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Autore: marthiachan    22/08/2013    2 recensioni
"È tornato.
Dopo tutto questo tempo...
Ho sentito i miei ormoni scalpitare quando me lo sono trovato di fronte, così pallido ed etereo come lo ricordavo, ma ancora più bello. I suoi occhi verdi da felino avevano qualcosa di diverso, di ancora più affascinante. Potevo leggervi il dolore che aveva provato negli ultimi tre anni e che lo aveva quasi trasfigurato. Il suo sguardo ora non era più così freddo e scostante. Non so come spiegarlo, ma era pieno di calore e sofferenza. Forse erano le piccole rughe che gli si erano formate attorno agli occhi a dargli quella profondità. O forse no. Nessuna ruga può trasformare così tanto qualcuno."
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Long fic legata alle mie precedenti “Tornare a casa” e “La ricerca della felicità.” Può essere letta anche senza aver letto le precedenti perché i fatti principali sono sostanzialmente gli stessi, solo che sono raccontati dal punto di vista di Molly.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sherlock's Diary'
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Dal momento che nel precedente capitolo non ci sono grandi avvenimenti, pubblico subito anche questo, che invece contiene scene di gelosia e strane dichiarazioni d'affetto.
Buona lettura.


3


Oggi è capitato di tutto.
E quando dico di tutto, intendo che sono capitate delle cose che non credevo possibili, almeno non in questa vita.
Perché una ragazza come me normalmente non è motivo di una rissa tra due uomini...
Ma procediamo con calma. Dall'inizio.
Questa sera io e William avevamo un appuntamento, quindi ho cambiato il mio turno con un collega per poter finire prima. William si è presentato puntuale ed elegante con il suo stile casual che gli viene così naturale. Ero felice di aver portato un cambio da casa o sarei sembrata troppo sciatta accanto a lui.
Eravamo appena usciti dal Barth's e mi stavo sedendo nella sua auto sportiva quando mi sono trovata di fronte Sherlock con aria irritata.
Come se mi fossi seduta su una molla, sono saltata nuovamente in piedi, sentendomi come una moglie fedifraga.
Anche se non mi era chiaro chi stavo realmente tradendo in quel momento...
“Sherlock!” ho esclamato sorpresa e con il tono un po' più stridulo di quanto avrei voluto. “Cosa fai qui?”
“Stavo venendo al Barth's.”
“Mi spiace, ho cambiato il turno con un collega, non posso aiutarti stasera. Se vuoi possiamo parlarne domani mattina.”
“Non sono qui per un caso.”
“No? E allora... Hai bisogno di qualcos'altro?” ho domandato preoccupandomi che non fosse successo qualcosa di grave.
Lui è rimasto in silenzio per qualche secondo osservandomi. Sembrava estremamente seccato, ma non capivo con chi e perché.
“Sono scappato dai giornalisti.”
“Oh, capisco. Mi spiace, ma stasera non posso proprio aiutarti, ma se vuoi puoi usare il mio laboratorio.”
Nel frattempo, William aveva girato intorno all'auto e gli si era piazzato davanti, e non sembrava affatto contento dell'interruzione da parte di Sherlock Holmes.
“Chi è lei?” ha chiesto con tono tagliente
“Preferisco non utilizzare il tuo laboratorio se non ci sei tu. I tuoi colleghi potrebbero essere fastidiosi.” ha continuato Sherlock senza degnare William di uno sguardo.
“Allora mi spiace, dovrai attendere domani.” ho replicato per concludere la conversazione perché sentivo che l'aria si stava facendo decisamente carica di tensione.
Chi è lei?” ha continuato a chiedere William, sempre più irritato.
“Oh, mi spiace William.” ho detto rendendomi conto che non mi stavo comportando bene. “Lui è Sherlock Holmes. Sherlock, lui è William Milton, il mio fidanzato.” ho spiegato sforzandomi di sorridere in maniera naturale.
“Sherlock Holmes? L'investigatore?” ha chiesto William.
Avevamo visto insieme il servizio del telegiornale che parlava della resurrezione di Sherlock proprio la sera prima. Solo che io non avevo specificato di essere stata complice della sua finta morte né di essere ancora in contatto con Sherlock.
“Consulente Investigativo.” ha precisato senza degnarlo di uno sguardo.
“E cosa vuole un consulente investigativo dalla mia fidanzata?” ha replicato William utilizzando un tono di disprezzo.
A quel punto, Sherlock si è voltato e l'ha guardato in faccia.
Ha socchiuso gli occhi e lo ha osservato. Conoscevo quello sguardo, stava analizzando William ed entro pochi secondi avrebbe dato voce alle sue deduzioni, sempre corrette, ma poco cortesi.
E infatti così è stato.
“Io conosco Molly da molto tempo prima che lei entrasse nella sua vita. Collaboriamo insieme. Lei è la migliore patologa della città. La mia patologa. Ed è mia amica. La mia amica. Ho tutto il diritto di parlarle. O di desiderare la sua compagnia nei momenti di solitudine. Lei, nonostante sia il suo fidanzato, non può certo impedirmelo. Pensi piuttosto a trovare i soldi per pagare i suoi debiti di gioco.”
Avrei voluto avere il tempo per sorprendermi delle parole di Sherlock, ma aveva appena finito la frase quando un pugno di William lo ha colpito in pieno viso, spaccandogli il labbro.
“William!” ho urlato per fermarlo, anche se ormai era troppo tardi.
Sherlock era a terra, ma in un attimo si è rialzato, pronto a restituire il colpo. Non potevo permetterlo. L'ho raggiunto e mi sono piazzata di fronte a lui per implorarlo.
“No, ti prego Sherlock, no.” l'ho pregato trattenendo a stento le lacrime.
Lui mi ha osservato per un attimo e poi si allontanato da me, ma ormai sembrava non avere più intenzioni violente.
“Fossi in te lo lascerei. Può anche sembrare un buon partito ma è pieno di debiti di gioco ed ha un problema con la gestione della rabbia. Ed è violento. Potrebbe farti del male durante una banale discussione. Ora, se non ti dispiace, vado a farmi medicare.” e così dicendo è entrato al Barth's.
Mi sono voltata verso William.
Aveva il viso rosso e il respiro accelerato. Ha stretto gli occhi come a voler contenere la sua rabbia.
“Mi dispiace, Molly.” ha detto con tono tremante. “Non so cosa mi sia preso. Erano mesi che non avevo episodi di questo tipo... Io non sono riuscito a controllarmi.”
“Lo so, William. Sherlock può essere... difficile da gestire.”
“Questo non mi giustifica. Perdonami, ma non credo che sia il caso di andare fuori a cena. Ti chiamo domani.” ha detto mentre rientrava in macchina. “Fa le mie scuse al tuo amico.” ha concluso partendo.
È partito come una furia. Subito dopo, mi sono voltata e ho corso come se avessi qualcuno alle calcagna. Se conoscevo Sherlock, e io lo conoscevo, non si sarebbe fatto medicare da nessuno, ma avrebbe provveduto da solo. Quindi sarebbe andato a cercare il disinfettante nel mio laboratorio.
E infatti l'ho trovato lì, che frugava in tutti gli scompartimenti, tranne che in quello corretto.
Lui si è voltato a guardarmi, analizzandomi. Il suo labbro sembrava messo peggio di quanto pensassi, ma prima di aiutarlo per l'ennesima volta avevo bisogno di alcune risposte.
“Perché sei qui? Intendo, sul serio.” ho detto con il tono più autoritario che sono riuscita a tirar fuori.
“Avevo bisogno di qualcuno con cui parlare.” ha replicato come se fosse la cosa più naturale del mondo.
“Perché io? Perché non John?”
Da quando lui preferiva parlare con me piuttosto che con John?
“Non volevo spaventare la sua fidanzata a quest'ora di notte. E pensavo che tu fossi di turno stanotte.” ha spiegato con sufficienza confermandomi che ero solo la seconda della lista.
“Mi dispiace per William.” ho detto cambiando discorso.
“Quell'uomo è pericoloso.”
“No, non lo è. Sta andando da un terapista per i suoi problemi e non gli capitava una cosa del genere da mesi, ma sai, tu tendi davvero a mettere alla prova le persone. Era così dispiaciuto di aver ceduto alla sua rabbia che ha annullato il nostro appuntamento e se n'è andato mortificato. Mi ha pregato di farti le sue scuse.”
Ho sospirato e mi sono tolta la giacca, poi mi sono avvicinata a lui, chinandomi ho aperto lo stipetto accanto e ho tirato fuori il disinfettante. L'ho guardato sentendomi come una madre che deve accudire il proprio figlio e gli ho fatto cenno di sedersi o non sarei mai stata in grado di arrivare al suo labbro comodamente.
In realtà avrei potuto arrivarci alzandomi sulle punte, ma in quel caso non lo avrei fatto per disinfettarlo.
Lui ha esitato, come se per un attimo avesse valutato l'idea di dirmi che era perfettamente in grado di fare da solo, ma poi ha semplicemente annuito e si è seduto.
I nostri visi erano alla stessa altezza quindi ho potuto vedere da vicino la ferita. Fortunatamente, non era così grave come sembrava, aveva solo perso molto sangue. L'ho ripulita e disinfettata con cura mentre osservavo con ammirazione la perfetta forma di quelle labbra. Per quanto tempo avevo sognato di guardarle da vicino senza imbarazzo, toccarle e baciarle?
Un'eternità.
Mentre continuavo nel mio compito, non potevo fare a meno di pensare a quando quella bocca perfetta aveva toccato la mia guancia, per ben due volte, mandando completamente in tilt tutto il mio apparato cardio-respiratorio.
Mi sono morsa l'interno della guancia per costringermi a non pensare a quel genere di cose e a ritornare alla realtà. Ed è stato allora che mi sono resa conto di come Sherlock mi stesse fissando. Il suo sguardo era attento, concentrato, mi studiava. Stava per dire qualcosa, ne ero certa. Ma cosa? Prima che potesse dedurre qualcosa di troppo su di me e sull'effetto che mi causava la sua vicinanza, ho deciso di parlare e di portare l'argomento su William, anche in modo da ricordare a me stessa chi era l'uomo a cui dovevo la mia totale attenzione.
“Sai, so dei suoi debiti di gioco, ma ha smesso. E a breve riceverà un'eredità e li estinguerà. È un brav'uomo, nonostante quello che ritieni di aver dedotto.”
“Ti tratta bene? Sei felice?” ha chiesto con una punta di preoccupazione.
Mai mi sarei aspettata una domanda di questo tipo da parte sua e sono rimasta davvero sorpresa, fermandomi con la mano a mezz'aria, e l'ho fissato confusa.
“Sì, certo.”
“Tu lo ami? Lo ami davvero?”
“Se non lo amassi non lo sposerei.”
“E allora perché non me ne hai mai parlato? Perché ho dovuto scoprirlo da solo?”
Ho sospirato e ho messo via il disinfettante. Mi sono seduta sullo sgabello di fronte al suo e ho abbassato lo sguardo. Non avrei mai potuto dire tutto ciò che avevo da dire se avessi dovuto guardarlo in quei meravigliosi occhi verdi.
“Sherlock, il nostro rapporto, quello che tu hai poco fa definito come amicizia, non è un vero rapporto, e credo che tu lo sappia. Non è amicizia essere semplicemente la scialuppa di salvataggio di qualcun'altro. Non è amicizia essere considerata solo quando hai bisogno di me. Non è amicizia essere il bersaglio dei tuoi repentini e assurdi cambi d'umore. Io non sono tua amica, sono uno strumento che tu utilizzi. Come il tuo cellulare o il tuo violino. Sono uno strumento con uno scopo, nient'altro. E in questi mesi, il mio scopo è stato quello di tenerti informato sui tuoi amici. I tuoi veri amici. Rispondevo a tutte le tue domande. Eppure tu non hai mai chiesto di me, di cosa mi capitava. Mai.” Mi sono fermata per un secondo e ho tirato indietro la testa tentando di trattenere le lacrime che mi stavano per travolgere. L'idea di non essere niente di più di un tramite per lui mi faceva stare ancora molto male. Ho fatto un profondo sospiro e ho ripreso. “Avrei voluto esserti amica, davvero. Avrei fatto qualsiasi cosa per te. E ancora lo farei e lo rifarei mille volte. Ma l'amicizia non può essere a senso unico. Non posso essere sempre io quella che... dimostra di tenerci. Tu non lo fai mai. Mai una volta mi hai scritto per chiedermi “come va?”, mai una volta ti sei preoccupato di quello che ho passato dopo la tua “morte”. Quando sei venuto a trovarmi la scorsa settimana, hai notato subito l'anello, so che lo hai fatto, ma non hai detto nulla, non hai chiesto nulla. Era ovvio che non ti importava. Dopo i discorsi di circostanza, che riguardavano principalmente solo te, sei fuggito via. E questo non è un problema per me, sei tu, sei sempre stato così, e non mi ha mai disturbato. Quello che mi disturba è che tu, di punto in bianco, inizi a lamentarti se io non ti racconto spontaneamente fatti della mia vita che in realtà non ti interessano. Mi disturba se devo sentirti giudicare le mie scelte. Non ne hai il diritto.”
Non avevo mai fatto un discorso così lungo con Sherlock. La mia timidezza e i miei sentimenti per lui mi avevano sempre bloccata. Finivo sempre per balbettare o esitare e nelle mie pause lui non perdeva tempo per intromettersi e prendermi in giro. Ma non questa volta. Questa volta ho parlato senza esitare e ho detto tutto quello che volevo dire.
Lui è rimasto in silenzio per qualche secondo con aria confusa.
“Forse è vero, sei solo uno strumento, come il mio cellulare e il mio violino.” ha detto poi alzandosi dallo sgabello e avvicinandosi a me sino a starmi di fronte e costringendomi ad alzare il viso per riuscire a vederlo in volto. “Ma tu sai bene che sono strumenti molto importanti e senza i quali io non posso vivere. Alla stessa maniera, io non posso vivere senza di te, Molly Hooper.”
Ho sobbalzato per la sorpresa. Per quanto tempo ho desiderato di sentire quelle parole? Poi mi sono resa conto che non dovevo dargli un significato che non c'era. Non potevo illudermi ancora. Ho sorriso rassegnata.
“Ma sono pur sempre uno strumento. Sono certa che non consideri John uno strumento.”
“In realtà in passato l'ho paragonato più volte al teschio che ho sul camino.”
Sono scoppiata a ridere. Povero John.
“Molly, io posso essere un disastro a dimostrare il mio affetto. Al diavolo, so bene di esserlo! Il punto è che, il mio modo di dimostrarlo può essere anomalo. Anticonvenzionale. Strano.”
Ho continuato ad osservarlo, non capendo a quale punto volesse arrivare. Stava cercando di dire che provava affetto per me? O me lo stavo solo immaginando?
“Avrei potuto chiedere a Mycroft un resoconto dettagliato di quello che succedeva a John o a Mrs. Hudson o a Lestrade, ma l'ho chiesto a te. Perché volevo comunicare con te. Volevo che fossi tu il mio legame con la mia vecchia vita, e nessun altro. Perché sei la mia unica vera amica.
“Oh, Sherlock...” ho mormorato in lacrime e mi sono alzata lanciandomi fra le sue braccia. Lui si è irrigidito per un secondo e poi, goffamente, mi ha abbracciato. Mi ha tenuto stretta a sé per tutto il tempo di cui ne ho avuto bisogno. Ho cominciato a piangere a dirotto, affondando il viso sulla sua spalla, spargendo i resti del mio trucco sul suo elegante e costoso cappotto. Lui avrebbe potuto allontanarmi solo per questo, ma non lo ha fatto. Quando mi sono calmata ho alzato il viso, dovevo avere un aspetto terribile. Lui mi ha osservato con quel suo sguardo serio e indagatore per un minuto che mi è sembrato essere lunghissimo. Poi si è allontanato, ma non è stato brusco come mi sarei aspettata. Sembrava in imbarazzo quanto me. Si è diretto verso la porta e poco prima di uscire si è voltato e mi ha guardato ancora.
“Grazie, Molly Hooper. Buonanotte e rifletti se sia davvero il caso di dividere la vita con quell'uomo. Ripeto: è pericoloso.”
Non sapevo cosa dire. Non ero abituata a questo Sherlock premuroso nei miei confronti. Ho semplicemente annuito e l'ho guardato uscire dal mio ufficio.

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