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Autore: strawberry fields    30/08/2013    3 recensioni
La vita di Ino Yamanaka scorre tranquilla nel villaggio di Konhoa. Sembra non esserci nulla che possa turbare la sua serenità: ha terminato il liceo con ottimi voti, ama il suo Shikamaru, suo padre ed ha degli amici sinceri. Sembrerebbe che il futuro possa riservarle solo piacevoli sorprese. Ma nessuna gioia è per sempre ... Cosa succederebbe se ,improvvisamente, tutto quello che crede destinato a durare per sempre svanisse? Se tutti i suoi sogni dovessero essere sacrificati?
Piccole avvertenze: Sebbene inizi come una Shika/Ino è destinata ad evolversi in una Shika7Temari. E per le altre coppie ... tanto crack paring. Possibile OOC a causa dell' AU
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Choji Akimichi, Ino Yamanaka, Shikamaru Nara | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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Un’arida solitudine:
 
Ino non ricordava di aver mai corso così velocemente in vita sua.
Le strade di Konoha si susseguivano tutte uguali mentre si faceva largo tra la folla di persone che rientravano dopo una giornata di lavoro.
 Casa di Choji non era molto distante dalla sua, ma quella volta il percorso le sembrò interminabile.
La gelida grandine di poche ore prima aveva ceduto il posto ad un vento tagliente. Il pallido sole non era riuscito ad affermarsi e il cielo,scuro e metallico, prometteva nuovamente pioggia.
 Durante la corsa urtò accidentalmente alcuni passanti . L’eco dei loro rimproveri l’accompagnò per diversi metri.
“Che vadano tutti al diavolo”pensò la giovane imboccando lo stretto vicolo che portava alla villa del suo amico. Aveva cose più importanti a cui pensare in quel momento.
Anticamente la dimora degli Akimichi doveva essere stata sontuosa.
La struttura architettonica rivelava ancora le tracce di uno splendore passato. Le tegole a pagoda in raffinata ardesia, le decorazioni dei cornicioni, ormai irrimediabilmente tarlate,i dragoni in ottone posti a guardia del cancello tutto sembrava raccontare di un tempo remoto in cui la nobiltà del villaggio aveva abitato quel luogo.
Adesso il vecchio maniero era stato suddiviso in una fila di piccoli appartamenti a schiera. Le varie stuccature in cemento che dividevano i locali ne deturpavano la facciata come ferite su un volto.
I vicini di casa di Choji :Kotetsu e una ragazza dalla pelle scura che non conosceva si voltarono a salutarla.
La residenza dei suoi amici era la più trascurata. Mentre i muri delle altre proprietà erano stati dipinti in sobrie tinte pastello quelli di Choza erano grigi e scrostati. Conservatore com’era l’uomo si era rifiutato di rimuovere il giardino tradizionale, che aveva decisamente assunto l’aspetto di una giungla.
Se non fosse stato per il prato, rozzamente tagliato, sarebbe stato impossibile farsi strada fino alla porta di ingresso.
Fiduciosi come d’abitudine gli Akimichi non chiudevano mai a chiave il cancello esterno.
“Che incoscienti”sospirò.
Lei aveva una paura folle dei ladri o di qualsiasi altro tipo di aggressore.
Anni prima, quando frequentava il primo anno delle superiori, il professor Kakashi aveva tenuto un corso sulla letteratura noir leggendo loro alcuni brani tratti dai libri degli autori più noti. Desiderosa di approfondire l’argomento aveva passato i pomeriggi delle vacanze natalizie chiusa in biblioteca con Sakura e Kimimaro, immergendosi in ogni trattato di criminologia che riusciva a trovare. 
Shikamaru  non si era mai voluto unire a loro.
Se Sakura si era appassionata sempre di più alla medicina legale e il Kaguya era riuscito a concepire il delitto perfetto lei ne era rimasta irrimediabilmente traumatizzata.  Aveva avuto bisogno di dormire con la luce accesa per settimane prima di riuscire a riprendersi ,e ancora oggi temeva il buio.
Le imposte della casa erano serrate, ma dall’interno provenivano i rumori di alcune pentole smosse.
La voce di un noto conduttore radiofonico giungeva attutita dal massiccio legno degli scuri. Le ultime notizie sull’economia, sulla politica locale e sugli eventi di cronaca mondana si susseguivano in un’incessante litania.
La fanciulla si fece strada a fatica tra i resistenti arbusti e l’intricato groviglio di fili d’erba che tentava di sbarrarle il passo. Sperando di non imbattersi in qualche insetto, o peggio in un serpente,incespicò in parecchie pietre prima di riuscire a suonare il vecchio campanello. Nessun rumore, il citofono doveva essere guasto. Ancora una volta.
“Choji!”iniziò a sbraitare con il viso rivolto verso l’alto. Il suo tono di voce era così acuto e penetrante che Kotetsu e la sua interlocutrice si voltarono ad osservarla. Rassicurandoli con un cenno della mano la ragazza riprese a urlare. Finalmente la testa del suo amico fece capolino dai piani superiori.
“Ino?”Domandò sorpreso
“No”rispose lei sarcastica “la dea Amaterasu in persona che ti chiede umilmente di farla entrare.”
Come d’abitudine l’Akimichi non rispose alla provocazione, limitandosi a sorridere pacatamente.
“Ti apro subito”Le disse ,ritirandosi con sorprendente rapidità.
Era molto tempo che non entrava in quella casa.
Non era sua abitudine andare a trovarlo, in genere si ritrovavano nel suo moderno appartamento o a casa di Shikamaru.
Ecco un altro aspetto della loro vita che cambiava drasticamente.
Mai più serate a tre nel minuscolo ,ma asettico, salotto di Yoshino Nara. Non avrebbe più sentito il berciare di quella megera che le ordinava di non toccare il suo divano con le mani unte dall’olio delle patatine fritte. Shikaku non l’ avrebbe più difesa e loro non si sarebbero più serviti di Choji come capro espiatorio … Nel giro di poche ore tutto era mutato.
Sorprendente come poche semplici parole potessero alterare del tutto la vita di una persona.
“Ad essere sinceri non credo che mi mancherà quella vecchia matta …”
Il ragazzo l’accolse con un abbraccio, era caldo morbido e leggermente goffo; come se temesse di farle male stringendola troppo. Dopo la sua rottura con il Nara aveva iniziato a cercare più spesso un contatto fisico. La abbracciava, le sfiorava la spalla quando le parlava, l’aveva presa per mano sovrappensiero e il giorno prima le aveva persino scansato una ciocca di capelli dal viso. Ino si era scoperta con sorpresa a desiderare e apprezzare quei contatti. La facevano sentire bene, protetta. Proprio ciò di cui aveva bisogno.
L’Akimichi la strinse con breve intensità prima di scostarsi imbarazzato.
“Scusa”mormorò fissando il pavimento.
La Yamanaka non capì se le scuse fossero per l’abbraccio o per il disastroso disordine in cui versava l’anticamera: pile di lettere,alcune già aperte, erano accumulate su un piccolo tavolo in torri traballanti. Una serie di scatole di cartone erano ammassate a formare un altro ripiano su cui erano accatastati degli enormi cappotti invernali. La carta da parati che aveva rivestito le pareti, e che anni prima doveva aver avuto un disegno vivace, era staccata in più punti. Qualcuno doveva aver iniziato a strapparla, ma si era fermato a metà dell’opera. Persino il tappeto su cui posava i piedi aveva visto giorni migliori, diverse macchie ne rovinavano il tessuto. La ragazza potè indovinare le tracce della salsa di pomodoro, di alcune gocce d’olio e di altre sostanze di cui preferì non chiedere l’origine.
 L’interno era fornito del tipico gradino sui cui togliere le scarpe,ma preferì non azzardarsi a farlo.
“E’ una buona idea”Celiò Choji mesto intuendo i suoi pensieri. “Neanche io me le tolgo mai”
Effettivamente il suo amico indossava le solite Nike Air di un numero talmente grande da renderle difficile crederne l’esistenza.
“Vieni, andiamo in cucina”Le propose facendole strada.
“Non in camera tua?”Domandò la giovane spaesata.
“No, la mia camera viene usata come deposito di sedie rotte. Sembra impossibile da credere ma papà e io ne sfondiamo parecchie”Un leggero sarcasmo permeava la sua voce e Ino ridacchio. Non le riusciva affatto difficile crederlo.
“Il fatto è che non le fanno resistenti”lamentò lui iniziando a salire i gradini della stratta scala che portava al secondo livello.
“Ci vorrebbe qualche bel prodotto di artigianato. Mio nonno ha avuto la stessa poltrona per tutta la vita e quella non si è mai incrinata. Certo, nonnino era l’unico Akimichi magro che abbia mai calpestato il suolo di Konoha,ma non credo dipenda tutto dal peso, no?”Domandò speranzoso mentre lei continuava a sogghignare scuotendo la testa.
Persino la disposizione delle stanze di quella dimora era anomala. La si poteva definire una “casa al contrario”. Normalmente la zona giorno, con cucina e servizi ,avrebbe trovato posto a terra; ma Choza aveva deciso di sovvertire questo tacito ordine e di trasferire il suo regno al secondo piano. Voleva la vista aveva sentenziato. Cucinare osservando i tetti e le cime degli alberi di Konoha lo metteva di buonumore. Nessuno aveva osato proferire verbo.
Effettivamente da quella stanza si poteva godere di un panorama magnifico su tutta la parte antica del villaggio. Il palazzo del Kage, in solida pietra grigia, svettava massiccio e imponente. Sulla facciata erano stati appesi dei manifesti con i volti dei quattro candidati ammessi alle elezioni. Il sindaco uscente e i suoi migliori avversari abbracciavano con lo sguardo l’intera città come le antiche statue veglianti.
Ino si sentì sciogliere in uno spontaneo sorriso mentre osservava il volto di Minato Namikaze sorriderle a sua volta.
Quell’uomo era divino. Meglio degli Uchiha. Avrebbe potuto fare il divo del cinema, le folle lo avrebbero adorato. Invece si era sposato, aveva messo su famiglia e conduceva una vita del tutto anonima.
Lei era una delle poche privilegiate lo poteva incontrare regolarmente.
“Se Naruto ha preso da lui tra qualche anno sarà splendido” Hinata si stava assicurando un futuro radioso.
“Stai sorridendo a Danzo o al tuo ex preside?”Domandò Choji  divertito
“A Danzo, lo trovo affascinante”Rise la bionda, accettando la tazza di thè al gelsomino che le veniva offerta. L’aroma deciso della bevanda le si sprigionò sul palato insieme al suo piacevole tepore. Nemmeno Choza sapeva preparare un infuso del genere.
Libera di muoversi  suo piacimento, Ino osservò la stanza mentre il ragazzo sorbiva silenziosamente la sua bevanda.
La cucina era meno in disordine del resto delle camere.
 Il pavimento a lastroni bianchi e neri era perfettamente pulito e profumava di limone. Sul piano da lavoro, in marmo lucidato, erano stati adagiati alcuni strofinacci sbiaditi dall’uso. I pensili e i cassetti si aprivano senza il minimo cigolio e al loro interno le stoviglie erano riposte accuratamente. Il frigo, in acciaio color crema, era il mobile più imponente che avesse mai visto.
“Apri pure”la esortò il giovane, accortosi della sua curiosità.
Gli alimenti erano stipati con leggera confusione e nulla sembrava essere lì da troppo tempo.
 Come nel caso del ristorante si vedevano solo oggetti di prima qualità che trasmettevano l’amore per il cibo dei loro proprietari. Era una bella cucina, e Ino se ne innamorò al’istante.
“Da quale stanza giudichi?”le chiese Choji allungandole un piatto di biscotti di riso.
“Come?”
“Il giudizio di una casa, sai. Alcuni dicono che basta vedere il bagno per capire che tipo di persone siano i proprietari”
“Mah, in genere giudico pure io dal bagno. Anche le camere da letto la dicono lunga, ma nel tuo caso la cucina parla da sola.”
 “Comunque,volevo parlarti di una cosa importante” proseguì addentando il dolcetto che le era sembrato più riccamente farcito.
“Dimmi”la incoraggiò scostando il piatto con un gesto lento e puntellandosi con il gomito sul piano di formica del tavolo. Non sembrava molto comodo seduto su quel piccolo sgabello.
“Ho saputo da mio padre del prestito che abbiamo fatto a Shikaku”rivelò continuando a misurare la stanza a grandi passi nel tentativo di calmarsi. Ripensare al rischio che stavano correndo per i Nara le faceva affluire il sangue alla testa.
“Oh … non credevo che Inoichi te ne avrebbe parlato. Eravamo tutti concordi nel mantenerti all’oscuro della situazione per non turbarti mentre preparavi i test di ingresso”Era un tono colpevole il suo?
“Non pensiamo al mio esame di ammissione, tanto è andato malissimo.”
Sgranando gli occhi sconvolto l’Akimichi fece per interromperla, ma si trattenne.
“Choji, che cosa facciamo se le cose si mettono male?”
“Vuoi dire se Shikaku non si presenta in banca con i soldi?”
Ino annuì
“Semplice, paghiamo noi il suo debito”
“Ma Shikaku non permetterà che succeda una cosa del genere. Voglio dire, papà e  Choza sono i suoi migliori amici; non vorrà vederli sul lastrico!”
“Uhm”Il ragazzo esitò ponderando attentamente le parole”Il fatto è che Nara non considera il finire per strada come una cosa necessariamente negativa. Anzi, se papà e Inoichi perdessero il lavoro si rallegrerebbe di avere due nuovi compagni di bevute”
“Non è possibile, è un cosa da pazzi.”
“No, è più una presa di posizione filosofica. Credo che Shikaku sia infelice, per questo non si cura minimamente di adattarsi ai canoni della società. Secondo me è depresso.”
“E’ che cos’ ha da essere depresso?”Chiese la ragazza impulsivamente.
“Non me lo starai chiedendo sul serio? Ha una brutta casa, in un posto che non gli piace, il suo unico figlio se n’è andato, è solo come un cane e non ha un lavoro, dimmi tu se saresti felice in una situazione del genere.”
No … non lo sarebbe stata ,ne era consapevole, ma proprio per questo avrebbe lottato per cambiare la sua realtà. Era fortemente convinta che nulla fosse impossibile nella vita se si lavorava duramente per raggiungere un obiettivo. Shikamaru aveva tutti i difetti del mondo, lungi da lei negarlo, ma almeno aveva fatto armi e bagagli e aveva dato una scossa alla sua esistenza. Cosa impediva a Shikaku di fare altrettanto?Troppo comodo rintanarsi dietro scuse come l’età o il mancato conseguimento della laurea. Di lavoro ce n’era quanto voleva. Neanche suo padre o Choza avevano un titolo accademico, eppure si erano sempre dati da fare.
“E adesso sono appesi ad un filo per colpa sua”Se solo avesse potuto esprimere ad alta voce la rabbia e il disprezzo che provava …
“Non è solo come un cane”Disse invece “C’è Yoshino con lui”
“Ah, scusami. Beh, non so tu, ma io preferirei ritirarmi a vita eremitica piuttosto che passare un solo secondo con la signora Nara”
Ino rise di cuore “Taci” lo apostrofò”Te non ti odia”
“Noo neanche un po’. L’ultima volta me le ha date con la scopa intimandomi di non aprire nella sua cucina quei disgustosi pacchetti di patatine”
Entrambi si afflosciarono scossi dalle risate. L’immagine di Choji, imponente come una montagna, che si rannicchiava su sé stesso per non subire le ire della minuscola Yoshino era esilarante.
“Ino “riprese l’Akimichi traendo ampi sospiri per riprendersi “Non preoccuparti di quello che sta per succedere. Davvero, noi tre troveremo un modo per cavarcela e per proteggerti”
“Noi tre?”
“Papà, Inoichi ed io, ovviamente.”
“Ahah, adesso si che sono tranquilla.”Strano a dirsi ma lo era veramente.
 “Sai”proseguì la bionda appollaiandosi su una sedia vicino a lui”Non entravo qui dalla terza media. Ti ricordi delle merende che facevamo per preparaci agli esami?”
“Naturalmente”
“Mi mancano quei tempi”Sospirò malinconica appoggiandosi contro la spalla dell’amico.
Questa volta il cotone della sua felpa nera aveva un distinto effluvio di salvia e di citronella. Ogni suo capo di abbigliamento aveva un odore diverso misto al tipico sentore della sua pelle ; era divertente provare a riconoscerli.
L’Akimichi abbassò il volto per osservarla meglio.
“Il periodo in cui eravamo in tre?”Le chiese con voce fioca fissandola intensamente .
Poteva sentire il suo tiepido respiro scompigliarle le lunghe ciocche di capelli sfuggite al fermaglio. Osservati da vicino i lineamenti di Choji, sebbene imperfetti, non erano brutti.
 Aveva dei begli occhi,di una calda sfumatura castana, orlati da lunghe e folte ciglia.
Ino si perse per qualche istante tentando di contarle, dimentica di tutto il resto.
Senza accorgersene accorciò di qualche centimetro la distanza tra loro fino a poter vedere le screziature color onice che ,dalla pupilla,raggiungevano l’esterno dell’iride.
Tutto in quel ragazzo aveva sempre suggerito l’idea di grandezza: grandi mani, grandi labbra ,un grosso naso …
Massiccio sembrava sempre la parola più adatta a descriverlo, ma forse era al contempo la più errata.
La ragazza lo sfiorò in una lieve carezza che lo fece sussultare.
“Dovresti smettere di socchiudere sempre gli occhi”
Aveva iniziato a parlare sottovoce senza comprenderne il motivo. Nella stanza si era creata una speciale tensione magnetica; che escludeva quanto stava accendendo lì intorno proiettandoli in’un’altra dimensione in cui non esistevano che loro. Una parola espressa con voce troppo alta, un gesto brusco minacciavano di infrangere quella perfezione.
Ormai erano divisi solo da pochi centimetri, i loro respiri lievemente ansanti fusi in un unico soffio.
Poteva sentire il calore irraggiarsi dalle gote dell’amico.  Sembrava che stesse per andare in fiamme ma anche lei si sentiva ardere da qualcosa di strano; un fuoco che le consumava l’anima lasciando spazio ad un’unica sensazione:desiderio.
La sua guancia era ruvida, notò circondandogli il volto con i polpastrelli. Voleva toccarlo e ancora di più desiderava sentire le sue mani sulla sua pelle.
Esitante Choji le cinse le spalle con il braccio, inclinandosi per poterla osservare meglio.
Nessuno l’aveva mai guardata in quel modo: come se fosse stata la cosa più bella e desiderabile del creato.
 Nell’espressione di Choji non c’erano l’esitazione , il timore  o la noia che aveva spesso visto in quella di Shikamaru.
“Non ho paura”sembrava volerle comunicare; nessuna angoscia nel sentimento che provava per lei, solo una calda sicurezza.
Delicatamente gli sfiorò le labbra con le sue, iniziando al lambirne la pelle morbida. Dolcemente, senza fretta …
Baciarlo sembrava così semplice, così naturale, così giusto. Come se fosse stata l’unica cosa da fare e lei avesse atteso inutilmente per anni sprecando tempo prezioso.
Un gemito le sfuggì dalle labbra mentre approfondivano il contatto; Choji la attirò a sé sciogliendole i capelli e tuffando le mani in quel mare di seta dorata. Sentendosi pervadere dal desiderio di andare oltre quelle sensuali, ma inappaganti,carezze Ino eliminò ogni distanza sedendosi sulle ginocchia del ragazzo.
Lentamente iniziò a tracciare un delicato arabesco contro la stoffa della sua felpa che si increspava ad ogni tocco. Gli occhi azzurri si incatenarono a quelli castani mentre lui iniziava una silenziosa lotta con i bottoni del suo golf.
“Dovevi proprio metterne uno che si allaccia sulla schiena?”Domandò con voce resa roca dalla passione.
La giovane adorò quel suono, avrebbe potuto ascoltarlo in eterno sussurrarle all’orecchio con quell’accento così caldo e profondo.
Il periodo in cui eravamo in tre … Le parole del ragazzo rimbombarono fragorosamente nella sua testa. Dimenticava così facilmente Shikamaru?
“Devo andare a casa”disse ritraendosi.
L’incanto si spezzò di colpo e la realtà ripiombò con tutto il suo peso sulle loro spalle.
 Gli occhi dell’Akimichi si rassottigliarono in due guardinghe lame nere, le  labbra ancora rosate e gonfie per il bacio che si erano scambiati. Sembrava più turbato che arrabbiato.
Tormentata dal senso di colpa e spossata dal desiderio provato la ragazza si costrinse ad alzarsi.
Non poteva innamorarsi di lui. Era l’unica cosa della sua vecchia vita che sopravviveva,non aveva la forza di affrontare altri cambiamenti. Le relazioni sentimentali erano destinate al fallimento, ne aveva ampiamente ricevuto la conferma.  Non riusciva nemmeno a sopportare l’idea di perderlo. Al solo pensiero provava un dolore che faceva impallidire quello provato per Shika.
“Una cosa del genere non dovrà mai succedere”Promise a sé stessa pur sentendosi lacerare nel profondo dell’anima.
Si sarebbe repressa.
Avrebbe celato le sue sensazioni i in un oscuro andito del suo animo e non ne avrebbe parlato mai più.
 Era brava i queste cose, nessuno si sarebbe accorto del suo malessere.
Choji doveva aver avuto dei pensieri simili poiché un insolita cupezza si era impadronita del suo volto.              
“Molto bene”acconsentì
 La sua voce aveva assunto una sfumatura neutra ed educata, perfettamente incolore.
Barcollante la bionda ridiscese le scale e uscì dalla porta con la massima velocità che le consentivano le gambe.
Non lo salutò neanche e ,senza voltarsi indietro,si immise nella prima strada che incrociava.
Aveva fatto la cosa giusta ,tentò di rassicurarsi, ma continuava ad avere la sgradevole sensazione di aver perso una magnifica occasione.
Tornare a casa e rifugiarsi sotto le coperte era l’unica cosa che voleva. Sperava che la notte incombente avrebbe portato consiglio anche a lei.
“Dei, fate che non abbia rovinato tutto”
                                                                                 *** 
Ino danzava leggiadra sul prato smeraldino. I suoi piedi sfioravano leggeri i fili d’erba bagnati dalla fresca rugiada mattutina.
 Doveva essere molto presto. Il sole, pallidamente scintillante, si stagliava ancora basso conto l’orizzonte. Nel cielo, di un terso color perlescente, non vi erano nuvole.
 Ad ogni piroetta il candido vestito della giovane si alzava in volute vaporose. Il setoso tessuto le accarezzava piacevolmente la pelle.
 Librarsi nella freschezza del mattino la faceva sentire spensierata come non accadeva da tempo.
Gli uccelli cantavano unendosi  alla voce del vento tra le fronde degli alberi, sussurrando segreti che solo lei era in grado di udire.
Il gracidare improvviso di una cornacchia,unica stonatura in quell’armonia perfetta, giunse inaspettato a turbare la sua quiete.
Una sensazione di attesa spasmodica irrigidì il suo esile corpo imprigionandolo in un brivido.
Stava arrivando qualcuno.
Avvolta nell’oscurità, una figura si materializzò dal fitto sottobosco.
L’intricata ramificazioni di rovi e rose selvatiche ,che delimitava la radura, impediva ai raggi di luce di illuminarne il volto. Come in preda ad un incantesimo Ino si mosse verso di lui. La pace provata solo pochi istanti prima era svanita. Le sue membra, tese come la corda di un violino, si muovevano sospinte da una forza troppo potente per essere contrastata.
“Ciao seccatura” Shikamaru uscì allo scoperto scuotendosi le foglie dai vestiti con i soliti gesti nervosi. Con il solito sorrisetto ironico le tese la mano invitandola a riprendere il ballo.
Vorticavano insieme, come refoli di vento. Le dita protese senza mai riuscire a sfiorarsi .
Sforzandosi maggiormente la ragazza riuscì finalmente a stringergli la mano; ma il suo palmo non incontrò il tepore e la compattezza che si era aspettata.
Sotto i suoi occhi costernati Shikamaru si sbriciolò come una statua di sale.
Il sogghigno non abbandonò neanche per un istante il suo volto.
“Sai anche tu che così è meglio per tutti e due” la sua voce riecheggiò solitaria, fusa con quella delle cornacchie che ripeterono la frase per un tempo che parve infinito … finchè un’altra mano la reclamò per continuare il volteggio.
Una sagoma indistinta la guidava, le sue fattezze erano nascoste da una nebbia spessa e grigiastra. Eppure aveva qualcosa di familiare … Più  si sforzava di identificarlo più mille volti si sovrapponevano: Sai … l’Uchiha … Neji Hyuga … Sai … Choji …
Choji … Quella sensazione di tepore, di tranquilla stabilità l‘avvolse nuovamente calmandola.
 Il viso del  suo amico le riapparve nitidamente; non sorrideva più, alla gaiezza si era sostituita lo sconforto.
Quell’espressione gli si addiceva ancora meno di quella irata.
Le sue labbra non erano fatte per quella piega mesta.
D’impulso lo baciò di nuovo, più a lungo, senza sottrarsi. Mentre il sogno si frantumava in una miriade di schegge di vetro l’unico pensiero che Ino riuscì a formulare fu:” E’ veramente questo che voglio”
                                                                                          ***
La Yamanaka si svegliò di soprassalto con un gemito strozzato. Il morbido pigiama, intriso di sudore freddo le aderiva contro come una patina fastidiosa.
Con un gesto secco allontanò da sé la trapunta e spalancò la finestra in cerca di refrigerio.
Le luci avevano colorato il cielo di una tinta grigio aranciata, rendendole impossibile capire che ora fosse. Doveva essere comunque molto tardi. A giudicare dai rumori che provenivano dai marciapiedi sottostanti la vita notturna di Konoha continuava ancora a pieno ritmo.
Rumori di clacson e motorini, il vociare della gente …
“Quasi quasi scendo e faccio un giro”
Non si sentiva ancora pronta per tornare a dormire.
Certo che la sua psiche le aveva giocato davvero un bel tiro … Era solo un sogno, sbuffò tentando di calmarsi. Non voleva dire nulla, non era reale.
Detestava sognare. Se proprio doveva abbandonare il mondo cosciente tanto valeva esplorare quell’ignota oscurità senza farsi distrarre da immagini illusorie.
Ino rabbrividì passandosi intorno alle spalle uno scialle soffice ma pesante; tentando di ignorare il languore che la stava tormentando.
“Ok, tranquillizzati. Non è successo niente”disse ad alta voce.
Imponendosi di tornare a letto si trascinò nuovamente sotto le coperte.
“Non ti piace Choji”sentenziò sprofondando tra i cuscini.
“Non è neanche il tuo tipo. Troppo alto, sai che torcicollo a baciarlo”
Cavolate, il collo non le aveva fatto male per niente.
“E’ stata solo una vista. Non si ripeterà mai più”continuò imperterrita.
“Vero?” Anche se la domanda era rivolta a sé stessa si voltò intorno in cerca di rassicurazione.
Il miagoli di un gatto randagio fu l’unica risposta che ottenne.
 
 
 
                                                                                   ***
Si risvegliò a mattina inoltrata, dopo un sonno agitato, ma senza sogni. Si era destata solamente  una volta, sicura di aver udito lo squillare del telefono; tuttavia il torpore l’aveva sopraffatta e si era riaddormentata.
Inoichi le aveva lasciato un breve biglietto:
“Sono andato in banca con Choza”
Da qualche parte nel villaggio si stava decidendo il loro futuro.
Troppo agitata per chiamare i suoi amici la ragazza decise di calmarsi immergendosi a fondo nelle pulizie di casa.
Suo padre diceva sempre che le faccende domestiche aiutavano a tergere lo spirito e a focalizzare i propri obiettivi.
Dato il pasticcio combinato il pomeriggio precedente ne aveva un estremo bisogno.
Quasi nessuna delle persone che la conosceva avrebbe mai immaginato che Ino Yamanaka sapesse pulire a fondo una dimora. La percepivano come la perfetta bionda ,atterrita all’idea di spezzarsi un’ unghia, tutt’al più capace di riordinare il cassetto dei trucchi.
Grave errore!La madre di Sakura era stata per lei una maestra eccezionale. Inflessibile e severa quanto era bastato ad insegnarle ad essere una perfetta padrona di casa. Anche Yoshino,con molti mugugni, le aveva spiegato qualcosa. In fondo le voleva bene,non aveva mai digerito il suo legame con il figlio ma non la odiava.
Ino adorava pulire ;le piaceva fare un paragone tra la sua casa e il suo spirito che lentamente si depuravano tornando alla luce. Inoltre vedere mondato il loro appartamento era una grande soddisfazione.
Dalle vetrate, ormai lucidate a specchio, entrava una piacevole brezza che asciugava i pavimenti. Il profumo del detersivo alla mela verde pervadeva tutte le camere unendosi all’aroma dei fiori che la ragazza stava sistemando in ogni vaso che riusciva a trovare.
Chi poteva sapere quanto tempo avrebbe potuto passare in quella casa? Voleva sistemarla al meglio in modo da poterne serbare per sempre il ricordo.
“Chissà perché papà è andato in banca proprio oggi” era troppo presto per il loro incontro.
Intimamente si augurò che Shikaku fosse comparso magicamente con i soldi, ma non osava sperarlo
. Era più probabile che il signor Akimichi avesse raccolto i frutti di qualche investimento azionario andato a buon fine. Del resto, Choza si era sempre vantato di aver un buon fiuto per gli affari. Sarebbe stata molto felice per i suoi amici se fossero riusciti a saldare la loro parte del debito.
Nuovamente il pensiero di dover cambiare casa si fece strada nella sua mente; sarebbe stato bello trasferirsi vicino a Sakura. Appena un giorno prima sarebbe stata entusiasta anche di traslocare nel quartiere di Choji; ma dopo quanto era successo credeva che prendersi una piccola pausa dal loro rapporto le avrebbe fatto bene.
“Sempre se sarò in grado di farlo”pensò amaramente. Ne dubitava.
Non riusciva a ricordare quando vederlo e sentire la sua voce fosse diventata una necessità così urgente.
“Non da quando Shika mi ha lasciata …” Choji non era un ripiego, di questo era certa.
Sai era la seconda scelta, il sentimento che invece stava provando per il suo amico si sarebbe potuto definire … amore? Forse quella era una parola troppo grossa per il momento.
Di sicuro gli voleva molto bene. Si era sentita scoppiare il cuore di felicità durante quel breve momento in cui lo aveva baciato. Eppure, non riusciva a non percepire una nota stonata nel suo comportamento.
Forse la situazione in cui si erano trovati li aveva esasperati tutti e due spingendoli a gesti che normalmente non avrebbero compiuto …
“Non dire cavolate, Shika in tutto questo non c’entra un accidente! E’ che ti sei presa una bella sbandata per Choji,ecco tutto!” E questo era male, per non dire peggio.
Avrebbe distrutto volontariamente l’unico rapporto di amicizia sincera che aveva con un ragazzo?L’unico che non aveva mai sentito il bisogno di provarci spudoratamente come avevano fatto Kiba, Naruto e a suo modo Shino?Mai …
La cosa migliore che poteva fare era raffreddare gli animi di entrambi. Non si sarebbe fatta sentire per un po’ di tempo. Non molto, solo qualche settimana … giorno … ora …
“Qualche giorno!”Decise risoluta.
Comunque, nemmeno l’Akimichi l’aveva cercata quella mattina quindi doveva essere di un parere simile al suo; oppure era morto per l’imbarazzo. Dopo il bacio aveva messo su una faccia talmente granitica che si sarebbe potuto tranquillamente ipotizzare il congelamento dei suoi muscoli facciali. A stento aveva mosso le labbra quando l’aveva salutata.
Che anche lui si fosse accorto di nutrire un sentimento del genere nei suoi confronti? In quel caso erano messi malissimo, perché lei non avrebbe avuto né il coraggio né la voglia di respingerlo.
Doveva scrivergli un’ e mail, pensò. Anche se non poteva parlargli gli doveva una spiegazione per il suo atteggiamento.
“Dopo le pulizie gli scrivo” si ripromise.
La fanciulla aveva lasciato per ultima la sua stanza da letto.
 Aveva bisogno di distaccarsi dal passato e disfarsi di alcune cose sembrava una buona idea.
Il suo gigantesco armadio sarebbe stato svuotato per primo.
“Dunque”pensò piazzandosi davanti alle ante aperte e fissando l’incredibile congerie di oggetti “Che cosa potrei buttare via?”
Un mucchio di cose … tutti i regali di Shikamaru, tanto per iniziare.
L’impresa si rivelò facile, il suo fidanzato non era mai stato particolarmente munifico.
 Aveva solo qualche cianfrusaglia di San Valentino e un portachiavi da pochi soldi regalatole per il suo diciassettesimo compleanno. Se non ricordava male lo aveva scelto lei nel mezzo di un penosissimo giro al centro commerciale. Tutto finì nel sacco dell’immondizia senza troppi complimenti.
Con un certo sforzo riuscì a sfilare una maglietta del Nara da sotto una pila di camicette; le quali si riversarono a terra strappandole un’imprecazione
“Chissà perché mi ero così ostinata a volere una sua maglietta”Mah, probabilmente per mostrarla a quell’oca di Sasame Fuuma della seconda H. La deficiente che non credeva che lei fosse la ragazza di Shika e che continuava provarci con lui … A ben pensarci le aveva fatto un gran favore mettendocisi per prima.
L’immettibile straccio grigiastro andò a far compagnia ad una pila di foto che aveva trovato in un cassetto. Risalivano al suo primo periodo da fotografa, quando non aveva i soldi per permettersi una digitale.
Ino si fermò per osservarle meglio, alcune erano davvero vecchie.
Hinata con i capelli corti e una giacca a vento beige che si nascondeva dietro la spalla di Sakura …
 Aveva scattato quella foto un pomeriggio al parco comunale; il primo anno del liceo era iniziato da poco ed erano uscite insieme per conoscerla meglio …
Kiba che aveva portato di nascosto in classe il suo cucciolo Akamaru … la bestiola era piccola e graziosa; non il gigantesco, peloso, esuberante animale con cui si ritrovavano a fare i conti adesso!
“Questa la tengo e la do a Kiba quando lo rivedo”
La fanciulla si sedette a gambe incrociate sulla moquette iniziando a rovistare nel mucchio di istantanee.
Non  valeva la pena di buttarle tutte così, senza nemmeno degnarle di uno sguardo.
Ne avrebbe conservata qualcuna, magari poteva anche acquistare un album e mostrarlo in seguito ai suoi amici. Si sarebbero fatti delle grasse risate.
Selezionare le foto migliori non fu semplice, era stata davvero una fotografa pessima.
Nondimeno, dopo una trentina di minuti di lavoro una compatta pila di fotografie era depositata sul suo letto.
Prendendo mentalmente nota di ripulire il suo computer e anche l‘account di facebook dalle immagini del Nara riprese implacabile la sua opera di pulizia.
 Dal momento che si era presa la briga di iniziare tanto valeva essere drastici e ripulire l’armadio anche dagli articoli che non c’entravano con la sua relazione sentimentale.
Che le teneva a fare quelle atroci magliette dei Kuwa Boys?Facevano musica scadente e ormai non li ascoltava più nessuno.
E quelle bermuda rosa elasticizzate?No, davvero, ma  le aveva viste?Doveva essere stata cieca per comprare un simile obbrobrio.
Nell’improbabile ipotesi che avesse passato i test di ingresso, e non ci scommetteva minimante, le sarebbe tornato utile un po’ di spazio per il vestiario universitario.
Non poteva presentarsi all’ateneo di Konoha malvestita,
“Oh, la felpa arancione di Naruto”Gliel’aveva sottratta quando frequentavano il terzo anno perché era un oltraggio al buon gusto. Doveva ridargliela. O forse no, seriamente, faceva ancora schifo.
Dopo aver terminato di svuotare il guardaroba e aver trascinato sul pianerottolo tutti i sacchi che aveva riempito si dedicò ai cassetti della scrivania e alle mensole. Tutti i diari in cui aveva scritto di Shikamaru furono cestinati, salvò solo le pagine contenti le dediche delle sue amiche. Non sentiva molte di loro dalle medie
“Chissà come sta Hotaru Katsuragi?”L’aveva frequentata in quei tre anni ma si erano perse di vista al liceo. Abitavano in un villaggio tanto piccolo e non l’aveva mai incontrata … forse l’avrebbe rivista all’università, le avrebbe fatto piacere …
Inoichi ritornò poco dopo l’ora di pranzo e si stupì nel trovarla a casa a lavare i piatti.
“Credevo fossi andata a pranzare da Choji”
“Ho preferito pulire un po’”rispose evasiva sperando do non ricevere altre domande.
“L’ho notato dai sacchi sul pianerottolo. Secondo te chi li porta via quelli?”
“Io”affermò semplicemente la ragazza “Nel caso tu non te ne sia accorto ho una discreta forza fisica. Non sono molto pesanti, si tratta di vestiti e qualche cianfrusaglia”
Suo padre annuì sparendo dietro l’anta del frigo per riemergerne con un bicchiere di succo di frutta ghiacciato.
“immagino che tu voglia sapere perché sono andato in banca”proseguì sedendole di fronte e aprendo un pacchetto di sigarette.
La bionda annuì temendo la risposta
“I creditori ci stanno facendo molte pressioni”ammise l’uomo
“Shikaku non ha soldi per pagarli quindi stanno braccando noi. Sono andato a pagare la nostra parte di debito, Non volevo che questa situazione si prolungasse oltre.”
“Dobbiamo cambiare casa?”
Inoichi annuì cupamente
“Mi dispiace. Il peso di questa responsabilità era troppo per essere sostenuto da noi”
Nonostante il dispiacere la fanciulla si sentiva più sollevata. Un fardello enorme le era stato tolto e tutto sembrava più roseo e facile.
“Staremo bene”gli disse con convinzione. Avrebbero trovato un’altra abitazione, poteva iniziare direttamente quel giorno a trovarne una.
L’uomo le sorrise con gratitudine
“Sono felice che tu la pensi così. Ho salvato il nostro box, ma dovrò trovarmi lo stesso un altro impiego. Sono molto spiacente”si scusò abbassando il capo”Dovrò affidarti la gestione del negozio adesso che stai per iniziare gli studi”Sembrava davvero affranto e dispiaciuto.
Aveva perso quell’aria di tranquilla efficienza che lo aveva sempre contraddistinto.
Ino non riusciva a vederlo colpevolizzarsi in quel modo
“Papà” Iniziò senza riuscire a trattenersi “il test di ingresso è andato male”rivelò
Come aveva fatto Choji il giorno precedente Inoichi sgranò gli occhi, ma non tentò di interromperla. Si limitò a trarre un profondo sospiro e ad appoggiarsi contro lo schienale della sedia. Sembrava stremato.
Odiandosi per quanto stava per dire la ragazza riprese a parlare
“Perdonami”disse tentando di impedire alla sua voce di incrinarsi “Mi sentivo depressa per via di Shikamaru e non sono riuscita a concentrarmi su nulla. Le domande erano così difficili, sembrava che non avessi studiato niente”concluse sentendosi le gote ardere per la vergogna e la rabbia repressa.
L’uomo continuava a tacere fissandola vacuo; sembrava alla ricerca delle parole adatte da rivolgerle.
 Ino sperò che non si trattasse di qualche frase consolatoria. Sarebbe morta a sentirsi dire “che vuoi che sia, il prossimo anno andrà meglio”.
Meglio ricevere un ceffone.
Per qualche istante suo padre sembrò tentato di sferrarglielo, ma quando riprese a parlare aveva ritrovato la calma.
“Non sono affatto contento, Ino”affermò
“Hai avuto tre mesi per prepararti a questo esame. Non puoi incolpare solo Shikamaru, la verità è che sei stata distratta fin dall’inizio”
 “Io ho studiato!”Esclamò piccata, il suo impegno non poteva essere negato.
“Non abbastanza. Mi dispiace dirtelo ma sei stata presa da molte altre cose. E non dirmi che si tratta solo di Shikamaru; perché, cara mia, se davvero fossi stata così in ansia per lui avresti preso il primo treno per Suna non certo quello per Oto!”
Per la ragazza quelle parole ebbero lo stesso effetto di uno schiaffo in pieno volto. Aveva ragione …
“Adesso non intendo fare un dramma per quello che è successo. Non credo che fallire un testi di ingresso sia una catastrofe, i drammi della vita sono ben altri. Quello che vorrei che tu capissi è che perderai un anno della tua vita per una cazzata, e vorrei che te ne assumessi la responsabilità”
Uno scomodo nodo aveva iniziato a serrarle la gola impedendole di replicare. Maledetto senso di colpa, ci mancava anche quello a peggiorare le cose!
Senza attendere risposta Inoichi si alzò
“Vado a schiacciare un sonnellino” annunciò dirigendosi verso la sua stanza senza voltarsi.
Ino terminò di sciacquare le stoviglie in silenzio. Le ripose nella madia con lentezza, prendendosi più tempo del necessario e riflettendo sulle parole di suo padre.
Era stato fin troppo buono a non arrabbiarsi, se al suo posto ci fosse stato uno qualsiasi dei genitori dei suoi amici si sarebbe beccata una sonora sgridata. Per non parlare poi della punizione … Per una cosa del genere il nobile Hiashi era capace di esiliare Hinata e solo il demonio sapeva di cosa sarebbe stata capace Yoshino. Persino la madre di Kiba o il signor Minato, notoriamente permissivi, si sarebbero seccati e le avrebbero inferto un qualche castigo …
Si sentiva a disagio per essersela cavata così; ma,in fondo, suo padre aveva questioni ben più urgenti da sbrigare.
Rientrando in camera trovò l’icona della posta elettronica lampeggiante;Choji l’aveva preceduta scrivendole una mail.
Poche righe concise nelle quali si scusava per quello che era successo e le chiedeva di non pensarci più.
“Come se avesse qualcosa da farsi perdonare,l’ho baciato io!”Lui però aveva ricambiato con parecchio entusiasmo … Il solo ricordo la fece arrossire maliziosamente, era stato bello sentirsi così desiderata.
Ino rimase incerta per qualche minuto, chiedendosi come dovesse rispondere.
Il suo amico stava tentando di tirarli via da quella situazione imbarazzante ma lei si sentiva lo stesso a disagio.
Fedele alla decisione presa in mattinata si dichiarò d’accordo con lui. Avrebbero fatto come se nulla fosse successo. Tuttavia nessuno accennò a rivedersi o sentirsi al telefono, si limitarono ad una beneducata cortesia
“Immagino che non sia così facile ricominciare da capo”
Tanto per scrivere qualcosa la ragazza gli accennò all’uscita in banca di suo padre.
L’Akimichi, che si trovava in casa a riposare,rispose in fretta. Sapeva già tutto poiché anche suo padre aveva accompagnato Inoichi. Choza , però, non gli aveva raccontato nulla che riguardasse la loro situazione. Si era trincerato nelle cucine del ristorante e non accennava ad uscirne.
Ino corrugò le sopracciglia perplessa.
“Non vuole uscire?”Scrisse incespicando sulla tastiera del computer.
Il ragazzo rispose negativamente, aveva tentato di scuoterlo fino a poco tempo prima. Tutto quello che aveva ottenuto era stato l’ordine perentorio di tornarsene a casa e lasciarlo in pace.
“Sono troppo stanco per rimanere con lui”Le scrisse. Si sarebbe fatto almeno un doccia prima di ritentare.
“E adesso?Che faccio?”
La Yamanaka si distese sul letto alla ricerca di un’occupazione con cui impegnare la giornata.
Era depressa, inutile negarlo. Solo tre mesi prima si sentiva pronta conquistare il mondo e adesso?
Tutti i suoi sogni si erano infranti:
Non aveva più un ragazzo
Doveva cambiare casa
Stava perdendo il suo migliore amico
Non sarebbe andata all’università
Fantastico, una vita da sogno,sul serio.
Piangersi addosso, però, non sarebbe servito a nulla. Avrebbe fatto in modo che quell’anno non sarebbe passato inutilmente. C’erano tante cosa a cui avrebbe potuto dedicarsi, non se sarebbe stata con le mani in mano. Innanzitutto il negozio di famigli necessitava di cure, se ne sarebbe occupata lei. E poi c’era anche la nuova casa da trovare, il quartiere da scegliere,i mobili da comprare … si erano trasferiti in un appartamento già ammobiliato, dubitava che sarebbero potuti portare appresso gli armadi  o la cucina. Peccato, le piacevano molto …
“Avanti ragazza!”Si incitò balzando in piedi “hai una vita da tirare su, vietato cazzeggiare!”
                                                                                   ***
Sakura non attese neanche che Ino le chiedesse come stava
“Sono usciti i risultati del test!!”Sbraitò nel ricevitore con entusiasmo.
“Sto andando all’università ,vieni con me?”Chiese senza quasi riprendere fiato.
Ino, comodamente raggomitolata sul divano, sprofondò nel morbido tessuto ripiegandosi su sé stessa.
Le molle del mobile cigolarono sotto il suo peso mentre il computer, precariamente in bilico sulle sue ginocchia, minacciò di schiantarsi a terra.
“Uhm … no grazie, ho un gran mal di pancia proprio non me la sento di uscire. Se mi riprendo andrò in serata o domani mattina” mentì sicura di risultare convincente. Stava benissimo, ma l’esito del suo esame era una cosa che voleva controllare da sola.
“Oh, ok”la rosa era palesemente delusa
“Vorrà dire che andrò da sola.”celiò cercando di mascherare il suo disappunto.
“Chiamami per farmi sapere come sei andata”si raccomandò la Yamanaka riattaccando.
Così erano usciti i risultati del test. Il momento della verità era finalmente giusto, ma non era certa di avere voglia di affrontarlo.
Quelle ultime tre settimane erano passate con esasperante lentezza.
Non aver potuto vedere o sentire Choji era stato massacrante.
Si erano scambiati qualche e mail o chiacchierato in chat, ma non era stato come incontrarsi di persona. Le mancava tutto di lui, la sua voce,il suo modo di socchiudere gli occhi quando parlava, quasi cercasse di non farsi sfuggire niente di importante, la sua camminata circospetta tipica di chi è abituato ad avere troppo poco spazio a disposizione per muoversi …
 Il suo animo non poteva dirsi raffreddato, semmai il contrario!
L’Akimichi aveva provato ripetutamente a mettere fine a quel periodo di agonia, ma la Yamanaka era stata irremovibile,ferma sul suo proposito di sopprimere quel nascente sentimento.
Aveva accampato ogni genere di scusa possibile per non vederlo, finchè il ragazzo non si era ritirato dietro una corazza di fredda cortesia.
Non mancava mai di incaricare Choza di porgerle i suoi saluti quando li andava a trovare, ma non lo aveva più accompagnato.
Questa lontananza la stava ferendo più della rottura con Shikamaru. L’odio provato per il Nara si stava finalmente affievolendo. Rimanevano l’indignazione e la sfiducia ma aveva smesso di piangere la notte e di sperare che la richiamasse per tornare insieme.
Si sentiva talmente depressa che aveva evitato di prendere parte a tutte le cene organizzate dai suoi amici. Ormai la notizia della sua rottura si era sparsa nella comitiva e tutti attribuivano il suo comportamento scostante al dolore per la delusione d’amore. Ovviamente Shikamaru era stato definito nelle peggiori maniere ed allontanato prontamente dal loro gruppo.
“Simili puttanate non si fanno”Aveva sentenziato Kiba, dimostrandosi provvisto di un inaspettato senso della morale. Nessuno sospettava che alla base del suo malessere ci fosse l’attrazione per Choji che tentava in tutti i modi di stroncare.
 Forse Sakura aveva qualche sospetto,tutte le volte che si erano viste aveva cercato un modo discreto per intavolare la conversazione; ma senza ottenere alcun successo.
Sarebbe stato così bello confidarsi con lei ma non osava farlo. Da una parte sperava che l’amica intuisse definitivamente tutto e la incoraggiasse a dichiarare a Choji quello che provava; dall’altra temeva che la dissuadesse suggerendole di rivolgere le sue attenzioni ad un altro ragazzo. Una cosa del genere le avrebbe dato il colpo di grazia. Aveva tentato di pensare a qualcun altro, il buon vecchio Sai ad esempio, ma il solo pensiero di non poter stare con Choji le dava la nausea. Meglio sola allora .Inutile dire che la sua improvvisa solitudine sconvolgeva ancora di più i suoi amici, i quali non erano abituati a vederla single da quando aveva quattordici anni.
 Hinata, con molto tatto, si era offerta di presentarle qualche parente, e anche Naruto aveva proposto di combinarle qualche incontro. La risposta era stata sempre, inequivocabilmente, “no”.
Stava bene, aveva solo bisogno di riposo; era diventata afona a furia di ripeterlo.
Si sentiva stanca anche fisicamente, poiché Inoichi era stato costretto a mettere in vendita l’appartamento e l’agenzia immobiliare portava visitatori negli orari più disparati.
Finalmente sembrava che qualcuno fosse interessato a fare un’offerta.
Esteriormente non sembrava cambiata: continuava ad acconciarsi i capelli, a truccarsi attentamente e a scegliere con cura il vestiario. L’unica eccezione era costituita da un’onnipresente, larghissima maglietta nera recante il logo di un band metal del villaggio della nebbia.
In realtà la t- shirt era di Choji ma si era guardata bene dal confidarlo a chiunque. Choza, che veniva spesso a parlare con suo padre fino a notte inoltrata, sembrava averla riconosciuta ma non aveva detto mai nulla.
Non ricordava esattamente come se l’era procurata;l’aveva trovata ordinatamente piegata sopra una pila di vecchie divise della scuola media.
 Sebbene fosse altrettanto inguardabile di quella di Shikamaru (una specie di tizio con delle atroci ossa sporgenti veniva stritolato da una specie di mano di sabbia) ci viveva praticamente attaccata. Era arrivata persino a dormirci.
L’aveva lavata talmente tante volte che si era stinta. Per giustificarla aveva finto un’improvvisa passione per il black metal che l’aveva costretta ad ascoltare gli album delle band più famose. Li aveva trovati terribili. Quella non era musica, era rumore!
Cercando di decidere il da farsi la ragazza fissò svogliatamente lo schermo del suo portatile. L’annuncio di una piccola casetta al limite del vecchio quartiere si mostrava interessante. Era un piccolo trilocale, minuscolo paragonato a quello in cui vivevano ora ma era molto economico. Potevano permetterselo senza problemi.
Era anche caratteristico pensò mentre si dirigeva verso la cucina per mettere qualcosa sotto i denti.
Sul calendario appeso alla parete era stata cerchiata la data del loro imminente trasloco.
Ancora quindici giorni”Doveva decidersi a comprare qualche scatolone. Per fortuna che Kiba e Naruto si erano offerti di aiutarla o si sarebbe trovata in guai seri.
“Papà?” Chiamò ad alta voce per farsi sentire
“Dimmi”
“Sono usciti i test di ingresso”Annunciò sepolcrale preparandosi un panino
“Ah”Inoichi fece la sua rapida comparsa. Doveva aver iniziato a svuotare la sua camera perché aveva in mano parecchi documenti e qualche romanzo poliziesco.
“Iniziavo a riempire delle scatole”Spiegò depositandoli a caso sul tavolo
“Vuoi andare a dare un’occhiata?Ne varrebbe comunque la pena”
Ino tergiversò non le andava di andarci da sola
“Mi accompagni?”Chiese mettendo su la sua migliore espressione supplichevole.
“Vado a prendere le chiavi della macchina”
Durante il tragitto nessuno dei due parlò molto.
Quando l’ateneo di Konoha si profilò davanti a loro entrambi si scambiarono uno sguardo rassegnato.
La Yamanaka avanzò per i corridoi quasi senza accorgersi della folla circostante. Non sapeva neanche lei che cosa provava. Speranza?Paura?Disillusione?
Sperando di non incontrare nessuno dei suoi amici raggiunse la bacheca con i risultati.
La loro università non aveva ancora un servizio telematico disponibile, questo implicava la scocciatura di doversi fare largo tra una calca di ragazzi e cercare il proprio nome su quei dannati fogli. La legge per la privacy complicava ulteriormente le cose.
“Qual è il mio numero di matricola?”Non era mai riuscita ad impararlo.
Per fortuna erano classificati per codice fiscale.
“Uno … due … tre …”Contò mentalmente prima di cercare i suoi risultati.
“NON AMMESSA” Due parole in grado di distruggere un sogno.
Ino rimase a fissare la bacheca, negli ultimi tempi aveva pianto talmente tanto da non avere più lacrime per farlo.
Per sicurezza ricontrollò,niente da fare. Non era passata.
Il suo orgoglio le impediva di scoppiare a piangere davanti ad una casba di sconosciuti, anche se c’era ben più di una ragazzo che si era abbandonato alle lacrime.
Con fatica si stampò un sorriso soddisfatto sulla faccia e ritornò sui suoi passi. Si concesse qualche minuto di tregua appoggiandosi ad una parete.
Meccanicamente prese in mano il cellulare per chiamare Choji , desiderava così tanto raccontargli tutto.
Merda, ho la batteria scarica …”Eccezionale, il degno coronamento della giornata!
Inoichi la stava aspettando trepidante. Per ingannare il tempo aveva acceso la radio e le note dei Konohas echeggiavano nell’abitacolo.
Senza far caso alla musica la fanciulla si lasciò ricadere pesantemente sul sedile.
“Beh?”domandò suo padre incapace di nascondere la curiosità.
La ragazza scosse il capo senza dire niente.
“Ho capito. Beh, come mi diceva sempre il mio vecchio:chissenefrega!”
“Non sei arrabbiato?”
“No, mi è passata. Su, andiamo a mangiare una pizza”
                                                                                ***
Quando si era tristi una bella focaccia con bacon e verdure era proprio quello che ci voleva.
Si era rifugiati in una trattoria aperta da poco ed avevano ordinato cibo a volontà.
Stavano attaccando un piatto di frittura mista quando Inoichi domandò
“Che succede tra te e Choji?”
“Nulla”mentì’ Ino prontamente.”Perché?”
“Non vi vedete più”
La ragazza si mosse a disagio sulla sedia
“E’ stato molto occupato in questi giorni …”
“Questo non si discute”annuì l’uomo addentando un boccone di frittura.
“Con tutti i problemi che hanno”
“Come va con …”l’argomento “debiti di Shikaku”rimase sospeso sopra di loro
“Ne so quanto te. Choza dice sempre che sta andando tutto bene. Mi sembra molto fiducioso …”
Improvvisamente il cellulare dell’uomo iniziò a squillare
“Papà non posso credere che hai ancora “Dancing leafs”come suoneria!E’ una canzone vecchia di secoli, aggiornati!”Rise Ino.
Fulminandola con un’occhiataccia (quella era la sua canzone preferita, direttamente dal film “Un eroico Hokage”) il signor Yamanaka rispose
“Si, pronto, Choza?No, Choji; dimmi!”
La fanciulla si accigliò; Choji che chiamava suo padre?
“Come?”Inoichi era sbiancato di colpo e sembrava sconvolto
“Quando?”
Adesso iniziava anche lei a preoccuparsi. Che cosa stava succedendo? Poteva sentire la voce dell’Akimichi parlare concitata e un indistinto rumore di sottofondo.
“Dove siete adesso? … Veniamo subito”
“Che è successo?”Chiese la bionda osservandolo alzarsi da tavola.
“Dobbiamo andare all’ospedale. Choza si è sentito male”
Inoichi guidava a massima velocità, incurante degli insulti che gli rivolgevano gli altri automobilisti.
Sembrava impossibile che stessero succedendo davvero tutte quelle cose …
“Papà, mi passi il telefono?”
“Che cosa vuoi fare?”le chiese mentre lei componeva il numero
“Chiamare Choji”
Aveva aspettato abbastanza a lungo per risentirlo. Quello stupido periodo di pausa poteva dirsi concluso.
 
 
*Angolo writer: Salve a tutti Come state? Le vacanze sono quasi finite (sigh) spero che abbiate passato una bella estate.
Come al solito ringrazio tutti per aver letto anche questo capitolo (si, grazie anche a chi non recensirà ).
Per coloro che l’altra volta mi hanno scritto qualcosa:
GRAZIE a ceelogreen  
GRAZIE a Lexi e ad Albalau
GRAZIE anche a tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate
  
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