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Autore: Birra fredda    31/08/2013    0 recensioni
La vita normale non è per tutti. Con vita normale intendo un qualcosa tipo: genitori rompiscatole, non permissivi, che credono i figli adolescenti dai santerelli del sabato sera, scuola odiata, professori visti come satana, compagni di classe con cui combinare solo guai, tanti trip in testa, escogitare modi per andare alla festa del secolo senza dire nulla ai genitori o mettere da parte dei soldi per il nuovo tour degli U2.
Ma io mi chiamo Nicole Haner mica per nulla, eh. E sono la figlia di Brian Elwin Haner Jr., meglio conosciuto come Synyster Gates, chitarrista degli Avenged Sevenfold, mica per nulla.
La mia vita non è normale, e proprio non so come potrebbe esserlo.
Genere: Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'You will always be my heart.'
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L’ho promesso a mio padre, penso, mentre mi alzo a fatica dal letto. Sono a casa da pochi giorni e già devo andare dallo psicologo. Non che mi dia fastidio, ma preferirei di gran lunga esercitarmi per casa con queste stramaledettissime stampelle.
Non credo che qualcuno mai abbia avuto tanti problemi a camminare con le stampelle. Io rischio di rompermi l’osso del collo ogni pochi passi.
“Andiamo?” mi chiede papà, affacciandosi nella mia stanza.
Io annuisco e comincio ad andare verso di lui. Ride. Ma grazie, papà! Come sei simpatico a ridere delle mie sciagure!
“Avanti, salta in spalla” mi dice, girandosi di spalle a me e chinandosi.
Mi aggrappo alle sue spalle e salgo a cavalcioni sulla sua schiena.
“Sai quante ragazzine hanno sognato un momento così con Synyster Gates?” mi dice beffardo, cominciando a camminare.
“Sbruffone” lo prendo il giro io.
Zacky e Cherie ridacchiano appena vedendoci passare, impegnati a preparare un dolce al cioccolato. Credo che pochissimi godano dello splendido rapporto che ha Cherie con suo padre, e tutto questo semplicemente perché Zack è ancora un mezzo bambino.
Ad esempio, ora che mi saluta sorridendo di buon umore, noto che Zacky la faccia imbrattata di farina e nutella. Mentre Cherie ne ha ovunque sul grembiule che porta addosso. Devono aver fatto una battaglia.
Papà mi scarica sul sedile del passeggero e si siede alla guida. Da quando sono tornata a casa mi è parso molto più concentrato sul lavoro. Resta in sala prove per molto più tempo rispetto a Zacky, che, invece, torna sempre per pranzo e per cena.
“Come procedono i lavori per il disco?” mi informo mentre lui mette in moto.
“Non male quanto prima” mi dice lui con un mezzo sorriso. “Stiamo cercando di recuperare in fretta il tempo perso.”
“Su cosa sarà orientato? Qualcosa tipo City Of Evil?” chiedo speranzosa. City Of Evil è sempre stato il mio cd preferito degli Avenged Sevenfold. E Seize The Day la mia canzone preferita.
Lui scuote il capo. “Non credo, Nicole” mi risponde, lanciandomi una veloce occhiata. “Credo che somigli più a Nightmare.”
“Mh...” dico pensierosa, allacciandomi la cintura.
“Credo che potrà somigliare all’atmosfera di Save Me” mi rivela dopo qualche istante, lasciandomi meravigliata.
“Qualcosa che ha a che fare col soprannaturale?” chiedo, volendo racimolare più informazioni possibile.
Papà ridacchia e si ferma al rosso di un semaforo, così mi guarda negli occhi. “Voglio che sia una sorpresa, ok? Matt aveva buone idee e io ci ho messo molto del mio... forse potrebbe venir fuori un qualcosa simile a Save Me e Almost Easy... non so dirti di preciso.”
Alzo un sopracciglio e resto della mia idea del soprannaturale.
Papà accosta davanti l’edificio dello psicologo, mi aiuta a scendere dalla macchina e sale con me con l’ascensore.
“Salve” ci saluta il dottor Baker che evidentemente ci stava aspettando in sala d’attesa.
“Salve” gli risponde papà cordiale, “gliela lascio.”
Il dottore gli sorride serenamente e io lo seguo saltellando fino allo studio. Quando mi lascio andare sulla sedia di fronte a lui, mi lascio andare anche ad un sospiro di sollievo.
Camminare con le stampelle non mi piace. Non mi piace affatto.
“So tutto quello che è successo, Nicole” esordisce, poggiando i gomiti sul legno della sua scrivania.
“Lo credo bene” ribatto seccamente. “Su internet praticamente non s’è parlato d’altro. Un sacco di gente mi ha anche mandato dei regali...”
“Non l’ho saputo su internet” mi interrompe lui. “Me lo ha detto Lorenz, il tuo compagno di scuola.”
Oh. E, di grazia, perché mai Lorenz parla allo psicologo di me?
“E...”
“Ma parliamo di altro, ora. Mi sono preparato delle domande apposite da farti, in questi giorni di tua assenza” mi interrompe, sorridendomi tranquillamente.
Io annuisco col capo.
“Bene. Innanzitutto vorrei sapere come si è svolto l’incidente.”
“Non glielo posso dire” affermo con durezza. Non posso rivelare nulla riguardo il socio in armi di mio padre né dell’attività illegale che i due stavano svolgendo insieme.
“Allora dimmi solo quello che ritieni sia possibile rivelarmi” mi dice lui con un sorriso gentile sul viso. “Sai” riprende dopo qualche istante di silenzio, “ho sentito diverse versioni sull’accaduto e mi piacerebbe sapere cos’hai da dire tu a riguardo.”
“Bè...” incomincio, un po’ presa alla sprovvista, “...ero uscita a fare una passeggiata con mio padre e abbiamo incontrato Carlos, un... un conoscente.”
“Lo sai che non sei affatto brava a mentire?” mi prende in giro il dottor Baker.
“Gliel’ho detto che non le avrei potuto dire tutta la verità” ribatto prontamente. “Comunque” riprendo, “ci siamo fermati a parlare e questo Carlos mi ha puntato contro un coltello...”
“Cos’hai provato?”
“Paura” rispondo immediatamente. “Inizialmente solo paura.”
Lui si gratta lentamente il mento, pensieroso, e poi mi esorta a continuare.
“Poi sono arrivati anche gli altri... mio zio, Zacky e Johnny... ma non hanno potuto fare nulla” continuo. “Carlos mi ha portata in macchina, dicendo che avremmo passato solo una notte insieme.”
“E allora si è schiantato contro l’albero” conclude lui per me. “Era ubriaco?”
“No. Si sbaglia” gli dico lentamente. “Io mi sono buttata su di lui, ho afferrato il volante e ho svoltato a caso.”
Sembra stupefatto. Boccheggia un momento. “Tu...” mormora quasi, “hai avuto tanto sangue freddo da mandare fuori strada la macchina?” mi chiede, alzando un sopracciglio.
“Io... io non volevo che lui mi facesse del male...”
Lo fisso negli occhi azzurri, anche se ora che ho visto quelli del Rev dal vivo non sembrano più così somiglianti ai suoi. Quelli del dottore sono meno immensi, meno radiosi di vita.
Il dottore sospira e torna a sorridermi gentilmente. “E come sono stati i due giorni di coma?”
“È successa una cosa strana... ho incontrato Jimmy ‘The Rev’, in una specie di Afterlife.”
Anche ora mi pare stupefatto. Alza un sopracciglio e mi dice in tono sbrigativo: “e che cosa avete fatto? Cosa vi siete detti?”
“Abbiamo parlato” dico, stringendomi nelle spalle. “Lui mi ha detto che ero in coma, mi ha detto che ci è stato accanto in tutti questi anni e mi ha dato dei messaggi da portare alla band...”
Lo sguardo mi scivola sul piccolo cuore che mi ha disegnato James, fin’ora non ne ho parlato con nessuno. Facendomi la doccia ho messo alla prova la parola di Jimbo, provando a toglierlo col sapone, ma lui aveva ragione. Il cuore è rimasto indelebile al suo posto, e, benché Cherie l’abbia visto, non mi pare che sospetti qualcosa d’insolito. Dopotutto, io mi sono sempre scritta addosso col pennarello indelebile.
“Mi ha disegnato questo” dico al dottore, allungando il braccio sulla scrivania.
Lui mi prende la mano e osserva il disegnino sul mio polso con gli occhi socchiusi. Mi sembra molto concentrato.
“È strano” gli rivelo, “perché me lo ha disegnato col pennarello indelebile ma non sono riuscita a farlo andare via.”
Lui mi pianta i suoi occhi azzurri nei miei. “Io trovo strano, invece,” mi dice lentamente, “che sia rimasto sulla tua pelle nonostante te lo abbia disegnato in un sogno.”
“Non era un sogno” mi infiammo. “Io sono davvero andata da lui, e questo tatuaggio ne è la prova.”
“E chi mi garantisce che questo tatuaggio te l’ha fatto davvero il Rev e non il tizio che fa tatuaggi agli Avenged Sevenfold?” mi rimbecca lui.
Ritiro il braccio con uno scatto e mi alzo in piedi. Barcollo un po’ per via del gesso, ma poi mi riprendo e afferro le stampelle.
“Scappi di nuovo?”
“Non sto scappando, sto andando via” chiarisco con rabbia. “E questa volta non tornerò. Che lei ci creda o meno, io nell’Afterlife ci sono andata e James l’ho incontrato. Non m’interessa parlare con qualcuno che non mi crede e, a questo punto, non credo sia neanche il caso di continuare a pagarla. Se ho abbastanza sangue freddo da tentare di uccidermi per tre volte, vuol dire che ne ho abbastanza anche per affrontare questa vita senza il suo aiuto.”
Zoppico fino alla porta, senza quasi il sostegno delle stampelle. Mi blocco con la mano sulla maniglia.
“E, cortesemente, si trovi un argomento decente di cui parlare con Lorenz qui dentro” concludo, inviperita.
Uscendo sul pianerottolo chiamo mio padre al telefono e gli dico... ehm, gli urlo di venirmi a prendere immediatamente.
Dopo essere scesa con l’ascensore, mi lascio cadere sulla panchina davanti il palazzo dello psicologo, la stessa su cui Lorenz e io abbiamo parlato per la prima volta da persone civili, senza insulti.
Aspetto mio padre mentre nella mia testa sto ancora offendendo il dottor Baker. Lo so che avevo detto che non sarei più fuggita, ma questa volta è stato diverso. Che vado a farci da uno psicologo che neanche mi crede, eh?
Dopo qualche minuto papà accosta davanti a me e mi corre incontro. Credo che sia spaventato, a giudicare dal colorito biancastro che ha assunto.
“Dio, Nicole, che diavolo è successo?”
Bè, lo credo bene che sia così impaurito. Al telefono devo avergli gridato un qualcosa come: vienimi a prendere immediatamente! Lì dentro non ci torno, okay?! Mi fa schifo, quell’uomo!
“Nicole, stai bene? È tutto okay? Al telefono mi sembravi infuriata” mi dice, senza quasi staccare le parole.
Io sospiro, leggermente divertita. “Papà, siediti. Devo dirti una cosa” gli dico.
Lui annuisce e mi siede accanto. “Sei sicura che sia tutto a posto...?”
“Sono andata via” esordisco, zittendolo, “perché il dottore non mi ha creduto sulla storia del Rev e...”
Alzo la manica della felpa quel tanto che basta per mostrare a papà il piccolo cuore.
“Ma è... vero?” mi chiede, passandoci sopra un dito.
Sospiro. Lui mi crederà, ne sono certa. È mio padre, il migliore amico di Jimbo. Come potrebbe dubitare di ciò che sto per rivelargli?
“Me lo ha disegnato Jimmy prima che ci lasciassimo” sussurro. “Lo ha disegnato con un pennarello indelebile, ma è rimasto nonostante i lavaggi. Lui me lo aveva detto che non sarebbe andato via...”
Papà segue il contorno del cuore col polpastrello dell’indice, guardandolo rapito. Poi alza lo sguardo su di me. Sorride appena, anche se ha gli occhi rossi e gonfi di lacrime.
“Oh, Jimmy...”









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In questo capitolo non succede niente di che, lo so, ma volevo che Nicole e Brian si riservassero un piccolo momento tutto per loro nel momento il cui Nic avesse deciso di parlargli del cuore sul suo polso.

Il prossimo capitolo sarà l'ultimo prima del prologo, e io ho già in mente una nuova storia da pubblicare... a dire il vero mi era passato per la testa di scrivere anche un sequel che vede i ragazzi cresciuti o un prequel che li vede bambini, ma non so! A voi piacerebbe?

Grazie mille a tutti voi che leggete questa FF,
Echelon_Sun
  
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