Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Niere    24/08/2013    1 recensioni
Livia e Gianluca, in passato, erano una coppia affiatata, ma la vita li ha cambiati e tutto ciò che è rimasto del loro amore è un bambino di quattro anni e tanto rancore. Il rancore però annebbia la ragione ed entrambi si ritroveranno a mettere in dubbio le scelte fatte, le loro convinzioni e i loro sentimenti.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Aprire gli occhi e capire che... - POV Gianluca

Ero di pessimo umore. D’ altronde, ne avevo tutto il diritto, ero ancora sdraiato su quel maledetto lettino bianco d’ospedale, che sapeva di disinfettante, mentre io volevo solo tornarmene a casa. Mi sentivo abbastanza bene, perché rimanere lì?
Fortunatamente, mia madre era venuta a trovarmi e mi aveva portato del cibo commestibile. Nel frattempo, la stavo rendendo partecipe della piccola fitta che avvertivo al ginocchio, che allarmava me, mentre sembrava poco rilevante per il dottor Airoldi, un uomo sui cinquant’ anni e dai capelli grigi.
La quiete spettrale dell’ ospedale venne spezzata dall’ arrivo di Matteo. Mio figlio non sapeva proprio cosa significasse passare inosservato. La sua voce cristallina si sentiva dal corridoio: “Lo porto io il vassoio di pasticcini… Sono grande, ormai…”.
Ripeteva le parole ‘sono grande, ormai’ almeno una decina di volte al giorno. I suoi non erano capricci, ma il tentativo di mostrare al mondo che sapeva cavarsela da solo. Il mio campione, anche se aveva solo quattro anni, aveva già una personalità molto forte.
Varcò la soglia della porta, tenendo in mano un pacchetto avvolto con carta rossa e tenuto fermo da un nastro dorato. Corse verso il letto e ci montò sopra, sorridendo allegro: “Ciao papà… Ti ho portato una sorpresa…”.
Posò il pacchetto sul letto, carico di orgoglio. Gli scompigliai i capelli: “Grazie campione! Lo apriamo insieme?”.
In quel momento, fece il suo ingresso Livia, con la sua solita aria tesa. Abbozzò un finto sorriso rivolto a me, per poi avvicinarsi a mia madre. Livia le chiese a bassa voce: “Allora? Come va?”.
Mia madre, in un tono di voce ancora più basso, replicò: “Sembra che non ci siano complicazioni… Abbiamo parlato per un bel po’ e non dimostra di avere vuoti di memoria…”.
Feci finta di nulla, anche se ero seccato del fatto che parlassero di me come se non fossi presente. Non volevo litigare davanti a Matteo, che si stava impegnando al massimo per scartare il vassoio. Quando ci riuscì, sul suo volto comparve un sorriso elettrizzato. Matteo era identico a Livia, in tutto e per tutto: stesso sorriso, stessi lineamenti, stessi occhi, colore dei capelli, perfino la stessa parlantina. Nonostante con Livia le cose non andassero più bene da tanto tempo, ero felice che le assomigliasse così tanto. In Matteo ritrovavo la stessa voglia di vivere e la stessa spensieratezza della Livia di qualche anno prima, quando le bastava poco per essere felice.
I pasticcini erano invitanti, così mi concessi il lusso di mangiarne tre e lasciare il resto a Matteo, che si stava imbrattando di cioccolata, mentre mi raccontava ciò che aveva fatto all’ asilo.
Dopo qualche minuto, mia madre uscì dalla stanza per prendersi un caffè. Livia, che era rimasta tutto il tempo in disparte sulla sedia grigia, prese un pacchetto di fazzoletti e si avvicinò a noi. Ne estrasse uno e iniziò a pulire il viso di Matteo, divertita: “Dovresti guardarti alla specchio… Sei buffissimo!”.
Matteo le sorrise e la lasciò fare. Io rimasi imbambolato a guardarli, come se li vedessi per la prima volta. Livia con me sapeva essere fredda e crudele, ma con Matteo era fantastica, affettuosa e il suo sguardo era sempre carico d’ amore. Mi azzardai a guardarla meglio, visto che era troppo presa da suo figlio per accorgersi di me. Aveva lasciato sciolti dietro le spalle i suoi capelli castani chiari e lisci, i suoi occhi castani con delle pagliuzze verdi studiavano attentamente il viso di Matteo, mentre il suo sorriso divertito aveva generato le solite fossette ai lati della bocca rosa e perfetta. Doveva aver staccato da poco da lavoro, visto che indossava un vestito grigio e abbastanza elegante. Dopo aver rimosso tutta la cioccolata dal viso di Matteo, gli stampò un bacio sulla guancia e gli accarezzò i capelli. Non potei fare a meno di pensare che, fino a pochi anni prima, le attenzioni amorevoli di Livia erano rivolte anche a me.
Quando il momento madre-figlio terminò, mi sentii in dovere di ringraziare Livia per i pasticcini: “Grazie per aver pensato di portare dei dolci.”.
Mi rivolse il solito sguardo freddo: “Non è stato nulla.”.
Annuii e passai nervosamente una mano tra i capelli. Credevo che la conversazione si sarebbe conclusa lì, ma Livia continuò: “Tua madre è stata molto in pensiero per te, in questi giorni… Te ne ha parlato? ”.
La guardai allarmato: “Non mi ha detto nulla. Perché non smetti di fare la misteriosa e non mi spieghi bene tutto quanto?”.
Livia, prima di continuare, prese il suo cellulare dalla borsa e compose un numero. Poi, passò il cellulare a Matteo: “Puoi dire a nonna Ines che più tardi la passiamo a trovare? E, visto che ci sei, raccontale le novità della recita.”.
Aveva distratto Matteo, poteva parlare liberamente. Mi guardò seria e disse: “I medici, quando sei arrivato in ospedale, ti hanno fatto una tac, come da prassi. Hanno riscontrato un ematoma… per questo motivo sei stato in coma farmacologico. In questi giorni, ci hanno parlato di persone che, al loro risveglio, riscontrano gravi perdite di memoria. Tua madre ha temuto il peggio…”. Mi studiò attentamente, poi riprese: “Sicuro di stare bene?”.
“Si, si… Perché si è allarmata così tanto?”.
Abbassò il tono di voce: “Nella stanza accanto, c’ è una donna che si è risvegliata dopo un mese di coma… Non ricorda gli ultimi dieci anni della sua vita… Non ricorda di essersi sposata e di aver avuto dei figli… Credimi, la possibilità che questo potesse succedere anche a te, l’ ha fatta diventare matta.”.
Stranamente, la sua non era la solita critica acida, ma un discorso da persona civile. Erano mesi che non avevamo una conversazione normale. Dovevo proprio finire all’ ospedale per sperare di allacciare un rapporto decente con la mia quasi ex moglie?
Stavo pensando proprio a tutto questo, quando mia madre rientrò in stanza. Aveva l’ aria stanca, tipica di chi aveva passato diverse notti insonni. Mi sentivo uno schifo per averla fatta spaventare e per averle fatto passare delle ore infernali. Le avrei parlato quando saremmo rimasti da soli, le avrei detto che mi dispiaceva. Mia madre, a differenza di Livia, sapeva ascoltarmi, sapeva perdonarmi, era in grado di voltare pagina. Era indubbiamente l’ unica donna che sapeva comprendermi e in quell’ istante mi resi conto che non avevo mai fatto nulla per ricambiare la sua devozione. Mi promisi che, una volta uscito dall’ ospedale, avrei rimediato, le avrei fatto capire che apprezzavo tutto quello che faceva per me.
Livia e Matteo rimasero fino alle sei di sera, poi Livia dichiarò che era tardi e che Matteo aveva bisogno di riposare. Non obbiettai, non avevo né la voglia, né la forza per mettermi a discutere con lei. Tanto, sapevo che una volta dimesso dall’ ospedale, avremmo ripreso la nostra solita battaglia.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Niere