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Autore: slanif    30/08/2013    2 recensioni
Brian/Justin
La mia festa. Trentun anni. Sembra ieri che ne ho festeggiati trenta... eppure non è questo a rendere la cosa amara. E’ la consapevolezza che, in trentun anni di vita, la maggior parte delle cose che ho vissuto sono andate a finire a puttane per il mio orgoglio. Anche adesso, mentre gli altri si divertono e ridono, io non posso far altro che starmene qui, in disparte, seduto su uno degli sgabelli, a sorseggiare il mio drink. In fondo, credo che dovrei essere io il più felice di tutti, no?, anche se sono invecchiato di un anno è pur sempre la mia festa che i miei più cari amici hanno organizzato per farmi piacere, eppure non ci riesco.
Lo vedo lì, a fare il cretino con un ragazzo del Babylon, mentre gli si struscia contro con fare lascivo. Sento la rabbia crescere sempre più prepotente in me accompagnata dalla tristezza e da quella consapevolezza dal sapore amaro che se lui fa così è solo colpa mia. In fondo, sono io che l’ho obbligato a un rapporto basato solo sul sesso. Un rapporto senza amore.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Kinney, Justin Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rinascita
di slanif

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La mia festa. Trentun anni. Sembra ieri che ne ho festeggiati trenta... eppure non è questo a rendere la cosa amara. E’ la consapevolezza che, in trentun anni di vita, la maggior parte delle cose che ho vissuto sono andate a finire a puttane per il mio orgoglio. Anche adesso, mentre gli altri si divertono e ridono, io non posso far altro che starmene qui, in disparte, seduto su uno degli sgabelli, a sorseggiare il mio drink. In fondo, credo che dovrei essere io il più felice di tutti, no?, anche se sono invecchiato di un anno è pur sempre la mia festa che i miei più cari amici hanno organizzato per farmi piacere, eppure non ci riesco.
Lo vedo lì, a fare il cretino con un ragazzo del Babylon, mentre gli si struscia contro con fare lascivo. Sento la rabbia crescere sempre più prepotente in me accompagnata dalla tristezza e da quella consapevolezza dal sapore amaro che se lui fa così è solo colpa mia. In fondo, sono io che l’ho obbligato a un rapporto basato solo sul sesso. Un rapporto senza amore. Oddio… l’amore c’è… ma se il suo è palese a tutti il mio non è evidente nemmeno a me stesso! E questo sentimento mi fa incazzare perché non lo voglio. Provo in ogni modo a mandarlo via, ma non ci riesco; anzi!, più cerco di scacciarlo, più si fa forte e intenso. 
“Ehi, Brian! Si può sapere cos’è quel muso?”.
Lindsay mi si è avvicinata. Evidentemente deve aver notato la mia faccia. Credo che dall’esterno devo avere ancora più del solito la faccia da stronzo…  
“Niente” rispondo secco.
Mi spiace usare questo tono con lei che è la mia migliore amica, ma davvero non voglio parlare di questo. 
“Niente…” ripete sarcastica “Non si direbbe proprio!”.
“Senti, ti ho detto che non ho niente!” dico innervosito sorseggiando il mio vodka “Falla finita!”. 
Lei se ne sta un attimo zitta poi, con un sorriso furbetto, mi dice: “D’accordo… non hai niente…” commenta facendo girare con un colpo di reni lo sgabello in modo da ritrovarsi frontalmente alla pista, nella stessa posa in cui sto io. Appoggia i gomiti al bancone e dice: “Certo che Justin si da proprio da fare…” commenta facendomi innervosire “… guardalo quanto è sfacciato! Fra un po’ scopano lì sulla pista…”.
“Sta zitta!” la interrompo. 
Lei, con tutta calma, si volta verso di me e mi dice: “Mh!” le sue labbra si increspano in un sorriso vittorioso “Sapevo che c’entrava lui!”.
“Sta zitta!” ripeto alzando un po’ la voce. Mi sento frustrato per tutta questa situazione e mi sento stupido perché Lindsay mi ha provocato intenzionalmente e io come un cretino ci sono cascato. 
“Perché non cerchi di essere sincero con te stesso  e con lui?” mi suggerisce.
“A che servirebbe?” chiedo. 
“A trovare la felicità, per esempio…” sussurra.
“Non ci faccio niente!” rispondo. 
“Allora ritrovati da solo, vecchio e rugoso, con una valanga di rimpianti sulle spalle!” si alza in piedi di scatto con un’espressione furente in volto “Stupido idiota!” e si allontana.
Cazzo! Ho fatto incazzare anche una come Lindsay. Porca puttanissima! Ma si può sapere perché sono così stronzo anche con chi mi vuole dare una mano? Eppure lei ha ragione. Certo che il mio malumore dipende da lui, sempre e solo lui: Justin. Il mio tormento, la mia ossessione, il mio amore.

Quest’ultima affermazione mi coglie impreparato.  
Amore…
Non ho mai chiamato nessuno così. Perché proprio lui? Merda!
Vedo che continua a strusciarsi contro quella gallinella bionda che gli da spago, ovviamente. Chi non glielo darebbe? E’ talmente sexy, bello e provocante che più di mezza sala lo sta fissando. Anche io lo fisso, ma non con adorazione. Nel mio sguardo, nel mio petto e nel mio cuore posso percepire chiaramente il rumore sordo e la contrazione che da la gelosia. Sono geloso. E non ho alcuna intenzione di starmene qui fermo senza far niente!
Mi alzo dal mio sgabello e mi dirigo con passo deciso verso il centro della pista, dove ci sono loro. Quando arrivo loro vicino do uno spintone a quel gallinaccio e afferro saldamente Justin per un braccio strattonandolo vicino a me. 
“Che cazzo fai, cretino!” si altera quello.
“Lui è mio. Giù le mani” lo dico con il tono più calmo che riesco a trovare nello scombussolamento interiore che sento. 
“Beh, se sta con te impara alla tua puttana ad essere fedele!” ringhia rivolgendosi ovviamente a Justin “Io non voglio casini per una scopata. Se è già impegnato te lo lascio e mi scopo qualcun altro!”.
In un’altra situazione avrei colpito il malcapitato che si è messo sulla mia strada e che ha toccato qualcosa di assolutamente mio, ma non oggi. Sta dicendo queste cose per rabbia e perché ha paura di me. Quindi non ribatto e mi volto trascinandomi dietro anche Justin che in tutta questa situazione non ha spiccicato parola. Lo trascino fino ai bagni e una volta lì, lontano dalla musica assordante e dagli altri, lui sembra riprenderai. Con uno strattone si libera dalla mia presa e dice: “Che cavolo fai!?”. 
“Ti impedisco di fare una cazzata”.
“E da quando ti interessa ciò che faccio?” chiede con rabbia. Ha il viso rosso, le labbra gli tremano e gli occhi sono lucidi e cerchiati. 
Sento la rabbia farsi sempre più forte e audace e con impeto lo afferro per i posi sbattendolo addosso al muro.
“Che diavolo fai?” chiede. Sento una nota di panico nella sua voce. 
“Quello che volevi fare tu a quel biondino” dico aprendogli con un gesto secco i pantaloni e abbassandoglieli.
Vedo i suoi occhi sgranarsi e tutto il suo corpo si dimena per cercare di liberare le sue braccia dalla presa della mia mano. Io però sono più forte e non ho problemi a tenerlo bloccato al muro e ad abbassargli i boxer. Anche quelli raggiungono i pantaloni che si sono attorcigliati intorno alle sue caviglie e con un movimento deciso lo faccio girare di schiena. 
“Brian… lasciami immediatamente…!” la sua voce è un debole sussurro impaurito, ma io non ho intenzione di fermarmi. Lui è mio. Questa cosa deve essere chiara.
Con decisione mi slaccio i pantaloni e poi mi abbasso appena i boxer. Lo penetro in un colpo solo, senza prepararlo, e il suo urlo di dolore rimbomba in tutta la piccola e lurida stanza. 
“Tu sei mio…” dico spingendomi con decisione in lui mentre i suoi gemiti di dolore e piacere riempiono l’aria.
Afferro con la mano libera il suo sesso e comincio a massaggiarlo con la stessa foga con cui il mio corpo entra ed esce dal suo. 
“Mi… mi fai male… Brian!!” dice tra un gemito e l’altro.
“Sei mio…” ripeto “Nessuno a parte me ti deve toccare…” spingo per l’ennesima volta in lui che viene nella mia mano e io vengo in lui marchiandolo una volta di più come mia proprietà. Sento il suo pianto e i suoi singhiozzi per l’umiliazione della violenza subita, così decido di liberarlo dalla mia ingombrante presenza e lo faccio voltare nella mia stretta. Lo abbraccio stretto mentre lui non fa altro che singhiozzare. Gli sfioro una guancia con una mano mentre pulisco un po’ di quelle lacrime che bagnano quel suo volto meraviglioso e mi sento un verme per quello che ho fatto. 
“Scusami…” sussurro abbracciandolo stretto mentre l’angoscia cresce in me “Scusami… come ho potuto farti una cosa del genere…” i suoi singhiozzi si fanno sempre più forti mentre le sue mani si aggrappano alla canottiera che indosso stringendo forte la stoffa che mi ricopre la schiena come se fossi io l’unica ancora di salvezza.
“Scusa…” sussurro scostandolo un po’ da me e baciandogli le palpebre e tutto il viso. 
I suoi singhiozzi si calmano un po’ mentre lo coccolo dopo avergli fatto del male e quando il corpo smette di tremare mi sussurra: “Ti odio…”.
“Anche io mi odio per quello che ho fatto… scusa… scusa…” lo fisso negli occhi pendendo il suo viso adesso lucido e arrossato dal pianto tra le mani e gli dico: “Ti amo…”. 
 I suoi occhi si sgranano in un’espressione sorpresa prima di ridiventare lucidi: “Parli… parli sul serio…?” chiede.
“Sì” annuisco “Non sono mai stato più sincero”. 
Le lacrime affiorano appena ai suoi occhi prima che, con uno slancio, si mette sulle punte e mi bacia con passione e trasporto. Ci baciamo a lungo, con amore e passione, fino a farci mancare l’aria ed è proprio il bisogno di respirare che ci fa separare.
“Ho aspettato tanto queste parole…” sussurra a un fior di labbra da me. 
“Lo so… sono uno stronzo…” dico.
“Non importa… adesso so che mi ami…” sorride apertamente con il suo sorriso vivace e birichino “Adesso non ti libererai più di me…!”. 
Lo abbraccio forte affondando il viso nella sua spalla: “Non ne ho alcun intenzione…” sussurro piano mentre le sue braccia vanno a circondarmi il collo.

**FINE**

   
 
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