi verdi capelli, ma, nonostante il bernoccolo, non protestò.

Nel silenzio che aveva permeato la nave, si udiva soltanto lo sciabordio delle onde sul fasciame e i versi acuti di un paio di gabbiani di passaggio; la brezza leggera faceva frusciare le fronde del mandarineto e il Jolly Roger schioccava con orgoglio, issato sul pennone.

E poi accadde ciò che nessuno si sarebbe mai aspettato di vedere: Nami si inginocchiò davanti a Zoro e lo sollevò in grembo per stringerlo forte.
Il tempo sembrò fermarsi sulla nave pirata.
Lo spadaccino si sentì morire, al profumo di Nami, quell’odore dolce di donna che amava tanto, sentendosi ancora più male al pensiero di ciò che era stato ad un passo dal distruggere.
Sentì armeggiare con le spesse corde che lo stringevano, una replica, seppur più dolce, di quanto già successo ad Aarlong Park.
Udirono un coro di proteste levarsi dalla Ciurma rimasta ad osservare, ma bastò la severa occhiata di Nami a zittirlo.
Robin fece spuntare un paio di mani artificiali per aiutarla, ma lo spadaccino si oppose: -No! Nami...io potrei… di nuovo…
Lei gli sollevò il viso e lo guardò, seria. Un sorrisino timido le illuminò il volto, mentre lo zittiva: -Basta, Zoro, è stato un incidente, non voglio parlarne più.- Sentenziò.
Lei terminò di allentare le corde e lo guardò distendere, con una smorfia di dolore, gli arti anchilosati dalla lunga immobilità forzata.

Altri passi si avvicinarono ai due.
Da tre giorni Rufy era serio come mai. Senza chinarsi, li guardò, poi si rivolse a Nami: -Sei sicura di quanto hai detto?
La navigatrice annuì decisa. -Ho anche parlato con Robin... aveva un incubo, non è stato intenzionale… io ero la’ al momento sbagliato-
Voltandosi verso Zoro continuò:- Ti va di raccontarci?
Non potendo fare a meno di assecondare quella richiesta, cercò di spiegare l’angoscia provata in quel sogno così reale, della tensione che lo attanagliava e delle tenebre che lo avvolgevano. -Ma non voglio giustificarmi- concluse, -Sono un pericolo per voi– guardò Nami -Per te…
Prima che la rossa potesse aprire bocca, il Capitano esplose: -E con questo, cosa vorresti dire?
-Che alla prossima isola scendo- Rispose, duro l'altro.
A quelle parole, la donna, come guidata da un riflesso condizionato, sollevò un pugno, per posarlo subito dopo, sulla testa di Zoro, con molta forza per essere ancora convalescente.
-Idiota!- lo apostrofò -se non vuoi essere di nuovo vittima di qualche incubo, invece, perché non chiedi a Chopper qualcosa che ti faccia dormire più sereno?
Con un largo sorriso saputo, Rufy annuì complice: -Se per Nami va tutto bene, allora è ok anche per me.– Detto questo, tornò sottocoperta, lasciando il resto dell’equipaggio impietrito da questa inaspettata sentenza.

Nami si alzò e gli tese la mano; Zoro, appoggiandosi a lei e all’albero maestro si tirò su barcollando. -Non so chi dei due sia ridotto peggio- rise, e lui si trovò a guardare le bianche fasce tese sul ventre che sporgevano dal corto top della navigatrice.
Zoro fu nuovamente assalito dai sensi di colpa, ma lo distrasse il movimento di Nami, che gli prese le mani per esaminarle. Erano ancora incrostate del sangue di entrambi, così come gli indumenti… la vide alzare lo sguardo al suo viso, per scrutare le lesioni derivate dal pestaggio che era seguito al ferimento accidentale.
Zoro sentì stringere ancora di più le mani, quindi fu guidato verso le camere.

Visto che per gli altri il capitolo doveva considerarsi ormai chiuso, per evitare ulteriori tensioni che già si annunciavano nell’atmosfera pesante, Robin ebbe l’astuzia di dirottare gli altri componenti verso le quotidiane mansioni personali; vide Zoro e Nami entrare in camera e sorrise: per fortuna, pensava, quella notte le toccava stare di vedetta…

Lo spadaccino aveva l’aria confusa ed esitò, prima di mettere piede in camera delle ragazze, ma Nami lo trascinò dentro e chiuse la porta. Aperto un cassetto, ne tirò fuori un ampio telo di spugna pulito e glielo porse.
-Va’ a fare una doccia, che è tre giorni che ti trattano come un animale e ti ci vuole proprio.
Annuendo in silenzio, lui prese il telo e si diresse verso il bagno. Tolti i vestiti, si rilassò sotto il getto d’acqua calda che pareva volergli portare via la stanchezza,la tensione e il dolore dei giorni appena trascorsi.
Era confuso dal comportamento di Nami e, dopotutto, non era ancora sicuro di riuscire ad andare avanti, dopo ciò che aveva fatto.
   
 
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