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Autore: Hellen96    29/08/2013    2 recensioni
Tutti desideriamo poter aprire la porta di camera e ritrovarci in tutt'altro posto rispetto al corridoio di casa. È ciò che succede ad Hellen, una ragazza come tutte che ama vagare con la mente verso luoghi sconosciuti e fantastici. Ma non tutto quel che accade è come lei se lo era immaginato...
Si ritroverà ad affrontare mille ostacoli: creature mai viste, un elfo con una capacità emotiva pari ad una donna in meno pausa e sentimenti contrastanti.
Un fantasy che racchiude ogni genere, dal romantico, all'avventura più stravagante.
Non mi resta che augurarvi buona lettura!
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 5
 
 
- Mamma! Mammaaaaa! –
- Hellen! Hellen, svegliati! – mi urlò una voce.
Aprii improvvisamente gli occhi trovandomi davanti Arabella. Ansimai in cerca d’aria e mi guardai intorno per ricordarmi dove ero. Mi rigettai indietro sul letto tirando un lungo respiro, posando la mano destra sulla fronte bagnata.
- Devi aver avuto un incubo – mi disse lei guardandomi.
- Già… - sussurrai.
- Ti ho sentita urlare da camera mia e sono venuta a controllare – mi sorrise.
- Grazie – risposi al sorriso – che ore sono? – chiesi.
- Le 9:00… ti senti meglio adesso? –
Era difficile dirlo, non ricordavo cosa avevo sognato ma la sensazione che provavo nel petto non era piacevole e di conseguenza anche il sogno non doveva esserlo stato.
- Si, sto meglio – risposi mentendole.
- Bene – disse sinceramente  sollevata  - è pronta la colazione – mi avvertì.
- Arrivo tra un momento, grazie –
- Come preferisci – rispose uscendo dalla stanza.
Ricordavo che la sera prima mi ero addormentata senza problemi grazie alla stanchezza, ma poi nel sonno i ricordi avevano agito per conto proprio.
Devo smetterla di trastullarmi in questo modo… indietro non si torna.
Mi decisi ad alzarmi e notai per la prima volta, grazie anche alla luce che entrava dalla finestra sopra al letto, l’arredamento della camera.
Le pareti erano in pietra ed il pavimento era tappezzato di tappeti in pelle d’animale bel lavorata. C’era un grosso cassettone in legno e uno specchio attaccato sopra di esso che riflesse la mia espressione.
Avevo una faccia orrenda, con occhi stanchi nonostante avessi dormito e pelle pallida come cera.
Un catino pieno d’acqua era adagiato sopra al cassettone, sicuramente lo aveva portato Arabella per permettermi di sciacquarmi il viso.
Presi i vestiti che avevo appoggiato la sera prima su una sedia vicino a letto e li indossai, poi mi lavai e, non potendo indugiare ancora, mi diressi a fare colazione.
Non volevo rivedere il volto di Omnir, sapevo di non poter resistere ulteriormente a quel clima ostile. Mi sentivo deteriorare da dentro e non era normale, perché in fondo, lo conoscevo da poco più di due giorni.
Percorsi il corridoio completamente al buio perché presa dai pensieri, non avevo neanche acceso la luce.
Appena entrai nella sala, notai subito che il tavolo su cui la sera prima avevamo cenato, era pieno di cose buone da mangiare. C’erano biscotti, latte, tea al limone e un sacco di dolcetti fatti in casa.   
- Buongiorno – mi salutò Calla che portò in tavola altri dolci da l’odore invitante.
- Il guardiano è uscito presto stamattina, ma mi ha detto che sarebbe tornato in tempo per la colazione – disse notando che mi guardavo attorno alla ricerca dell’elfo.
- Oh… bene – risposi. Ero sollevata, potevo passare un altro po’ di tempo senza tormentarmi  per i suoi silenzi e godermi quelle leccornie.
Mi sedetti e presi subito una tazza di tea, biscotti e uno di quei dolci favolosi che aveva preparato Calla.
Lo addentai e fui sommersa da sapori che mai avevo provato, sentivo come l’aroma della fragola, dell’orzo e del mirtillo ma non ero sicura che corrispondessero.
- E’ buonissimo! Cosa c’è dentro? –
- Sono felice che ti piaccia – rise – dentro ci sono dei frutti che coltiviamo noi nella grotta –
Non potevano essere decisamente gli stessi frutti che avevamo sulla Terra, ma erano molto gustosi.
Entrò nella stanza anche Arabella e si mise a sedere accanto a me, addentando subito un dolce dal color viola scuro.
- Non ti smentisci mai mamma, è buonissimo – disse sincera.
 - Grazie cara – rispose contenta la madre.
Le guardai sorridendo, mi ricordavano la mia famiglia con cui ogni mattina facevo colazione e che la maggior parte delle volte doveva sopportare il mio umore nero per un imminente compito in classe. Sospirai e abbassai lo sguardo per la morsa di nostalgia improvvisa.
- Ti manca la tua famiglia, Hellen? – mi chiese Arabella notando il mio sguardo triste.
- In effetti… si mi mancano un po’ – ammisi.
- Hai fratelli o sorelle? – mi chiese curiosa.
- Ho un fratello maggiore – sorrisi ricordando le migliaia di volte in cui avevamo litigato per un non nulla .
- Devi volergli molto bene perché parlando di lui ti brillano gli occhi – continuò la mia nuova amica.
- Già… -
Proprio in quell’istante entrò Omnir con la stessa espressione indifferente della sera prima. Riabbassai subito lo sguardo per non incontrare i suoi occhi verde smeraldo, ma ero sicura che neanche lui volesse vedermi.
- Ben tornato guardiano – disse Calla. Dovevano provare un gran rispetto per l’elfo per rivolgersi a lui con tanta garbatezza e poi, il capo del villaggio si era addirittura inchinato!
- Grazie, Calla – rispose Omnir mettendosi a sedere a tavola e cominciando a mangiare.
Nella sala tornò ad aleggiare il silenzio, uno di quei silenzi pesanti dove era scontato sentirsi a disagio. 
- Quando avete intenzione di partire, guardiano? – domandò Arabella e lo sguardo che gli rivolse era tutt’altro che di rispetto, sembrava volerlo fulminare con gli occhi felini.
Sentii di esserle molto grata, era come se mi sostenesse rimproverando l’elfo per il suo atteggiamento nei miei confronti.
- Il prima possibile, possibilmente prima di pranzo – rispose semplicemente lui.
Così presto? Non volevo lasciare così velocemente il villaggio, mi ero affezionata a Calla e a Arabella anche se in breve tempo.
- Non sarebbe meglio rimandare a domani? – azzardò a chiedere la mia amica.
- No, il sovrano ci aspetta – tagliò corto Omnir.
Arabella non disse più nulla, ma sentivo che non era d’accordo e in fondo anche io la pensavo come lei. Il pensiero di passare giorni interi in compagnia dell’elfo in un assoluto silenzio, mi faceva venire i brividi.
Mi alzai da tavola decisa a rinchiudermi in camera fino al momento della partenza.
- Grazie ancora Calla – dissi – vado in camera – aggiunsi.
- Di niente – rispose lei.
Giunta nella mia stanza chiusi la porta alle mie spalle e mi ci appoggiai con le spalle. Dio, finalmente. Le quattro mura mi permisero di rilassarmi un pochino, tanto che scivolai a sedere sul pavimento.
Chiusi gli occhi per un momento, ma dovetti aprirli subito perché qualcuno bussò alla porta.
- Si? – chiesi.
- Sono Arabella, ti dispiace aprirmi? – ripose con voce dolce. Mi alzai velocemente e feci scattare la serratura.
- Entra – sorrisi.
- Scusa il disturbo –
- Nessun disturbo – mi misi a sedere sul letto che cigolò pericolosamente.
- Ecco… c’è una ragione se sono qui – sembrò imbarazzata, i baffetti dorati vibrarono.
- Ho notato che il guardiano non sembra essere di buon umore, soprattutto con te – continuò incerta.
Io non dissi niente colpita dal fatto che me ne parlasse con tanta naturalezza nonostante non ci conoscessimo bene.
- Non so il motivo, ma so che in realtà lui non è così. Ad Infinitus è famoso per la sua generosità e saggezza per cui, abbi pazienza perché sono sicura che qualunque cosa li passi per la testa gli passerà – disse infine.
- Ti ringrazio Arabella, ti confesso che sono in difficoltà perché non so cosa ho fatto di sbagliato. Il giorno prima è sorridente e solare, e il giorno dopo non mi guarda nemmeno – mi si inclinò la voce – non so cosa fare… - la guardai sentendo le lacrime premere agli angoli degli occhi.
Lei mi prese una meno e mi sorrise incoraggiante, trasmettendomi un po’ della sua fiducia.
- Vorrei darti una cosa, così mi ricorderai e potrai affidarti a me ogni qual volta che vorrai – prese un piccolo oggetto dalla tasca del vestito azzurro cielo e me lo porse fra le mani.
Lo guardai attentamente: era un ciondolo, un bellissimo ciondolo a forma di piccola quercia. Ogni particolare era ben intagliato nel vetro che assumeva sfumature di colore diverso a seconda del tronco e delle foglie.
Ne rimasi commossa e quando alzai gli occhi sulla mia amica, ormai potevo definirla così, vidi che anche lei era emozionata.
- Grazie… - dissi incredula. Lei, in risposta, prese la collanina e me la agganciò dietro al collo.
Ne sfiorai la superficie liscia sentendomi pervadere da un innaturale calore, quel ciondolo la rappresentava e decisi che quando mi sarei sentita sola, l’avrei stretta fra le dita ricordandomi che la mia amica era sempre con me.
- Questa collanina apparteneva a mia nonna, è come un cimelio di famiglia – disse.
- Allora non posso accettare, è tua – feci per togliermela.
- No, è mia e voglio regalarla a te. Per favore, accettala –
- D’accordo – assentii infine sorridendole. Qualcuno bussò e Calla si affacciò nella stanza.
- Hellen, temo che il momento della partenza sia arrivato – sorrise malinconica.
- Arrivo – mi alzai.
Insieme ad Arabella, mi diressi nella sala dove vidi Omnir già pronto con uno zaino in spalla mentre salutava Calla.
- Non so come ringraziarti per la tua ospitalità – disse il mio compagno di viaggio.
- E’ stato un piacere guardiano – rispose cordialmente lei.
Mi avvicinai per salutarla anche io, ma appena le fui di fronte non riuscii ad articolare parola.
- Torna quando vuoi Hellen, sarai sempre la benvenuta in questo villaggio – socchiuse gli occhi intenerita.
- G-grazie infinite Calla – dissi riuscendo a controllarmi a stento dal non piangere. Omnir aveva anche salutato Arabella ed era già sulla soglia della porta. Mi avvicinai anch’io all’uscita, ma prima di varcarla, mi voltai verso la mia amica e la abbracciai di slancio. Lei inizialmente non si mosse per la sorpresa, ma poi ricambiò la mia stretta.
- Sei la prima persona che mi è stata amica, qui. Grazie, grazie di tutto – le sussurrai in un orecchio.
- Ricordati che se ti troverai in difficoltà, ci sarò io a sostenerti anche se da lontano – rispose. Mi allontanai e annuii alla sua affermazione.
- E’ il momento di andare, il capo villaggio ci aspetta per condurci fuori – disse Omnir con tono gelido. Sorrisi per l’ultima volta a Calla e a Arabella, poi seguii l’elfo lungo le vie del villaggio.
Arrivammo all’inizio della galleria e trovammo ad aspettarci il capo con i due Yuee che ci avevano scortato la prima volta.
- Bene, fate buon viaggio – disse il grande Yuee.
- Grazie di nuovo di tutto – gli strinse la mano Omnir.
Poi si rivolse a me donandomi un magnifico sorriso a trentadue denti aguzzi come quelli degli squali.
- Buona fortuna umana, possa la fortuna essere sempre dalla tua parte e guidarti verso il tuo destino – disse con tono calmo.
- G-grazie – articolai.
- Voi-seguire-noi – disse uno degli Yuee guida.
Riuscii a sorridere al capo villaggio, ma ero sicura che era risultato più un ghigno che un sorriso tuttavia, lui rispose alzando una mano a mò di saluto.
Percorremmo la galleria a ritroso illuminata dalla flebile luce di una fiaccola portata da uno degli Yuee guida. Ero di un umore pessimo, la prospettiva che mi attendeva non era delle migliori. Giocherellai con la collanina che mi aveva regalato Arabella, soffocando il desiderio di tornare indietro.
Il mio “compagno” procedeva spedito verso l’uscita senza, pensate un po’, proferire parola con nessuno. Rimani pure nel tuo mutismo, a me non interessa!
Arrivati alla fine della galleria salutammo anche le due guide e proseguimmo per la strada principale in mezzo alla foresta. Il sentiero procedeva in rettilineo con qualche curva qua e la, ma per il resto la via era tranquilla.
Mi concentrai sui suoni del bosco e mi rilassai all’istante cullata dal dolce richiamo degli uccelli che unito allo sferzare del vento, dava origine ad una melodia naturale.
Camminammo a lungo poi, quando il sole fu ben alto in cielo e il caldo torrido si face sentire, decidemmo di fare una pausa all’ombra di un grande albero dalla chioma fitta.
Omnir tirò fuori dallo zaino acqua e cibo e me lo porse senza troppi complimenti.
Quanto mancava alla capitale? Avrei retto fino al nostro arrivo in quelle condizioni? No, decisamente dovevo mettere in chiaro con l’elfo cosa era successo di tanto grave per non parlarmi più da giorni. Ma ero timorosa, non sapevo spiegarmelo neanche io e questo mi irritava moltissimo.
- Devo saperlo!! – sbottai improvvisamente – Omnir devi dirmi perché, perché mi stai trattando in questo modo? Se ho commesso qualcosa di sbagliato mi scuserò, ma così non posso continuare! -  dissi alzandomi, presa dalle emozioni.
L’elfo incrociò, dopo molto tempo, i miei occhi e io mi sentii tremare le gambe. Il suo sguardo era ostile, una piega gli si era formata sulla fronte in mezzo agli occhi.
- Cosa vorresti sapere? Perché ti sto trattando con tanta indifferenza?! Perché ti odio così tanto?! – urlò arrabbiato.
Io deglutii e sentii un dolore acuto al petto, come se mi avessero appena lanciato una pietra enorme sull’addome. Non riuscii a trattenere le lacrime stavolta, aveva detto che mi odiava e per motivi che neanche sapevo! Perché ero umana? Perché non ero degna di stare accanto ad uno come lui?
- N-non mi ritieni all’altezza di fare questo viaggio a fianco a te?! Mi disprezzi a tal punto?! – dissi con rabbia, nonostante goccioline salate scendessero veloci sulle mie guance.
Lui sembrò cambiare espressione, ma io continuai ormai a ruota libera.
- Non ho chiesto io di venire qui! Si forse ho sbagliato ad entrare da quella maledetta porta, ma che dovevo fare!? Non sei obbligato ad accompagnarmi da nessuna parte, posso trovare qualcun altro come guida, tu torna pure a fare il tuo bellissimo lavoro di  “Guardiano dei confini” !! – urlai infine. Quello che avrei voluto fare dopo era correre via lasciandolo li, ma le gambe non mi reggevano e caddi a sedere impotente tenendomi le mani premute sugli occhi, mentre singhiozzi violenti mi scuotevano senza che potessi fermarli.
- V-voglio… t-tornare a c-casa… - mugolai.
Omnir sbuffò e ricominciò a parlare stavolta con tono più calmo.
- Ero furioso. Ci avevano attaccati senza che neanche me ne accorgessi, se fossi stato solo tuttavia, non si sarebbero mai permessi una cosa simile. Ecco perché non volevo parlarti ne tanto meno guardarti… - disse con un sospiro.
Non riuscii a controbattere a causa dei singhiozzi e per le lacrime che non volevano smettere di cadere.
Era questo il motivo? Ma era idiota o cosa!? Tutto quel tempo a logorarmi per chissà quale ragione, e lui si stava crogiolando nel suo stupido orgoglio ferito!? Al diavolo, lo avrei volentieri ucciso nonostante quella sua bella faccina!
- Non mi è mai, mai capitata una cosa simile e la mia reazione, lo ammetto, è stata esagerata – ammise infine.
Alla fine si era risolto tutto così? Con un’omissione di colpe? E’ no, non la passava liscia così dopo che ci ero stata così male.
Quando fui in grado di mettere di nuovo in fila due parole, dissi:
- Tu pezzo di imbecille! Dai la colpa a me per una cosa così stupida? Ma lo sai quanto ci sono stata male? Lo sai quanto ci ho pensato per capire cosa avevo fatto di così grave da farti reagire in quel modo?! Tu sei più emotivo di una donna in meno pausa!! – urlai fuori di me.
- Mi dispiace – abbassò lo sguardo. Bastava che mi mettessi a piangere per fargli sciogliere quel cuore di ghiaccio che si ritrovava?
Stavolta ero io quella infuriata e offesa perciò, non gli rivolsi la parola per ore e procedemmo per il nostro cammino in un silenzio ostile che stavolta, potevo ammettere orgogliosa, avevo creato io.
Al crepuscolo ci accampammo in una radura ben arieggiata ottima per riposare la notte. Non avevo aperto bocca per tutto il viaggio e rimuginavo, soprattutto con insulti aperti, ad Omnir e alle sue poche conoscenze di galanteria verso le donne.  Aveva tentato più volte di mettere in piedi una conversazione, ma si era ritrovato sempre a parlare da solo.
Se lui era testardo, io lo ero ancora di più e non gli avrei parlato ancora per molto. Mangiammo in assoluto silenzio le provviste che gentilmente Calla ci aveva fornito poi, mi sdraiai a terra senza dire niente.
- Allora… buona notte – disse Omnir, ma non gli risposi e presi a rigirarmi fra le dita il ciondolo a forma di quercia.
Quanto vorrei essere ancora con te, Arabella. Sospirai frustrata e mi rigirai sul giaciglio improvvisato, procurandomi delle forti fitte alla schiena.
Mi incantai ad osservare la collana e pensavo di essermi quasi addormentata, quando notai un bagliore fulmineo attraversare il ciondolo.
Pensai di essermelo immaginato, ma avvenne una seconda volta e stavolta ero sicura di essere sveglia. Strinsi gli occhi per vedere meglio, dato che le braci del fuoco si erano quasi del tutto spente e vidi, per un secondo, il volto della mia amica riflesso nel vetro.
A-arabella?!
Il volto riapparve sorridente e una nuova ondata di calore mi oltrepassò il corpo.
Grazie, amica mia.
 
  
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