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Autore: Cyanide_Camelia    27/02/2008    2 recensioni
Robyn e Joy, due diciassettenni in una frenetica New York, per eccellenza città immortale, alle prese con i pregiudizi, le umiliazioni, feste, ragazzi, passati dolorosi e sogni di ogni genere. Questa è una fanfiction roundrobin scritta da me e Sakura03, avviso tutti coloro che si accingono a leggere che sarà una YURI, perciò se non gradite il genere non leggete, oppure fatelo se ne avete voglia ma nel caso voi rimaneste disgustati o altro, vi invito a NON COMMENTARE, dal momento che non vi obbliga nessuno a farlo! Vi ringrazio per la gentilezza e per l'attenzione e spero che vi atteniate all'avvertimento e speriamo nel vostro appoggio. Un bacio e buona lettura.
Genere: Romantico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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E ti vengo a cercare…

E ti vengo a cercare…

 

Di nuovo notte, di nuovo noi.

Joy, bellissima in tutta la sua casta purezza, delicata al massimo, così facile da ferire, così maliziosa quando vuole, così perfetta in ogni attimo.

Le mordo teneramente il labbro inferiore, aspettando una sua reazione da un momento all’altro.

Reazione che non tarda ad arrivare: un bacio, ed una mano che si spinge tra le mie cosce.

 

“Saliamo a casa tua?” chiede con un leggero fremito nella voce.

 

“Sì…però c’è mio padre stasera, perciò dopo dobbiamo essere silenziose!” rispondo io, eccitatissima.

 

Saliamo le scale ed entriamo in casa mia.

 

“Ciao papi! Ci sei?” dico a voce alta nell’atrio.

 

“Sì, tesoro. Sei sola?...Oh ciao, Joy, dormi qua da noi stasera?”domanda cordiale, il tono un po’ stralunato.

 

“Sì, signor Shrecker , ho già avvertito i miei.” Risponde lei.

 

“Ah, benone, benone. Beh, allora meglio che andiate, è quasi l’una!”

 

Ci saluta con un bacio in fronte ciascuna, poi se ne torna sul suo letto matrimoniale a guardare American Idol. Ci sta in fissa con quel reality (e non chiedetemi perché).

Per un attimo fisso il letto, sempre fatto dal suo lato, ed una fitta di malinconia mi assale.

Già, inutile negarlo.

Lampante che la vorrei accanto.

Joy mi riporta alla realtà tirandomi per una manica con delicatezza.

Ci scambiamo un’occhiata d’intesa prima di intrufolarci di corsa nella mia camera, dove comincia la vera serata.

 

La afferro per la vita e la stendo sul letto, baciandola avidamente, come se fosse l’ultima notte a nostra disposizione, quasi a catturare ogni singolo frammento di erotismo che si consuma tra le nostre labbra.

Le sue sono piccole, sottili, sode e si scontrano con le mie, carnose, morbide, soffici, le sento affondare, mordermi leggermente il labbro inferiore, farsi sempre più insistenti, più sfacciate, fino ad osare inoltrarsi sulle mie guance sugli zigomi sulla mascella sul mento sul collo sulla clavicola, finché non raggiungono il collo della maglietta.

I nostri occhi si specchiano gli uni negli altri e per un attimo è come se vivessimo lo stesso brivido, la stessa follia passionale, dopodiché sono le nostre mani ad agire.

Io non esito nemmeno un attimo a toglierle la maglietta, mentre lei mi studia attentamente con i polpastrelli, indagando sulla mia schiena, spostandosi lentamente sul gancio del reggiseno.

Indugia.

La sento sospirare prima di aprirlo e spogliarmi degli indumenti che indosso, rimanendo in slip.

Piano, le apro la cerniera dei pantaloni e le lascio un bacio sul ventre prima di toglierle tutto.

La sua pelle è bollente.

 

Ci rannicchiamo sul letto, stese su un fianco,una di fronte all’altra, con le dita incrociate.

Io non lo so come fa ad essere così, ad emanare questa sensazione stupenda di tranquillità.

Così bella da farmi dimenticare ogni cosa se c’è lei accanto a me.

 

“Vieni qui tu.” Le intimo sorridendole con tenerezza.

 

Si avvicina docilmente e la stringo tra le mie braccia.

E in un attimo è passione,

Sento la sua mano scivolare sul mio addome e farsi avanti, inoltrandosi timidamente sempre più in basso, dove mai avrebbe osato prima, e subito lo faccio anche io, seguendo i suoi movimenti, agendo contemporaneamente, ascoltando il suo respiro e sussurrandole a mia volta, desiderandola sempre maggiormente.

 

L’apice ci raggiunge di colpo.

 

È frenesia e impazienza e mille cose ancora.

 

Poi, calma e rilassamento.

 

Ci mettiamo i rispettivi pigiami e ci addormentiamo abbracciate, strette forte, come se non dovesse sorgere il sole a separarci, come se i nostri sospiri possano essere eterni, come se per noi non esista mai una fine.

 

 

***

 

 

Io odio i lunedì.

Ma in maggior modo i lunedì come questi: uggiosi e plumbei, con tre compiti in classe a scuola e che prevedono un pomeriggio di studio gravoso.

I lunedì come questo, appunto.

I lunedì in cui sembra che il mondo intero stia congiurando contro di te, per vedere quando mollerai e ti arrenderai per forza di cose all’imperscrutabile cospirazione di ogni cosa, animata e non.

 

Ebbene, questo è quello che mi aspetta appena metterò il naso fuori dal portone.

Per un attimo mi chiedo chi me lo fa fare: potrei starmene tranquillamente a letto.

 

La risposta giunge in contemporanea con la domanda.

La risposta, la stessa, unica risposta che accompagna tutti i miei risvegli da mesi ormai.

Joy.

 

Mi alzo svogliatamente, mugolando e stropicciandomi con i pugni serrati gli occhi.

Per prima cosa mi faccio una bella doccia calda per lavare via il sonno, cercando di cominciare col piede giusto, mentre proietto mentalmente l’immagine di quegli occhioni verde chiaro.

 

Poi apro l’armadio.

Allora, prima di tutto la biancheria: un completo blu oltremare in raso plissettato bordato di pizzo bianco, formato da coulotte e reggiseno a balconcino, e calzamaglie marroni, spesse.

Ora passo alla selezione della maglietta, optando infine per una camicetta rosa con fiocchetti e falpalà, che mi piace da sempre tantissimo, ed un maglione di morbida lana marrone.

Scelgo poi una gonna svasata beige e degli stivali di pelle battuta.

 

Prendo al volo una borsa Just Cavalli, nella quale getto alla rinfusa dei quaderni, l’astuccio e il diario.

Infine, mi infilo la giacca in pelle morbidissima di Armani Jeans ed esco, tastando le tasche per controllare che ci sia tutto: le chiavi di casa, le chiavi della macchina, il cellulare e…sì, c’è anche quella.

 

Corro per strada e monto in macchina, temendo di arrivare in ritardo a scuola.

Da oggi in poi non dovrò più passare a prendere Joy la mattina: è il 27 febbraio, il suo compleanno, ed i genitori hanno regalato anche a lei la macchina.

Sono un po’ intristita da questa cosa: era bellissimo passare sotto casa sua, aspettare i suoi soliti tredici minuti di ritardo, salutarla e sentire le sue scuse un po’ impacciate, cantare a squarciagola in macchina mentre andavamo a scuola insieme, ridere, scherzare insieme io e lei.

 

Un po’ pensierosa e smarrita, percorro quella solita strada, imboccando le solite scorciatoie, passando davanti ad Abercrombie & Fitch, scrutando le vetrine, sorprendendomi a guidare piano, troppo piano per i miei standard.

Perciò accelero, e arrivo nel parcheggio scolastico, dove deposito la Z4 prima di entrare in classe.

 

Salgo le scale e cammino lentamente, smarrendomi nel rumore dei tacchi dei miei stivali sul marmo del corridoio, che mi ha sempre affascinato, chissà perché poi.

Entro in aula e mi siedo al mio solito posto, sotto alla finestra, adiacente al termosifone, salutando Dana e gli altri con un sorriso smorto e un cenno della mano.

Prendo distrattamente il libro di letteratura e riprendo a ripassare in vista del compito in prima e seconda ora.

L’anno prossimo sarà tutto finito.

Ci sarà il diploma, ci saranno milioni di cose a cui far fronte.

Non sarò più una ragazza, diventerò una donna.

Potrò definitivamente dirmi cresciuta.

 

Cresciuta senza di te.

 

Mi manchi, mamma.

A volte mi chiedo come sarebbe stata la mia adolescenza se tu ci fossi stata.

Ti saresti sicuramente scandalizzata per me e Joy, ma so che in fondo avresti capito.

Avremmo litigato chissà quante volte perché torno troppo tardi, bevo troppo, fumo come un’ossessa e corro in macchina, mi avresti proibito di uscire il sabato pomeriggio o il sabato sera perché sono disordinata.

Ti saresti assicurata che Joy fosse una brava ragazza, avresti voluto parlare con sua madre.

Mi avresti sgridata per le insufficienze e perché ti sarei stata sempre a chiedere soldi per comprarmi vestiti e stupidaggini simili.

Avremmo fatto delle lunghe chiacchierate insieme.

Quante cose avremmo dovuto condividere, quante risate, quante emozioni, quanti dolori, quante soddisfazioni.

Sono sicura che ti sarebbe piaciuta tantissimo Glauce, ma che ti avrebbe dato noia perché all’inizio sporcava un po’ per casa e dormiva sul divano. Però poi la avresti adorata, ne sono certa.

Ripenso a tutte le volte in cui ti ho maledetta, in cui ti ho detto delle parole più grandi di me.

Che povera idiota sono stata, perché ho dovuto sprecare tutti quegli attimi con te?

Attimi in cui saremmo potute stare benissimo insieme noi due.

Il mio più grande rimpianto è semplicemente quello di non averti detto abbastanza volte che ti volevo tantissimo bene.

Non sai com’è difficile andare avanti da quando non ci sei più, ho un disperato bisogno di te, del tuo sorriso, dei tuoi occhi, della tua voce intensa.

Già, non l’ho dimenticata.

No, io non ho dimenticato niente che possa essere…Te.

 

A richiamarmi alla realtà dalla mia riflessione è Joy, che mi picchietta sulla spalla e si siede accanto a me.

 

“Ehi, tanti auguri per i tuoi diciott’anni!” le dico allegramente, abbracciandola.

 

Sorride un po’ imbarazzata.

 

“Grazie…A cosa stavi pensando prima?” domanda seria.

 

“Ah…prima…niente, stavo ripetendo mentalmente letteratura!” no, non se l’è bevuta.

 

Ma non è né il tempo né il luogo per parlarne.

Giuro che ti dirò la verità, piccola.

È solo che adesso non ce la faccio, se te ne parlassi mi scioglierei in pianto qui davanti a tutti e non è davvero il caso.

 

Fuori piove. È come se la mia anima si unisse a questa commozione celeste, come se piangessi interiormente. E va bene così, da quando ci sei tu.

 

“Guarda che ti ho preso!” soggiungo per spostare la sua attenzione su qualcosa che non sia indagare i miei pensieri.

 

Frugo nella borsa e tiro fuori un sacchetto rigido, rosa con la scritta nera. Victoria’s Secret. Sì, ho pensato ad un regalo particolare e non ho esitato quando l’ho visto nel negozio della famosa catena di lingerie americana.

Prezzo proibitivo a parte.

Ma io sono Robyn, e non c’è nulla che io non possa comprare.

 

Lei lo apre con un certo imbarazzo e guarda dentro esterrefatta, un sorrisetto malizioso le illumina il viso.

 

Mi avvicino e le bacio l’orecchio, per poi bisbigliarle:

 

“Questo te lo voglio vedere stasera ok?”

 

 

***

 

 

Ore 23:45

Citofono a casa di Joy.

 

“Robyn sei tu?” dice con voce eccitata.

 

“Sì, ho lo champagne, le tartine col caviale e le ostriche. Festeggiamo a modo nostro?”

 

Haha…sì, sali!”

 

Il portone scatta, io entro e lo chiudo.

Allora, Joy, come mi sorprenderai stanotte?

  
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