Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: marthiachan    27/08/2013    2 recensioni
"È tornato.
Dopo tutto questo tempo...
Ho sentito i miei ormoni scalpitare quando me lo sono trovato di fronte, così pallido ed etereo come lo ricordavo, ma ancora più bello. I suoi occhi verdi da felino avevano qualcosa di diverso, di ancora più affascinante. Potevo leggervi il dolore che aveva provato negli ultimi tre anni e che lo aveva quasi trasfigurato. Il suo sguardo ora non era più così freddo e scostante. Non so come spiegarlo, ma era pieno di calore e sofferenza. Forse erano le piccole rughe che gli si erano formate attorno agli occhi a dargli quella profondità. O forse no. Nessuna ruga può trasformare così tanto qualcuno."
---
Long fic legata alle mie precedenti “Tornare a casa” e “La ricerca della felicità.” Può essere letta anche senza aver letto le precedenti perché i fatti principali sono sostanzialmente gli stessi, solo che sono raccontati dal punto di vista di Molly.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Sherlock's Diary'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Penultimo romanticissimo capitolo.
Mi sono lasciata trasportare parecchio e il "mio" Sherlock è decisamente un gran sentimentale in incognito.
Quindi aspettatevi tanta tanta dolcezza.
Buona lettura.


11

Sono passate un paio settimane e, incredibilmente, va tutto bene.
Sembra che Sherlock abbia capito il mio bisogno di mantenere i nostri spazi, anche se gli secca terribilmente farlo. Ogni tanto, con fare casuale, parla ancora del fatto che io mi trasferisca a Baker Street. Non lo fa esplicitamente, ma mi lancia spesso delle frecciatine in merito.
“Nell'ultima settimana sono stati denunciati almeno venticinque furti con scasso in questo quartiere. Non è una zona sicura...”
“Il rubinetto del tuo bagno perde. L'impianto idraulico di questo appartamento ha più buchi di una gruviera. Per non parlare poi di quello elettrico...”
“Hai bisogno di un armadio più grande, anche se non so come potresti farlo stare in una camera da letto così piccola...”
E queste sono solo alcune delle velate allusioni che fa il mio ragazzo per convincermi a trasferirmi da lui.
Il mio ragazzo.
Sherlock è il mio ragazzo.
Mi viene da ridere al pensiero. Per anni ho sognato di poterlo chiamare così e ora invece mi sembra un termine così inadeguato. Lui non è un ragazzo qualsiasi, quindi definirlo così mi sembra estremamente riduttivo. D'altra parte non è il mio fidanzato, quindi come altro potrei definirlo?
Quando un uomo passa il suo tempo libero con te, ti porta dei regali, per quanto strani, ti passa a prendere a lavoro per portarti a casa e cenare con te, come lo si può definire?
Il mio ragazzo.
Più me lo ripeto e più mi pare una definizione stupida. Forse dovrei discutere con lui su come definirci. Sono certa che troverà il termine corretto.
Comunque, ormai abbiamo raggiunto una certa routine. Quasi tutte le sere, tranne quando io o lui dobbiamo lavorare sino a tardi, mi raggiunge al Barth's e torniamo a casa assieme. A casa mia, perché lui non vuole che Mrs. Hudson sappia di noi, almeno per il momento.
Arrivati a casa, generalmente ordiniamo la cena, oppure cucino qualcosa di veloce, e poi ci sdraiamo sul divano a vedere vecchi film. Sherlock non ha mai passato il tempo a guardare la TV, quindi non li ha mai visti e per lui sono una novità, anche se generalmente dopo poco dall'inizio ha già capito come va a finire. Per rispetto nei miei confronti, non dice una parola, ma riesco a percepire il momento esatto in cui il suo geniale cervello giunge alla conclusione. Fa come un sospiro di rassegnazione. E poi, alla fine del film, fa un sorriso divertito quando ha la conferma delle sue deduzioni.
O almeno, quasi sempre.
Ci sono stati alcuni casi in cui con delusione ha capito di essersi sbagliato. Era così frustrato alla fine del film che non voleva più rivolgermi la parola. Come se fosse colpa mia perché lo avevo costretto a guardare un film che, parole sue, offendeva la sua intelligenza. Non è mai facile fargli passare quel broncio da bambino petulante, ma generalmente riesco a farlo con qualche bacio e qualche carezza. Nei casi più estremi sono costretta a spogliarmi, ma ovviamente la cosa non mi dispiace affatto.
In ogni caso, dopo il film ci infiliamo a letto. Non sempre facciamo l'amore. A volte restiamo semplicemente abbracciati. E poi, quando sto per addormentarmi, mi da un bacio e mi augura la buonanotte tornando al suo appartamento. So che non gli piace andarsene così, come un ladro. Preferirebbe non avere questo obbligo, ma lo fa per me, perché gli ho chiesto del tempo. E lui sa che presto sarò io a chiedergli di restare per la notte.
Mi sta addomesticando. Come la volpe del Piccolo Principe.
Strano.
Ho sempre pensato sarebbe stato lui la volpe da addomesticare. Invece, a quanto pare, sono io.
Quando sarò pronta a condividere i miei spazi con lui, mi chiederà di nuovo di vivere insieme, e a quel punto non riuscirò più a rifiutare.

Ieri, mentre ero in laboratorio, Sherlock mi ha mandato un messaggio. Non esattamente il genere di messaggio che generalmente si invia alla propria ragazza, ma trattandosi di lui è comunque un bel gesto.

Più tardi passerò al laboratorio. SH


Sempre meglio di quando mi faceva le imboscate all'ingresso dell'obitorio o in mensa.
Comunque, è comparso prima di quanto pensassi. Era da poco passata l’ora di pranzo, io ero drammaticamente a digiuno, e si è presentato con due buste di patatine fritte, le mie preferite, e due enormi tazze di caffè.
Come si fa a non amarlo?
“Non ti aspettavo così presto.” ho detto sorpresa di vedermelo davanti.
“Lo so. Ho bisogno del tuo aiuto per un caso. Sei occupata?”
“Devo solo finire le scartoffie. Di cosa si tratta?”
“Sembrerebbe un omicidio. Ci sono dei resti carbonizzati da cui Scotland Yard non è riuscita a estrarre del DNA, ma sono certo che tu potresti.”
Ho sorriso. Mi piace quando mi fa dei complimenti sul mio lavoro, perché ho sempre paura che lui mi ritenga stupida. So quanto è importante per lui l’intelligenza e ci tengo molto a non deluderlo.
“Posso provare.” ho accettato alzando le spalle.
Un'ora dopo eravamo entrambi occupati a osservare delle cellule al microscopio, apparentemente senza esito. Sherlock era esasperato e ricontrollava più volte gli stessi campioni. Tra un vetrino e l'altro, sentivo il suo sguardo su di me, ma cercavo di non distrarmi.
“Hai impegni dopo?” mi ha chiesto senza distogliere l'attenzione dal microscopio.
“No, e tu?”
“Finito con questo dovrei occuparmi di far arrestare un criminale, ma credo di poterlo fare anche domani mattina.”
Ho riso, sempre continuando a studiare il mio campione. Questo era il suo modo di farmi capire che voleva stare con me.
“Magari questa sera potremmo fare qualcosa di diverso.” ho suggerito con tono malizioso.
“Qualcosa di diverso? Intendi che non vuoi che mi infili nel tuo letto?”
Oh, Sherlock, quanto adoro il tuo candore.
“Intendo che, forse, potremmo avere un vero appuntamento. Sai, in un ristorante. Che ne pensi?” ho replicato divertita.
Ho sentito il suo sguardo nuovamente su di me, ma non mi sono voltata.
“Sì, forse. Potremmo andare da Angelo. È un piccolo ristorante italiano, molto riservato. Io di solito ci vado quando sto lavorando, ma la clientela è principalmente composta da coppie in atteggiamenti romantici, quindi dovrebbe andare bene.”
“Sì, può andare.” ho accettato alzando lo sguardo e voltandomi verso di lui. “E magari dopo potrei essere io a infilarmi nel tuo letto. Cosa ne pensi?”
“Mi sembra un'ottima idea.” ha accettato lui con un sorriso malizioso.
“Bene.”
Entrambi siamo tornati ai nostri campioni di cellule carbonizzate e in meno di un'ora avevamo il nostro risultato, che confermava le teorie di Sherlock.
Ha inviato alcuni messaggi, probabilmente a Lestrade o a qualche altro agente di Scotland Yard, e poi mi si è avvicinato fermandosi a pochi centimetri da me. Prima che potessi dire qualsiasi cosa, si è chinato su di me e mi ha baciato brevemente.
“Grazie, Molly.” ha sussurrato dopo con un sorriso.
“Prego.” ho replicato divertita. “Ma a cosa devo questo ringraziamento? Non che non l'abbia apprezzato, sia chiaro...”
“Per il semplice fatto di esistere.” ha replicato circondandomi con le braccia e avvicinandomi a sé. “Per essere sempre disposta ad aiutarmi. Per essere comprensiva quando non mi comporto bene.”
“Non dovrei?” ho ironizzato. “Forse dovrei iniziare a fare la difficile? Così, solo per movimentare il nostro rapporto.”
“Sarebbe divertente.” ha replicato lui accarezzando i miei capelli legati in una coda di cavallo.
Lo fa spesso. Gli piace accarezzare i miei capelli. È come se lo rilassasse.
“A proposito del nostro rapporto...” ho detto sperando di trovare le parole giuste. “Forse sarebbe il momento di definirlo, non credi?”
Definirlo?” ha domandato lui accigliandosi. “Credi sia davvero necessario avere una definizione?”
“Sì. Vorrei sapere cosa siamo. Non per gli altri, ma per me. Vorrei sapere come riferirmi a te, per esempio.”
“Ti puoi riferire a me come hai sempre fatto.”
No, Sherlock. Cosa sei tu per me? Il mio ragazzo? O c'è qualche altra definizione più corretta? Perché sinceramente non saprei...”
“Oh, si riduce tutto a questo? Vuoi sapere se puoi dire di avere un ragazzo?”
“Semplificando, sì, si riduce a questo.”
“Siamo un po' troppo adulti per quei termini, non credi?”
“E allora dimmi, quali termini possiamo utilizzare?”
“Premettendo che non capisco questa necessità di definire i rapporti, io ho intenzione di riferirmi a te come la mia compagna, la mia donna, la mia amica speciale. Ma se pensi che non vada bene posso anche considerarti la mia ragazza...”
“Ciò significa che la nostra è una relazione seria.” ho constatato felice.
“Certo che la nostra è una relazione seria. Ti ho chiesto di vivere insieme, credi lo proponga a tutte le brillanti e affascinanti patologhe che incontro?”
“Spero proprio di no.”
Lui ha riso, mi ha baciato e poi si è avvicinato al mio orecchio.
“Sei la cosa più importante della mia vita, Molly Hooper.” ha sussurrato con voce roca e suadente. “Puoi definire me e il nostro rapporto come preferisci. Io non vado da nessuna parte. Per me non è una relazione passeggera. Per me è La Relazione. L'unica vera relazione sentimentale che io abbia mai avuto. E non ho intenzione di lasciarti scappare facilmente.”
Ho chiuso gli occhi assaporando i brividi di piacere che la sua voce, e soprattutto le sue parole, avevano scatenato in me.
Ancora una volta, Sherlock non aveva detto di amarmi, ma cos'era questa se non una dichiarazione d'amore? Insomma, questa volta era reale. Non era frutto della mia immaginazione.
“E io non ho intenzione di scappare.” ho replicato prima di alzarmi sulle punte per baciarlo.
“Bene.” ha commentato lui ricambiando le mie effusioni.
Quando, circa un'ora dopo, un agente di Scotland Yard è venuto a ritirare le prove, per un soffio non ci ha sorpresi immersi nel bel mezzo di quelli che potrebbero benissimo definiti atti osceni.
Una volta consegnate le prove del caso, siamo andati fuori a cena.
Il ristorante italiano di cui mi aveva parlato Sherlock era adorabile. Piccolo e intimo. Il proprietario, Angelo, adora Sherlock, e non ha fatto altro che dire che lo aveva salvato e che aveva ripulito la sua reputazione. Inoltre, era decisamente stupito di vederlo con me, una ragazza.
“Che fine ha fatto il tuo amico?” ha chiesto confuso. “Forse navighi su entrambe le sponde?”
No, Angelo. John è solo un amico. Molly è la mia ragazza.”
“Oh, capisco. Beh, ora è tutto più chiaro.” ha replicato il proprietario del ristorante prima di andare in cucina con le ordinazioni.
“Pensavo non ti piacesse quel termine.” ho detto mentre addentavo un grissino in attesa della cena.
“Angelo è un brav'uomo, ma non ha una mentalità molto aperta. Ho semplicemente usato un termine che avrebbe compreso.”
“Questo è esattamente il motivo per cui ti ho chiesto di darci una definizione.”
“E io ho capito cosa intendevi. Se ti fa piacere puoi definirmi il tuo ragazzo. O il tuo amante. O il tuo schiavo. Per me è indifferente. Sono tuo in ogni caso.” ha concluso con un sorriso nel momento in cui ci venivano portati due piatti fumanti di fettuccine.

Dopo cena siamo andati a Baker Street e, in silenzio per non farci notare da Mrs. Hudson, siamo saliti nell'appartamento e ci siamo chiusi in camera da letto. Forse per colpa del vino, o forse perché ero ubriaca di felicità, non riuscivo a smettere di ridere. E quando Sherlock mi invitava a far silenzio per non farci sentire al piano di sotto, mi veniva ancora più da ridere.
“Sei pronta a spiegare la situazione a Mrs. Hudson se dovesse scoprirci?”
“Non vedo quale sia il problema. Lei capirà.”
“Oppure diventerà estremamente curiosa e invadente. No, è meglio che non sappia. Credimi.”
“Lei non è così. È una persona discreta. Inoltre, ho l'impressione che sospetti già qualcosa.”
“Cosa te lo fa credere?”
“Non so, è solo un impressione. Magari mi sbaglio. Comunque, stanotte pensavo di restare qui a dormire, quindi le probabilità che ci scopra sono maggiori...” ho detto tuffandomi nel letto.
“Resterai qui? Tutta la notte?” ha replicato lui sorpreso.
“Sì.”
“E che ne è del mantenere i propri spazi?”
“Sarebbe solo per questa notte, Sherlock. Non cambierebbe nulla.”
“D'accordo, ma...”
“Una volta ogni tanto possiamo anche passare la notte insieme. Ogni tanto va bene. L'importante è che non diventi un'abitudine quotidiana.”
Sembrava confuso. Ha iniziato a camminare avanti e indietro per la stanza.
“Quindi se, di tanto in tanto, mi fermassi a dormire da te andrebbe bene?”
“Ovviamente ne dovremmo parlare prima, ma sì, di tanto in tanto va bene.”
“Ogni quanto spesso va bene?”
“Oh, Sherlock... Non lo so. Una volta ogni due settimane... O una volta al mese. Non saprei. L'importante è che sia una cosa eccezionale.”
“Ok, credo di aver compreso.” ha detto infine fermandosi in mezzo alla stanza e fissando il vuoto.
“Bene. Ora vieni qui e strappami i vestiti di dosso.” ho detto ridacchiando. “Ovviamente è una metafora!” ho aggiunto prima che gli venisse davvero in mente di rompere i miei abiti.
Lui si è avvicinato a me e ha sorriso.
“L'avevo intuito.” ha replicato divertito mentre mi aiutava a sfilare il maglione.

Mi sono svegliata la mattina dopo con il viso di Sherlock di fronte al mio. Era sdraiato su un fianco e mi stringeva a sé.
“Buongiorno.”
“Buongiorno. Voglio che tu venga con me sulla scena del crimine.”
Ho riso. Ecco un'altra delle sue proposte mattiniere. Dovevo proprio farci l'abitudine.
“Sherlock, preferirei di no. Io sono a mio agio nel mio laboratorio, ma in una scena del crimine sarei davvero fuori posto.”
“Saresti con me. E poi sei più intelligente di tutti quegli agenti messi insieme, non hai nulla di cui imbarazzarti.”
“Preferisco di no, davvero. Ma grazie per avermelo chiesto.” ho detto avvicinandomi a lui e baciandolo sul naso.
“Non mi va di andarci e speravo che con te lo avrei fatto più volentieri.”
“Mi spiace, ma devi andarci da solo. Però, se può farti sentire meglio, io resterò qui ad aspettarti con ansia.” ho aggiunto con tono malizioso.
“E cosa farai mentre mi aspetti?”
Curioserò in giro.”
“Come?” ha domandato perplesso.
“Sì, potrebbe essere la mia unica occasione di scoprire i tuoi segreti.”
“Non ho segreti, non per te. Ma se c’è qualcosa che vuoi sapere, basta chiedere.”
“Ok, allora passerò il tempo a pensare a delle domande da farti. Va bene?”
Ha annuito e mi ha stretto a sé per poi rotolare sopra di me.
“Pensavo dovessi andare sulla scena del crimine.”
“C’è ancora tempo. E poi mi diverte far arrabbiare Donovan.” ha replicato ridendo e iniziando a stuzzicarmi con baci e carezze.

Quando si è deciso a uscire erano passate due ore. Mi ha dato un ultimo rapido bacio e poi è scappato via. Mi sono alzata, ho indossato la sua vestaglia e ho cominciato a girare per la stanza. Ho aperto il suo armadio e ho osservato i suoi abiti, disposti in maniera impeccabile.
Tutti uguali.
Ha circa una decina di completi neri o blu scuro, assolutamente identici, e all’incirca lo stesso numero di camice. Per quelle, però, si è sforzato un po' di più di variare i colori. Bianco, nero e viola.
Ho preso fra le mie mani la manica di una delle sue camice e l’ho annusata. Profumava di buono, come lui.
Ho richiuso l’armadio e sono passata ai cassetti. La sua biancheria, rigorosamente firmata, era disposta con un ordine maniacale. Ero certa che se avessi anche solo sfiorato un calzino, lui lo avrebbe notato.
Sopra la cassettiera erano disposte le uniche foto presenti. C’era la foto di un bambino, di circa quattro anni, aggrappato a una donna anziana. Gli occhi affilati del bambino erano uguali a quelli della donna.
Era Sherlock. E quella donna doveva essere sua nonna. E nel vederla ho avuto l’impressione che mi ricordasse qualcuno. Mrs. Hudson. Non che ci fosse una somiglianza fisica. Era più qualcosa nello sguardo affettuoso che rivolgeva a quel bambino riccioluto.
In un’altra foto, un imbronciato Sherlock di circa otto anni, era seduto accanto a un ragazzo adolescente robusto e impettito, e con mia sorpresa mi sono resa conto che era suo fratello Mycroft. Alle loro spalle, c’era un uomo in piedi, serio e rigido, che guardava freddamente verso l’obbiettivo. Somigliava molto a Mycroft, e osservandolo bene ho riconosciuto in lui l'uomo anziano che avevo visto al funerale di Sherlock. Suo padre.
Poi c’era un’altra foto, quasi identica, in cui seduta accanto a Sherlock c’era una donna, chiaramente sua madre, e Mycroft si era spostato in piedi alle loro spalle. La donna da giovane somigliava molto al suo figlio più piccolo, gli stessi occhi e gli stessi riccioli, ma aveva un’aria estremamente fredda e distaccata. Il viso del piccolo Sherlock appariva ancora più deluso che nella foto precedente.
La sua famiglia. Avevo come l’impressione che l’unica persona che gli avesse dimostrato affetto fosse la donna anziana, che a quanto pare era sua nonna materna.
Dopo aver studiato la sua camera, sono uscita e sono passata alla sala. Ho iniziato a guardare i numerosi libri presenti nella sua libreria. Erano quasi tutti di tipo scientifico, con qualche volume di diritto penale e, naturalmente, l’Enciclopedia Britannica. A questo si aggiungevano alcuni volumi di storia, una Bibbia e una copia del Corano, e dei vocabolari di diverse lingue. Non c’era molto spazio per la letteratura in quella libreria ma comunque lui era riuscito a trovare posto anche per quello. Nell’ultimo ripiano in basso, come a volerli nascondere all’occhio di un osservatore disattento, era presente l’intera opera di Shakespeare.
Ho sorriso. Sherlock legge il Bardo? Non molto spesso a giudicare dalla polvere che li ricopriva, ma ce n’era uno che ne era privo. L’ho sfilato a ho guardato il titolo. Hamlet – Prince of Danmark. Non avrebbe dovuto stupirmi. Se esiste un personaggio shakespeariano che avrei potuto associare a Sherlock, era solo il biondo principe danese. Forse perché sono entrambi così complessi e apparentemente folli…
Con attenzione, ho rimesso a posto il libro e ho continuato a curiosare.
Il suo violino era nella custodia e accanto c'era un leggio con uno spartito scritto a mano. Sherlock compone. Dovrò chiedergli di farmi sentire qualcuna delle sue melodie appena possibile. Sono estremamente curiosa. Ho girato intorno al tavolo cercando di capire qualcosa in mezzo ai documenti e alle scartoffie abbandonate. C’era anche il suo portatile, sepolto da non so quanti fogli. Accanto al tavolo c’era un piccolo mobile con dei cassetti. Dentro c’erano cose strane.
Una boccetta di vetro vuota.
Una guida di Londra dalla A alla Z.
Due cellulari, uno dei quali con una custodia rosa.
L’altro aveva un’aria familiare. L’ho preso in mano e l’ho riconosciuto. Era quel cellulare che lui aveva radiografato in laboratorio. Non mi ha mai rivelato il perché, ma mi aveva detto che apparteneva a una donna… L’ho rimesso nel cassetto. Non volevo sapere altro. Se era in quel cassetto c'era sicuramente una ragione, ma non mi interessava scoprirla.
Mi sono voltata per tornare in camera da letto ma sono inciampata nel tappeto, facendo un tonfo terribile. Ho chiuso gli occhi pregando che Mrs. Hudson non avesse sentito, ma non sono stata così fortunata.
“C’è nessuno? Sherlock? Sei tu?” ha urlato lei dal piano terra con tono preoccupato.
Ho fatto un sospiro, mi sono alzata e mi sono affacciata sulle scale.
“Sono io, Mrs. Hudson.”
“Oh, Molly, non sapevo fossi qui… Quella è la vestaglia di Sherlock?”
Mi sono guardata e sono arrossita. Era venuto il momento di confessare. Sono scesa di sotto sino a trovarmi di fronte a lei.
“Sì, ecco… Ho passato la notte qui.”
“Oh, questo spiega tutto. Hai già fatto colazione, cara? Preparo un tè.” ha detto semplicemente dirigendosi in cucina.
L’ho seguita divertita e mi sono seduta al tavolo di fronte a lei.
“Mrs. Hudson, lei lo sapeva già, vero?”
“Certo, cara. Lo so da quando lui ti ha portato qui la notte prima del matrimonio di John. Perché credi che sia andata per tutto il fine settimana da quella strega di mia sorella? Volevo lasciarvi soli…”
“Sherlock preferisce che lei non lo sappia per il momento… Può fingere ancora per un po’?”
“Certo, sono bravissima a fingermi un po’ scema.” ha detto ridacchiando mentre mi passava una tazza di tè. “Sono felice per voi. Lo speravo da tanto tempo… Sai, il Signore non mi ha dato la gioia di avere dei figli, e Sherlock e John sono tutto quello che mi rimane, quindi voglio vederli felici. È stato un dolore incalcolabile credere di aver perso Sherlock. E ora che lui è di nuovo qui con me… Voglio che abbia il meglio. E tu lo sei.”
Ho posato la mia tazza di tè, l’ho raggiunta e l’ho abbracciata.
“Grazie.” ho detto semplicemente e lei ha sorriso.
Dopo aver finito il tè e i deliziosi biscotti fatti in casa da Mrs. Hudson, lei mi ha nuovamente promesso che avrebbe finto di non sapere nulla con Sherlock, io le ho dato un bacio e poi sono tornata al piano di sopra per fare una doccia.
Quando lui è tornato avevo finito. Mi ero avvolta in un ampio asciugamano e mi stavo dedicando ad acconciare i capelli in una treccia. Ero allo specchio e, prima ancora di vederlo, ho sentito il suo sguardo trafiggermi. Poi ho alzato lo sguardo, e lui era lì. Appoggiato allo stipite della porta con aria casuale, guardandomi in un modo che mi ha fatto accelerare i battiti.
Si rende conto di quanto è dannatamente sexy?
“Sei tornato, finalmente.” ho esordito finendo in quel momento di legare i capelli.
“Sono stato via solo un’ora.” ha replicato avvicinandosi e posizionandosi alle mie spalle.
“A me è sembrato molto di più.” ho replicato con un sorriso.
Ha avvolto le braccia intorno al mio corpo, poggiando il viso sull’incavo della mia spalla. I nostri visi erano uno accanto all’altro e potevo vederli insieme riflessi nello specchio.
“Se fossi venuta con me non ti saresti annoiata.”
“Come ti ho detto, la scena di un crimine non è il posto adatto a me.”
“Ma potresti farmi da assistente.”
Io sono una patologa, il mio posto è in laboratorio. E posso assisterti al meglio solo facendo quello che so fare bene.”
“Lo so, è solo che…”
“Ti manca John, vero?” l’ho interrotto capendo quanto dovesse sentirsi solo.
Si è raddrizzato infastidito. Avevo toccato un tasto dolente, era chiaro.
“John tornerà tra un paio di giorni dal viaggio di nozze. Perché dovrebbe mancarmi?” ha replicato chiaramente sulla difensiva.
“Perché è il tuo compagno di avventure, oltre che il tuo migliore amico.”
“Non ho bisogno di lui. Posso lavorare benissimo anche da solo e credo di averlo pienamente dimostrato. È solo che con John è tutto più… gratificante.”
Gratificante?” ho chiesto voltandomi verso di lui, ma restando sempre all’interno delle sue braccia.
“Sì, gratificante. Prima di John, ogni volta che esponevo le mie deduzioni, ricevevo in cambio irritazione e insulti o, nel migliore dei casi, indifferenza. Tutti si sentivano offesi da ciò che riuscivo a capire da pochi banali dettagli. John, invece, era così affascinato dai miei metodi da non riuscire a trattenersi dal complimentarsi a voce alta. Nessuno mi ha mai fatto sentire così… speciale.” ha concluso alzando le spalle con finta noncuranza.
Il suo tono, il suo viso, le sue parole... Era come un bambino a cui per troppo tempo nessuno ha prestato attenzione. È naturale che si sia affezionato tanto a John, l'unico che gli abbia dimostrato considerazione. L'unico che lo abbia veramente ascoltato e capito. L'unico che abbia dimostrato di apprezzarlo.
E questo mi ha fatto sentire terribilmente in colpa, perché io non l'ho mai fatto. Mi sono alzata sulle punte, ho posizionato le mani intorno al suo viso e l’ho baciato delicatamente sulle labbra.
“Mi dispiace.”
“A me non è dispiaciuto.”
“Non mi riferivo al bacio.” ho replicato ridendo. “Mi riferivo al fatto che in tutti questi anni non ti ho mai detto quanto le tue deduzioni fossero geniali. Non ti ho mai detto quanto le trovassi affascinanti. Certo, spesso e volentieri mi facevi arrabbiare, ma solo perché sembravi non voler dedurre la cosa più ovvia, quello che provavo per te. Ma avrei dovuto dirti quanto ti trovavo speciale.”
Mi ha baciato le labbra serrando gli occhi, come se cercasse di concentrare in quell'unico gesto tutte le sue emozioni. Come se volesse ringraziarmi e scusarsi contemporaneamente.
“Non è stata colpa tua. Facevo di tutto per allontanarti da me. Non sapevo come gestire quello che sentivo quando eri presente. E pensavo che essendo brutalmente sincero tu forse avresti smesso di essere così gentile e carina con me… Ma mi sbagliavo. Tu mi hai sempre perdonato.”
“Non potevo farne a meno.”
“Una volta mi ha detto “dici sempre cose orribili” ed è stato allora, per la prima volta, che mi sono reso conto di quanto potessi ferirti.”
“Oh, certo… Quella volta. È stato quel natale. Poi dopo ti sei scusato e mi hai baciato sulla guancia. Proprio qui.” ho detto indicando la mia guancia destra con il dito indice. “Per giorni ho ripensato a quel bacio. Era la prima volta che tu mi toccavi, la prima volta che ti avvicinavi a me, la prima volta che sei stato gentile. E dopo di allora è cambiato tutto. Hai continuato a dire quello che pensavi, ma hai smesso di essere crudele.”
“Molly, non ho l’abitudine di dire “mi dispiace” o “perdonami” molto spesso. Neppure con John. Forse perché lui non si arrabbia mai veramente con me, salvo casi eccezionali. Invece, con te mi sono scusato molte volte. E non ti ho mentito quando ti ho detto che hai sempre contato. Tu sei sempre stata importante per me, anche quando non me ne rendevo conto.”
L’ho abbracciato e baciato con trasporto, lui mi ha stretto a sé e mi ha trascinata sul letto, posizionandosi sopra di me. Dopo un minuto si è fermato, come se si fosse ricordato in quel momento di qualcosa di importante.
“Quando mi hai detto che John non ha mai avuto delle relazioni prima che me ne andassi, lo pensavi davvero? Credi sia stata davvero colpa mia?”
Sì, ma credo che conoscere te sia stata la cosa migliore che potesse capitargli. Oltre al fatto che sei stato un amico fantastico, la tua interferenza gli ha consentito di conoscere Mary, il vero amore della sua vita.”
Sembrava soddisfatto delle mia risposta e si è chinato nuovamente su di me, ma non ha potuto fare a meno di continuare a parlare tra un bacio e l'altro.
“Mrs. Hudson ha sentito dei rumori. Meno male che non può più fare le scale o ti avrebbe trovato qui.”
“Sarebbe stato davvero imbarazzante visto che stavo andando in giro nuda.” ho mentito cercando di non scoppiare a ridere.
Nuda? Mentre io non ero presente?” ha domandato con tono sorpreso e leggermente offeso.
Ho riso e l’ho attirato a me, affondando le mani fra i suoi meravigliosi riccioli e poi l’ho baciato.
“Posso sempre sacrificarmi e girare nuda per casa ancora per un po’, ma solo se sei pronto a farlo anche tu.” ho aggiunto poco dopo con il tono più malizioso che possedevo.
“Per questo sono sempre pronto.” ha risposto con un meraviglioso sorriso.

CONTINUA
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: marthiachan