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Autore: AintAfraidToDie    02/03/2008    2 recensioni
Chi è Tooru? Chi è Kyo?
Io non sono io.
Sicuro di voler sapere chi sei veramente? 
- Dedicata a lui.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Die, Kyo
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo 4: “Mother?”.

Quando riaprii gli occhi, fu come svegliarmi da un sonno durato cent’anni: tutto il mio corpo era inturgidito e pesante; con lenti movimenti cercai di scuotermi, senza però riuscire a spostarmi. La mia mente era del tutto annebbiata, i miei occhi non riuscivano a connettersi con il cervello.

Stanza bianca, lenzuola bianche, comodino bianco, camice bianco: eppure mi avevano raccontato che l’inferno era rosso.

Dove ero finito?

Posai i miei occhi sul polso: completamente fasciato e medicato. La ferita coperta, la prova della mia vita superficialmente scomparsa. Ma io lo sapevo, che c’era.

Ospedale; ecco dov’ero stato rinchiuso.

Rabbrividii. Quella stanza emanava solo del freddo tagliente.

“Perché l’ hai fatto?” girai di un poco la testa, trovandomi faccia a faccia con mia madre.

Non mi ero accorto della sua presenza. Dovevo essere completamente fatto di farmaci.

Il suo respiro era lento e pesante, proprio diretto sul mio braccio. Prendeva lente espirazioni, per poi rilasciare calda sostanza vaporosa sulla pelle nuda vicino al mio appuntito gomito. Teneva la testa bassa, appoggiando il mento sul duro materasso di bassa categoria dove io ero steso.

I suoi occhi vacui e spenti puntavano su di me, attenti ad ogni minima mossa.

“Rispondi, Tooru.” continuò, apparentemente calma e autoritaria.

La guardai. Sorrisi.

La realtà era che avevo sempre avuto paura di mia madre: quando mi guardava, quando mi parlava, il mio corpo era spesso percorso da brividi. Brividi gelidi, che partivano dal mio cervello e che andavano a finire il loro percorso sotto le piante dei miei piedi. Brividi, sì: mia madre era riuscita a donarmi solo quelli.

In quel preciso istante decisi che non avrei mai avuto dei figli e, in quello stesso momento, sorrisi. Perché non avevo più paura.

I suoi occhi, per quanto quelli di un giapponese possano, si assottigliarono di colpo. Si portò una candida mano alla bocca, cercando di coprire piccoli singhiozzi che si stavano facendo strada dalle sue rosee labbra. Goffe lacrime si affacciarono in prossimità delle sue nere pupille, per poi venire rilasciate sulle sue guance scavate. Minuziosi corsi d’acqua che scavavano solchi nella sua pelle già vecchia. Piangeva; non l’avevo mai vista piangere. Era veramente bella.

“Perché piangi?” la mia bocca non parlò né per stupore, né per pena. Fu un sussurro atono, senza emozione. Una piccola speranza, forse.

Le minime convulsioni dovute al pianto si arrestarono. Il suo respiro ritornò in pochi attimi regolare e le lacrime sparirono grazie ad un leggero tocco di stoffa della manica della sua pallida camicetta.

Spostò alternativamente il suo sguardo dalla mia figura all’ambiente circostante, soffermandosi poi di nuovo sulla fasciatura. Scostò di poco la poltroncina su cui risiedeva, posizionandosi stancamente e molto lentamente in piedi. Prolungando l’estensione della sua schiena sul letto, si avvicinò gradualmente al mio viso, per poi lasciare con le sue labbra gelide un leggero e umido tocco sulla mia guancia.

Un bacio. La guardai, interrogativo, ed allora le sue labbra fredde si avvicinarono al mio orecchio. Tanto, tanto fredde.

“La verità è che non sono mai riuscita ad amarti ed adesso mi sono resa conto che, per quanto possa provarci, mai ci riuscirò.” sussurrò, piano. Sorrise.

Labbra fredde. Tanto, tanto fredde. Fredde come lei.

Si allontanò da me, per poi percorrere lentamente l’area della camera e uscire definitivamente dalla stanza - dalla mia vita.

L’avevo uccisa con la mia nascita e lei si era finalmente vendicata.

Sorrisi anch’io, per l’ennesima volta: mia madre se ne era andata, portandosi via ciò che ero stato.

Se ne era andata, regalandomi finalmente vita nuova. Io ormai non c’ero più.

Dentro di me, però, una voce piccola e flebile di bambino sussurrava ancora il nome di sua madre.

  
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