Storie originali > Azione
Segui la storia  |       
Autore: La X di Miria    25/08/2013    1 recensioni
Avvertenza: non c'entra nulla con Hunger Games, sebbene il titolo sia simile.
La protagonista è Marta, una ragazza che lavora per una casa di moda, con il complesso della taglia 40 e dei fotografi. Impegnata nell'ennesima sfilata, sarà vittima di un gioco inumano e spietato.
Ma la verità era un'altra. La verità era che io avevo un terrore innato per i fotografi. Una fifa blu, perché la paura è blu, come i flash di quelle dannatissime macchine, che scoccavano all'unisono, tutte dirette verso un singolo obiettivo: tu.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Decidemmo, o meglio, Giacomo decise di andare a ovest. Camminava vicino ad Erica, ma non accennavano a parlarsi. Dietro venivamo io e Sere. Ancora più indietro il povero Giovanni.

Con Sere parlai di tutto: venni a sapere che era cassiera in un negozio per animali, che aveva due gatti, un cane e tre canarini, ma avrebbe voluto anche un criceto, quattro pesci rossi, due pappagalli, e pure un'iguana, se solo l'amministratore del condominio gliel'avesse permesso. Era appassionata di ippica e pattinaggio su ghiaccio, aveva la camera tappezzata da poster di Jhonny Deep, Tom Cruise e Avril Lavigne, che amava alla follia. Le piaceva la pizza, la cucina messicana e thailandese, avrebbe denunciato a piede libero i venditori di pellicce e faceva collezione di miniature di edifici importanti. Le piacevano le persone gentili, carismatiche e coraggiose, odiava i tipi noiosi e intellettuali. Amava fare passeggiate e jogging, ma avrebbe dato fuoco a tutte le palestre del mondo... udimmo un gemito: Giovanni si era impigliato la maglia in un rovo.

«Andate ad aiutarlo» ordinò Giacomo e si voltò senza darci possibilità di replica. Erica ci guardò inespressiva e proseguì.

Li mandai a quel paese con gran piacere.

Tornammo indietro a liberare quel tonno di Giovanni, guidate dai suoi richiami.

«'Sta fermo! Altrimenti ti strappi la maglia!» mormorai seccata.

«Ma per quanto... dovremo andare... avanti? Sono due ore... » sbuffò.

Due ore? Non mi ero nemmeno accorta.

«Finché non ne usciamo» dissi. Lo liberammo e posi fine al discorso tirandolo per il braccio.

A mezzogiorno ci fermammo accanto a un masso incastonato sul fianco di una collina, per far recuperare le energie a Giovanni. Invidiavo Erica e il suo cappotto ogni volta che una folata di vento mi passava sul collo. Era di tessuto blu scuro, con bottoni in legno e un cappuccio con l'interno in lana. Non osavo chiederglielo: uno perché mi stava antipatica, due perché mi era stretto, tre perché non me l'avrebbe mai dato.

Per una cosa o per l'altra, mi trovavo sempre ad invidiare quelle odiose col fisico da modella.

Guardai Giacomo che pontificava su posizioni solari, ore del giorno, orbite planetarie, congiunzioni astrali e robe del genere. Disegnava in cielo linee con la mano, neanche fosse stato Galileo Galilei o l'astronomo di re Atahualpa, e assicurava che avremo ritrovato la strada in quattro e quattr'otto. Mentre si gonfiava il petto con nozioni di astronomia, lanciava svelte occhiate ad Erica, che non lo calcolava per nulla. Stava appoggiata al masso con quell'aria a metà tra l'assorto e l'annoiato: chissà cosa le frullava nel cranio.

«... quindi sono convinto che questa sia la via giusta.»

Silenzio: ci sarebbe stato bene un applauso, ma nessuno applaudì.

Giacomo lo prese come un assenso e s'incamminò ancora verso ovest, ma il mio sento senso diceva di tornare indietro, come se ci stessimo avvicinando a un pericolo.

Ora che Serena era rimasta ad aiutare Giovanni, ebbi modo di riflettere.

La giornata stava procedendo come una gita in montagna relativamente tranquilla. Uomini armati avevano rapito delle persone solo per portarle a fare una gita in montagna un po' estrema? Dai racconti dei miei compagni, pareva prendessero persone a caso, niente ci accomunava. Ci avevano scaricati cinque alla volta.

Questi vanno nel terzo settore. Se noi eravamo nel “terzo settore”, voleva dire che ce n'erano almeno altri due. Eravamo di sicuro almeno in quindici a vagare senza meta in questa foresta.

Certo che come regalo di compleanno, mi pare un po' eccessivo. Compleanno? Questo davvero non mi quadrava. C'era una festa nel bosco? Eravamo stati invitati? E quando? Dovevamo trovarla come in una caccia al tesoro? Dalle parole del tizio, era come se fossimo noi il regalo. Regalo per chi? Qualcuno di ricco di sicuro, lo avevano confermato anche gli uomini in mezzo al bosco. Forse qualche ricco annoiato aveva rapito persone a caso per la sua festa nel bosco per fare nuove conoscenze? No, no, no! Uno che assolda gente armata, che rapisce le persone, non ha intenzioni amichevoli.

Non è una cosa adatta nemmeno ad un essere umano, se è per questo. Mi venne la pelle d'oca. Presi a guardarmi attorno spasmodica. Di sicuro, questo non era un posto tranquillo, una cosa, no, no, adatta, sarebbe successo qualcosa di brutto, nemmeno, dovevo avvisare subito, ad un essere, gli altri, prima che... umano...

Un tuono esplose dietro di me e mi uccise anche il più piccolo grido di sorpresa.

Serena invece gridò l'anima.

Vidi Giovanni trascinare Serena con la forza di un pachiderma imbizzarrito: barrì terrorizzato e travolse tutto ciò che si trovò sul suo cammino. Balzai in avanti e corsi a perdifiato lungo la discesa.

«Ci ammazzano!! Ci ammazzano!!» strillava Serena.

Giacomo ed Erica se ne accorsero troppo tardi e io ero già dietro di loro: allargai le braccia e li scaraventai oltre un pendio ricoperto di aghi. Mi gettai con loro, cercai di restare in piedi, ma il pendio era troppo scosceso: rotolai, sbattei le costole, mangiai aghi fino a uno spazio erboso.

«Di là, di là!!» sbraitarono delle voci.

Due spari, uno sibilò accanto al mio orecchio.

La paura cieca mise a tacere la ragione e mi spronò in mezzo all'erba.. Pensai solo a correre, correre e correre più veloce di un lampo. Spostavo e strappavo l'erba come una furia, ero troppo lenta, mi avrebbero presa, di sicuro, mi avrebbero presa!

Giacomo ed Erica uscirono dall'erba, non li vidi più. Uscii anche io: erano spariti! Ma dove, ma dove...?

«Ehi! Qua!» La mano di Erica spuntò da un tronco cavo. Mi fiondai in quella direzione, ricacciando le lacrime che mi erano salite agli occhi. Continuavo a sorridere, non ero mai stata tanto felice di vedere due persone che detestavo! Quasi li abbracciavo entrambi!

«Li abbiamo... eh-eh... seminati...?» chiese Giacomo.

. I miei nervi, appena rilassati, si contrassero all'unisono.

Fuori era tornata di colpo la calma . Oltre ai gorgheggi di qualche uccellino, non c'era alcun rumore.

Osservai da un apertura nel tronco. Il prato che ci eravamo lasciati alle spalle era una distesa uniforme. Eppure era come se non fosse realmente tutto a posto, come se mancasse qualcosa...

Erica trasalì: «Dove sono... gli altri due?»

Guardai a destra. A sinistra.

«No! Li hanno presi!» urlai, ma Erica mi tappò svelta la bocca.«Zitta!» Mi fisso con le pupille contratte dal terrore. Le lacrime tornarono a bruciarmi.

«Dobbiamo tornare indietro» concluse.

Giacomo rise nervoso: «Ma sei pazza? Non possiamo fare nulla per loro. Tornare indietro è un suicidio.»

Erica deglutì. «Non possiamo lasciarli. Dobbiamo restare uniti... al loro posto, vorresti essere abbandonato là fuori?»

«Ehi, no, senti bella, è una follia, ok? Una follia bella e buona, io là non ci torno per salvare l'ippopotamo e la sua amica pappagalla.»

Razza d'idiota. Razza di ectoplasma mal formato. Serena non è un pappagallo; ed è la mia amica. La mia!

Erica scosse il capo stizzita.

Forse aveva più paura di tutti, forse avrebbe voluto scappare il prima possibile, forse era stata la prima a pensare di abbandonare i nostri compagni, eppure fu l'unica a tornare indietro: sgattaiolò fuori dal nostro rifugio e s'immerse tra gli steli danzanti del prato.

Me ne stavo lì, guardandola avanzare e torcendomi le mani. Ok che la trovavo odiosa, ma non potevo lasciarla sola. Ma non volevo neanche morire. E dentro di me sapevo già che Giovanni e Serena...

«Oh, diamine!» bisbigliai. Entrai in apnea e raggiunsi Erica, che stava scomparendo nel folto.

Arrivò anche Giacomo: un uomo tutto d'un pezzo come lui non poteva certo starsene in disparte!

«Vedi qualcuno?» chiesi ad Erica.

«No...» alzava il collo sopra l'erba e scrutava intorno come una marmotta. Giurai di aver visto il suo naso muoversi su e giù.

Avanzammo ancora e non ci volle molto prima che trovassimo dell'erba piegata e tracce di sangue. Seguimmo la scia con molta cautela. Giacomo se ne stava dietro e si guardava bene dal pontificare sul da farsi: teneva gli occhi bassi e si muoveva quasi a gattoni.

Raggiungemmo un torrente melmoso, sulle cui sponde crescevano canneti sussurranti e saltellavano rospi marroni grossi quanto un pugno. Degli insetti saltellavano sul pelo dell'acqua – libellule, tafani o che so io- e un grosso serpente nero s'immerse sibilando.

«Eccoli!» sussurrai.

Giovanni giaceva sulla riva, madido di sudore e con una mano viscida di sangue; Serena gli stava fasciando il polpaccio con la sua sciarpa. Appena si accorse di noi, Serena fece un salto e io corsi ad abbracciarla, neanche ci fossimo ritrovate dopo un secolo. Non riuscivo a respirare da quanto ero felice – e anche perché Serena mi stringeva come una pressa - ! Era viva! Viva! Ma come aveva fatto?

«Spostatevi» ci ordinò Erica. Si mise ad armeggiare con la gamba di Giovanni che intanto guaiva.

«Per fortuna ti hanno ferito di striscio. Non è grave, tuttavia è bene tenere la fasciatura stretta.» Diede uno strattone deciso e lo aiutò ad alzarsi, ma lui si rifiutò: «Mi fa male, mi fa male. Non riesco ad alzarmi, voglio stare qui!»

No, no, no! Ci mancava solo che si mettesse a frignare!

«Avanti! Ti aiutiamo noi! Non piangere, altrimenti tornano quelli!» bisbigliai. Lui sgranò gli occhietti da maiale e ammutolì. Così mi tornarono utili i tre mesi da baby-sitter fatti l'anno scorso. Io ed Erica lo tirammo su per le braccia, tutto sgocciolante di fango e acqua putrida. Giacomo era impegnato in faccende ben più importanti, come consolare Serena dalla brutta esperienza.

«Ce la fai a reggerti?»

«S-sì.» Giovanni zoppicava vistosamente, così io ed Erica dovemmo sorreggerlo.

Ci muovevamo a una lentezza snervante.

«Avanti, un passo alla volta.» La voce di Erica era calma e comprensiva, come se non fossimo in piedi, totalmente allo scoperto.

«Non ce la faccio, non ce la faccio!»

«Sì che ce la fai! Guarda, dobbiamo arrivare fino a quegli alberi laggiù. È vicino. Forza!»

Giacomo ci corse accanto senza nemmeno calcolarci, stringendo la mano di Serena: «Là saremo al sicuro!» indicando gli stessi alberi.

Feci schioccare la mascella. Giovanni mi pesava, era sporco, guaiva per la sua stupida gamba e per di più puzzava di sudore. Odiai Giacomo. Odiai Serena. Odiai tutti e due.

Ci trovavamo ancora nei pressi del torrente, quando qualcosa si mosse tra i canneti. Strinsi gli occhi: pareva un animale che annusava il terreno. Avanzava piano verso di noi, da sinistra. Stavo per avvisare Erica, quando vidi un bagliore ghignare tra i canneti e di nuovo pensai solo a correre, correre e correre, più veloce di un razzo.

Uno sparo.

Corri, corri, corri!!

Un altro.

Ci ammazzano, ci ammazzano!!

Un altro.

No...

Mi voltai e l'angoscia mi sciolse e guance. Li avevo lasciati...

Giovanni era svenuto, Erica stringeva i denti e lo trascinava, mentre attorno a loro sibilavano i proiettili ed esplodevano in acqua. Urlò, pianse, inveì contro di me, ma non capivo nulla di nulla, ero fissata a terra come un dannatissimo chiodo. Successe troppo in fretta, troppo veloce.

Erica inciampò e un colpo penetrò la spalla di Giovanni. Poi un altro, sul petto: lo vidi inarcarsi e levare le mani come un orso che tenta una difesa disperata. Un'ultima esplosione mandò il tempo in frantumi, segnò il confine tra passato e presente: lo colpì proprio lì, al centro dei tre cerchi rossi.

Un attimo prima era accasciato su Erica. Un attimo dopo, morto, sulla riva del torrente.

Un centro perfetto.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Azione / Vai alla pagina dell'autore: La X di Miria