V.Where the Life is
Ad ogni respiro segue un altro respiro.
Il ritmo è lento ma ben cadenzato, e vorrei davvero farmi cullare per sempre da quelle piccole onde di vita, ma so che non è possibile, che non ce la farò.
Lui sta dormendo nel suo letto. Un letto singolo, lungo e stretto come
Un passo, due passi, e mi chiudo la porta dietro alle spalle.
Gioco a respirare tutti i suoi sospiri e l’idea che muoiano dentro di me mi piace non poco, e so che se glielo dicessi lui si metterebbe a ridere ed a fissare il terreno imbarazzato.
Un passo, due passi, e sono inginocchiato sul ciglio del suo letto.
Gli accarezzo una guancia, e lo trovo assurdamente caldo. Ma temo di essere io quello esageratamente freddo.
La mia polvere di diamanti sembra essere talmente bigia e scialba in confronto al suo viso che quasi me ne vergogno. Camus di Aquarius, se solo tu fossi qua a vedere.
Infilo una mano sotto la coperta, violando la teca di calore e notte che proteggeva il corpo di Shun, e non la fermo finché non sento la curva dei suoi fianchi. Vorrei entrare nel suo lungo e stretto letto e scaldarmi con lui. Farlo rabbrividire e poi scaldarlo contro di me, e poi farlo rimanere freddo per sempre, così che ci sarà sempre una scusa per tenerlo stretto accanto a me.
Non so quando questo sia accaduto, se mi trovo in questa situazione da un ora o da dieci secondi, ma le mie labbra sono sulle sue, e la sua guancia sta facendo nido nella mia mano. Shun, mio piccolino, si può morire per così poco?
“Che… Che… Sei tu?”
Cerca di aprire gli, ma non ce la fa. Lo vedo che è stanco, e non mi riconosce.
“Sono… Sì, sono io.”
Il suo braccio lentamente si alza e prende il volo, e plana dolcemente sulla mia spalla. Vedo che sorride nel sonno, anche se ha un sorriso triste come tutti i bambini martire.
“Sei tu…. Fratello.”
E avrei potuto morire per molto meno.