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Autore: Blooming    25/08/2013    1 recensioni
Sarah, dopo aver superato il Labirinto di Jareth si trova faccia a faccia con lui, il Re di Goblin.
“Dammi il bambino.” Disse Sarah cercando di mantenere la foce ferma, lo fissava dritto negli occhi.
Lui mosse un passo nella sua direzione
“Sarah bada a te.” Un altro passo e le fu accanto “Sono stato generoso fino a questo momento ma so essere crudele.”
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jareth, Nuovo personaggio, Sarah
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La forza che è dentro di me
è fuoco, terra e inquietudine.
Combatterò, non perderò
l’orgoglio di un guerriero che non muore mai!
(Non mi avrai così; Zucchero)

 


 
Sarah correva all’impazzata. Geemo si teneva stretto ai suoi capelli e le indicava le strade da percorrere.
Le fiaccole si avvicinavano sempre di più e aveva paura di essere vista e se fosse stata vista allora non ci avrebbero messo troppo a catturarla.
Doveva riprendere fiato. I piedi le facevano male, tutto il suo corpo era in tensione. I nervi tesi a sentire ogni piccolo rumore, ogni piccolo fruscio d’aria.
Si appoggiò a un tronco secco e respirò affannosamente
“Geemo… Ho paura di essere catturata.” Respirò
Le lacrime cominciarono a rigarle il volto. E le domande cominciarono ad affollarle la mente. Aveva paura di non farcela. Di morire. Voleva lasciarsi morire. Si lasciò scivolare lungo il tronco sedendosi per terra e si abbracciò le gambe
“Io non sono poi così forte. Non lo sono mai stata.” Tratteneva i singhiozzi
Geemo guardava quelle perle di acqua che le cadevano sulle gote
“Sarah… è il bosco che ti fa questo effetto. Tu sei forte. Per amare il Re del Labirinto bisogna essere forti, per vivere nel Sottomondo bisogna essere forti, per accettare una sfida con Amlach bisogna essere forti. Tu sei la persona più forte che io conosca. Il bosco ti sta stregando, lui vuole la felicità di Amlach. Ma tu sei forte. Pensa a quanto sei stata forte quando hai attraversato il Labirinto per salvare quel bambino.” Le bisbigliava all’orecchio
“Ma poi ho ceduto e sono rimasta con Jareth…” guardava le luci che scoppiettavano in tutte le direzioni
“E ci vuole coraggio per amare. Tanto coraggio.”
Le luci andavano dall’altra parte del bosco. Sarah fece un profondo respiro
“Devo combattere fino alla fine vero?” chiese a sé stessa ma Geemo rispose lo stesso
“Si. Fino alla fine.”
“E allora combattiamo.” Sarah si alzò e cominciò a camminare, piano, stando attenta a dove metteva i piedi per non schiacciare nessun ramoscello, per non fare rumore
Geemo la guidava. Lei si fidava di lui e lui cominciava a esserle amica
“Sai… c’è un sacco di gente che vorrebbe essere tua amica in questo bosco ma hanno tutti paura di Amlach.”
Sarah guardava il terreno e mentre stava attenta a dove poggiare i piedi rispose
“E tu non hai paura?”
“Si.” Lei rimase confusa “Ma faccio una scelta. Preferisco una parte che mi sembra giusta.”
Sarah si sentì rincuorata ma i problemi ricominciavano ad affollarle la testa.
Sapeva benissimo di essere incinta. L’aveva saputo un paio di settimane prima di entrare nella stanza dalla porta blu. Per questo si sentiva male e voleva chiamare l’Elfo per farsi riportare a casa ma aveva deciso di parlarne a Jareth, poi non c’era stata occasione e aveva preferito aspettare di dirgli quel –Ti amo- che aveva sulle labbra da mesi.
Si era tenuto tutto dentro ma ora… non doveva combattere solo per se stessa, combatteva per Jareth e per quella creatura che cresceva nel suo ventre.
 


Per aiutare Jareth erano giunte anche alcune Banshee. E per quanto il loro aiuto sarebbe stato potente, Jareth non riusciva a rallegrarsi.
Grifoni e Aquile decisero di schierarsi dalla parte del Re di Goblin e ovviamente Ludo, Hoggle e Sir Didymus vollero partecipare alla battaglia per riprendersi la loro Sarah.
Jareth marciò, per prima cosa, contro il palazzo Sidhe di Lord Urér e Lady Celil.
Urér, anche se odiava la moglie, dispiegò ogni sua forza.
L’esercito era allineato su più file davanti alle mura del Castello e della città. I fanti in prima linea, seguiti dai cavalieri e sulle mura stavano gli arcieri, pronti a tirare al segnale del comandante.
L’esercito di Jareth si fermò dietro al Re di Goblin che indossava l’armatura da guerra argentata, il falcetto poggiato al petto. Cavalcava un Grifone  che raschiava il terreno con le zampe di uccello e scalpitava, ruggiva, muoveva le grandi ali pronto ad attaccare al primo segnale.
L’esercito del Re del Labirinto era vastissimo. Contava più di 30.000 guerrieri e guerriere. In prima linea i Berretti Rossi, veloci e crudeli, le Ninfe come cavalleria sui loro destrieri d’acqua, fuoco o erba, i Troll e gli Orchi subito dopo con le loro potenti mazze chiodate e la loro forza bruta. Grifoni e Aquile sulle montagne intorno, pronti a spiccare il volo. Su di loro gli Gnomi della città di Goblin armati di pietre.
Jareth aveva impedito di prendere parte alla battaglia agli amici di Sarah. Voleva proteggergli, se si fossero fatti qualcosa Sarah ne avrebbe sofferto.
Jareth parlò alle truppe, la voce usciva calda e sicura
“Oggi combatteremo. Combatteremo come se fosse l’ultimo giorno della nostra vita. Combatteremo per riprenderci ciò che ci è stato tolto.” Fece una lunga pausa e guardò le file “Ci è stata tolta la dignità di vivere, ci è stata tolta la nostra casa.” Urér e consorte sovrastavano di tasse la popolazione più debole per poter vivere nello sfarzo e dopo l’esilio di Jareth, l’unico che cercava di porre un freno alla loro sete di oro, tutto era precipitato in un baratro “Ci hanno tolto tutto. Combattiamo per riprendercelo! Combattiamo per noi stessi! Combattiamo per vivere!” Jareth si voltò di nuovo verso il Castello “Per Sarah.” Bisbigliò
Sguainò la spada verso il cielo
“Sarah…” urlò forte
Il Grifone si alzò in volo e le prime file cominciarono a muoversi verso l’altro esercito.
I Sidhe dell’esercito di Urér stavano immobili, aspettavano un ordine. I Berretti Rossi correvano con i loro piccoli ma affilati pugnali.
I Sidhe cominciarono a marciare ma la maggior parte venne sopraffatta dai Berretti Rossi, attaccavano in gruppo e si concentravano su un solo soldato. Lo abbattevano e lo uccidevano sgozzandolo.
Il sangue cominciò a diventare il colore dell’erba del campo di battaglia.
Partì da entrambi i fronti la cavalleria, le Ninfe si destreggiavano bene ma la cavalleria Sidhe era molto più potente.
Jareth notò che il vantaggio preso in precedenza stava calando. Urlò dall’alto e i Troll e Orchi si mossero pesantemente, cominciarono a colpire con le clave i soldati nemici che venivano sbattuti contro le mura. Gli arcieri fecero cadere una pioggia di frecce. Colpirono Troll e Orchi che non demorsero e continuarono a farsi strada tra le file nemiche.
Aquile e Grifoni si alzarono in volo, gli Gnomi sul loro dorso lanciavano le pietre acuminate sugli arcieri. Alcune Aquile vennero colpite e si schiantarono al suolo morendo, per i Grifoni fu lo stesso ma l’esercito del Labirinto era più potente.
Jareth vide che un gruppo di Ninfe in difficoltà, calò e scese in battaglia.
Uccise, ferì e si sporcò le mani di sangue fratello. I soldati lo guardavano implorando pietà ma Jareth non conosceva quella parola, ne aveva dimenticato il significato dopo mille anni nel Labirinto.
L’esercito di Urér venne sconfitto rapidamente e riuscirono ad aprire un varco nelle mura. Jareth oltrepassò con altri membri dell’esercito le mura e senza trovare impedimenti arrivò al palazzo.
Aprì le porte.
L’elite della corte Sidhe si nascondeva all’interno della sala del trono.
Vennero bloccate le uscite e il Re di Goblin si diresse a grandi passi verso Lord Urér e Lady Celil. Sorrise
“Dimmi, papà…” lo guardò “Che sovrano è uno che entra in guerra e che non vi partecipa, lasciando a morte certa tutto il suo regno?” lo guardò, il volto sporco di sangue dei suoi simili
Non si aspettava una risposta, si rivolse all’intera corte
“Non sono venuto qui per impadronirmi del trono di mio padre. Non sono venuto con intenzione di distruggere le vostre belle case o violentare le vostre figlie o mogli. Sono venuto a prendermi ciò che è mio.” Guardò alcuni membri dell’esercito del Labirinto che lo ascoltavano “Sono venuto a ridare ciò che è di questa gente, che voi avete preso.” Guardò la madre “Sono venuto a riprendere ciò che è mio.”
Lady Celil lo guardò
“Non ce l’ho io la tua ragazza…” sorrise “A quest’ora sarà morta.” Sfrontata lo guardò negli occhi
Jareth l’afferrò per il collo
“Se è veramente come dici, comincerei a pregare.” La fece schiantare contro il muro
Alcune serve le corsero incontro ma vennero bloccate dalle Ninfe, Lady Celil si rialzò, le colava sangue dalla tempia
“E ora cosa hai intenzione di fare figlio?” aveva grande coraggio
Lui le schiantò addosso uno sguardo di fuoco ma non rispose. Ora l’unica cosa che importava era andare a Randϋr e riprendere Sarah.
 


Ormai l’alba era vicina e Sarah era ancora nel centro del bosco. Correva. Voleva vivere. Doveva vivere.
Vedeva la luce rossastra tra i tronchi, l’alba stava comparendo all’orizzonte. Doveva correre
“Geemo quanto manca.” Piangeva, continuava a correre
“Corri Sarah. Non ti fermare. Sempre dritto.” Sapeva anche lui che non ce l’avrebbe fatta ma le dava coraggio “Corri.”
Sarah correva dritto, saltava i tronchi caduti, non le importava se la sentissero con i suoi schianti. Non le importava se sentissero le foglie scricchiolare sotto i suoi piedi o i legnetti rompersi. Sapeva anche lei di essere spacciata ma continuava a correre.
Sentiva le risate dietro di lei, sentiva Amlach così vicino.
Il cuore le batteva nel petto, un –boom, boom- frenetico, aumentava sempre di più.
Si ripeteva il suo mantra
“Sono più forte di te.” E correva, correva veloce
Il sole cominciò a farsi vedere. Non c’era più tempo. Ma continuava a correre, se non la trovavano forse…
Correva. Gli Elfi la inseguivano saltando da un albero all’altro, ululavano chiamandosi l’un con l’altro, Sarah li sentiva, si voltò a guardare, ne aveva un paio alle spalle di un acceso color porpora. Si voltò e si fermò urlando terrorizzata, le lacrime lungo le guance. I singhiozzi. Il cuore che batteva all’impazzata che piano rallentava. Respirava affannosamente. Guardò Amlach che a pochi centimetri da lei sorrideva.
Sarah singhiozzava, dal terrore, dalla frustrazione per non avercela fatta, si ripeteva –mancava poco, mancava poco.- e piangeva.
Rimase ferma. Non tentò di fuggire, non ne aveva neanche più la forza di fare uno scatto. Aveva perso.
Geemo guardò il Re terrorizzato e si nascose tra i capelli di Sarah. Amlach l’aveva notato ma non disse niente, per il momento.
La ragazza venne accerchiata e incatenata, di nuovo. Amlach le prese il mento tra le dita
“Correvi proprio bene.” La guardò negli occhi coperti dalle lacrime “Ti avevamo vista appena siamo entrati nel bosco. Ma volevamo divertirci un po’.” Rise e si spostò da lei, gli Elfi risero con lui “Sai, è da tanto che non diamo la caccia a nessuno. Non potevamo farla finita subito.” Schioccò le dita “Portela nella sala del trono.” Rise di nuovo vedendola trascinare via “Ci divertiremo un po’ tutti con quella piccola umana.” Li seguì guardando il suo bosco e ridendo.
 


Sarah venne incatenata al trono e picchiata ripetutamente dalle guardie. Si sentiva perduta e disperata, Jareth non si era ancora fatto vedere e pensava di essere stata abbandonata.
Si mise in un angolo alla base del trono e si abbracciò.
Gli Elfi la guardavano, si avvicinavano e poi correvano via quando lei alzava lo sguardo. Divertiti, incuriositi, maligni. Le tiravano pietre per vedere le reazioni. Sarah si proteggeva come meglio poteva, proteggeva se stessa e il bambino dentro di sé.
Il Brownie si calò sulla sua spalla e le parlava
“Sarah devi reagire. Reagisci.” Ma non ce la faceva, stava lì a tremare
Amlach entrò trionfante. Il sole dietro di lui che lo illuminava, rideva. Rideva di gusto.
Seguito dai suoi fedeli amici Sistas e Romiel, dietro di loro un altro gruppo di Elfi ed Elfe che ridevano e si raccontavano gli aneddoti sulla caccia di quella notte.
Amlach vide Sarah raggomitolata contro il trono, le catene al collo e alle caviglie.
Piangeva silenziosamente. L’Elfo tirò una catena e lei venne trascinata verso di lui, la fece alzare e la mostrò a tutti
“Ecco!” rise e la tirò ancora più vicino “Ecco a voi la Regina del Labirinto. Sarah!” la guardò come si guarda un animale, soppesandola “Adesso che non hai scampo sei molto più bella.”
Sembravano quelle stesse parole che le aveva rivolto Jareth non appena aveva fatto il patto. Si sentì ancora più disperata, il mondo che si era appena riuscita a ricostruire era crollato.
La tirò per i capelli
“Allora.” Le lecco il collo “Cosa vogliamo fare con questa umana…” la spostò violentemente da sé e si rivolse agli Elfi “Cosa devo farne di lei?!” tutti risero, Amlach si rivolse a una delle Elfe serve “Staccala da quella catena e lavala, odio le cose sporche.” Sarah venne slegata e affidata all’Elfa “Poi portala nella mia stanza.” Il sorriso e la risata raggelante “Voglio divertirmi.”
Sarah venne portata via quasi a forza. Piangeva a testa bassa. Voleva morire all’istante per non cadere nelle mani di quell’essere. Voleva morire ma quella piccola creatura nascosta nei suoi capelli le sussurrava
“Combatti Sarah, combatti. Devi vivere.” Cercava di darle coraggio
Doveva combattere. Lo sapeva anche lei. Se non per se stessa doveva farlo per quel bambino che cresceva nella sua pancia.
 


Jareth si spostò con il suo esercito verso la foresta di Randϋr. Deciso, questa volta, a distruggere tutto. A distruggere Amlach e tutta la sua razza.
Volava sul Grifone. Volava alto.
Non sapeva se Sarah fosse viva, non sapeva cosa le avessero fatto. Sperava solo di ritrovarla. Se fosse morta non avrebbe saputo come reagire, probabilmente la disperazione l’avrebbe distrutto lentamente, facendolo soffrire e logorandolo col passare del tempo.
Guardò il suo esercito che marciava imperterrito e potente. Probabilmente gli Elfi non sapevano dell’imminente battaglia e questo gli portava un vantaggio.
 


Amlach entrò nella sua stanza. Sarah era lì, legata al letto per le mani, incapace di muoversi. Il Brownie era stato trovato e messo in una piccola gabbia appesa nella sala grande.
Amlach odorò Sarah
“Ora sì che hai un buon profumo piccola umana…” la slegò “Ti libero così avrò da che divertirmi a catturarti, di nuovo, e farti mia per sempre.” Si piegò su di lei
Sarah colse l’occasione e gli tirò un calcio nell’inguine e cercò di correre via.
Amlach soffocò una risata
“Mi hai fatto male.” La inseguì “Dove credi di scappare umana!”
Sarah correva cercando di schivare le prese dell’Elfo e si dirigeva verso la porta spaventata ma il desiderio di essere libera la incoraggiava.
Amlach riuscì ad afferrarla per una caviglia e la trascinò sul pavimento, in un attimo le fu sopra. Sarah non demordeva e lo graffiò cercando di liberarsi ma lui dopo una lugubre risata, le bloccò le mani sul pavimento
“Guarda cosa hai fatto, sciocca. Mi hai sfigurato!” le aveva piantato gli occhi gialli addosso
Sarah rise nervosa
“Almeno adesso sei più bello.” Gli sputò in faccia ma tutto quello che ebbe come reazione fu la risata di un pazzo
D’improvviso la porta della stanza si spalancò e delle guardie corsero dentro
“Mio Re!” Amlach si alzò infuriato, nero dalla rabbia, ma prima che potesse parlare le guardie gli dissero di guardare fuori quello che accadeva
Amlach spalancò le finestre e uscì sul balcone di quercia. L’esercito di Jareth era schierato al limitare del bosco. Lui volava alto nel cielo e guardava verso la finestra, il respiro profondo venne percepito dall’Elfo
“È il Re del Labirinto, mio signore.” Disse una guardia
Sarah sentì quelle parole. Si alzò in piedi e corse verso il balcone, l’adrenalina le scorreva nelle vene, scansò Amlach e uscì fuori. Si aggrappò al parapetto e urlò
“Jareth!” urlò più forte “Jareth!” finché il suo Re non si voltò a guardarla
Jareth la vide appena in tempo, tirata dentro da Amlach che la gettò a terra.
L’Elfo avrebbe sofferto e avrebbe sofferto per sempre. L’avrebbe distrutto.
Sarah schiacciata a terra, si sollevò sulle mani, guardò fuori dalla finestra
“Non mi importa quanto mi picchierai o quanto mi farai del male. Ora che so che lui è vivo, mi difenderò con ogni mezzo a mia disposizione.” Si voltò verso Amlach “Non mi fai più paura. Sei tu quello che ha paura Elfo, paura di rimanere solo, paura di rimanere con te stesso. Paura di perdere, perdere ciò che non hai mai avuto.” Si avvicinò sempre di più “E tu non hai mai avuto il potere e non avrai mai me.”
L’attaccò al regno elfico iniziò.
   
 
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