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Autore: MartaJonas    23/08/2013    4 recensioni
-Ho paura – disse il giovane guardando negli occhi Thomas. Era in cerca di un aiuto, di un consiglio.
-Non sempre avere paura è una cosa negativa. Se in una battaglia non si avesse nulla da perdere, non avresti motivo per vincere. Se sei solo, se non hai un obbiettivo, se non hai una ragione per restare in vita, non lotteresti. Saresti indifferente ad ogni cosa. Avere paura di perdere significa tenerci, tenerci alla vita, avere uno scopo. Fin’ora vivere o morire per te è stata la stessa cosa, adesso, quella lettera ti ha dato un motivo per cui lottare. Quindi sì, fa sii che quel bambino sia la paura in ogni tua battaglia, così da riuscire a vincere sempre. – rispose il dottor Mason rivolgendogli un sorriso.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joe Jonas, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Chapter 1

 

Thomas

 

 

 

20 months later

 

Il ragazzo camminava lungo quel corridoio di parquet, continuando a tenere lo sguardo a terra. Diede un fugace sguardo fuori dalla finestra, e notò come piccole gocce d’acqua cadessero incessanti sul vetro. Odiava la pioggia, o almeno non la amava, non più.

Anni prima considerava un temporale qualcosa di romantico, ora quasi lo temeva. Ora quando il cielo si colorava di grigio, si incupiva anche lui. Gli venivano in mente troppi ricordi, troppe sensazioni, troppe lacrime. Era come se ogni volta che piovesse, i ricordi riaffiorassero tutti in una volta.

Il giovane si continuava a chiedere perché continuavano a portarlo lì. Non ce ne era motivo, tanto non avrebbe mai spiccicato una parola. Non parlava davvero con qualcuno da due anni e mezzo, e di sicuro non avrebbe cominciato a raccontare della sua vita a uno sconosciuto.

Quando entrò nella stanza, si mise a sedere sul lettino dei pazienti senza neanche guardare il dottore che lo stava fissando. I suoi occhi ambrati passarono da analizzare le sue mani che si incastravano tra loro, al guardare fuori dalla finestra. Le sue scure e folte sopracciglia si abbassarono di nuovo, quando il rimorso ricominciò a corroderlo di nuovo. Si bagnò le labbra carnose e rosee con la lingua, per evitare di far entrare troppo nel profondo quei pensieri. Si passò una mano tra i capelli corvini sistemandoseli indietro. Fece un sospiro profondo.

-Joseph Jonas – il dottore in piedi affianco a lui pronunciò il suo nome. Il ragazzo gli concesse un rapido sguardo. L’uomo si sfilò gli occhiali da vista e li poggiò sulla sua scrivania di mogano, sedendosi poi su una poltrona accanto al lettino del ragazzo.

-Allora Joseph, vuoi raccontarmi qualcosa? – chiese il dottore, che secondo la targhetta che aveva attaccata al taschino della camicia a righe, si chiamava Thomas Mason.

Joe scosse la testa, continuando a tenere gli occhi puntati sulle gocce d’acqua che cadevano dal cielo. Chiuse gli occhi.

 

Il cielo era scuro a Los Angeles in quella fredda notte di metà dicembre. Joseph e suo fratello erano al di fuori della discoteca in cui avevano trascorso la serata. Nel momento in cui uscirono da quel locale delle gocce ghiacciate cominciarono a scendere dal cielo. Joe si alzò il cappuccio del cappotto che indossava, stessa cosa fece l’altro.

-Ma l’hai vista quella biondina come ti guardava?! – chiese Joseph al fratello.

-Ma che dici?Ti stava per saltare addosso a te quando sei andando vicino al bancone per prendere qualcosa da bere! – rispose il ragazzo, sorridendo al fratello.

Entrambi scoppiarono in una fragorosa risata, dopo essersi rifugiati in macchina, Joseph al volante, l’altro affianco a lui.

 

Riaprì gli occhi, e scosse la testa dicendo che non avrebbe dovuto proseguire a pensare a quella sera.

-Tutto a posto Joe? – chiese il dottor Mason vedendo il ragazzo particolarmente turbato. Joe annuì. Lo psicologo sospirò profondamente, e appoggiò la cartellina che aveva in mano per terra, accanto alla sua poltrona.

-Lo so cosa stai pensando Joseph. Lo so che stai pensando che non parli con qualcuno di te da una vita ormai, e che di sicuro non comincerai a parlare con uno strizzacervelli, che cercherà di psicoanalizzarsi come se tu fossi un malato mentale. È la quinta volta che entri in questo studio e non dici una parola, per te non fa differenza parlare o meno, tanto puoi sprecare tutti i soldi che vuoi, ne hai in abbondanza, ma per me no, per me ogni volta è una sconfitta. – si sfogò lo psicologo con un tono che non sembrava né da rimprovero, né da delusione, sembrava un semplice pensiero filtrato dalla voce. Ma sembrava vero. I suoi gesti, la sua voce, sembravano comunicare che tutto ciò che gli stava dicendo lo avesse davvero preoccupato per giorni, tanto che catturarono lo sguardo di Joseph, che cominciò a fissarlo.

Thomas era un uomo sulla quarantina d’anni, che però dimostrava molti anni di meno. Sembrava un trentenne per la fantastica forma in cui era. Aveva fatto crescere la barba, i capelli erano biondo cenere, e i suoi occhi azzurri sembravano colpire fin dentro all’anima ogni volta che si incontrava il suo sguardo.

-Non l’ho mi fatto prima d’ora, Joseph. Ma visto che il massimo che hai fatto con me è stato rispondermi a monosillabi, allora parlerò io di me. – sospirò, cercando di sciogliere quel nodo alla gola che gli si era appena formato – Mi sono sposato all’età di 22 anni con la donna che era stata la mia ragazza per i 7 anni precedenti. Avevamo la stessa età. C’era una sintonia bellissima tra noi, quasi magica, era uno di quei rapporti che tutti invidiano e ancora non riesco a vedere in nessuna delle coppie che conosco. Quando si crea quella sintonia, in cui il litigio non supera mezz’ora, e l’umore dell’uno è l’umore dell’altra e viceversa, significa che con quella persona resterai per il resto della tua vita. Lei era la cosa più bella che fosse mai stata mia. – A pronunciare quelle parole a quell’uomo vennero gli occhi lucidi, e le parole facevano sempre più fatica a uscire dalla sua bocca – Un tumore al seno me l’ha portata via quando aveva 30 anni. Sono entrato in depressione. Ho cominciato a bere sperando di dimenticare per un po’ di ore, non riuscendo a spiegarmi perché lo stesso Dio che pregavamo insieme ogni giorno ci avesse fatto questo, senza riuscire a darmi una risposta. In poco tempo sono diventato un alcolizzato, e mi hanno rinchiuso in un centro di riabilitazione. Ero nella tua stessa situazione. L’alcool è una droga, Joseph, quella che tutti sottovalutano, ma che provoca più morti di tutte le altre. Il centro riabilitazione metteva a disposizione dei pazienti anche uno psicologo. Ecco, quell’uomo mi ha salvato la vita. Se sono ancora qui è merito suo. Non credo mi sarei mai ripreso se quell’uomo non mi avesse dato la forza necessaria per andare avanti, se non mi avesse dato qualcosa in cui credere, se non mi avesse posto un obbiettivo. Quando sono uscito da lì mi sono iscritto a psicologia, e adesso, come puoi vedere, sono qui. Sogno di salvare vite, a modo mio, proprio come quel dottore ha fatto con la mia. Perché il 90% del problema, della dipendenza è qui dentro – disse il dottor Mason, indicando la sua testa – se riusciamo a domare cosa c’è qui dentro, siamo capaci di ogni cosa. Ora sono sposato da due anni, e ho un bambino di appena 9 mesi. Ho vinto la mia battaglia, e vorrei che anche tu la vincessi. Voglio soltanto dirti che non sei da solo, Joseph, che uno psicologo non è uno strizzacervelli , è qualcuno che può aiutarti davvero, che può essere tuo amico.

Joseph non riuscì a trovare nessuna vena di falsità in quelle parole. Non erano un artificio che utilizzavano gli psicologi per far si che il paziente cominci a parlare, era una pura e semplice storia di vita. Era dettagliata, era piena di sentimenti, era vera.

Sono le cose che vengono dal cuore, le cose vere che colpiscono le persone. Thomas lo sapeva, e anche Joseph lo sapeva bene, e per quel motivo il ragazzo pronunciò per la prima volta delle parole che non fossero monosillabi.

-Non chiamarmi Joseph, chiamami Joe. – disse il ragazzo bianco in viso e con delle occhiaie nere sotto gli occhi. Era stanco, era spossato. Stava male, non solo fisicamente. Aveva bisogno di qualcuno, aveva bisogno di un amico, di un’ancora di salvezza, adesso, che, solo due persone della sua famiglia gli rivolgevano la parola, era ancora più solo.

Quando il dottore sentì la voce del giovane uomo si aprì in un sorriso.

-Ti chiamerò Joe, solo se tu mi chiamerai Tom – gli rispose rivolgendogli si nuovo un sorriso.

-Affare fatto, Tom. – rispose Joe. Forse quel Thomas era davvero una persona speciale, forse gli avrebbe davvero salvato la vita, o almeno, per ora, gli piaceva pensarlo.






Buona sera a tutti!
Bene, sappiate che mi sono portata il pc in vacanza solo per voi, poi dite che non sono brava! u.u
E sono capitata in un hotel - e non solo quello - bellissimo, quindi non so quanto sarà presente nei prossimi 4-5 giorni!
Comunque, ecco a voi il primo capitolo! Che ne dite? Risciute a intuire qualcos'altro oltre a ciò che c'è già scritto? Fatemi sapere!
Volevo anche ringraziarvi tutti per le rencesioni che avete lasciato nel prologo, grazie mille, davvero!
Un bacione grande grande!
Marta <3

  
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