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Autore: Astrea_    24/08/2013    1 recensioni
[Dal primo capitolo]
Sapevano che erano esattamente come tante piccole mine vaganti, senza passato né futuro, anime che si affannavano per sopravvivere, che si sbracciavano per rimanere a galla nell’oceano increspato della vita. Si sforzavano di cercare contatti, di trovare stabilità, amore ed affetto. Fingevano di comprendersi, di esserci l’uno per l’altro, di essere uniti, ma in realtà sapevano di essere terribilmente soli. Non erano un gruppo, ma solo l’unione di individualità problematiche, di adolescenti troppo presi ad affrontare le difficoltà del piccolo mondo nel quale si rinchiudevano. Erano fragili, talmente tanto che sarebbe bastata una sola folata di vento per raderli al suolo, ridurli a brandelli. Erano forti, tanto forti da mascherare le loro più grandi paure, l’incolmabile vuoto che sentivano nei loro petti e nelle loro menti.
STORIA ISPIRATA ALLA SERIE TELEVISIVA "SKINS".
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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s4



MILLICENT



Millie sorrise alla sua immagine riflessa dallo specchio del bagno privato della sua stanza, mentre con i polpastrelli continuava a spalmare delicatamente della crema idratante sulla pelle chiara del suo viso. Le piaceva prendersi cura del suo corpo, valorizzare i suoi punti di forza e camuffare le piccole imperfezioni.
Quando ebbe terminato tornò nella sua stanza, intenta a trascorre lì il tempo necessario affinché il prodotto che aveva appena utilizzato si assorbisse. La sua camera era in perfetto ordine, ogni cosa era al suo posto, persino i quattro cuscini dai colori sgargianti adagiati sulle coperte. La stanza era grande, troppo per essere destinata ad una sola ragazza diciassettenne. Su una parete era sistemato il letto, su un’altra si trovavano un’ampia scrivania, una piccola libreria e un enorme specchio. In un angolo c’era una poltrona, affiancata dalle due ante della cabina armadio. Sul comodino Millie aveva posto una cornice, la cui foto la ritraeva in compagnia di suo fratello. Ridevano entrambi, abbracciandosi ed i loro sguardi erano complici. A Millie avevano sempre fatto sorridere quelle espressioni buffe. Risaliva a circa tre anni fa, l’ultima vacanza estiva che avevano trascorso insieme. Ricordava ancora troppo vividamente il viaggio in Messico, le escursioni, i bagni notturni, i primi drink, suo fratello, sua madre. La sua vita allora era del tutto differente. Adorava sua madre, per esempio. Andavano continuamente a fare compere insieme, frequentavano il club sportivo solo per poter indossare qualche completino da tennis che avevano comprato in una delle tante sedute di shopping. Una volta avevano persino voluto provare il corso di equitazione, ma alla fine avevano preferito optare per rilassarsi in una delle saune o delle vasche idromassaggio fornite dalla struttura. Millie aveva lo stesso fisico di sua madre, gli stessi lineamenti, lo stesso colore dei capelli. All’inizio aveva pensato di rasarli, per evitare che ogni qualvolta si guardasse allo specchio il suo viso fosse sostituito da quello della donna, ma non aveva mai avuto il coraggio di farlo davvero. Del resto quei capelli, quegli occhi erano tutto ciò che le rimaneva di lei, tutto ciò che le permetteva di ricordarla. Era morta e nessuno gliel’avrebbe ridata. Ma il destino era stato doppiamente crudele con lei, decidendo di portarle via anche il suo adorato fratello maggiore, Duncan. Avevano un rapporto speciale, erano affiatati, solidali. Era Millie che lo copriva quando faceva ritardo e la mamma si preoccupava, o quando era in punizione e doveva uscire con qualche ragazza.
Le cose, ora, erano decisamente cambiate. Suo padre neppure le chiedeva come fosse andata la giornata, figuriamoci quindi interessarsi dei suoi programmi.
Duncan era andato a prendere sua madre a lavoro quella sera. Lei aveva fatto particolarmente tardi a causa di una pratica che doveva inderogabilmente ultimare, così aveva chiamato a casa, avvisando che avrebbe preso un taxi il prima possibile, ma Duncan si era offerto di passare in ufficio. Stavano tornando, ascoltavano musica, canticchiando il ritornello di una delle canzoni passate alla radio. Erano felici, quando un camion li travolse, trascinandoli fuori strada. Nell’impatto la donna perse la vita. Duncan, invece, combatté contro la morte per poco meno di un mese. Millie andava a trovarlo in ospedale ogni giorno dopo la scuola, così assiduamente che persino le infermiere avevano imparato il suo nome. Quando un girono suo padre la venne a prendere due ore prima della fine delle lezioni capì che era successo qualcosa. Non osò chiedere, aspettò impaziente che qualcuno le fornisse ulteriori informazioni.
Ricordava ancora la domanda appena sussurrata di Audrey, appena due piccole parole, le lacrime di suo padre, la porta della stanza dove fino al giorno prima c’era suo fratello ora chiusa.
“Ciao dolcezza!”, la salutò Liam cogliendola di soprassalto nella sua stanza, tanto da far sobbalzare Millie dallo spavento.
La raggiunse e la baciò, cingendole la vita con le mani.
“Credo che tua sorella mi detesti.”, commentò poco dopo, lasciandosi cadere sul letto della sua ragazza.
Millie fece una smorfia, poi piegò le labbra in uno strano ed incomprensibile sorriso.
“Audrey detesta praticamente tutti.”, spiegò stendendosi accanto al suo ragazzo.
Poggiò la testa sul suo petto ed adagiò una mano sul suo stomaco, mentre Liam le circondava le spalle con un braccio.
“Tutte le volte è sempre la stessa storia: sbraita come una dannata prima di farmi salire.”, si lamentò sogghignando.
“Non darle peso, è solo una frustrata sfigata.”, sminuì Millie, per poi cercare con le sue labbra quelle del ragazzo.
Le fece combaciare ed approfondì il bacio. Puntò il gomito sul materasso per poter sorreggere il suo busto ed avvicinò il suo corpo a quello di Liam. Il castano spostò uno dei cuscini sul quale era sdraiato per sistemarsi meglio, poi fece pressione sul bacino di Millie, così da poterlo sentire più vicino. Ed in un attimo lei fu a cavalcioni su di lui, con il viso calato all’altezza del collo del ragazzo e le labbra che tracciavano gentilmente i lineamenti del suo volto, lasciando leggeri baci sulla pelle.
Liam sapeva che avrebbe potuto farla sua in qualsiasi momento senza ricevere neanche una minima obbiezione. Non era superiorità o arroganza, ma una semplice ed ovvia constatazione. Del resto probabilmente anche Millie avrebbe detto la stessa cosa di lui. Non parlavano molto per essere una coppia. In realtà loro chiacchieravano, quasi come fossero appena due conoscenti. A Liam non interessavano veramente i problemi di Millie, nonostante fosse certo che quella ragazza fosse tormentata da qualcosa. Si era convinto che tutto derivasse dalla morte della madre e del fratello maggiore, ma non aveva mai provato ad andare oltre, a chiedere qualcosa su quell’argomento. Per Millie, invece, Liam era il ragazzo perfetto. Era popolare, bello, piaceva alla gente, scopava divinamente e, soprattutto, non faceva domande.
Non voleva una storia seria, la loro di certo non lo era. Quella tra Liam e Millie non poteva affatto considerarsi una di quelle relazioni in cui ci si augura di trascorrere insieme il resto della vita, di fare progetti, di metter su famiglia. A loro bastava la certezza di avere qualcuno con cui poter uscire, farsi vedere e con cui condividere le lenzuola, nulla di più.
Millie fece scivolare le mani su tutto il petto di Liam, per poi salire all’altezza delle spalle. Infilò le dita sotto il tessuto morbido del cardigan che indossava e lo fece scendere lungo le braccia del ragazzo, fino a sbarazzarsene del tutto.
Sorrise maliziosamente a Liam, mordicchiandosi il labbro per comunicargli le sue intenzioni. Lui ricambiò il sorriso, ammiccando.
Portò le grandi mani sulle cosce della ragazza, insinuandole sotto il corto pantaloncino rosa che portava e riprese a baciarla, mentre lei cercava di giungere all’orlo della maglietta di cotone del ragazzo.
La suoneria del cellulare di Millie distrasse entrambi, anche se solo per un minuto. La ignorarono e Liam ne approfittò per afferrare i lembi del top di seta di Millie e toglierlo. Sorrise soddisfatto nel constatare che non portasse il reggiseno. Con le labbra le sfiorò il petto, lasciandole umidi baci su quella parte di pelle tanto sensibile. Finalmente Millie si decise a sfilargli la maglietta, poi prese ad armeggiare con la chiusura dei pantaloni del ragazzo.
Ancora una volta il telefono della ragazza squillò, facendola sbuffare. Si fermò per un attimo, incrociando i suoi occhi con quelli cioccolato di Liam.
Non voleva ulteriori interruzioni, quindi si decise a sporgersi sul comodino per afferrare il cellulare e spegnerlo, ma quando sullo schermo lesse il nome di Niall esitò.
“Chi è?”, chiese Liam avendo notato la sua reazione.
“Niall.”, borbottò Millie, scuotendo in una mano il telefono.
Liam sogghignò, risollevandosi in parte dal materasso fino a poggiare la schiena contro la spalliera dell’ampio letto.
“Non rispondi?”, domandò con un’espressione criptica disegnata sul volto.
Millie corrucciò la fronte, sorpresa da simili parole. Avrebbe di certo preferito un invito a tornare immediatamente tra le braccia del ragazzo, non un’esortazione di cui non conoscesse lo scopo.
“Non ti darebbe fastidio?”, il suo tono di voce era serio ora.
“No.”, rispose l’altro sorridendo beffardo.
Millie avrebbe voluto dargli uno schiaffo in quel momento, ma si limitò a fissarlo. Non riusciva a comprendere le intenzioni di Liam, se stesse scherzando, se fosse sincero, se si trattasse di un test del cazzo.
“Ah.”, disse. “Non sei geloso?”, provò ancora, sperando in una risposta affermativa.
Voleva soltanto che Liam le ribadisse quanto lei fosse importante. Avrebbe accettato anche una bugia, in fondo Millie non chiedeva molto.
“No.”, ripeté ancora Liam.
“Perché è Niall o perché…?”, riprese Millie.
Voleva che continuasse, che spiegasse, o forse inconsciamente voleva solo che si rendesse conto delle parole appena pronunciate e di ciò che esse implicassero.
Ma Liam non era una persona impulsiva, sapeva perfettamente ciò che diceva.
“Perché essere gelosi vuol dire essere vulnerabili, deboli e a me non interessa.”, la interruppe.
Millie non era innamorata di Liam, non nella misura nella quale sentisse le farfalle nello stomaco e le ginocchia vacillare, non lo era mai stata di nessuno, ma sentirsi dire una cosa del genere le fece comunque male.
Annuì, forzando un sorriso. Senza pensare ulteriormente, prese il top che era caduto sul parquet della sua stanza e se lo infilò, poi ancora con il cellulare in mano si alzò dal letto.
“Chiudi la porta della mia stanza quando esci.”, lo ammonì con sguardo duro, prima di scendere al piano inferiore per richiamare Niall.
Si sedette sul grande e comodo divano bianco in pelle della sala, con lo sguardo fisso sul pianoforte nero e luccicante che non veniva suonato da troppo. Era Audrey l’unica della famiglia in grado di riprodurre una qualsiasi melodia, l’unica a saper posare le dita sui tasti di quello strumento.
Si accoccolò meglio, portando le ginocchia all’altezza del petto. Non avrebbe mai voluto farsi vedere in quelle condizioni da nessuno. Millie era forte, decisa, altezzosa e superba, esattamente come la gente la giudicava. Cercare di apparire costantemente inattaccabile l’aveva indotta a credere che in realtà lei lo fosse davvero, ma era in momenti come quello, quando Millie rimaneva da sola con la sua coscienza, che si riscopriva estremamente fragile. Scrollò la testa, poi si decise ad effettuare quella telefonata.
“Millie, finalmente!”, esultò Niall dopo appena uno squillo. “Stiamo andando al Bluebird, quel locale a King’s Rd, vieni?”, la invitò.
Ci rifletté per qualche secondo. Aveva proprio bisogno di uscire, di svagarsi, di distrarsi, di non pensare, ma non aveva alcuna voglia di rivedere Liam ancora sdraiato sul letto della sua camera. Un sorriso di sollievo prese largo sulle sue labbra quando sentì il rumore della porta d’ingresso sbattere. Sicuramente Liam era appena andato via.
“Mi vesto e vi raggiungo.”, accettò mentre già si dirigeva al piano superiore.
“Non metterci un’eternità.”, la incitò il ragazzo dall’altro capo del telefono.
“Mi sbrigherò in fretta, promesso.”, concluse, terminando la chiamata.
“Allora?”, chiese Harry all’indirizzo dell’amico biondo con il quale stava passeggiando per le trafficate strade del quartiere di Chelsea.
“Verrà.”, trillò allegramente sorridendo all’amico.
“Potresti almeno mascherare tutto quell’entusiasmo? Il suo ragazzo è il mio migliore amico!”, gli ricordò Harry.
“Rilassati amico!”, sbottò Niall. “Millie non ha occhi che per Liam, purtroppo.”, bofonchiò arricciando il viso in una smorfia.
“Piuttosto, hai invitato Margaret?”, gli domandò poi, imboccando Beaufort St.
“Sì, certo. Ha detto che sarebbe venuta con Charlotte.”, confermò il riccio.
Niall sgranò gli occhi, arrestandosi all’istante.
“Cosa?”, il suo tono alterato non faceva presagire nulla di buono.
Harry fece spallucce, non riuscendo a capire il perché di quella reazione.
“Non pensavo ti stesse antipatica. Ho solo pensato che aveva bisogno di uscire di casa.”, si giustificò riprendendo a camminare lungo il marciapiede.
“Certo che mi sta simpatica.”, controbatté il biondo. “Il punto è che io ho invitato Zayn e Zayn ha chiamato Louis.”, confessò saggiando bene le parole.
“Cosa?”, questa volta fu Harry a chiedere spiegazioni.
“Cazzo.”, imprecò Niall. “Spero solo che Louis non l’aggredisca.”, borbottò poi, prima di svoltare l’angolo.
“Charlie saprebbe comunque difendersi.”, sottolineò Harry, ricordando l’indole fiera e dura della ragazza.
Pochi minuti dopo giunsero alla meta.
Margaret e Charlotte erano già sedute ad uno dei pochi tavoli lasciati all’esterno del locale, intente a chiacchierare animatamente.
“Salve ragazze!”, le salutò Niall, prendendo posto accanto a Charlotte, subito imitato da Harry che, invece, preferì sedersi alla destra di Margaret.
“Avete già ordinato?”, chiese poi per rompere il ghiaccio.
Margaret scosse il capo.
“Veramente aspettavamo gli altri.”, spiegò Charlie. “Ah, abbiamo chiamato anche Audrey e Bree.”, aggiunse notando la presenza delle due sul ciglio della strada.
“Ciao!”, salutarono anche loro, prima di prendere posto.
“Ciao Bree! Bella borsa, davvero! È favolosa”, dichiarò Margaret, continuando a squadrare quell’oggetto, quasi bramandolo.
Bree sorrise educatamente.
“Grazie, l’ho fregata a mia madre prima di uscire. Credo che non la rivedrà mai più.”, spiegò con una finta espressione ingenua.
“Sbaglio o Louis si sta dirigendo proprio a questo tavolo?”, chiese Charlie, preoccupata da quell’eventualità.
“Ecco, vedi… Noi…”, provò a dire Harry, senza riuscire a concludere nulla di senso compiuto.
Lo sguardo della bionda incrociò quello del ragazzo, pietrificandolo. Zayn lo prese sottobraccio, costringendolo ad avanzare.
“Ciao.”, salutò Zayn. “Ma che bello, ci siamo tutti.”, commentò con tono falsamente cordiale.
“Sedetevi, dai.”, incalzò Niall, stringendo le sedie così da creare spazio anche per loro.
“Dovremmo organizzare più spesso pomeriggi come questo.”, esordì Margaret per smorzare il silenzio che aveva avvolto il tavolo nell’esatto momento in cui Louis era arrivato.
In realtà nessuno di loro aveva nulla da dire, nessuno di loro sapeva di cosa poter parlare con gli altri, nessuno aveva esperienze da voler condividere. Quell’incontro era quasi imbarazzante, ma tutti finsero di concordare con il commento di Margaret.
Di cosa avrebbero mai potuto disquisire delle anime solitarie come le loro? Qual era quella cosa che avevano tutti in comune ed intorno alla quale avrebbero potuto argomentare? Nulla, o meglio nulla di cui avrebbero voluto far parola.
“Allora, quando mi mostrerete le meraviglie di Londra?”, chiese Margaret, giocando la carta della nuova arrivata.
Dei presenti di certo lei era la più propositiva.
“Magari il prossimo fine settimana potremmo farti fare un giro.”, propose allora Harry, sorridendole.
“Certo e magari finire a Trafalgar Square alle tre e mezzo di notte.”, bofonchiò a labbra serrate Charlie.
Nonostante il tono basso e ruvido della sua voce, tutti riuscirono a comprendere distintamente le sue parole.
Louis sorrise, limitandosi a stringere le mani in due pugni ferrei sotto al tavolo.
“Potremmo portarla al London Eye. Si ha la sensazione di poter volare da lassù.”, suggerì Bree.
“Ed il panorama è spettacolare.”, aggiunse Niall, accreditando l’idea della rossiccia.
Audrey avrebbe voluto mandare tutti malamente a ‘fanculo, in quel momento. Non riusciva a capacitarsi di quanto riuscissero ad essere falsi ed ipocriti. A nessuno di loro interessava veramente del London Eye e delle attrazioni di Londra e se quel pomeriggio aveva accettato l’invito di Margaret e Charlotte era stato solo per le interminabili suppliche di Bree. Le aveva assicurato la sua presenza, ma non aveva fatto promesse riguardo alla sua partecipazione attiva.
“Sarebbe un problema, visto che Zayn soffre di vertigini.”, se ne uscì Louis.
L’amico inchiodò il suo sguardo tenebroso su di lui. Quella piccola rivelazione sul suo conto l’aveva infastidito.
“Il tuo commento è inappropriato. Ci sarebbero milioni di soluzioni.”, ribatté Charlie non dando neppure il tempo a Zayn di replicare a quell’affermazione.
Non era riuscita a trattenere le parole, a rinchiuderle nella sua bocca. Forse era ancora troppo presto per frequentarsi amichevolmente, forse era ancora troppo risentita e scossa.
“Certo, tu sei la regina delle soluzioni.”, l’accusò Louis poggiando una mano sul tavolino in metallo smaltato di bianco.
“Che vorresti dire?”, gli chiese la ragazza sfidandolo con lo sguardo.
“Ragazzi, credo sia meglio darsi una calmata.”, intervenne Niall.
“Giusto, magari potremmo ordinare.”, seguì a ruota Margaret.
“No, lascia pure che si spieghi.”, controbatté la bionda dalle ciocche rosa e gli occhi color del ghiaccio.
“Vuoi che mi spieghi? Vuoi che mi spieghi, cazzo?”, sbraitò Louis con un tono di voce troppo alto per trovarsi in un luogo pubblico.
Charlie non rispose, gli fece solo cenno di continuare.
“Me ne sbatto altamente delle tua patetiche scuse del cazzo! Quello che so è che tu non sei diversa dagli altri. Te ne sei andata, è questo quello che conta.”, inveì contro di lei.
I suoi occhi azzurri ora ardevano di rabbia.
“Sei tu che mi hai allontanata, tu e le tue stronzate!”, obiettò Charlotte, agitandosi a sua volta.
“E tu non ci hai messo un attimo a decidere di andar via, vero?”, l’accusò.
“Sei crudele, Louis.”, quasi mormorò Charlie. “Ti sono stata vicina per molto più di un anno, aspettando che qualcosa cambiasse.”, disse abbandonando definitivamente il tono acuto di poco prima.
“Credo di non essere pronto per essere tuo amico.”, sentenziò calmandosi di colpo anche lui. “Me ne vado.”, dichiarò poi alzandosi dalla sua sedia.
“Andiamo bello, non fare il permaloso. Vieni qui!”, provò Niall, nel tentativo di fermarlo.
“Scusate ragazzi, davvero.”, borbottò Louis a mo’di saluto, prima di allontanarsi.
“Mi dispiace per aver perso il controllo.”, esordì Charlotte qualche secondo più tardi. “Forse è meglio che vada anche io.”, aggiunse.
“Charlie, non devi. Rimani qui con noi.”, le suggerì Margaret afferrandole una mano.
“Sì, rimani qui.”, ripeté Bree sorridendole.
“Ho bisogno di riflettere.”, si scusò alzandosi. “Ci vediamo domani a scuola, ragazzi.”, salutò. “Ciao Millie.”, aggiunse notando l’arrivo della ragazza.
“Ciao.”, ricambiò guardandola stranita.
Si avvicinò al tavolo, occupando il posto che fino a pochi attimi prima era stato di Charlotte.
“Perché è andata via?”, chiese dopo aver salutato l’intera combriccola.
“C’era anche Louis ed hanno litigato.”, le riferì Niall.
“Ah, poverini.”, commentò fintamente rammaricata. “Allora, aspettavate me per ordinare?”, domandò afferrando uno dei menù presenti al centro del tavolo.
Quando quello straziante pomeriggio giunse al termine, Niall si offrì di far compagnia a Millie fino a casa. Fortunatamente Audrey era diretta da Bree, dunque avrebbe potuto trascorrere del tempo in compagnia della ragazza che amava senza doverla dividere con altri.
“Non è stato male uscire tutti insieme.”, iniziò Niall fissando Millie intenta a guidare la sua auto appena acquistata.
“Stai scherzando?”, ironizzò lei con una smorfia. “Tra mia sorella in modalità Mercoledì Addams e la sua amica schizzata che sembrava essere la reincarnazione di Luna Lovegood ho temuto davvero il peggio.”, scherzò.
Niall sorrise per quegli strambi paragoni.
“Senza dimenticare Jigen e la versione maschile di Bridget Jones.”, sogghignò aggiungendo all’elenco anche Zayn ed Harry.
“Potresti essere simpatica, se solo lo volessi.”, le fece notare Niall con tono estremamente serio.
Era vero. Millie era dotata di un forte senso dell’umorismo, ma il più delle volte lo mascherava con commenti poco carini riguardanti persone che non riteneva alla sua altezza.
Deglutì a quelle parole, concentrando la sua attenzione sulla strada.
“Perché Liam non è venuto?”, le chiese il biondo, non avendo ricevuto risposte.
Niall le aveva fatto una domanda. Quella ovvia costatazione la sorprese. Certo, era pur sempre banale, ma il tono della sua voce aveva fatto trasparire le mille emozioni che quelle poche parole racchiudevano: speranza che qualcosa fosse finalmente cambiato, preoccupazione per le condizioni di Millie, amore per quei suoi grandi occhi vuoti e persi. Forse era davvero interessato, non solo al suo fisico. Millie aveva sempre saputo quanto Liam differisse da Niall, ma delle volte sembrava dimenticarlo.
“So che ti piaccio, Niall.”, sentenziò Millie, regalandogli una fugace occhiata.
Il biondo si schiarì la voce, impreparato ad affrontare una situazione del genere.
Proprio in quell’istante Millie parcheggiò sotto casa del suo amico. Sganciò la cintura di sicurezza e si voltò per poterlo guardare negli occhi.
“Ti va di farlo con me?”, propose.
Non era affatto sicura di aver fatto la cosa giusta, ma voleva. Voleva capire cosa si provava ad avere un rapporto più intimo con qualcuno che l’amasse.
Niall sbatté le palpebre incredulo. Aveva aspettato quel momento per mesi ed ora che stava per accadere quasi non riusciva a crederci.
Millie prese quel silenzio come imbarazzo misto a timore di aver interpretato male quella già ovvia domanda.
“Ti va di fare sesso con me, Niall?”, gli chiese avvicinando il suo volto a quello del ragazzo.
Niall annuì, senza riuscire a spiccicar parola. Sorrise soltanto, prima che le labbra della ragazza si fiondassero sulle sue.
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Angolo Autrice
Okay, oggi sono davvero di fretta, quindi non mi dilungo. Per questa volta vi lascio semplicemente il nuovo capitolo, tutto dedicato a Millie. :D
Ringrazio chi legge la storia, chi l'ha inserita tra le ricordate, seguite e preferite e ringrazio chi l'ha commentata! *.*
Bene, non aggiungo altro. Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va!;)
Alla prossima,
                                                             Astrea_

  
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