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Autore: AnneC    26/08/2013    5 recensioni
Si può abbandonare il proprio Paese e una volta all’estero cercare qualsiasi cosa che ti tenga aggrappato ad esso?
Si può ripartire da zero, iniziare una nuova vita, creare una nuova versione di te senza sentirsi spaesati e soli in una metropoli che ti attende oltre le finestre?
Riuscirai a ristabilire l’ordine o andrà tutto a rotoli?
Resterai o tornerai indietro?
In ogni battaglia serve qualcuno che ti copra le spalle nei momenti di difficoltà e che esulti con te della vittoria. Ma puoi trovarlo in mezzo ad una folla sconosciuta?
C’e chi riesce nel suo intento e chi invece rimane sconfitto.
Cos’è successo a me? Stavo precipitando, ma qualcuno mi ha portata in salvo.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

~•~

You gotta stand for something or you'll fall for everything.


Tornando a casa, mi sono fermata a fare la spesa e lì ho realizzato completamente ciò che mi aveva detto Danny.
L'illuminazione mi è arrivata mentre mi trovavo davanti al frigo con gli insaccati, lo so che non è il posto migliore per riflettere, ma alla vista di numerose vaschette con su scritto "salami"non ho potuto non pensare all'Italia. Mi trovo ad un bivio: mollare tutto e precipitare o prendere il controllo della situazione.
Ed ho preso una decisione: ho lottato tanto per trasferirmi qui, non posso lasciare che questo mi faccia diventare una fifona e gettare tutto al vento. Devo dare una svolta positiva al mio atteggiamento, devo ammettere che sono "un'italiana all'estero" e come capita spesso ai miei (ex) connazionali, bisogna fare i conti con gli stranieri che storpiano le parole italiane. Dopotutto non è questa la cosa che mi preoccupa di più, ma ho trovato il modo per curare il vero mal di Patria che sento.
Come farò? Semplice. Beh, più o meno.
Mi immergerò nella cultura inglese e magari chiederò qualche consiglio a Marisol che è qui da molto più tempo. Se poi questo non dovesse funzionare, allora mi immergerò nel lavoro e il poco tempo che rimane lo passerò in giro con qualcuno.
Si, ma chi? Vedremo.
Il primo passo è stato quello di comprare il tè, e anche se so che nessun inglese, forse neanche Sua Maestà, lo beve realmente alle cinque, me ne sono appena preparata una tazza. Ho acquistato anche una confezione di muffin per la colazione di domani mattina e una scatola di biscotti con su raffigurato il Big Ben. Anche se può sembrare una stupidaggine, queste cose faranno sì che mi senta in Inghilterra. Non sto negando le mie radici e le mie vecchie tradizioni, ma ho deciso che questi simboli riempieranno questo periodo di transizione.
Verso le sette sono per strada, ma nonostante la mia tenuta da omino Michelin il freddo mi sta facendo tremare come una foglia, decido così di prendere l'underground per risparmiarmi un bel congelamento ed arrivare prima. Seguo le indicazioni che mi ha dato Marisol prima al telefono e dopo cinque minuti arrivo all'entrata di un palazzo dalle enormi vetrate. Entro, percorro l'ampio atrio ed attendo l'ascensore, premo il pulsante con il numero del piano e quando sono su, busso alla porta dell'appartamento 5B.
Attendo qualche minuto, ma non ricevo nessuna risposta; allora busso di nuovo e cerco il cellulare nella borsa per chiamare Marisol. Eppure ho seguito ciò che mi ha detto, non posso essermi sbagliata.
D'un tratto un rumore indistinto proviene dall'interno del 5B e una testa dai riccioli bagnati fa capolino dalla porta. "Ero sotto la doccia" mi dice la spagnola, ancora in accappatoio mentre mi invita ad entrare. "Credevo che ti avesse aperto Josh, ma evidentemente non è qui". Credo proprio che non è a casa visto che ho aspettato a lungo sull'uscio. E poi, chi è questo Josh? "E' il mio coinquilino, altrimenti non potrei permettermi di vivere in questo palazzo col mio stipendio da barista".
In effetti l'appartamento può essere considerato lussuoso, o almeno messo in confronto all'appartamento in cui vivo, non che sia una bettola eh, ma la finestra che affaccia sul retro del palazzo non può reggere il confronto con la vetrata con vista sulla city. "Mettiti pure comoda, io vado a vestirmi" mi dice Marisol prima di dileguarsi dietro una porta elegante. Appoggio ordinatamente il cappotto sul divano per non infrangere l'ordine che regna nel salotto e vengo attratta dal panorama oltre la vetrata. Si vede persino uno scorcio del Tamigi da qui.
"Voglio chiederti una cosa" le dico, mentre lei armeggia con la macchina del caffè ed io sono seduta vicino alla penisola della cucina, anche questa impeccabile. "Come ti sei sentita quando ti sei trasferita a Londra?" aggiungo con la voce triste. "Non è stato facile. Per la prima settimana era tutto rose e fiori, l'adrenalina dell'essere in una nuova città, un'altra lingua, un'altra cultura da scoprire. Ma poi..." si distoglie dalla preparazione della bevanda e prende posto alla mia sinistra, "poi è arrivata la seconda fase: cominciai ad averne abbastanza dell'inglese, a sentire la mancanza della Spagna, del sole caldo e del mare della mia città, Barcellona. In più non riuscivo a trovare lavoro e vivevo in una stanza minuscola" Marisol mi guarda negli occhi con un velo di malinconia.
"E poi? Cosa ti ha fatto cambiare idea? Cosa ti ha trattenuta nel Regno della Regina Elisabetta?" le chiedo, pronunciando l'ultima domanda in modo solenne, cercando di farle tornare l'allegria. Non l'avevo mai vista triste, neanche dopo otto ore di lavoro alle prese con clienti e caffè, vederla così mi faceva stare male e mi sentivo in colpa per averle fatto rivivere quei momenti bui.
Lei scoppia in una risata e aggiunge dandomi una spinta "Da dove ti escono queste cose? Voi italiani siete davvero divertenti!".
Mantengo l'equilibrio sullo sgabello e la esorto a continuare. "Ho conosciuto Josh. Stava uscendo dalla caffetteria in cui lavoriamo e gli ho versato il caffè addosso. Sai, a volte posso essere maldestra" e continuando a sorridere indica la macchina con la quale stava armeggiando poco fa e dice "quella l'ha comprata lui e ogni mattina sono costretta a preparargli il caffè, come punizione per quella bevanda andata in fumo. Comunque stavo dicendo, lui mi ha mostrato un lato della terra della Regina che non conoscevo; mi ha fatto apprezzare molte cose, come i pub e le giornate al parco. Per il cibo invece non c'è stato niente da fare, ma lui ogni tanto prova ancora a farmi cambiare idea".
Quindi per superare questa fase bisogna adattarsi a qualche aspetto della cultura inglese, non è così difficile infondo.
"Insomma tra te e Josh..."le dico ammiccante, ma lei mi dice che è il suo miglior amico, niente di più. "E' grazie a lui se sono ancora qui e vivo in questo schianto di casa!" aggiunge gongolante, con i riccioli castani che saltellano ai lati della sua testa.
"Ma non mi dire che senti la nostalgia del tuo paese!" mi dice porgendomi una ciotola di patatine da sgranocchiare davanti alla tv. Annuisco silenziosamente e questo gesto fa sì che lei mi abbracci e mi stringa forte a sé.
E' proprio quello di cui avevo bisogno, qualcuno che mi dimostri che non sono sola in mezzo alla folla. Quest'affetto mi fa sentire a casa, con la mia famiglia.
"Grazie. Mi fai capire che non sono sola" le dico con gli occhi lucidi quando molla la sua presa. "Ma tu non sei sola! Ti darò il tormento, sappilo!" mi dice facendo uno sguardo maligno, ma poi subito mi sorride. Sapere che mi sarà accanto mi fa sentire già meglio.
Accende il televisore e ci accomodiamo sul divano, "E poi non sei sola, hai quello schianto che è venuto in caffetteria" mi dice con gli occhi sognanti, dandomi una gomitata. "A proposito, che vi siete detti?" aggiunge abbassando il volume della tv e sedendosi di fronte a me incrociando le gambe. E così le racconto tutto e lei mi chiede ogni minimo particolare.
"Quindi è un musicista...beh, avrà donne a bizzeffe allora!" sbotta interrompendomi. "Potrebbe essere, dopotutto, non deve dar conto a me" le dico incrociando le braccia al petto e mettendole il muso per avermi interrotto.
"E poi questo è uno stereotipo..." mi lascio sfuggire.
"Cosa vorresti dire?" mi chiede Marisol inclinando la testa e aggrottando leggermente le sopracciglia.
"Beh, non sempre gli stereotipi sono veritieri. Per esempio, uno sugli spagnoli potrebbe essere che adorano le corride e il flamenco. Da quando ti conosco non ti ho mai vista né ballare il flamenco, né sventolare un drappo rosso davanti ad un toro".


 

~•~

Ciao gente!
Ecco a voi un capitolo appena sfornato,
cosa ne pensate?
Devo ringraziare una persona che ha sopportato tutti i dubbi e
gli scleri che ho avuto durante la stesura...

Ross, meno male che non mi hai mandato a quel paese! :D
Ne approfitto per ringraziare Fun_for_life_ , deardarlin e
Merigold che hanno recensito il capitolo precedente.

Buona lettura a tutti!

~ AnneC

Ps. Non vorrei emizionarvi troppo,
ma il prossimo capitolo è già stato partorito

dalla mia mente diabolica muhahah Mi raccomando eh! ;)

   
 
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