“Setacciate ogni singolo posto di questo palazzo, ogni camera, ogni armadio.” urlò Alessandro in prede alla collera totale, camminando avanti e indietro per il salone delle udienze. Tutti gl'occhi dei suoi compagni erano rivolti verso di lui, tutti impauriti. Alessandro socchiuse gl'occhi passandosi la mano sulla fronte sudata e con l'altra stringeva con prestanza la collana di Efestione, la cui pietra ciondolava velocemente a causa dei bruschi movimenti del re.
“Allora
cosa state aspettando?
Trovatelo!” si voltò con ira verso i suoi compagni
che di riflesso
scattarono all'indietro prima di congedarsi con un segno del capo e
uscire velocemente dal salone, iniziando la ricerca meticolosa. Tutti
tranne Aristandro, il vecchio veggente, uscirono. Lui lentamente si
avvicinò al giovane re, sapendo che in quei momenti in un
semplice
scatto di collera avrebbe potuto ucciderlo a sangue
freddo.
Alessandro si accorse di non essere da solo e si voltò
verso il vecchio, ma il suo sguardo era nuovamente vuoto, non
più
carico d'odio.
“Mio
Alessandro, ti stai lentamente
uccidendo dentro. Lo troveranno vedrai.”
“Come puoi tu
saperlo? L'hai previsto? Perchè non hai previsto anche la
sua morte
eh?”
Il vecchio non rispose, abbassò lo sguardo e rimase fermo, appoggiandosi al suo bastone di quercia bianca.
“Io
ti posso dire che lo troverai.
Abbi fede.” sussurrò dopo alcuni attimi di
silenzio, prima di
congedarsi anche lui e iniziare la sua ricerca.
Alessandro lo
guardò uscire e poi sposto lo sguardo sulla collana di
Efestione,
che prontamente si mise al collo e si sedette sul proprio trono, di
oro puro con incastonate gemme preziose. Chinò il capo
all'indietro
e chiuse gl'occhi, svuotando la mente in un batter d'occhio.
Così
cadde in un sonno profondo.
Mai
avrebbe pensato che in quel sonno
però avrebbe rivisto una persona a lui tanto cara, Filippo,
suo
padre.
Gli sorrideva da lontano, aveva una tunica bianca
indossata alla macedone, con una corda argentata avvolta intorno alla
vita, i calzoni greci e la corona di alloro intorno al capo. Non si
avvicinò al figlio, ma con voce pacata gli disse
“Tu ami troppo
Alessandro. Questa sarà la tua rovina..o la tua
più grande
vittoria. Tu sei nato per conquistare, tu sei nato per essere un Dio.
Ma come ogni persona, tu hai bisogno di sostegno. Tu hai bisogno di
amore, affetto, non solo di dolore e odio. Attendi, è tutto
questo
ti verrà donato da Zeus. Ora va' figlio mio,
svegliati.” e a
quelle parole Alessandro scattò in avanti spalancando
gl'occhi e
riprese a respirare, davanti a se però vide Roxane, ferma
davanti a
lui con le mani sul grembo.
“Cosa vuoi tu?” disse mentre iniziava a riprendersi da quel sogno, ripensando ancora alle parole del padre.
“Mio re, mi mancate così tanto. Sono giorni che non venite a farmi visita..” la fanciulla abbassò il capo sentendo gl'occhi diventare lucidi. Alessandro scosse il capo e scese dal trono passandole oltre per uscire dal salone.
“Non ho tempo da dedicarti ora. Torna nelle tue stanze e attendi.” quelle ultime parole gli ricordarono ancora quelle di suo padre e pieno di collera sbatté la porta facendo sobbalzare Roxane, che si era abbandonata a un pianto silenzioso.
La giornata passò all'insegna delle ricerche, che si spostarono anche per tutta la città. Ogni casa, ogni stalla, ogni cantina venne messa a soqquadro ma nulla fu' trovato. Il corpo di Efestione sembrava sparito.
La notizia andava riferita ad Alessandro e per questo difficile compito scelsero Tolomeo, sapendo che il re non avrebbe potuto ucciderlo..o sì?
Il ragazzo bussò alla porta sapendo a cosa andava incontro.
“Tolomeo
conosco il tuo modo di
bussare. Entra.”
Quando egli entrò, video Alessandro seduto
davanti alla sua scrivania che scriveva qualcosa su un papiro, poi
con l'anello e la cerca calda lo sigillò e si
voltò vero
Tolomeo.
“Devi dirmi qualcosa o hai intenzione di stare lì
a
guardarmi?” alzò un sopracciglio quasi seccato e
si
alzò.
“Alessandro porto cattive notizie.” disse
velocemente,
rimanendo immobile nella sua posizione.
Alessandro che nel
frattempo stava riordinando la scrivania si bloccò, prima di
gettare
a terra tutto ciò che vi era sopra, lanciando un grido di
rabbia
prima di avvicinarsi a Tolomeo.
“Mi state dicendo che è sparito?” lo guardò intensamente in viso.
“Non lo troviamo..da nessuna parte mio sir..” a quelle parole si sentì serrare la gola dalle forti mani di Alessandro. Che lo guardava ancora, ma con il volto rosso e le vene gonfie sul collo.
“Vi
uccido. Vi uccido tutti!” urlò
stringendo ancora la gola del compagno, che portò le mani
sulle sue
per cercare di liberarsi.
“Alessandro, ti prego..non
uccidermi..sono io..Tolomeo..” sussurrò come
poteva, sentendo che
l'aria iniziava a mancare sempre di più.
In
quel momento Alessandro ripensò a
quando erano piccoli e preso da uno scatto di collera, stava
strozzando il piccolo Tolomeo, ma che Efestione prontamente l'aveva
fermato dicendogli che erano tutti una famiglia, tutti
amici.
“..tutti amici..” sussurrò Alessandro
prima di
accasciarsi a terra in ginocchio, lasciando la gola del povero
Tolomeo che barcollò indietro prima di guardare il re che
riprese a
piangere disperatamente, portandosi le mani al viso.
“Perdonami Tolomeo..sono un pessimo re, un pessimo amico..perdonami se puoi e se non puoi odiami pure, me lo sarò meritato..” disse ciondolando avanti e indietro.
Tolomeo capendo la disperazione dell'amico si inginocchiò davanti a lui, spostò le mani dal suo viso e mise le proprie al posto di esse.
“Alessandro siamo cresciuti insieme, ho imparato ad amarti. Mai potrei arrivare ad odiarti.” lo guardò dritto negli occhi.
“Oh ragazzo..” sussurrò il re, sempre più provato da queste stancanti giornate.
“Alessandro onora Efestione, anche senza il suo corpo. Onoralo comunque. Il corpo era solo la custodia della sua anima, dopo la sua morte non aveva più senso. Onora Patroclo, Alessandro.” sussurrò e di scatto strinse l'amico al proprio petto abbandonandosi anche lui a un silenzioso pianto.
Alessandro
mise a punto il funerale di
Efestione, che si svolse il decimo giorno dopo la sua morte. In onore
dell'amico chiese a Lisippo di erigere una sua scultura al centro del
palazzo, cosicché tutti l'avrebbero visto, poi chiese
un'altra
settimana di lutto generale.
Alla fine di questi sette giorni fece
convocare i suoi generali, nel salone principale.
“Domani partiremo per Babilonia, con tutto l'esercito. Una volta lì sosteremo per dieci lune, il tempo di riprenderci, e partiremo alla volta dell'Arabia. Quindi amici miei, salutate amanti e figli, che sarà un lungo viaggio.” disse Alessandro, seduto sul suo trono, con un calice di vino in mano.
“Chi prenderà il comando della Punta, Alessandro?” chiese titubante Leonnato.
Un groppo in gola per Alessandro. Efestione era al comando della Punta. Scosse il capo e bevve un lungo sorso di vino, un boccone amaro da mandare giù.
“Tolomeo?” si guardò attorno cercando il ragazzo tra la folla, che si fece largo prima di chinarsi al suo cospetto.
“Comandi sire.”
“Sarai tu a comandare la Punta, insieme ai tuoi arcieri.” disse posando la mano sulla sua spalla prima di alzarsi, barcollando a causa del troppo vino.
“Con piacere.” annuì e si alzò anche lui rimettendosi al suo posto.
Alessandro
lì guardo tutti, dal primo
all'ultimo, prima di uscire dal salone e dirigersi nella propria
stanza.
Vi entrò e posò il calice, ormai vuoto, sul
mobiletto
sulla quale era eretta una piccola statua di Eracle. Ne
accarezzò il
capo e poi andò verso il terrazzo, si appoggiò
sull'uscio della
porta e rimase a fissare la città per diversi minuti, poi
qualcuno
sulla linea dell'orizzonte catturò la sua attenzione.
Aveva già
visto quell'uomo, quella chioma bionda, quel chitone marroncino.
L'aveva visto..nella camera di Efestione il giorno della sua
morte. Ricordava ancora il suo sorriso prima di scomparire nel
nulla.
Sì avvicinò velocemente al balcone in pietra e
socchiuse
gl'occhi per poterlo vedere meglio. Era a cavallo, con qualcosa in
mano. Una lettera. Fece chiamare subito qualcuno e disse loro di
raggiungere il ragazzo. Poi tornò a guardare e vide i suoi
cavalieri
parlare con il ragazzo, il quale diede loro un papiro, poi si
dileguò
con la stessa velocità con cui era sparito quella sera.
Alessandro
corse velocemente dentro e
si recò nuovamente nel salone dove lo raggiunsero i
cavalieri con la
lettera.
“Cosa vi ha detto? Parlate.” disse con il fiatone
mentre prese la lettera, che studiò a fondo.
Era di una carta
strana, simile al papiro, ma con una filigrana più scura.
Papiro
Egizio.
“Ha
solo detto di dare questa al re e
che gli dispiace per il suo dolore.” disse una guardia, poco
più
giovane di Alessandro.
“Capisco. Bene ora potete andare,
riposatevi che domani si parte.” congedò i soldati
e mentre
guardava la lettera arrotolata si diresse verso la stalla dove vi
soggiornava Bucefalo. Si sedette su una balla di stoppia (fieno) e
apri lentamente la lettera. I suoi occhi scorrevano da una parola
all'altra. “Caro Alessandro, noi ci siamo già
visti, ma non sai il
mio nome e pertanto vorrei non dirtelo per ragioni che tu ben sai. La
tua collera nei miei confronti è troppa e riusciresti a
trovarmi in
capo al mondo. Ma non è ancora ora che tu ed io ci
incontriamo
faccia a faccia. Per tanto ti prego di scusarmi se scappo ancora, ma
ho un qualcosa da fare che so' ti renderà un' uomo nuovo. Ci
rivedremo presto Alexadrè.”
Nel leggere come l'aveva chiamato il cuore gli si fermò un'attimo, pensando che solo la gente intorno a lui lo chiamava così, solo amici..stretti.
Bucefalo gli si avvicinò e fregò il muso contro la sua mano, allora Alessandro si voltò per guardarlo mentre posò la letta a terra, portando le mani sulla folta criniera dell'animale.
“Buonanotte mio compagno, domani cavalcheremo di nuovo assieme. Via da qui. Via da quest'inferno.” sussurrò prima di alzarsi, raccolse la lettera e tornò nella propria stanza per passare la notte.
L'indomani
mattina l'esercito si mise
in marcia, la città li salutò con fazzoletti
bianchi e petali di
fiori, intonando canzoni che nessuno seppe tradurre.
Alessandro,
in groppa a Bucefalo, procedeva a metà della torma, in
silenzio.
Guardava il cielo, scrutando l'arrivo della sua aquila.
“Alessandro,
posso disturbare i tuoi
pensieri?” disse tutto a un tratto Aristandro.
Il re abbassò lo
sguardo su di lui, era a piedi. Allora scese dal cavallo e tenendolo
per una briglia si mise al fianco del vecchio.
“Salga a cavallo, io sono giovane posso camminare.” e gli porse la briglia.
“Tu non sei un re, sei un Dio mio caro ragazzo. “ sorride e salì velocemente, già stanco dopo poche ore di viaggio.
Alessandro sorrise e si accostò al cavallo. “Come mai queste parole, mio buon veggente?”
“Hai un' animo buono, cosa non da re.” sorrise anch'essi prima di guardare l'orizzonte.
“Forse mi ha semplicemente trovato in una giornata buona, vecchio.” annuì e camminò a testa alta.
Aristandro non rispose, ma sorrise ancora, sapendo che Alessandro non amava i complimenti in pubblico. Rimase a fissarlo però, notando che la mano sinistra del ragazzo stringeva con forza il ciondolo di una collana che portava al collo. La collana di Efestione.
“Ti manca tanto vero?” disse il vecchio, guardando altrove.
“Chi?” rispose il re, come se fosse appena uscito da un pensiero profondo.
“Avanti, smettila di fare la roccia Alessandro. Smettila di mostrarti così, quando tutti sanno cos'era lui per te.” sbottò Aristandro quando tornò a guardarlo.
Alessandro
distolse lo sguardo da lui e
strinse più forte la collana. “Mi manca
più della voglia di
tornare a Pella, a casa. Più della voglia di riabbracciare
Cleopatra. Mi manca più di tutto.”
sussurrò fissando la sabbia
rossa sotto i propri piedi.
Aristandro non continuò, tutto ciò
che voleva che Alessandro ammettesse l'aveva appena fatto.
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Questo
capitolo è forse un po' più
noioso del prima, ma è una sorta di transizione della storia.
Spero
comunque che vi piaccia e mi piacerebbe molto leggere alcune
recensioni. Sia positive, sia negative. Accetto tutto. D'altronde
è
un modo costruttivo per il continuo della storia.
Grazie a
chiunque continui a leggere. <3