Oggi sono ben
disposta, quindi rispondo alle recensioni una per una^^
(ammettiamo che non mi costi poi una gran fatica XD) E, per la cronaca,
il
fotomontaggio di Bill incinto esiste davvero!
Ah, ci tengo a precisare che non ho la più pallida idea di
come si
svolga la vita in tourbus, dunque non stupitevi se, andando avanti a
leggere,
vi sembra che Haylie e i Tokio Hotel vivano su una semplice villetta
con le
ruote. <_<
Temperance_Booth:
sì, lo
so che Tom è fantastico, checché se ne dica
(cioè, checché TU ne dica…cof coff)!
Chissà… forse sei una veggente, o forse
no… Chi leggerà, vedrà!
Valux91:
io AMO la
famiglia del mulino bianco!!! Chissà, forse nel mio
inconscio
era proprio a quella che pensavo… Per quanto riguarda la
reazione a catena,
beh, non ho dovuto fare un grande sforzo…è
proprio così che io mi immaginerei
una scena simile!
Ale: che, hai letto
la mia “Cry - Don’t wanna be alone”? XD
Gioia, ti consiglio di non farti prendere
dall’ansia… Ancora ci saranno un bel
po’ di capitoli (credo^^), può succedere di tutto!
Capitolo mooooolto di transizione:
Capitolo
4
La mattina seguente, ad Haylie bastò
socchiudere gli occhi per vedere un sottile filo di luce intrufolarsi
nella
stanza attraverso uno spiraglio di finestra aperto.
Voltò lentamente la testa: Bill dormiva
ancora profondamente, raggomitolato su se stesso e con una gamba
penzoloni
fuori dal letto.
Gli sfiorò i capelli con una carezza prima di
infilare i piedi infreddoliti nelle pantofole ed alzarsi
silenziosamente.
Attraversò il corridoio in punta di piedi, chiedendosi se
fossero ancora tutti
a letto.
Si affacciò cautamente dalla porta socchiusa,
constatando che le luci erano spente e quella parte di tourbus era
ancora
vuota.
Dopo due anni, spesso si ritrovava a
chiedersi come facessero quei quattro a dormire fino all’ora
di pranzo, per di
più con il bus in movimento.
Riscaldò un po’ di latte e ne riempì la
propria tazza, poi scostò la tenda e si sedette accanto al
finestrino, bevendo
lentamente.
Fuori il sole splendeva già alto,
rischiarando l’interno del tourbus con la sua luce ancora non
troppo calda.
Haylie si strinse nel suo maglione, finendo di bere il latte.
Posò la tazza sul tavolo, poi la sua mano
scivolò sulla sua pancia, ripetendo quel gesto che
più volte le era venuto
spontaneo.
Automaticamente, i suoi pensieri volarono a qualche
mese più avanti.
Si vide diversa. Si vide con il pancione, che
non avrebbe mai lasciato immaginare la sua silhouette prima della
gravidanza
–ma non era certo quello che la preoccupava-, ma soprattutto
si vide felice.
O meglio, così le piaceva immaginare, in
mancanza di esperienza e fantasia.
Già… esperienza.
Haylie preferì non ripetersi quella parola
dal suono vagamente inquietante.
Decise di non affrettare i tempi e di provare
a rilassarsi. Dopotutto, ce n’era ancora, da aspettare.
Si alzò, sentendosi una strana smania
addosso, e cominciò a tirare fuori da un mobiletto tazze,
piatti e quant’altro
servisse per la colazione. Qualcosa le diceva che avrebbe dovuto
aspettare
ancora un po’ per veder spuntare fuori qualcuno, e tanto
valeva darsi da fare.
Non si accorse neanche che, mentre era
indaffarata a sistemare la tavola, Georg le era passato silenziosamente
accanto.
- Buongiorno – la salutò con voce impastata
di sonno.
- Buongiorno – rispose lei. – Come mai
già in
piedi? –
Georg sbuffò sonoramente, lasciandosi cadere
su una sedia e stropicciandosi gli occhi con entrambe le mani.
- Lasciamo perdere – mugugnò. – Gustav
è
sveglio da due ore e non ha smesso un attimo di rigirarsi come
un’anguilla nel
letto. Piuttosto che sentire un terremoto… - Si
passò una mano tra i capelli,
solitamente lisci come il mare di luglio, ma che ogni mattina
assomigliavano
stranamente a un cespuglio piuttosto intricato. Come evocato dai suoi
pensieri,
Gustav fece il suo ingresso pochi minuti dopo, allegro e pimpante.
- ‘giorno a tutti! –
- Parla per te – bofonchiò Georg.
- Ragazzi, non fate macello, Bill sta ancora
dormendo – li ammonì Haylie.
- Ah, non preoccuparti – rispose Georg. –
Visto che mi sono alzato dieci minuti fa, entro un quarto
d’ora arriverà anche
lui. E’ sistematico, abbiamo gli stessi orari. E’
Tom che ogni tanto si
volatilizza. –
- Beato lui… Ancora non capisco come faccia.
– disse lei, cominciando a sciacquare la propria tazza nel
lavandino. In quel
momento, si sentì la porta scricchiolare e nella stanza
comparve una figuretta
alta e magra con i capelli arruffati.
- Ecco, che ti avevo detto? Largo al demone
dei bassifondi urbani! – scherzò Georg.
La risposta di Bill non andò oltre una
smorfia assonnata, poi Haylie se lo ritrovò accanto.
- Buongiorno –
- ‘giorno… Scusa, che stai facendo? –
- Lavo la mia tazza, perché? – Haylie non
ebbe il tempo di rispondere, perché Bill gliela tolse dalle
mani.
- Lascia stare, ci penso io dopo. O Tom, o
Gustav… -
- Ma perché, non posso? –
- Non nelle tue condizioni – decretò lui,
riponendo la tazza nel lavandino e guidando Haylie verso il tavolo.
- Ma non sono mica malata! – protestò lei,
sedendosi accanto a Georg.
- Non devi stancarti comunque – Haylie alzò
gli occhi al cielo.
- Lavare quattro cose non è stancarsi…
-
- Lascialo perdere – intervenne Georg,
lanciando un’occhiata di sbieco a Bill come se fosse stato un
caso disperato. –
E’ paranoico fino alla morte, lo sai. Armati di santa
pazienza per i prossimi
mesi. –
Bill gli allungò una pedata mentre prendeva
posto accanto alla sua ragazza e pescava un biscotto dal pacchetto
messo al
centro del tavolo. In quel momento, si sentì una voce
provenire da dietro le
loro spalle:
- Sono sempre più commosso… vedo che non
riuscite neanche a mangiare senza di me! –
- Buongiorno, Tom – risposero tutti in coro
senza neanche voltarsi. Tom fece il suo ingresso nella sua classica
versione-risveglio, con indosso una tuta per una volta della sua misura
esatta
e con i rasta raccolti sotto un berrettone lavorato ai ferri che non
mancava
mai di suscitare i commenti ironici degli altri tre ragazzi, e si fece
spazio
accanto a Gustav.
- Non mettetevi in testa di farmi alzare a quest’orario
indecente anche negli altri giorni liberi. Avete fatto un tale casino
che mi è
passata la voglia di dormire. – annunciò
versandosi una generosa quantità di
latte.
Certo, il suo concetto di “orario indecente”
era abbastanza diverso da quello di Haylie: per lui era semplicemente
inconcepibile alzarsi prima delle dieci, per lei lo era rimanere a
letto oltre
le sette.
- Ragazzi, sto congelando – disse Gustav,
stringendosi nella propria felpa.
- Eppure io muoio dalla voglia di uscire –
rispose Haylie, sgranocchiando una fetta biscottata.
- Scherzi? Con questo freddo? – ribatté Bill.
- Ma se c’è un sole bellissimo…!
–
- Oggi il tourbus dovrebbe fermarsi per l’ora
di pranzo – disse Gustav, senza badare al battibecco.
Effettivamente, lui era
quello che per primo, appena il bus si fermava, usciva a prendere un
po’ d’aria
e a fare lunghe passeggiate.
- Fantastico! – si entusiasmò la ragazza.
–
Non vedo l’ora. –
- Haylie, lascia perdere, puoi uscire un
altro giorno… - tentò di convincerla Bill, ma
tutto ciò che ottenne in risposta
fu un lungo sospiro.
- Va bene, ho capito – sbuffò, alzandosi e
facendo per raccogliere tazze e bicchieri dal tavolo, ma Bill la
bloccò.
- Lascia, faccio io. –
- Grazie, Bill, non c’è bisogno –
- Davvero, lascia stare! Tu puoi riposarti un
po’, se vuoi. –
In quel momento, Haylie avrebbe voluto
essergli grata, ma le sue osservazioni di prima l’avevano
già innervosita,
senza contare l’incredibile smania che si sentiva addosso da
quando si era
svegliata.
Ritrasse energicamente la mano sulla quale
Bill aveva posato la propria.
- Per l’amor del cielo, Bill! Sono solo
incinta di due mesi, mi sono appena svegliata da un sonno
sufficientemente
lungo e mi sento benissimo! Tutto quello che desidero è
muovermi un po’, chiedo
troppo?! – esclamò.
Bill la guardò a metà tra lo stupito e
l’imbarazzato.
- Scusa, amore, non volevo dire che… -
- Lo so, lo so. – rispose lei
sbrigativamente. Non avrebbe voluto rivolgersi a lui in quel modo, ma
non aveva
proprio potuto trattenersi.
D’altra parte, con Bill, bastava dire
chiaramente ciò che c’era da dire, e cercare di
non lasciarsi contagiare troppo
dalle sue abitudini.
Come aveva detto Gustav, il tourbus si fermò
intorno all’una.
A quell’ora, Haylie era già vestita e ben
coperta. Mise in borsa un paio di panini e uscì, godendosi
la meravigliosa
sensazione del vento freddo che le pizzicava il viso.
Fortunatamente, quando il tourbus
interrompeva i suoi giri, era sempre circondato da una fitta schiera di
camion
e sostava in posti piuttosto isolati, per far sì che i
membri del gruppo
fossero al sicuro senza venire assaliti da orde di fan impazzite.
Quel giorno, il tourbus si fermò davanti a un
grande prato, reso ancora più verde e luminoso dai raggi del
sole.
Haylie si era appena seduta sull’erba quando
dal tourbus uscì Tom.
- Ehi. Tutta sola? –
La ragazza annuì senza dire nulla, al che Tom
le venne accanto e si sedette con lei.
- Posso? –
- Certo. –
- Non ti preoccupare per Bill, ogni tanto gli
piglia di fare il rompipalle, ma poi gli passa. Capisco che due anni
siano
pochi per abituarsi a lui. –
Se c’era una cosa che non si poteva
rimproverare a quel ragazzo, era di non essere diretto.
- Oh, figurati. E’ anche colpa mia, ho
reagito male. –
- Ma no… Ti capisco. –
- E’ che stamattina mi sento un po’ nervosa.
– sospirò, stringendosi nelle spalle. –
Saranno gli effetti collaterali… -
aggiunse ridacchiando.
- Già – Tom sorrise. – Ma tu che
programmi
hai? Nel senso… hai intenzione di startene come una mummia
per sette mesi, come
ti ha suggerito lui? –
- Non ho idea di come mi sentirò. Ma Bill
capirà sicuramente. Dopotutto, non posso pretendere che
capisca sempre cosa
voglio. –
- Come, non dicevi che voi vi capite anche
senza parlare? – le chiese Tom in modo sottilmente ironico.
- Appunto, ho detto anche… -
replicò
lei, ridacchiando. – Beh, comunque la novità non
è soltanto per me, non sono
solo io che devo abituarmici. Spero che non dovrete essere voi ad
abituarvi ai
miei sbalzi d’umore! –
- Mah… In due anni non ti ho mai vista
arrabbiata, ma qualcosa mi dice che, se succedesse, potrebbe essere un
segno
dell’imminente fine del mondo. –
- Sì, vabbè… Mica sono una santa.
–
- Come no, sei ancora viva e con la mente a
posto dopo due anni passati in mezzo a noi… più
di così non so cosa tu possa
fare – disse Tom, sogghignando.
Haylie rise e si strinse nel suo maglione,
sentendo un leggero brivido di freddo.
- Spero di non impazzire giusto in questi
mesi! – Tom scosse la testa e alzò gli occhi al
cielo, senza però smettere di
sorridere.
- Haylie, aspetti solo un bambino… Non credo
che questo porti alla pazzia! Al massimo qualche sbalzo
d’umore… -
- Io non ne ho idea, Tom. Mi sento ancora un
po’ spaventata, a essere sincera. –
A quella parole, il sorriso di Tom cambiò.
Non che l’avesse mai vista come una semplice
ragazzina capricciosa, ma, in quel momento, sentì come un
moto di tenerezza
verso di lei.
Come se volesse trovarsi al suo posto, anche
solo per un attimo, per capire cosa provasse…
- Te la caverai egregiamente, ne sono sicuro.
–
Haylie lo guardò con riconoscenza.
- Spero che tu abbia ragione. –
- Io non sbaglio mai. – replicò Tom con una
finta aria di superiorità.
- Buon per te, Tom, buon per te… -
…
La porta si aprì e richiuse con un rumore tanto debole da
essere appena
percettibile.
Haylie non raccolse neanche le forze necessarie per alzare la testa,
anche perché sapeva benissimo chi era appena entrato.
Era calata la sera, e per tutto il pomeriggio lei e Bill non si erano
neanche visti. Aveva passato qualche ora in compagnia di Tom,
chiacchierando
tranquillamente del più e del meno –stranamente,
quel ragazzo le faceva venire
voglia di parlare più di quanto non fosse abituata a fare-,
prima di appartarsi
e stare un po’ per conto proprio, in compagnia dei suoi
pensieri e della creatura
che si sarebbe portata dentro per mesi.
…Come se volesse cominciare a prendere confidenza, per non
trovarsi
impreparata quando il momento sarebbe arrivato.
Haylie sentì le lenzuola frusciare quando Bill le
alzò e poi ci si
infilò sotto.
Subito dopo, una sensazione molto più bella… la
sua mano fresca sul
fianco, con quel tocco delicato che solo lui aveva, e il suo viso tra i
capelli.
- Scusami per stamattina – sussurrò a fior di
labbra, baciandola dalla guancia alla spalla e riscaldandola con il suo
fiato.
- Non è niente – mormorò lei, non
potendo
trattenere un sorriso appena accennato. Istintivamente,
cercò la sua mano, al
che Bill l’attirò dolcemente a sé,
trovandosi faccia a faccia con lei.
Quel viso gli era mancato per tutto il
pomeriggio.
Scivolò silenziosamente sopra di lei,
continuando a baciarla e segnando delicatamente il suo profilo con la
punta
delle dita.
Haylie sentì il suo respiro farsi più
affannoso mentre cominciava a spogliarla, e si aggrappò alle
sue spalle,
stringendolo forte.
- Sei bellissima –
Haylie nascose il viso nell’incavo tra il suo
collo e la spalla quando avvertì Bill cominciare a farsi
spazio tra le sue
gambe, cercando di raggiungere il suo intimo con gentilezza non priva
di
bramosia.
Tutto si confuse.
Bill, i suoi baci, le sue mani, le sue gambe,
l’odore della sua pelle, la carezza dei suoi
capelli…
Ti
amo Bill… Dimmelo anche tu…
Nel suo respiro veloce forse vi era un
qualcosa in più, le parole che Haylie cercava, ma, se era
così, quella volta
non riuscì a sentirle.
Non aveva mai preteso niente.
Ma quella notte sentì la mancanza di quel ti
amo sottinteso, e che sempre lo era stato, senza averle mai dato alcuna
preoccupazione.
“Nei
silenzi,
in un'emozione rotta da un respiro
é chiaro quanto t'amo
e non saprei immaginare la mia
vita senza te .”
(Raf,
“Nei silenzi”)