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Autore: Blooming    30/08/2013    1 recensioni
Sarah, dopo aver superato il Labirinto di Jareth si trova faccia a faccia con lui, il Re di Goblin.
“Dammi il bambino.” Disse Sarah cercando di mantenere la foce ferma, lo fissava dritto negli occhi.
Lui mosse un passo nella sua direzione
“Sarah bada a te.” Un altro passo e le fu accanto “Sono stato generoso fino a questo momento ma so essere crudele.”
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jareth, Nuovo personaggio, Sarah
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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If I died in your arms
Would you then give me your love?
Would you tell me that you need me
And that I was the one?
(If I died in your arms; Devil Doll)

 

 
 
Il giorno della battaglia finale era arrivato. In entrambi gli schieramenti la tensione era palpabile e probabilmente quasi nessuno era riuscito a dormire.
Jareth ci aveva messo un giorno ad arrivare con tutto l’esercito e durante la notte, ignaro della tentata fuga di Sarah aveva organizzato l’accampamento.
Il Re di Goblin si era vestito con calma, seguendo il suo solito rituale: pantaloni, casacca, gambali, bracciali, armatura, elmo. Prese spada e scudo e si avviò.
Mentre si preparava sapeva che le probabilità di vittoria contro gli Elfi era poca ma doveva provarci, per Sarah.
In quel momento si rese conto che avrebbe dovuto dire ‘ti amo’ una volta di più… ma ormai era troppo tardi, ormai quasi tutti i suoi soldati erano pronti e in lontananza si poteva vedere il Castello di quercia degli Elfi. Non parlò con nessuno. Tra le schiere c’era un silenzio assordante.
Il silenzio prima della battaglia.
Jareth montò sul suo Grifone e volò in alto per controllare la vastità della foresta e non potè non vedere la sua Sarah urlare il suo nome da quella finestra e venir trascinata dentro da Amlach. Non poteva sopportarlo e decise di andare subito verso lo scontro.
Scese dalla sua cavalcatura e si posizionò al limitare del bosco.
Parlò ancora una volta alle truppe
“Oggi,” urlò “è il giorno della battaglia finale. Attraverseremo il bosco perché quella è l’unica strada. Non dividetevi, rimanete tutti uniti: è l'unico modo per avere meno perdite possibili. Guardatevi le spalle l’un l’altro, soccorretevi se necessario.” Diede un’occhiata al rumorio lacerante degli albero dietro di sé “Cercate di tenere duro il più a lungo possibile. Dobbiamo passarlo tutto.” guardò verso il Castello degli Elfi
Il frastuono del bosco era logorante
"ORA!" urlò Jareth
Le Ninfe accesero un fuoco intorno all’esercito, un fuoco magico che li avrebbe protetti durante la traversata e cominciarono ad addentrarsi.
I berretti rossi, più svelti e più attenti, correvano superando le liane e le spire degli alberi che si difendevano dal rogo. Afferravano per le caviglie i soldati trascinandoli nell’oscurità, di loro si sentivano solo le urla strazianti.
Amlach, che controllava il bosco, aveva dato l’ordine di lasciar passare solo il Sidhe per attenderlo nella sala del trono dove l’avrebbe distrutto per sempre e avrebbe, finalmente, preso Sarah.
Jareth camminava attento a dove metteva i piedi, i soldati lo seguivano ma molti vennero presi.
I Grifoni e le Aquile si stagliavano nel cielo azzurro e gridavano emettendo appuntiti strilli avvertendo l’esercito che stavano per essere attaccati dal bosco.
Le Ninfe, sentendo le grida dei morti decisero di accendere il fuoco anche tra le piante più secche così che si propagasse anche in tutto il resto del bosco. Controllavano che le fiamme non attaccassero anche il capo dell’esercito e i soldati limitandolo a distruggere il bosco oscuro.
Le piante e i rovi urlavano tra le fiamme ardenti.
Amlach guardò il suo bosco bruciare e gli occhi divennero due sottili fessure d’odio. Camminò pesantemente verso la gabbia di Sarah, dove l’aveva fatto rinchiudere, la portò davanti alla grande finestra
“Guarda Sarah.” La obbligò a guardare il bosco in fiamme “Guarda il mio bosco che brucia. La mia vita letteralmente in fiamme.” Le tirò uno schiaffo facendola schiantare a terra “Pagherai tu per tutto questo.”
Sarah rimase immobile a terra con la mano sulla guancia, quasi lacrimava ma si tratteneva
“Non vincerai Amlach. Lui è più forte.” Guardò fuori dalla finestra sperando che il Re del Labirinto potesse vederla
Il bosco era ormai in fiamme e i soldati aspettavano solo che smettesse di bruciare per poter proseguire indenni.
Non appena il tetro bosco smise di urlare morendo, l’esercito cominciò a muoversi.
Gli Elfi cominciarono a schierarsi.
Non erano abili combattenti e il bosco era l’unica cosa che li proteggeva dagli attacchi, riuscivano a nascondersi e attaccare nel buio. Ora erano perduti ma comunque si schierarono a protezione del loro regno.
Avevano paura e tremavano. Nessun capo aveva parlato loro come Jareth aveva fatto alle sue truppe e non sapevano per cosa combattevano. Solo per la vita. Molti volevano perfino andarsene, lasciare cadere le armi ma aveva più paura di Amlach che di morire.
 


L’esercito proseguiva tra i tronchi secchi e anneriti. Si poteva ancora sentire il latrato morente della vita di quell’antica foresta stregata.
Arrivarono dopo ore di marcia davanti alle porte del Castello.
Gli Orchi furono incaricati di aprire le porte che vennero sfondate.
Alcuni Elfi arcieri scagliarono le loro frecce, sapevano che sarebbero stati sconfitti ma avevano bisogno di una speranza anche loro.
Le Banshee e i Berretti Rossi salirono sulle mura e attaccarono.
Vedendosi entrare quell’enorme esercito capeggiato dal Re folle del Labirinto, gli Elfi vennero colti dal più crudele dei nemici: la paura.
Ci fu chi si inginocchiò chiedendo pietà, chi lasciò cadere le armi e gli scudi, chi pianse aggrappandosi al mantello del Re.
Jareth li guardò con disgusto. Forse avrebbe dovuto provare pietà per quegli esseri che tanto gli assomigliavano per pazzia ma che tanto gli erano differenti per quella che Sarah chiamava umanità.
Sguainò la spada
“A questi ci penso io.” e cominciò a spargere il sangue di quelle creature
Ne afferrò uno che lo guardò negli occhi e provò dolore ed empatia, lo lasciò andare, lo vide fuggire con i pochi sopravvissuti verso lo scheletro del bosco
“Lasciateli andare. Non meritano di vivere ma neanche di morire.” I soldati sparpagliati nel Castello smisero di far sgorgare il sangue nero e sporco degli Elfi
Mentre fuggivano lasciavano giù armi o pezzi di armatura per correre più veloce, per sfuggire al morso delle spade.
Avevano vinto contro un misero esercito impaurito.
Quello che Jareth voleva era Amlach, voleva trovarlo e distruggerlo.



Jareth camminò sorpassando i cadaveri di soldati di entrambi gli eserciti, si addentrò nel Castello silenziosamente.
Si poteva solo udire la risata rauca di Amlach che scappava.
Quel vigliacco scappava e scappava con Sarah.
Il Re del Labirinto raggiunse la sala del trono dove trovò solo silenzio. Vide le catene legate al trono dove era stata messa Sarah e vide una piccola gabbia dove un piccolo essere si agitava. Si avvicinò e guardò il Brownie
“Tu sei Jareth?” chiese prendendo tra le mani le sbarre
“Sì. Dov’è andato Amlach?” chiese duro
“Sarah mi ha parlato di te. È andato di là.” Indicò un passaggio segreto che nella fretta della fuga era rimasto aperto “Corri se vuoi ritrovarla.”
Jareth prima di andarsene aprì la gabbia e poi corse all’inseguimento
“Grazie Re.” Urlò Geemo fuggendo dalla parte opposta
Jareth corse nell’oscuro cunicolo umido. Sentiva il rimbombare dei passi di due persone, il passo di Sarah era più pesante perché umana e poi c’era quello impercettibile di Amlach che non smetteva di ridere istericamente
“Vieni Jareth. Vieni a riprenderti la tua bella Sarah.” Urlava dalle profondità
Il Sidhe sapeva che era una trappola, cercava di ragionare con razionalità ma il pensiero di Sarah chiusa in una gabbia, in catene e abbandona lo faceva impazzire.
Correva seguendo la voce stridula di quell’essere e ripeteva
“Fatti vedere! Esci razza di mostro.” La spada sguainata e le orecchie attente a qualsiasi rumore
Quel cunicolo sembrava non terminare mai e proseguiva sempre più in basso e continuava a stringersi tanto fino a che Jareth non fu costretto a mettersi carponi e strisciare fino a una porta grande il giusto per essere attraversata.
Uscì e si ritrovò sopra le mura del Castello.
Il vento soffiava forte e trasportava le ceneri del bosco.
Si udì la risata rauca dell’essere e le urla di Sarah, Jareth si diresse verso le urla ma Amlach comparì come fumo dietro di lui e lo colpì
“Allora come va Re?” gli chiese ridendo
Jareth fu subito in piedi
“Adesso meglio!” gli tirò un fendente
I due si fronteggiavano sul torrione più alto. Le lame che stridevano ed entrambi ancora incolumi, si affrontavano a pari merito. Forse Jareth aveva un ottimo gioco di gambe ma Amlach era più veloce nello schivare.
Entrambi gli eserciti rimasero a guardare lo scontro inermi. Ormai tutti speravano nella vittoria del Re del Labirinto, anche gli Elfi.
Con un sorriso scaltro Amlach distrasse Jareth e lo colpì al fianco, subito ci fu la risposta dall’altro combattente e gli fece una profonda ferita sul braccio.
Sarah riuscì a liberarsi dalle corde che la tenevano imprigionata nella torre e corse sulle mura a vedere. Fu il suo più grande errore, Jareth la notò e si distrasse, Amlach con un sorriso e gli occhi da pazzo lo colpì nello stomaco.
Lo guardò agonizzare e poi estrasse la spada sanguinante dal suo corpo che cadde sulle pietre delle mura, Sarah corse da lui
“Jareth.” Urlò prendendolo tra le braccia, piangeva, le lacrime sgorgavano a fiumi
“Sarah…” mormorò lui “Sei viva.”
Lei lo baciò
“Si amore mio. Sono viva.” La voce tremava, gli teneva la testa sulle ginocchia sbucciate “Siamo vivi.” Prese una sua mano e la mise sul ventre “Devi vivere anche tu Jareth. Per me. Per il tuo bambino che cresce dentro di me.” singhiozzò
Jareth sorrise sputando un po’ di sangue
“Ti amo Sarah.” Sorrise stanco “Scusami se non riuscito a proteggerti come dovevo.”
Lei lo baciò ancora e gli accarezzò i capelli
“No Jareth.” Ormai i singhiozzi avevano preso il sopravvento e le parole non erano più capibili “Tu mi hai dato qualcosa per cui vivere davvero. Mi hai dato amore e ti ringrazio.” Un altro bacio
“Smettiamola con tutta questa scenata piccioncini.” La voce stridula di Amlach “Hai perso Jareth. Ora lei è mia.”
Jareth emise una risata soffocata e sputò ancora sangue, strinse il falcetto tra le mane e mormorò una magia. Un vortice di luce si stagliò nel cielo e come un uragano travolse il corpo esanime di Jareth infondendogli nuova vita
“Non credo che io abbia perso Elfo.”
Ci fu paura negli occhi del Re degli Elfi, ci fu orrore e ci fu perfino ammirazione nei confronti delle infinite risorse del suo avversario
“Mi congratulo con te vecchio mio.” Riprese la spada “Ma ho comunque vinto.” Con uno scatto afferrò Sarah e la usò come scudo mettendole la spada alla gola “Se fai un passo la uccido.”
Jareth si bloccò pensandosi ormai perduto ma notò un sorriso sulla faccia di Sarah, un sorriso furbo, sfilò il coltello dalla cintura di Amlach
“Ti ho già detto che non puoi vincere.” E con un colpo deciso gli piantò tutta la lama nel petto
Crollò trascinandola a terra con sé, emise una risata ancora più rauca
“Ciao Sarah.” Lei si alzò ma lui la teneva per il polso “Io volevo amarti sai?” lei non rispondeva
Amlach cominciò a tornare del suo colore naturale, la pelle olivastra, i capelli di vite blu. Gli occhi si bagnarono di lacrime
“Sei riuscita a sconfiggermi.” Rise ancora “Lo so che non te lo dovrei chiedere, dopo tutto quello che ti ho fatto.” Sarah si trascinò provando pietà verso quell’essere
“No, non hai il diritto.” Mormorò lei
“Eppure sei qui.” Rise “Posso morire tra le tue braccia? Posso sentire la tua voce prima di morire?” tossì tenendosi la pancia squartata
Sarah provando pietà e compassione per il suo aguzzino, sempre solo e ormai impazzito, gli prese la testa tra le mani e la fece appoggiare sulle cosce.
Il corpo di Amlach disteso davanti a lei ormai morente
“Mi dispiace Sarah. Dimmi una bugia, dimmi che mi amavi. Io ti amavo. Ho solo sbagliato modo di dimostrartelo. Potrai mai perdonarmi?”
Sarah gli accarezzò gentile la fronte, non se lo meritava e lo sapevano entrambi
“Sì.” Ma Sarah decise di perdonarlo lo stesso, era solo un povero pazzo “Ti perdono Amlach.”
Ma lui era già morto. Un flebile respiro aveva emesso prima di lasciarsi andare, le mani erano crollate sui fianchi senza vita. Gli occhi gialli rimasti aperti a guardare il cielo grigio.
In quel momento Sarah provò un senso di vuoto e di smarrimento, sapeva benissimo che Amlach era un mostro ma forse si meritava una morte migliore e più degna della sua pazzia. Notò delle piccole lacrime cristallizzate sui prominenti zigomi dell’Elfo, si chinò sulla fronte del morto e pianse. Pianse per la vittoria, pianse per essere riuscita a sopravvivere e a sconfiggere il suo mostro, pianse anche un po’ per Amlach, pianse silenziosamente.
Jareth si avvicinò a lei e le toccò una spalla, comprendeva perfettamente i sentimenti di Sarah perché sapeva benissimo che un po’ quella ragazza aveva amato l’Elfo ma non gli importava adesso. Adesso voleva solo tornare a casa
“Vieni Sarah.” Disse malinconico
“Sì.” Si alzò appoggiando delicatamente il volto di Amlach sulla pietra dura “Sì.” Ripetè guardando triste quel corpo freddo e solitario
Jareth l’abbracciò stretta al petto e la lasciò piangere accarezzandola delicato, la stringeva e in quel momento, solo per quell’istante il Sidhe pianse.


 
   
 
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