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Autore: xX__Eli_Sev__Xx    29/08/2013    3 recensioni
Mi chiamo Lena. Ho diciassette anni. Vivo, o meglio, vivevo a Sacramento. Adesso vivo a New York con mio fratello e mio zio, Mac Taylor. Com'è successo? Bè, è una lunga storia. Ma tenterò di raccontarvela. Partirò da dove tutto è cominciato e vi racconterò una piccola parte della mia vita nella Grande Mela. Questi sono little pieces of my life.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Don Flack, Mac Taylor, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Like a Phoenix'
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Little pieces of my life

CAPITOLO 19

 
Marzo. E’ tre mesi che non vedo mio fratello.
Dove sei James? Torna a casa prima che sia tardi. Puoi ancora evitare il peggio. Non voglio perdere anche te. Avremmo dovuto vivere una vita normale, una volta venuti a New York. Perché ci è successo tutto questo?
 
Sto guardando fuori dalla finestra dell’ufficio di Mac e sospiro, rassegnata da questa situazione. Lui è uscito a cercare Lindsay e sono rimasta sola. Letteralmente. Nonostante ci sia Mac, non mi sono mai sentita così sola.
Che posso fare? Come posso dare una mano? Come posso rendermi utile?
Esco nel corridoio diretta verso l’ufficio di Jo. Voglio parlare con qualcuno.
Vedo Mac e Lindsay. Lui sta parlando al telefono e Lindsay ha la fronte corrucciata. Spero non sia niente di grave.
Da tempo sono tormentata, tutti, ormai, sanno che Mac è mio padre, ma io non ci riesco... Non riesco a considerarlo tale. E’ ancora mio zio, per me. Vorrei chiamarlo papà, ma sono peggiorata e non riesco nemmeno più a chiamarlo zio. Ora è solo Mac. Tutto è stato sconvolta nella mia vita.
Sento una mano posarsi sulla mia spalla e mi volto.
E’ D.B., potrei morire uno di questi giorni, non lo sento mai arrivare. Mi coglie di sorpresa, come se fosse la cosa più normale del mondo. Io odio le sorprese, soprattutto di questo periodo.
“Ciao, D.B., come stai?” chiedo, anche se si è praticamente stabilito a casa nostra da dicembre.
“Bene. Tu come stai, Lena?” domanda dal suo metro e novanta. Alzo lo sguardo per cercare i suo occhi verdi e sollevo le spalle in segno di rassegnazione.
“Come al solito.” dico, lui annuisce e insieme ci avviciniamo a Mac. Spero ci siano sviluppi. Le indagini procedono a vuoto da troppo tempo e il morale di Mac è sotto terra. Oserei dire che si sta scoraggiando, anche se non vuole darlo a vedere.
Mac chiude la chiamata e si volta. Abbiamo il tempo di scambiarci uno sguardo fugace che i vetri del laboratorio vanno in frantumi. I colpi di mitragliatrice risuonano nell’aria e D.B. mi protegge parandosi davanti a me e trascinando entrambi dietro una colonna riparata. La stessa cosa fanno Mac e Lindsay.
D.B. mi ripara sotto la sua giacca, ma i vetri che rimbalzano in ogni direzione ci colpiscono comunque.
I colpi, ad un tratto, cessano. Lui mi prende per mano e corriamo verso un’area più riparata.
“Veloce! Starà ricaricando il mitragliatore.” mi spiega, infatti, poco dopo gli spari riprendono. Ci inginocchiamo e lui torna a coprirmi. Gli spari mi ricordano la notte della morte dei miei genitori. Sembra, però, che non vogliano smettere, adesso. Mi aggrappo alla sua camicia, e lui mi avvolge con le braccia, sempre riparandomi sotto la giacca.
Da ogni parte del laboratorio provengono urla e richieste di aiuto. Spero solo che tutti siano al riparo e che nessuno venga ferito.
Una trentina di colpi e tutto finisce. Cautamente, D.B. si sporge chiedendomi di rimanere nascosta. Faccio ciò che dice e lo osservo. Mi dà il via libera ed io esco dal mio nascondiglio, lo raggiungo e lui mi cinge le spalle con un braccio.
“Stai bene?” mi chiede. Io annuisco. Mi osserva e solleva il mio viso con una mano, in modo da vederlo meglio. Lo guardo negli occhi. Mi ha salvato. Non avrei mai avuto i riflessi di nascondermi o scappare. Ho avuto così tanta paura. Le lacrime mi appannano la vista-
Mac ci raggiunge, ma prima che possa parlare lo fa D.B..
“Cosa diavolo è successo?” chiede e solo ora mi accorgo che non ci sento come prima. Premo una mano contro l’orecchio. Fa male. Quando la scosto, è coperta di sangue.
“Romanoff. Ne sono certo.”  Mac si ferma e si guarda intorno. Ancora una volta il laboratorio è andato distrutto, nel giro di sei mesi.
“Stai bene, tesoro?” chiede rivolto a me.
“Si, grazie.” rispondo, anche se sento l’orecchio e la guancia destra pizzicare. Le schegge mi hanno colpito, per questo non ci sento normalmente, comunque, per il momento è meglio che Mac non lo sappia. Tasto con la mano i danni e sento che le schegge sono arrivate molto vicine all’occhio, se fossero state di qualche centimetro più vicine mi avrebbero sicuramente accecato dall’occhio destro.
“Ti porto da un medico.” mi dice Mac, preoccupato. Le ambulanze stanno arrivando, perciò lo rassicuro.
“Sto bene. Devi occuparti del laboratorio, ora. Vado da sola.” protesto.
Ci pensa su e poi annuisce. Lo saluto e mi dice di andare dritta a casa appena i medici avranno finito. Lo rassicuro e mi incammino. Mentre mi avvio verso l’uscita incontro Flack e Sheldon.
“Lena! Cos’è successo?” domanda Sheldon.
“Hanno fatto fuoco sul laboratorio.” spiego. Sto ancora tremando a causa dell’adrenalina, ho le mani congelate ma sento comunque un caldo tremendo e il rossore sulle mie guance ne è testimone.
“Stai bene?” domanda Don, avvicinandosi e studiando il mio viso.
“Ehm, si. Sto andando da un dottore a farmi dare una controllata.” spiego indicando l’uscita.
“Ti accompagno.” dovrei dire di no, lo so. Ma non lo voglio davvero, perciò accetto senza troppo discussioni.
Sheldon corre da Danny e Jo e insieme raggiungono Mac per il rapporto.
Io e Don usciamo.
Il dottore mi osserva attentamente. Non sono un caso grave, perciò non ci mette molto. Dopo aver medicato il mio viso e avermi estratto le schegge di vetro, mi fa un test per capire quanto il mio udito sia stato danneggiato.
Anche questa volta è un disastro.
Mi dice che probabilmente, il mio udito non tonerà più come prima. Le schegge hanno danneggiato l’orecchio destro e neanche un’operazione potrebbe riparare i danni. Probabilmente, l’udito andrà e verrà, dall’orecchio destro, quindi mi consiglia di procurarmi al più presto un apparecchio per l’udito da usare quando mi causerà problemi. Niente vuole andare per il verso giusto.
Appena il medico ha terminato, Don si offre per riaccompagnarmi a casa. Accetto ancora una volta e insieme ci allontaniamo dal caos che Romanoff ha creato.
 
Dopo vari giorni di indagini, Mac e Jo rintracciano un segnale telefonico. Ma quando arrivano, Romanoff se n’è già andato. È un asso nel fuggire senza lasciare minima traccia e a quanto pare lo è diventato anche James.
Delusi e stanchi, Mac e D.B. tornano a casa dopo mezzanotte. Sono già a letto, ma sono ancora sveglia. Li sento parlare. Non hanno una pista. Come immaginavo.
 
Sono al bar vicino alla biblioteca e sto prendendo un cappuccino, è pomeriggio inoltrato.
Sto studiando storia: la guerra civile del 1861-65. Interessante, ma non abbastanza per permettermi di non pensare a James. Mi tormenta il pensiero che Romanoff possa fargli del male. E non lo sopporterei.
Sorseggio lentamente il cappuccino e tento di concentrarmi sulla storia: domani ho il test, devo assolutamente prendere un voto alto.
Torno a casa dopo un’ora e mi siedo sul divano, annoiata e preoccupata.
Accendo la TV e cerco un canale in cui ci sia solo musica. Magari mi distrarrò per un po’. Anche se non ci spero.
 
“Ciao, Lena.” Don è fermo sulla porta. Lo faccio entrare e gli dico di sedersi sul divano. Preparo un caffè. Mi ringrazia per l’ospitalità e io sorrido “Pensavo volessi un po’ di compagnia.” mi dice.
Annuisco. È stare con lui a farmi piacere, se me l’avesse chiesto un altro, forse avrei rifiutato. Verso il caffè nelle tazze e lo porto il salotto e mi siedo davanti a lui, sul piccolo tavolino da caffè.
“Mi dispiace per tutto quello che sta succedendo. Troveremo tuo fratello, te lo prometto.” mi assicura.
“Spero solo che Romanoff non decida di fargli del male.” confesso. Mi tormenta da troppo tempo, quest’idea. Solo dopo averle dato voce, mi rendo conto che è ridicola. Dovrei preoccuparmi delle persone a cui Romanoff vuole davvero fare del male, forse finchè James è con lui è al sicuro, dopotutto.
“No, è suo nipote. Non credo che lo farebbe. Per lui la famiglia è sacra.”
“La sua, ma non quella degli altri.” constato pensando ai miei genitori e al tentato omicidio di Mac.
“Già.” annuisce mestamente.
Rimaniamo fermi a fissare il vuoto per qualche minuto fino a che lui non rompe il silenzio. Si volta verso di me e si sporge leggermente dal divano.
“Voglio vederti sorridere di nuovo.” sbotta accennando un sorriso, io lo guardo torva “E dai. Sei così bella quando sorridi.” mi fa notare. Io accenno un sorriso.
Non posso fare a meno di arrossire. Ad ogni complimento il mio cuore perde un colpo. Ma perché è così estremamente carino?
Come potrebbe non piacermi? E’ inevitabile.
Abbasso lo sguardo imbarazzata e i capelli scivolano lungo il mio viso coprendomi gli occhi.  Don si avvicina e mi scosta i capelli dal viso portandone alcune ciocche dietro l’orecchio destro. Sorride e mi solleva il mento con le mani. Mi guarda attentamente come per studiare ogni particolare del mio volto. Non riesco a decifrare la sua espressione, ha uno sguardo così intenso. I suoi occhi azzurri colgono ogni mio movimento, ogni singolo respiro.
Poi, senza preavviso, si sporge dal divano, avvicina il suo volto al mio e mi bacia.
Sono sorpresa. Non so che fare. Ho già baciato, certo. Ho avuto un ragazzo, ma dopo la morte dei miei ci siamo lasciati. I suoi baci erano semplici e non ho mai baciato un uomo più grande, molto più grande. Non credo nemmeno di sapere come si fa.
Le sue labbra sono perfettamente incastrate sulle mie. Poi, da un semplice bacio a stampo, Don comincia a muovere le labbra. Io faccio lo stesso, sperando che non si accorga che è il mio primo vero bacio.
Il mio cuore comincia a battere a mille e non accenna a rallentare, sento lo stomaco, già chiuso per la preoccupazione, aggrovigliarsi sempre di più dentro di me. Chiudo gli occhi e lascio che mi tiri a se. Torna a sedersi sul divano e sono io ad avvicinarmi, questa volta. Gli prendo il volto tra le mani mentre lui mi cinge i fianchi. Mi inginocchio su di lui, che mi stringe drizzando leggermente la schiena. Piega indietro la testa e io mi sollevo per seguire i suoi movimenti.
Le nostre lingue si sfiorano creando una danza e il bacio continua fino a che rimaniamo senza fiato. Ci separiamo per un millesimo di secondo, poi riprende a baciarmi. Mi costringe a sedermi sul divano. Indietreggio tirandolo a me. È sopra di me e continua a baciarmi. I nostri respiri sono affannati, ma per la prima volta, la trovo una sensazione bellissima. Continuiamo a baciarci fino a che non lo allontano mettendogli una mano sul petto.
“Aspetta” lo fermo. “Io… Sono solo una ragazzina, perché?” chiedo.
Lui mi guarda interrogativo, sembra non capire. Sono pronta a ripete la domanda quando comincia a parlare:
“Tu mi piaci. E poi non sei una ragazzina, sei una donna, ormai. E l’hai dimostrato in questo periodo, riuscendo a sopportare tutto questo.” mi dice. Mi sembra convinto.
“Sì, ma…” comincio.
“Cosa?”
“Sono molto più piccola. Insomma, ho quasi quindici anni meno di te.” spiego.
“Mai sentito dire che l’amore non ha età?” azzarda sorridendo. Io scuoto la testa.
Abbasso lo sguardo. Forse ha ragione. Sono grande. E anche lui mi piace.
“Anche tu mi piaci.” dico, dando voce ai miei pensieri. Lui sorride, quasi se lo aspettasse. “Questo non comprometterà il tuo lavoro?” domando, il suo lavoro è la sua vita. Non voglio causare guai.
“No, lo farebbe se fossi minorenne. Sei maggiorenne, abbastanza grande da scegliere.” mi rassicura, sorridendo.
“E Mac?” chiedo, sapendo che dovremo avvertirlo.
Ci pensa su e poi parla.
“Mac… ci ucciderà.” conclude. Io rido. E’ la prima volta che lo faccio, da quando mi fratello è scomparso. Mi sembra una cosa strana. Non lo facevo da troppo tempo e non riesco a capire perché.
“Forse dovremmo aspettare. Almeno qualche giorno.” propone. Ho promesso a Mac di essere sincera con lui, ma forse Don ha ragione.
Aspetteremo.
“Posso dirlo a Jo?” sbotto.
Lui sorride. “A Jo?” chiede stupito. Gli spiego che aveva scommesso sul fatto che eravamo innamorati e tutto ciò che c’eravamo dette. Don ride, credevo che si sarebbe offeso, se devo essere sincera.
“Bè, allora è un suo diritto saperlo. Dato che c’era arrivata prima di noi.” afferma.
Io annuisco e mi alzo per aprire la finestra (fa davvero caldo, ma credo sia a causa del bacio), quando lo faccio, l’aria primaverile mi accarezza il viso e il rumore delle auto riempie l’aria. Lui si avvicina e mi mette con le spalle al muro. Avvicina le sue labbra alle mie. Ricominciamo a baciarci. È bellissimo, adesso mi domando come ho fatto a non accorgermi prima di quello che provavo. Era così evidente.
“Sai” comincio “questo era il mio primo vero bacio.” confesso alla fine. In fondo che male c’è? Mi sorride con il suo stupendo sorriso sghembo.
“E come è stato?” domanda. So che gongolerà per mesi, ma non posso mentire.
“Indescrivibile.” dico.
Sorridiamo e mi bacia ancora e ancora. Potrei rimanere qui giorni interi. Per un momento riesco persino a dimenticare tutti i problemi con mio fratello, con Romanoff e l’angoscia.
Almeno fino a che D.B. non fa irruzione. Il suo tempismo, sommato al fatto che abbia le chiavi di casa, sono una combinazione tremenda.
“Oh, scusate. Vi interrotti?” domanda. Colgo dell’ironia nella sua voce.
Sì, divertente.
Comunque, io e Don ci allontaniamo velocemente, ma lui ha già visto tutto. Per fortuna Mac non c’è. Non sarebbe stato bello scoprirlo così.
“Cavolo.” dice Don ridendo. Quando Mac ci sparerà con la sua nove millimetri non sarà altrettanto divertente, credimi Don. Non cerco di aggiustare le cose, anche perché è inutile nascondere ciò che è evidente, perciò mi limito ad implorare.
“D.B., potresti non dire niente a Mac? Vorremmo essere noi a farglielo sapere.” chiedo. Spero che, anche se sono buoni amici, non ne faccia parola con lui.
Lui, sorprendentemente, annuisce e mima una cerniera e una chiave con cui si chiude la bocca. “Grazie.” dico.
Don mi saluta, visibilmente imbarazzato e se ne va.
D.B., quando il collega è fuori, scoppia in una fragorosa risata.
“Ah ah. Divertente.” dico ridendo a mia volta.
“Tranquilla, non dirò niente.” mi rassicura ancora “Comunque state bene insieme.” aggiunge.
“Grazie.” rispondo arrossendo e abbassando lo sguardo per nasconderlo. Anche se non capisco se mi stia prendendo in giro o dica sul serio.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ciao a tutti! E tadà! Ecco a voi il 19° capitolo, tutto per voi! ;) Spero vi piaccia a me è piaciuto molto scriverlo! Spero vi emozioni quanto ha emozionato me!
Fatemi sapere…
xX__Eli_Sev__Xx
   
 
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