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Autore: Botan    05/03/2008    1 recensioni
Esistono un fiume e una città, famosa per i suoi innumerevoli casinò, che si chiamano proprio come me. Tuttavia, non sono né un fiume, né tanto meno una famosa città! E neppure una slot-machine umana!
Se volete pronunciare il mio nome, allora intonate un bel Re maggiore. Perché? Provate ad indovinare!
Non vi viene in mente proprio nulla? Ok. Gli indovinelli non fanno per voi, eh? Pazienza!
Come dite? Il mio nome, zo to?
Reno, per servirvi!
*Dedicata al mio Reno, coniglio nano maschio gagliardo e tosto, che per anni ha tenuto accesa la luce nella mia vita senza pretendere nulla in cambio.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Reno, Yuffie Kisaragi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Advent Children, Dirge of Cerberus
Capitoli:
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CAPITOLO 6

                              CAPITOLO 6

 

 

 

 

 

Mi sono da poco svegliato. Ho un forte cerchio alla testa, nonché un dolore sulla soglia media della sopportazione, che mi assedia la  spalla destra.

Mi guardo pian piano attorno. Faccio anche fatica a girare il collo, tant’è che mi sento rigido ed intorpidito.

A giudicare dalle dimensioni, non si direbbe proprio camera mia.

Guardo dalla grande finestra situata sul lato destro.

A giudicare dai palazzi che ci sono al di fuori, questo non è il Geostigma Sanatorium.

Un pensiero mi accarezza la mente all’improvviso. Forse… sono già diventato parte del flusso vitale?!

Scuoto il capo con dissenso. 

Faccio per portarmi la mano destra sulla fronte, ma il braccio non sembra rispondere al mio volere. Mi agito frettolosamente, e scopro le coperte aiutandomi con l’arto sinistro che ad un primo acchito sembra sano.

Mi osservo perplesso l’arto dolorante. Ho una sorta di fasciatura che parte dalla spalla fino ad arrivare poi a metà palmo della mano.

La rabbia mi sale alle stelle:

- Zess!- esclamo a voce alta. Adesso ricordo! Pian pianino mi sta ritornando la memoria.

Tanti pezzi di un puzzle, che finalmente si congiungono.

Ero in quel bosco per svolgere la missione, e mi sono imbattuto in quei due tipi dall’aria poco raccomandabile che volevano farmi la pelle e… poi…

 

Ad un tratto la porta si spalanca di colpo, costringendo me, seduta stante, a smettere di ricordare.

 

- Reno!- una voce squillante a momenti mi fracassa le orecchie.

 

- Che cavolo…?! - Mi sveglio dopo chissà quanto tempo, e chi vedo?- Elena!? – esclamo un po’ stizzito. - Ma sei matta?! Urlare in questa maniera nella stanza di un povero moribondo?!

 

La mia stizza finisce non appena osservo gli occhi lucidi della compagna. A dir la verità sono pure pentito di averle dato della matta. Infondo, sono sveglio da una decina di minuti e non so assolutamente niente di quanto mi è successo dopo che sono crollato a terra privo di sensi.

 

La giovane Turk corre all’istante verso di me per rimboccarmi prontamente le coperte.

- Non devi assolutamente scopriti! – Ecco il primo rimprovero della giornata! Fantastico!

 

- Ogni tanto, magari per hobby, potresti fare la gentile e dire qualcosa di carino?- dico sarcasticamente. Mentre sono impegnato a punzecchiare l’acida bionda, una grossa figura si appresta a fare il suo ingresso. – Rude! – strillo quasi dalla gioia. Il mio adorato compare si avvicina al letto, sfoggiando un piccolo e celato sorriso festoso. – Bene! Adesso che sono sveglio, e che voi siete qui, sareste così gentili da spiegarmi dove diavolo mi trovo e perché Elena mi si è fiondata addosso come una matta, accogliendomi con così tanto entusiasmo?! – Non capita tutti i giorni di vedere una tua amata/odiata compagna di lavoro che sta attenta a non farti prendere freddo! - Sono alquanto irritabile se non l’avete ancora capito! 

 

- E’ già tornato quello di sempre!- esclama la bionda verso Rude, e quest’ultimo acconsente.

 

- Reno!- mi sento nuovamente chiamato in causa da una terza voce. Questa volta però il suono è più delicato, gentile.

 

Osservo la sagoma, dopodichè faccio salire gli occhi al soffitto grigiastro ricoperto da grosse tubature che lo percorrono, e sospiro:

- Lasciatemi indovinare… mi trovo in una delle camere dell’orfanotrofio del biondo e della barista?- dico osservando la mora Tifa spuntare dal retro della porta con tanto di marmocchietta figlia di Barret alle costole.

 

Se tutti tacciono d’innanzi alla mia supposizione, allora mi sa di aver colpito nel segno.

- Ok ok…! – ripeto più volte, tentando di mantenere la calma- Appurata questa semplice curiosità, me ne sorge spontanea un’altra…- respiro profondamente, e parto all’attacco- Perché sono bendato come una mummia?!- Adesso che guardo bene, non è soltanto il braccio destro ad essere infagottato a dovere… ho una serie di bende che gira tutt’intorno al torace. Quei due degenerati mi hanno conciato proprio bene, dannazione!

 

Elena fa un passettino in avanti e si siede proprio ai piedi del letto.

- Hai trascorso una notte all’ospedale di Kalm, sotto la stretta osservazione di una buona equipe di medici che ti hanno curato le ferite sulla schiena e su gran parte del braccio. Sei stato fortunato, Reno! Non capita tutti i giorni di essere investito da una potente scarica di Materia, ed uscirne… diciamo vivi. Un altro al posto tuo sarebbe morto. – afferma spontanea, odiosa. Grazie per il sostegno che mi stai dando, maledetta bionda! Elena inoltre prosegue- Per di più, se si trovi qui è soltanto grazie a Cloud.

 

Cloud? Lui… io?! Sono stato salvato da lui?! Miseria! E’ una notizia da quarantena!

Sbotto quasi incredulo, dopodichè guardo Rude all’istante. Mi fa un cenno con il capo come per dirmi “è tutto vero, ha ragione”, così mi rassegno.

Il vice capo dei Turks che si fa salvare da un ex-soldier? Come sono finito in basso…! 

Ad un tratto, però, vengo afferrato da un fortissimo senso di colpa che mi induce a ricordare una cosa. Una cosa assai importante.

 

- La missione?! Che né stato della missione?!- emetto all’improvviso, agitato, preoccupato, con la pretesa di conoscere già la risposta. Sicuramente negativa. Questa è la seconda volta, in tutta la mia carriera da Turk, che mando a rotoli un incarico.

La prima avvenne nella chiesetta di Midgar. Ricevetti l’ordine da Tseng di catturare l’Antica e portarla da lui. Con me c’erano dei soldati pronti a fare fuoco e fiamme ad un mio preciso cenno. Arrivai in quel settore e la prima cosa che vidi, furono dei fiori. Una grande distesa di corolle dai delicati colori pastello. L’Antica fuggì con la sua guardia del corpo, il biondo ex-soldier, però prima di scappare, mi pregò insistentemente di non calpestare i suoi adorati fiori.

La morale di tutta la favola è che fui costretto a fare un giro lunghissimo, per accontentare la sua sdolcinata richiesta. Ah, naturalmente a causa di ciò, lei e il biondo la fecero franca, e naturalmente il sottoscritto ricevette un solenne predicozzo dal suo capo!

Questa volta però a farmi ricadere nello stesso errore di tre anni fa, non sono stati dei semplici fiori. Bensì due ignoranti bastardi, che hanno pensato bene di non farsi i cazzi loro, ecco!

 

Elena sogghigna tenendomi sulle spine.

 

- Ti sembra il momento di scherzare?!- faccio sul colmo dell’esasperazione. Ora che sono sveglio pretendo, anzi, esigo che mi venga raccontato tutto! Mi sono perso già abbastanza! Chiedo alla svelta delucidazioni a riguardo, e le ottengo.

 

- Ricordi il braccialetto che abbiamo indossato all’inizio dell’operazione?- La causa dei miei guai! Come potrei dimenticarmelo? Faccio sì con il capo, e lei prosegue – Uno dei tuoi assalitori è fuggito via portando con sé quello che il capo ti aveva consegnato.- Elena si ferma per un attimo, poi mi guarda con aria sospettosa- A proposito… Come mai non lo avevi al polso? Non è che ti sei perso l’unica cosa che non ti dovevi perdere?

Faccio un cenno improvviso e netto con la testa, per negare l’assurda accusa infondata.

Accidenti! Ha capito tutto! Ho ragione quando la chiamo “strega”, allora!

 

- Assolutamente no! Non trarre conclusioni affrettate! Non pensare sempre male, zo to!- cerco di difendermi continuando a negare l’evidenza, da bravo attore. Visto che la persona da ingannare è una certa Elena, il compito non è poi così arduo!

 

La bionda sembra arrendersi alla mia versione dei fatti, così, senza darsi troppa pena, prosegue dritta verso l’epilogo del racconto, facendo tirare a me un sospiro di sollievo.

- Alla fine è bastato seguire il segnale di quel braccialetto per arrivare a catturare i colpevoli del tuo pestaggio.

 

Una smorfia di riso mi si dipinge in volto.

- Quindi, avete conciato per le feste anche quel bastardo di Zess?! – sono talmente felice che quasi quasi quel povere degenerato dai capelli lunghi mi fa tenerezza.

Guardo Elena. La sua, è una smorfia di perplessità.

 

- Zess?- pronuncia aggrottando le sopracciglia in segno di confusione- Nessuno dei ventinove ribelli che abbiamo catturato si chiama così. – Ti prego bionda, dimmi che per la prima volta hai imparato a scherzare e che lo stai facendo proprio adesso!

  

- COSA?!?!?- le mie urla rimbombano tra le quattro mura della stanza. Denzel, il bambino che… che mi ha miseramente battuto ad una banale partita di poker, fa irruzione nella camera per controllare la situazione.

 

- Poverino… sta tanto male per via di quelle brutte ferite!- parlotta con aria affranta.

 

- Io vado di sotto a preparare l’infuso! – esclama Tifa, trovando così una scusa per lasciarci soli. – Marlene! Denzel!

I due ragazzini annuiscono all’istante seguendo la bella moretta, per lasciare poi silenziosamente la camera e chiudersi la porta alle spalle.

 

- Elena!- esclamo guardandola atroce in viso- E’ vero che sei una studiosa eccellente, conosci il protocollo a memoria ed impari molto in fretta…- beh più o meno…-  però, è altrettanto vero che la mente umana a volte può giocare brutti scherzi… soprattutto quando si avanza con gli anni…- cerco di punzecchiarla pur mantenendo un tono di voce alquanto serio, ma la mia provocazione non va oltre un suo banale: - “Ricordo alla perfezione tutti i ventinove nominativi della lista!”

 

Mi predispongo così ad adoperare un atteggiamento meno edificante e più conciso: - Voglio una copia di quella fottutissima lista! Adesso!- preciso senza macchia. Detto fatto. Ecco Rude che si avvicina tendendomi sotto il naso proprio una copia di quel foglio.

 

- Mi sono premunito. - afferma con semplicità.

Gli allungo un enorme sorriso di benevolenza per ringraziarlo della sua generosità ed in seguito agguanto senza tanti preamboli quel piccolo pezzo di carta.   

Faccio scorrere gli occhi sui “ventinove nominativi”, come direbbe la bionda, nella speranza che quella stessa bionda almeno per una volta abbia dimenticato qualcosa. Peccato solo che quella “volta” non sia adesso.

 

- Ok! Voglio il nome di chi ha scritto questa lista!- dichiaro sventolando in aria il foglietto.

 

Quell’idiota avrà SICURAMENTE dimenticato di scrivere il nome di Zess!

 

- E’ stato il capo. Qualcosa in contrario?

 

- Niente in contrario, Elena! E’ tutto apposto!- allungo un sorriso a quarantadue denti, anche se c’è poco da stare allegri.

Se Zess non è presente in questo foglietto, allora ciò significa che quel bastardo è ancora in libertà. Certo, questa volta da solo. O forse.

 

Che brutta gatta da pelare! Ma perché il destino mi riserva sempre cose così brutte e poco gradevoli?

 

Prendiamo la cosa dal verso giusto. La missione tutto sommato è andata alla grande. La base finalmente non rischia più di andare in frantumi, ed io non sono diventato parte del flusso vitale.

 

- Bene! Quando posso tornare all’azione?- esclamo tutto contento, con un grande sorriso sulla faccia.

 

Elena si solleva dal letto, portandosi di fianco al socio pelato. Rude tossicchia appena, ma fa fatica a trattenere lo sguardo sulla mia faccia sorridente e radiosa.

 

- C’è qualcosa che ancora non mi avete detto, vero?- L’ho capito dai movimenti contraddittori del mio compagno. Quando fa lo sfuggente, qualcosa non fila per il verso giusto.

 

- Vedi Reno…- Elena si prepara a darmi chiarimenti, ma ben presto una voce la sovrasta.

 

- Quattro settimane di sospensione saranno più che sufficienti. Due per rimetterti in sesto, e due per aver trasgredito diverse regole. – E’ Tseng quello a parlare.

 

- Capo!- ho le lacrime che mi offuscano la vista. Di solito Tseng non spreca mai il suo tempo per visitare un compagno ferito. Però, questa volta è riuscito a trovare un piccolo istante di libertà per venirmi a trovare. Questo suo gesto mi ha reso il Turk più felice di questo pianeta. A parte le quattro settimane di sospensione…ovvio. - Quattro settimane?!- questa volta piango davvero ma di certo non dalla gioia…- Se non avessi infranto la regola del “niente problemi con gli estranei” molto probabilmente a quest’ora della nuova base Shin-Ra ci sarebbero solo un mucchio di macerie! Io ho dovuto…

 

- Non serve che tu dica altro. So che hai agito per difendere la Compagnia, ed è anche vero che grazie al tuo intervento siamo riusciti a catturare i ribelli e ad evitare così inutili conflitti. – Tseng fa una breve pausa, poi percorre qualche passo fermandosi d’innanzi al finestrone della camera. – Tuttavia - premette- la base è stata soppressa ugualmente.

 

Ho quasi un blocco allo stomaco.

Il silenzio stagnante calato in camera è destinato a durare a lungo. Se il sottoscritto non si decide a spezzarlo, dubito che Rude o Elena lo facciano al posto mio.

Il problema è che in questo momento né io né i miei compagni abbiamo il coraggio di farci sentire.

Ma è Tseng a farlo per primo:

 

- Rufus ha ordinato di farla crollare questa mattina stessa, con una dose massiccia di esplosivo.- il capo si gira a guardarmi ed io mi sento tremendamente in colpa.- Tranquillo. Non è stato a causa tua.

 

Sembra quasi avermi letto nel pensiero.

Per un breve attimo ho provato il brivido della vergogna. Io che ho tanto lottato affinché la base restasse in piedi, ed io stesso che invece ne causo la sua distruzione. Che volta gabbana!

Tseng si avvicina al mio letto poggiando calmo una mano sulla spalliera: - Erano in troppi quelli a sapere del progetto. Troppi e, pericolosi. Evidentemente per la Shin-Ra il momento di risorgere non è ancora giunto.

 

- Ma signore…- si smuove Elena, anch’essa visibilmente rattristata.

 

Guardo il viso di Tseng che s’intristisce leggermente. A tutti noi dispiace, ma credo che quello a provare maggior dolore, sia proprio lui.

Tseng crede molto nella Compagnia. Crede che possa ancora servire al pianeta, questa volta però, non più con la supremazia di prima che ha causato non pochi problemi a tutta la popolazione. Lui darebbe la vita per vedere il mondo in perfetta sintonia con la Shin-Ra e coloro che la manovrano. Darebbe chissà cosa per girare tra le strade della città, fiero di portare sulla divisa blu notte la spilletta della compagnia, appuntata sul colletto, e senza trascinarsi lo sguardo sdegnoso della gente che ci reputa esseri capaci soltanto di tormentare il pianeta. E anche se non lo dichiarerà mai, penso che almeno lui, vorrebbe per una volta camminare in un bagno di folla e sentirsi un eroe.

 

- Capo, tu per me sarai sempre un eroe, zo to! – dichiaro con fierezza.

 

Elena mi fissa con approvazione. In qualche modo anche lei avrebbe voluto dirgli la stessa cosa, ma a causa della sua timidezza, non è riuscita ad aprir bocca. 

 

Qualcosa si posa sul mio capo. E’ la mano di Tseng, che alla sua maniera mi manifesta tutta la gratitudine che una persona come lui è in grado di dare.

In qualche modo, penso di avergli risollevato il morale. E anche se il problema persiste, sono più che sicuro che il capo ne uscirà a testa alta, come solo Tseng sa fare!

La Shin-Ra Company è in debito con il pianeta. E’ una frase che spesso ho sentito pronunciargli.

E questo debito, mi auguro che si estingua al più presto possibile, in modo che anche noi Turks, finalmente saremo liberi di vivere una vita piuttosto normale.

 

 

 

Sono cinque giorni che mi hanno parcheggiato in questa stanza. 

E per me, cinque giorni senza batter ciglio, pesano tantissimo.

Se non fosse per quella mezza calzetta di Denzel che mi tiene in allenamento giocando a carte, forse sarei evaso dalla finestra, legando le lenzuola del letto, come un detenuto pericoloso.

Naturalmente, il merito non va di certo tutto riconosciuto a quel piccolo moccioso…! E’ più che ovvio che anche l’esser curato da Tifa, ha la sua importanza.

Arriva puntualmente alle 15 e alle 20 per portarmi la solita brodaglia di infusi e medicine che mia ha prescritto il medico. Uno schifo senza pari…

Quando appoggio le labbra al bicchierozzo stracolmo, e ne pregusto il sapore, si avverte un flebile odore di amarena, che poi però una volta ingurgitato, mi fa capire che i pranzi bruciacchiati che prepara Elena, sono addirittura migliori! A volte mi capita anche di rimpiangerli!

In fin dei conti però, non sto tanto male in questa casupola.

Sono servito e riverito come un piccolo principe, e anche se tutto questo è possibile soltanto grazie alla mia convalescenza, devo ammettere che tutto ciò non mi dispiace.

Però, quanto mi manca la mia camera! Il mio territorio!

Questa in cui mi trovo non è di certo paragonabile alla mia!

E’ piccola, il bagno si trova fuori, e cosa più opprimente, è tappezzata di disegni e fotografie!

Ritratti del biondo, di Tifa, di quel micione troppo cresciuto che si fa chiamare Nanaki, ed altri scarabocchi completamente incomprensibili, tutti fatti dai mocciosi che popolano questo luogo. E’ bruttissimo svegliarsi in piena notte e ritrovarsi uno di questi scarabocchi davanti agli occhi.

Fatto sta però, che così immobilizzato, sono costretto a tutti i costi a farmi piacere questo luogo, dato che dovrò restarci per altri nove giorni. Il sol pensiero mi fa totalmente dimenticare questo fastidioso dolore che sento spesso quando muovo il braccio destro.

Il medico dice che riprenderò a muoverlo normalmente solo a distanza di un mese. In più mi ha aggiunto di passare un paio di volte all’ospedale di Kalm, per delle semplici visite mediche. Al massimo mi recherò lì solo per un piccolo controllo di normale routine. Giusto per accontentare la petulante Elena, e metterla a tacere. Tuttavia, sono costretto ad ammettere che sotto quella sua espressione formale e precisina, si celi un animo sensibile e protettivo. Non manca giorno in cui lei e Rude raggiungano Midgar per farmi visita. Oggi per esempio, sono arrivati questa mattina. Il mio compare mi ha consegnato una sacca con alcune delle mie cose, tra cui il completo da Turk nuovo di fabbrica che mi ha mandato Tseng, e naturalmente dei vestiti più comodi per trascorrere la convalescenza. Elena ha riposto la roba all’interno di una cassettiera di fronte al letto. Tutto come sempre in maniera ordinata, proprio come lei.

Sono andati via dopo un’oretta, non prima di avermi raccomandato di starmene tranquillo… e a letto.

 

Mi giro su di un lato, con molta goffaggine, e cerco di sbirciare al di fuori della finestra. C’è un’arsura pazzesca.

Sogno di starmene in piscina, a gongolare su di un bel materassino osservando Rude disteso sulla sdraio a gingillarsi con un libro, ed Elena in costume da bagno… intero.  

Ad un tratto sento la porta della stanza gracidare. Qualcuno sta bussando.

 

- Avanti!- esclamo un po’ svogliatamente.

Sono le 15 e Tifa arriva puntuale con il suo vassoietto di plastica, colorato, e naturalmente il bicchierozzo di poltiglia indigesta.

 

- E’ l’ora della medicina!- esclama con un dolce visino. La vedo appoggiare il vassoio sull’asse della cassettiera, e venirmi incontro per darmi una mano a sedere.- Stai comodo?- mi domanda dopo aver sbattuto il cuscino, sistemandomelo meglio dietro la schiena.

 

- Comodissimo, grazie! Dolore a parte…- mugugno, scocciato dal costante bruciore che non cessa mai di perseguitarmi, nemmeno per un istante.

 

Tifa mi allunga il bicchiere in modo che io possa afferrarlo. Corruccio la fronte e storco le labbra per farle capire la poca voglia che ho di trangugiare quello schifo color amaranto, ma le mie mosse da cattivo bambino, non portano a granché.  

 

- Se non segui la cura del medico, dubito fortemente che il dolore cesserà…!- esclama per convincermi ad ingurgitare quella roba. Ahimé, la sua espressione anche se molto persuasiva, su di me non ha nessun effetto.

Scuoto il capo con la bocca serrata per farle capire la mia insistenza. Non cederò tanto facilmente.

 

La bruna stringe le spalle, emanando un lungo sospiro:

- Se proprio non vuoi berla, d’accordo!- esclama. – Però sarò costretta ad utilizzare una terapia alternativa che comunque ti faccia stare bene! -Tutto ciò che vuoi! Sarà sicuramente meglio di questa roba!

 

La vedo frugare nella tasca centrale posta sulla sua gonna di pelle nera, ed estrarre uno di quei voluminosi arnesi a stantuffo, comunemente chiamati “siringhe”.

 

- Cos’è quello?!- sbotto all’istante, con sguardo sospettoso, e un pochino pochino sconvolto.

 

La mora mi sorride gentilmente, dopodichè dichiara:

- La tua terapia alternativa!

 

La mia bocca si spalanca in un urlo di terrore.

 

Non le lascio nemmeno il tempo di aggiungere altro. Afferro il bicchierozzo di roba amaranto e lo trangugio giù, in pochi secondi, rischiando a momenti anche di soffocare. Descrivere il sapore mi è impossibile. Potrei riassumerlo in una sola parola: orrendo.

 

- Com’è?- mi domanda lei, prontamente, rassicurandomi con uno dei suoi dolci sorrisi.

 

- Buonissima, zo to!- esclamo a denti stretti.

 

- Mi fa piacere!- ribatte subito, facendomi un furbastro sorrisino. Adorabile!

Sono pochi quelli a conoscere i miei punti deboli. Fortunatamente, sono anche pochi i punti deboli che ho.

Disgraziatamente però, uno di questi, sono le iniezioni e soprattutto i prelievi del sangue. La sensazione del sottile ago che si spinge nella tua pelle aspirando quel liquido rossastro direttamente dalle vene, non la sopporto! Mi vergogno a dirlo, ma una volta ho rischiato anche di svenire.

Fatto sta che se quella è la mia terapia alternativa, e se proprio non c’è altra alternativa, preferisco deliziarmi con l’intriso rossastro, piuttosto che farmi forare da quell’arnese bislungo, zo to!

 

L’amica del biondo recupera il bicchiere oramai vuoto e lo adagia sul vassoio.

Dandomi di spalle, dopo aver guardato la camera per controllare che tutto sia in perfetto ordine, solleva i tacchi e va via canticchiando un motivetto piuttosto gioioso, mentre io avrei voglia di vomitare.

Quando sei ammalato, la giornata è davvero lunga da passare. Oramai conosco a memoria ogni angolo e oggetto di questa stanza, tanto che per passare il tempo, ho dato i nomi ad ognuno di loro.

Così la cassettiera è diventata “Arturo”, il tappeto “Gilberto”, le tendine della finestra “Clementina e Clementina 2”, e così via.

Per fortuna che il sonno in questi giorni non mi manca per niente, anzi! Trascorro più ore a ronfare che a fissare il soffitto.

Tifa sostiene che in realtà sia quell’intruglio di medicine varie, che mi porta a dormire più del dovuto. Ci sono delle erbe che per alleviare il dolore, fungono da anestetico sulla parte infiammata, fino a stordirti completamente.

Un lato positivo, in tutta questa faccenda, però c’è. Non appena sarò completamente guarito, le mie batterie saranno così cariche da fornirmi energia tre volte più del dovuto! Magari chiederò a Tseng il permesso di ricostruire tutta la base Shin-Ra. Ovviamente, da solo!

 

 

 

Anche questa mattina è come le altre. Calda e asfissiante. L’unica cosa che la contraddistingue, è che a breve, io sarò libero!

E’ passata una settimana dall’infausto fattaccio, e tra non molto sarò libero di scorazzare tra i meandri di palazzo Strife e dintorni, e porre così fine alla mia opprimente reclusione.

Sono eccitatissimo all’idea! Tant’è che ieri sera mi ci è voluta un’eternità per cadere tra le braccia di Morfeo. Ora però che sono sveglio, niente e nessuno potrà impedirmi di lasciare “il nido”.

Mi tiro su facendo forza sull’addome un po’ fiacco e dolorante. In poche e semplici mosse riesco a poggiare i piedi dritti a terra, e questo, senza l’aiuto di nessuno. Detesto dipendere dagli altri.

So che dovrei chiamare la brunetta tutto fare e portavivande, ma sono da poco le otto, e con molta probabilità starà sicuramente dormendo.

Pochi attimi e sono già fuori dalla stanza, intento a raggiungere il bagno per farmi una meritata ed agognata doccia.

 

Non aspetto altro.

 

Mentre m’insapono minuziosamente, scorgo qua e la, sul mio corpo, dei profondi segni rossastri, tenutimi nascosti dalle bende che ho tolto poco prima di bagnarmi. In realtà, sono tutte le cicatrici che mi ha causato quel disgraziato di Zess, con tanto di scagnozzo al seguito, mentre mi pestava. Con qualche pomata o intruglio di Elena, dovrebbero sparire. Peccato che il ricordo di quel giorno, difficilmente andrà via. Soprattutto se quella canaglia di Zess, è ancora in libertà.

Spero che a Tifa non dispiaccia il fatto di averle consumato un intero bottiglione di bagnoschiuma. Al massimo, non appena metto il naso fuori di qui, corro a comprarglielo.

Il continuo getto dell’acqua mi rigenera totalmente. Adesso sì che sto davvero bene.

Inclino poco poco il corpo in avanti per afferrare l’ asciugamano adagiato sul lavabo di fronte, e me lo cinga in vita, per coprirmi.

Finalmente posso anche fissarmi allo specchio.

C’è né uno proprio sopra il lavello. Lo pulisco dal vapore che si è condensato sulla superficie, rendendola opaca, con il palmo della mano, e mi do una guardatina. Non ho un cattivo aspetto. Forse un po’ pallido e spossato, ma dopotutto è assai comprensibile. Adesso quello di cui ho veramente bisogno, è prendermi una boccata di aria fresca… ma calda. Anche oggi, infatti, il sole spacca le pietre.

Dopo avermi dato una frizionatina ai capelli bagnati, vado dritto in camera mia.

Apro il primo cassetto della cassettiera, e scelgo cosa indossare. Prendo una camicia bianca, di quelle fresche e leggere che non soffocano ulteriormente la ferita che ho sulla schiena, e un paio di jeans scuri, tendenti al nero e abbastanza elastici.

Mi vesto un po’ a fatica, soprattutto quando arriva il momento di infilarmi la blusa.

Il braccio destro non ha tanta intenzione di collaborare. M’impongo di muoverlo a dovere, e lo faccio con discreto successo.

Mi dirigo d’innanzi al lungo specchio situato accanto alla finestra, proprio nell’angolo, e do una rapida occhiata alla mia figura.

Qualche bottone slacciato qua e là, le maniche issate all’insù, una pettinatina ai rossi capelli, e Reno è pronto a ripartire!

 

Scendo le scale dell’abitazione che danno dritto nella grossa sala principale. Al mio passaggio tutto è immobile, quieto. C’è un silenzio quasi surreale se paragonato all’abituale trambusto che fanno i pargoli di questo posto, a tutte le ore del giorno e della notte.

Muovo giusto quattro passi nell’ampio salone ancora poco illuminato, e mi guardo attorno. Finalmente qualcosa di nuovo per rallegrare i miei occhi e staccarli un po’ dalla solita visuale che ero costretto a sorbirmi in quella ridicola camera!

Faccio il giro tra il bancone ed i tavoli di legno e metallo, osservo l’unico fascio di luce che filtra dallo spiraglio di una serranda abbassata, e in seguito mi dirigo in cucina. Non appena ne varco la soglia, il mio corpo meccanicamente si arresta. Questa è la seconda volta che vi entro. Osservo il tavolo, le poltrone, le sedie… e a tratti mi pare di scorgere la sagoma di qualcuno che conosco molto bene. Naturalmente è tutto frutto della mia fervida immaginazione, se l’immagine che mi è appena apparsa, era quella della principessina di Wutai.

Era da un po’ che non pensavo più a quel piccolo rospetto dispettoso. I problemi, le responsabilità, il lavoro e la malattia, mi hanno riempito il cervello.

Quando si dice il caso… Sul mobiletto accanto alla poltrona, c’è proprio una sua foto. Per la precisione è un ritratto di gruppo.

Afferro la cornice per osservare meglio l’immagine. La figlia di Godo Kisaragi se ne sta impalata come una statua sfoggiando una di quelle posa degna di un ninja, con il suo gigantesco shuriken a quattro punte accanto. Proprio affianco, c’è quel gatto con la corona, e più a lato, il tenebroso quanto inquietante ex-Turk, Vincent. Sollevo il capo, e sussulto all’istante:

- Valentine!- dico a voce alta.   

 

Colui che mi ha salvato la vita! Sono costretto ad accantonare nuovamente Yuffie per qualcosa di ben più importante che per giunta avevo completamente dimenticato!

Sono stato imbrogliato. Ecco cos’è che mi crea così tanto fastidio! Detesto chi mente. Detesto chi mi mente.

Perché nessuno mi ha detto la verità ? Perché non mi hanno detto che a salvarmi è stato proprio Valentine?  

Le mie perplessità vengono rotte da una voce.

E’ Tifa.

 

- Reno! Cosa fai qui?! Non dovresti essere a letto?

 

Balzo come un gatto per lo spavento:

- Hey, mora! Accidenti mi hai fatto prendere un colpo! – dico con tono piuttosto alterato.

La figlia dell’energumeno con la mitraglietta impiantata nel braccio e altri quattro marmocchietti, mi si precipitano addosso, saltellandomi attorno come un mucchio di cavallette.

 

- Sei guarito!- dice Marlene, con enfasi.

C’è poco da enfatizzare in questo momento!

 

- Buoni bimbi, buoni!- pronuncio per metterli a tacere- Adesso io e Tifa ci facciamo quattro chiacchiere, in santa pace, capito?- sottolineo, nella speranza che si allontanino lasciandoci soli.

Afferro la bruna a braccetto, che mi squadra con aria perplessa e poco decisa. Faccio per girare i tacchi, quando una marmocchietta, la più piccola, si aggrappa con forza al lembo della mia camicia:

- Giochi con me?- pigola, mostrandomi un candido faccino. Inutile mentire: mi sciolgo all’istante.

 

Quando fanno così, non so proprio che fare.

 

Mi arrendo, e sospiro:

- Dopo piccola, dopo!- le prometto frettolosamente.

 

I bimbi vanno via non appena Tifa ordina loro di lasciare la stanza.

- Devi dirmi qualcosa, giusto?- domanda, avendo forse intuito quel “qualcosa”.

 

Non indugio:

 

- Vincent Valentine! – esclamo, sbattendogli gentilmente la foto di gruppo davanti agli occhi.

 

- Vincent?- mormora Tifa, tentennante, mentre lo osserva in fotografia.

 

Ribatto all’istante:

- Si, Vincent Valentine! Da quanto tempo non lo vedi?

 

- Circa…-premette- quattro, cinque mesi… credo.- aggiunge poi. Successivamente si concentra sul mio volto, inarcando in su le sopracciglia con una smorfia strana. - Perché questa domanda?

 

Mi porto le braccia al petto, indispettito. In seguito le urlo in faccia:

- Ho visto il tuo amico colpire i miei assalitori proprio la notte in cui mi hanno sparato!

 

Il suo faccino si sorprende:

- Davvero? – articola meravigliata- Cloud non ha detto niente a riguardo… Quando lui ti ha tratto in salvo non…

 

La mia voce sovrasta immediatamente la sua, per farle capire con modi sbrigativi il punto della situazione:

- E’ stato occhi rossi a salvarmi la pellaccia, e non il biondo!!

 

La mora corruccia la fronte. Il suo faccino bello è assai perplesso. Non ne sapeva niente di tutto ciò?

 

- E’ stato Vincent… a salvarti?!- scandisce sorpresa. 

 

Abbozzo un sì bello conciso con la testa.

- Adesso non venirmi a dire che non ne sapevi niente, zo to! Ma perché diamine mi si nasconde sempre tutto, zo to?!- aggiungo, alzando gli occhi al soffitto con un pizzico di tolleranza. – Perché mi avete mentito?! A che scopo, poi…!?

 

Il capo di Tifa oscilla all’istante:

- E’ stato Cloud stesso a dirmi di averti tratto in salvo! Né io né i tuoi compagni sapevamo nulla a riguardo e… sono stupita quanto te, credimi! – ribatte con una certezza di ferro.

 

- Bell’amico che ti ritrovi! Un mentitore in erba, direi!

 

Tifa scuote nuovamente la testa:

- Se Cloud ha mentito, lo avrà fatto sicuramente per un valido motivo! E poi, lui non ama molto parlare.

La voce della ragazza è decisa. Anche i suoi occhi, scuri e profondi, mi trasmettono questa percezione.  

Sbuffo appena, le do di spalle e mi dirigo verso l’uscita.

Arrivato davanti all’uscio, mi sento improvvisamente chiamare:

- Dove stai andando?- formula la sua voce inquieta, preoccupata. 

 

Tra un passo e l’altro e senza voltarmi, le do una risposta:

- Dal biondo, a chiedere qual’è questo famoso e “valido motivo”, OVVIO, zo to!

 

La sento reagire di getto al mio responso, a quanto pare poco gradito, per ricordarmi delle mie condizioni ancora precarie. Oramai è troppo tardi per farmi cambiare idea: sono già d’innanzi all’ingresso principale che dà accesso alla strada.

Prima di andarmene odo uno scricchiolio proprio dal retro del divanetto posto alla mia destra.

- Sarai pure un asso con le carte, ma in quanto a nasconderti, sei davvero un disastro.

 

Dopo queste parole incitanti, il capo dell’essere da me appena citato, si mostra poco per volta, uscendo allo scoperto da uno dei lati più alti del sofà.

- Scusa…- mormora lo smascherato Denzel, visibilmente impacciato- Non volevo origliare.

 

Ad impatto mi sembra pentito della sua marachella, così, decido almeno per questa volta di assolverlo.

 

- Quando avevo la tua età, facevo anche di peggio…! – bofonchio con un ghigno poco raccomandabile- Ah!- compio mezzo giro con una breve torsione all’indietro del busto, e fisso il giovincello negli occhi- Sai dove posso trovare occhi di ghiaccio?

 

- Cloud? A quest’ora lo troverai sicuramente in giro a fare consegne…-  In pratica ciò equivale a: “se mi giro tutta la città a piedi, forse lo trovo”! Forse.

Alzo la mano in segno di riconoscenza, e quando sto per lasciare il locale, odo Denzel aggiungere:

- Prova alla chiesetta distrutta di Midgar. Di solito è lì.

 

- E’ un buon inizio!- assento con enfasi, sentendomi molto più sollevato di prima.  

Nell’uscire, un gruppo di bambini inferociti a momenti mi travolge con una delle loro corse forsennate.

- Andate giocare a moscacieca sull’autostrada!- gli grido, così, senza pormi troppi problemi. In un simile momento, la mia pazienza è una mordace latitante!  

Tra la folla di pargoli inferociti che si allontana, uno di loro inciampa goffo proprio davanti ai miei piedi.

E che cosa fa un moccioso, quando cade? Piange, naturalmente! Detto fatto: ecco il bimbo scoppiare in un fragoroso quanto fastidioso pianto.

Mi guardo attorno nella speranza che qualcuno lo soccorra, ma ahimé, l’imbarazzante lavoro tocca proprio al sottoscritto.

- Come primo giorno d’uscita, non c’è male!- esclamo volgendo gli occhi al cielo, in preda all’esasperazione.

Mi piego sulle ginocchia per chinarmi all’altezza del poppante: – Dai, non piangere! Se cadi, prima o poi ti rialzi! - cerco di afferrare il bimbo e quest’ultimo smette improvvisamente di frignare.

 

- Giochi con me?- pigola tutto d’un colpo, fissandomi con due occhietti lucidi. Scruto le sue fattezze che sicuramente ho già visto. Infine ricordo. Accidenti! E’ la mocciosa di prima!

 

- Veramente, adesso non posso…zo to…- Non posso proprio, giuro!

Quel tenero musetto continua imperterrito a fissarmi. Cerco di scostare lo sguardo dalla sua faccia, ma la bimba mi si aggrappa con fermezza alla camicia.

- O ti piace la mia blusa, oppure nella peggiore delle ipotesi, ti piaccio io!- Mi sbatto una mano dritta in viso, imprecando parole sconnesse. Con i bambini sono una catastrofe totale.

Ho un’idea improvvisa. Sollevandomi dal suolo, mi dirigo verso la porta di casa Strife.

- Adesso chiamo Tifa e le dico di venirti a prendere!- dichiaro con un bel sorrisino. Sento un singhiozzare. Un imminente preavviso che poi si tramuta nel rintronante pianto di prima.

- Che c’è adesso?!- sbotto allarmato, voltandomi di scatto verso di lei.

 

La mocciosa mi osserva con grondanti lacrimoni che le scendono sulle soffici e rosee guanciotte, per poi esclamare immutabile: - Giochi con me?

 

 

 

 

 

 

Messaggi da parte dell’autrice:

 

Per Rena-ta: “Sorellina”… Che bello sentirsi chiamare così! Me tanto ma tanto felice! Ho gli occhi pieni di lacrime ;___; Mi sto per commuovere di brutto!! ;_________;

Ren-chan! GRAZIE!

Purtroppo come hai visto, non è Yuffie a curare Reno ma… tra qualche chap ci sarà una scena pressoché simile e poi… poi non dico più niente sennò addio suspense!

A quanto pare sei completamente diversa dal sogno…! Comunque a me farebbe un casino di piacere poterti conoscere e passare del tempo a parlare di Reno e compagnia bella! Miseria! Ma pecchè siamo tanto lontane…?! ;_____; Mi sta venendo ancora da piangere, zo to!!! >___<

Thank you so much per la tua bella recensione!

 

Per akami: Benvenuta anche a te! Spero tanto di farti divertire ed emozionare con la mia fiction! Grazie per averla recensita!

 

Per tutti: Anche se con netto anticipo, ho pubblicato i disegni che riguardano RED HEAD! Alla fine non ce l’ho fatta ad aspettare così tanto… abbiate pietà di me, vi prego! -___-

Il link del sito lo trovate cliccando sulla mia scheda, ed i nomi dei disegni in questione sono “Quiete” e “Shin-Ra’s Kawasaki?”. Ditemi SINCERAMENTE la vostra opinione, e non esitate a fare domande! Trattandosi di scene che giungeranno solo più in là (ma molto più in là), potreste avere dubbi o il desiderio di conoscere qualcosina in più riguardo il futuro della storia! Nei limiti del possibile, cercherò di placare la vostra sete di sapere!

 

Alla prossima!

                                                                                                        

                                                                                                            Botan    

 

   
 
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