Two Lifes, One
Daydream.
“Ad un certo punto
però, Natsu si alzò in piedi, e puntò
i suoi occhi verdi dritti in quelli marroni di Lucy. Lei rimase
immobile, e
tesa, non sapendo come comportarsi; poteva sentire il fiato del rosato
che si
faceva sempre più caldo man mano che si avvicinava al suo
viso.
Ormai le loro labbra si
potevano sfiorare, ma nessuno dei
due era deciso a fare il primo passo: rimasero in quel modo per un
tempo
indefinito, che per loro due sarebbe potuto anche durare in eterno,
godendosi
l’uno la fragranza dell’altro”
«Hei
Natsu! Svegliati!» Gridò Lucy contro il rosato, in
un disperato tentativo di farlo alzare
dal letto, mentre cercava di spostarsi di dosso il braccio di
quest’ultimo, che
prepotentemente le avvolgeva la vita, quasi come se lei fosse di sua
proprietà.
Ma
niente, non dava
segno di volersi svegliare, anzi, ad ogni strattone che gli dava la
bionda per
liberarsi da quella presa, lui la stringeva ancora di più.
Lucy era
esasperata
da quella situazione: possibile che era la seconda volta in due notti
di fila
che dormiva con Natsu?! E poi tutta quella confidenza che si erano dati
così su
due piedi?!
Le
sembrava tutto
così strano. Troppo strano. Ma infondo non le dispiaceva
affatto, perché
nonostante lo conoscesse solamente da due giorni, aveva comunque capito
subito
che aveva qualcosa di diverso dagli altri ragazzi, dal momento che
stare in sua
compagnia le infondeva un senso di calore, protezione e sicurezza. Non
aveva le
idee ben chiare su di lui, ma comunque sapeva per certo che Natsu era
un
ragazzo speciale, nonché unico nel suo genere.
Tutto
quello che però
aveva intenzione di fare Lucy in quel momento, era di tornare a casa a
rilassarsi, e farsi una bella doccia per schiarirsi le idee su quello
che le
era successo negli ultimi giorni. Così, alla fine
optò per lasciarlo dormire
tranquillo e sgattaiolare via dalle sue braccia.
Staccò
un post-it dal
blocchetto giallo adagiato sulla scrivania,
e con un pennarello scrisse:
“Sono tornata a casa, saluta tutti
gli altri
da parte mia.
Ci vediamo domani a scuola… A presto!
Lucy”
Dopodiché glielo
appiccicò sulla fronte, e
frettolosamente uscì dalla camera da letto.
Come si aspettava, in soggiorno
c’era un disastro: una sedia
rotta, il divano ribaltato, una fetta di pizza spiaccicata sullo
schermo del
televisore, qualche bottiglia vuota qua e là, mozziconi di
sigarette e
quant’altro, e per finire, gente che dormiva nei posti
più assurdi.
“Che
casino!” Pensò,
dirigendosi verso la porta di casa in punta di piedi, facendo
attenzione a non
schiacciare nessuno di quelli che dormivano per terra. Per sua fortuna
trovò
subito le chiavi -
avendole viste
sporgere da sotto il divano - e dopo averle raccolte e aperto la porta,
le
lasciò nella serratura, chiudendo alle sue spalle.
Scese le scale del palazzo, e
uscì in strada, incamminandosi
verso casa sua.
Dopo una buona mezz’oretta
di camminata arrivò finalmente
davanti al suo palazzo, rimanendo però basita da chi vide
davanti alla porta, tanto da sobbalzare: cosa ci faceva Sting davanti a
casa sua?!
Decise di ignorarlo, e camminare
dritto, senza neanche
degnarlo di uno sguardo, ma vanne bloccata da quest’ultimo,
che le si parò
davanti.
«Cosa vuoi da
me?!» Sbraitò Lucy con rabbia, e
un’espressione
tutt’altro che amichevole stampata sul viso.
«Senti Lucy, so che mi odi
e che non vuoi più vedermi, ma ho
una cosa importante da dirti.» Rispose lui con calma,
guardandola dritta negli
occhi.
«Quanto può
essere importante qualcosa che esce dalla bocca
di uno stronzo come te?!» Urlò lei, scattando
verso le scale, decisa a non
perdere un minuto di più con uno come lui.
Se era tornato per rovinarle la
giornata, era sulla buona strada.
«Per favore, stammi a
sentire! È per la tua incolumità!»
Esclamò il biondo, bloccandola per un polso.
«Dimmi tutto, e poi
sparisci subito dalla mia vista.»
Sentenziò lei, in un misto di rabbia e freddezza nella voce.
«Stai attenta a
Minerva…» Disse Sting con uno sguardo
indifferente «È amica di molte persone pericolose
da quando suo padre è entrato
nel giro della mafia locale.»
«M-Minerva?
Cos’altro vuole da me?!»
«Fa attenzione e basta, non
ho altro da dirti… Ciao Lucy.» E
detto questo se ne andò, proprio come la bionda gli aveva
chiesto, girandosi
solo un’ultima volta per farle cenno con la mano in segno di
saluto.
***
I raggi
del Sole
filtrarono dagli stipiti delle tapparelle ancora abbassate,
illuminandole
parzialmente la pelle chiara e rosea, e donando ai suoi capelli
scarlatti
diverse sfumature di rosso.
Sbadigliò
forte,
con la faccia affondata per metà nel morbido cuscino del suo
letto, mentre
cercava di aprire a fatica gli occhi ancora impastati dal sonno, e si
alzava
lentamente da quel soffice tepore, ringraziando che finalmente fosse
Domenica e
che aveva la giornata libera.
“Ma quanto ho
dormito?” Pensò
–dopo aver tirato su le tapparelle- constatando che il Sole
era
già molto alto nel cielo e che doveva aver già
superato da un pezzo il
mezzogiorno. Si stiracchiò per bene e si diresse in cucina,
pregustando già il
dolce sapore di una fetta di torta alla fragola per colazione.
«Buongiorno
Erza,
vedo che finalmente ti sei svegliata.» La salutò
raggiante Mirajane, dopo
averla incrociata nel mezzo del corridoio. Erza era contenta di vederla
allegra
e sorridente come sempre, e d’altronde non si sarebbe
aspettata altro, dato ciò
che aveva visto la notte appena passata -quand’era appena
tornata dal lavoro -…
Flashback.
Era tardissimo, non sapeva
di preciso che ore fossero, ma
dovevano essere più o meno le quattro o le cinque del
mattino. Aprì il portone
del condominio, ed esausta salì a fatica le numerose rampe
di scale, che quella
sera le sembravano più faticose del solito.
Era stanca. Stanca ma felice
come non lo era da tanto
tempo. Non riusciva a smettere di pensare a Jellal, come non riusciva
più a
capacitarsi che quella fosse la realtà, e che lui fosse
finalmente riuscito a
mantenere quella promessa lasciata in sospeso per otto lunghi anni.
Ancora persa nei suoi
pensieri, aprì la porta del suo
appartamento, rimanendo però colpita da uno strano
rumore… Possibile che
Mirajane russasse così forte da poter competere con un
orso?!
No. Certo che no, o almeno
se lo augurava…
Tastò nel buio la
parete alla sua destra, e quando
finalmente trovò l’interruttore e accese la luce,
rimase piacevolmente sorpresa
da ciò che vide: distesa sul divano c’era Mira,
che dormiva beatamente
abbracciata ad un ragazzo biondo. Laxus. “Ecco chi era
“l’orso” che russava”
Pensò la rossa, sorridendo intenerita da quella visione.
Era felice che anche per
l’albina la situazione
incominciasse a migliorare. D’altronde – da quello
che Mira le aveva
raccontato.- aveva già
sistemato al
meglio le cose con Freed, che dal canto suo si era dimostrato
particolarmente
comprensivo nei suoi confronti. Infatti, nonostante ci fosse rimasto un
po’
male di fronte a quella dura verità, aveva comunque
apprezzato la sincerità di
Mira e aveva deciso di continuare a starle vicino, e a sostenerla in
quel
periodo così particolarmente difficile. Sebbene avesse
comunque scelto di rimanere
niente di più che un suo caro amico, sapendo che nel cuore
di lei c’era sempre
stato posto solo per Laxus.
Così Erza
– dopo aver riflettuto un attimo sulla
situazione dell’amica - decisa a non disturbarli spense la
luce e andò in
camera sua, addormentandosi col sorriso sulle labbra e un ragazzo dai
capelli
blu al centro dei suoi pensieri.
Fine flashback.
«Ciao
Mira.» Erza
ricambiò il sorriso, prima di sbadigliare nuovamente e
strizzarsi gli occhi
ancora assonnati.
«Sono
le due del
pomeriggio e hai ancora sonno?! Ma si può sapere a che ora
sei tornata ieri
notte?» Domandò divertita la giovane dagli occhi
cerulei.
«Più
o meno verso
le cinque… Ah, a proposito, Laxus se
n’è già andato?» La
provocò Erza,
compiaciuta dal rossore che si era formato sulle guance
dell’amica al sentir
nominare il biondo. Per una volta si erano invertite i ruoli: di solito
era
Mira che metteva a disagio Erza in quelle situazioni.
«Umh…Beh…Ecco, sì…M-ma non importa!»
Balbettò Mirajane in un momento
d’imbarazzo, per poi concludere frettolosamente con:
«Comunque va’ in cucina
che c’è qualcuno che ti aspetta.»
Erza di tutta risposta inarcò il
sopracciglio destro, per poi entrare
in cucina incuriosita da chi potesse trovarvi.
«Finalmente la Bella Addormentata si
è svegliata.» Disse una voce a lei
fin troppo familiare, appartenente ad un ragazzo dai capelli blu.
«Jellal?! Che ci fai qui?»
Domandò la rossa con aria sorpresa.
«Uhm…Sì, ma La
Bella Addormentata si sarebbe dovuta svegliare ricevendo
un bacio dal suo Principe Azzurro.» S’intromise
Mirajane con una punta di
malizia nella voce, mentre faceva capolino dalla porta.
Erza –prima che questa potesse di nuovo
scomparire dietro la porta e
lasciarli soli- la fulminò con lo sguardo, mentre le sue
guance assumevano
tonalità sempre più simili al colore dei suoi
capelli.
«Beh… Ecco... T-ti ho portato
la colazione» Disse lui –ancora
imbarazzato per il commento di Mira- mentre scoperchiava un pacchettino
rosa,
con impresso il logo di una delle migliori pasticcerie della
città. «Mi sono
ricordato del tuo amore per le torte alla fragola e così ho
pensato di-»
«Grazie! Non dovevi, davvero…
Non me lo sarei mai aspettato!» Erza non
gli diede neanche il tempo di finire la frase, che l’aveva
già stretto in un
abbraccio, mentre guardava la torta di fragole e panna con la stessa
gioia con
cui un bambino scartava i regali a Natale.
Perché sì, a Jellal in quel
momento sembrò proprio una bambina. Una
bambina tanto dolce, che avrebbe potuto continuare ad ammirare
all’infinito in
tutto il suo splendore.
Solo in quel momento si accorse però che
lei indossava solamente una
misera e striminzita camicia da notte, scollata e sopra le ginocchia
quanto
bastava da lasciare ben poco spazio all’immaginazione. Mentre
la rossa lo
abbracciava, poteva sentire i seni prosperosi di lei premere contro il
suo
petto, insieme a tutto il resto delle sue curve sinuose e invitanti,
che in
quel momento erano fin troppo vicine… Insomma, per farla
breve, i jeans di
Jellal si stavano facendo sempre più stretti.
“Alla
faccia della bambina!” Pensò
lui sbigottito, col viso completamente
paonazzo. Dopotutto non si era ancora abituato a vederla
così cambiata: per lui
era ancora la ragazzina undicenne di un tempo.
«Ma è buonissima!»
Esclamò Erza entusiasta, dopo averne assaggiato una
forchettata. «Prendine un po’ anche tu.»
«No grazie, ho già
mangiato.» Sorrise lui, sollevato dal fatto che Erza
avesse sciolto l’abbraccio e si fosse concentrata sulla sua
torta. Non che gli
desse fastidio, anzi, ma almeno così poteva calmare i
bollenti spiriti e tenere
a freno gli ormoni. Dopotutto, per quanto potesse essere tranquillo ed
educato,
era comunque un maschio…
«Comunque sono venuto qui anche per farti
una proposta…»
«Dimmi tutto.» Disse Erza,
ingoiando l’ennesimo boccone di torta alla
fragola.
«Bhe…Ecco, due mie amiche
hanno appena aperto un pub in centro città e cercano del
personale con anche solo un minimo di esperienza, così ho
pensato
di chiedere a te e a Mira. Mira è d’accordo, ci ho
parlato prima. Tu che ne
pensi?» Chiese Jellal cordialmente, mentre i suoi occhi
incrociarono quelli di
lei in attesa di una risposta.
«Per me va benissimo, anche
perché sono veramente stanca di lavorare
per quel porco schifoso di John.» Disse lei senza esitazione,
accennando un
sorriso.
«Perfetto allora! Così
potremmo anche vederci più spesso, dato che il
mio nuovo appartamento è proprio di fronte a quel
locale.» Sorrise il ragazzo
dai capelli blu «Ti scrivo subito
l’indirizzo.» concluse scarabocchiando
qualcosa sul cartoncino rosa nel quale era impacchettato il dolce, con
una
penna tirata fuori dalla tasca.
«D’accordo, domani io e Mira
passeremo di lì per vedere com’è il
posto.»
Sorrise Erza, mentre dava un’occhiata a ciò che
c’era scritto sul cartoncino.
«Ehm… Bene, sarà
meglio che vada.» Disse Jellal alzandosi dalla sedia e
andando in salotto verso la porta. «A domani Erza!»
La salutò e fece per uscire
dall’appartamento, ma all’ultimo venne bloccato
dalla mano della rossa che
faceva presa sul suo polso.
«Jellal…» Prima di
proseguire, aspettò che i suoi occhi castani
s’incrociassero con quelli verdi di lui.
«Si?»
«Grazie di tutto quello che stai facendo
per me. Grazie davvero.» Concluse
dandogli un bacio sulla guancia prima di lasciarlo andar via.
«Non preoccuparti, se è per
vederti sorridere è un piacere anche per
me.» Rispose Jellal, accennandole un sorriso con le guance
lievemente
arrossate, per poi scomparire dietro la porta.
Angolo
della
ritardataria:
Allora,
che dire…
Innanzitutto vi ringrazio di cuore per aver recensito lo scorso
capitolo <3
Davvero, se non ci foste voi che vi prendete la briga di recensire, non
riuscirei nemmeno ad andare avanti… Non so
cos’altro dirvi, se non che vi sono
davvero grata *w*
Parlando
del
capitolo invece, non sono troppo convinta di quello che ho scritto,
perché mi
sembra abbastanza banale, ma mi serve comunque per collegare il
prossimo –che
spero sia meglio di questa roba- D:
Ah,
un’ultima cosa:
con l’inizio dell’Inferno (Scuola D: ) non
avrò troppo tempo per aggiornare… Ne
ho già poco adesso >.< Io penso di riuscire a
pubblicare almeno un
capitolo a settimana, e spero di mantenere questa frequenza…
Se per voi un
capitolo a settimana è troppo poco ditemelo pure :3
Farò il possibile per
accontentarvi ^-^
Detto
questo ho
finito, grazie ancora per tutte le recensioni <3
Alla
prossima!
Lost In My
Paradise.