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Autore: Erbacea    24/08/2013    1 recensioni
Lascia che ti racconti una storia. Ti suonerà familiare, come se parecchie cose le avessi fatte anche tu. In fondo è così, questa che sto per narrare non è una semplice storia, di quelle che si tramandano da generazione a generazione, bensì è la nostra.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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  1. I tuoi occhi

D’innanzi a quelle iridi color dell’acqua, alzandomi sulle punte dei piedi, mi specchiavo. Mai avevo immaginato che nel mondo che ne fossero di così belle. Sembra sciocco ma immaginavo di navigare in quelle acque cristalline che circondavano le tue pupille: sarà stato l’oceano più blu, quello più gelido. Avevi degli occhi secchi perché non piangevi da tanto. Dicevi che buttar via lacrime era da femminucce, eppure lo facevi di nascosto quando l’unico modo per sfogarti, appunto, era piangere. E forse erano gli unici a sapere cos’era che tanto ti faceva gemere dentro.
«Cos’è che ti fa star male, Zac?» Toccai delicatamente la tua spalla per incoraggiarti. Forse non era il momento giusto ma pensavo di riuscire a strapparti informazioni utili provenienti dal tuo cuore.
«Tutto ciò che devi sapere lo sai già. » Tagliasti corto. «Che ti amo.»
E al suono di quelle parole così calde e vere riuscivo quasi a cuocermi come una frittella. Ma l’unico motivo per cui ero ancora sana e salva eri tu. Man mano che il tempo scorreva – e anche veloce – mi accorgevo di quanto stessi diventando importante; di quanto le tue parole stessero cibando il mio cuore fino a farmi guarire dalle ferite passate. E tutto ciò di cui avevo bisogno eri tu, nessun’altro. Non avevo bisogno di niente, al di fuori dei tuoi baci. Sì, a ottant’anni ci baciavamo come se avessimo sedici anni di nuovo.
Perché eravamo pazzi di noi, pazzi di noi. C’eravamo solo noi. Nessun’altro importava … perché quando si è innamorati nessun’altro può importare più di quello che ami.
Ma torniamo ai tuoi occhi, così perfetti che erano una specie di indicatore dell’umore. Eri felice? Si vedeva da quei brillanti diamanti che avevi al posto delle pupille. E se eri triste quei stessi occhi brillanti emanavano gocce di pioggia primaverile, quella che non fa rumore, quella che fa bene, anche se a me portava solo negatività. Tornavo a casa, precipitandomi sul letto ovattato. Piangevo senza saperne il motivo, come se qualcosa all’interno del mio cuore cominciasse a divorarmi i ventricoli – prima il destro,  poi il sinistro – e a strizzarmi gli organi come delle spugne o degli stracci. Mi riposavo per qualche minuto, con le spalle inchiodate al muro. E chiudendo lentamente gli occhi. Mi appariva il tuo volto sorridente che mi rassicurava. Un volto principesco con un paio d’occhi che tutto il mondo, se ne fosse venuto a conoscenza, avrebbe invidiato.

 

...

Salve a tutti, spero abbiate capito che questa non è affatto una storia ricca di dialoghi, bensì una specie di raccolta di ricordi.
Infatti durante il vostro cammino troverete trafiletti di ricordi sottoforma di dialogo, - un esempio potete trovarlo più su, nel testo - perché molto spesso la descrizione non è capace di colpire un lettore quanto il dialogo, anche se quest'ultimo potrebbe mostrarsi scarno (ma significativo) proprio come l'ermetismo. E questo è tutto, a presto! 

  
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