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Autore: lovemeswaggy    31/08/2013    7 recensioni
Jessica James è distrutta. Va male a scuola, è morta la sua migliore amica ed è appena stata arrestata di nuovo. I genitori ne hanno abbastanza del suo comportamento così la iscrivono in un collegio.
Justin Bieber. Un ragazzo d'oro esteriormente ma lacerato dal dolore emotivamente.
Entrambi si ritrovano ad affrontare ostacoli difficili, ma sapranno usar tutto a loro vantaggio.
Due vite, tanto misteriose quanto difficili.
Un amore, tanto semplice quanto improbabile.
***
"Non lasciarmi andare, ti prego!"
"No piccola, sto io qui con te."
"Prometti?"
"Prometto.. e io mantengo sempre le promesse."
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Jaden Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4. Tatoos
 
 

Jess’ point of view
La stanza bianca con i mobili beige non fece altro che collaborare al mio sonno. Mi tolsi velocemente la gonna a balze blu con la camicia bianca, posai i mocassini orribilmente marroni sotto il letto e presi il pigiama celeste della scuola. Non volevo uscir di nuovo dalla stanza ma la sensazione di sporco addosso non migliorò la situazione.
Sbuffai rimettendomi il completo che era appoggiato sulla scrivania e dopo aver chiuso la persiana, aprii la porta e mi diressi verso il bagno.
La scuola ne aveva solo uno, dove studenti, camerieri e professori lo usavano tranquillamente.
Vista l’ora tardi non incontrai nessuno nel corridoio ma la sorpresa occupò posto alla noia quando notai, una volta in bagno, che nonostante ci andasse tutta la scuola in quell’enorme stanza, era tremendamente pulito. Ma nulla in confronto al fumo che fuoriusciva dalla cabina.
L’odore sgradevole ma anche così confortante m’invase subito le narici mentre mi dirigevo a un lavandino. Nonostante fossero passati solo pochissimi giorni da quando avevo lasciato la mia città, il fumo, l’alcool e Jake.

Jake. Il mio migliore amico. Dire che non mi mancava sarebbe stato ridicolamente stupido.
Le braccia forti modellate con i muscoli che mi stringevano forte, le dita delle sue mani che incrociavano le mie, così velocemente e aggressivamente che, in quel periodo, sembrava quasi volesse aggrapparsi a me, trasmettermi il dolore che stava provando, chiedendomi se davvero una delle ragioni della sua vita fosse davvero morta, se fosse lì a sfoderare il suo bellissimo sorriso davanti a noi, gesticolando come faceva ogni volta che parlava o semplicemente rideva, fosse davvero lì a muovere il suo sedere in modo provocante davanti a Jake facendolo eccitar e minacciandola dolcemente che “Se non la smetti, giuro ti porto nella mia macchina e farò muovere il tuo sederino su una parte del mio corpo.” seguita da delle fragorose risate da parte mia e della mia migliore amica.

E come dimenticare quando piombò nella mia camera all’improvviso mentre leggevo un libro, con gli occhi gonfi e rossi, i capelli biondi spettinati e il trucco colato sulle sue guance rosee.
“Che cavolo hai combinato, Cla?” chiesi alzandomi dal letto, lanciar il libro per aria e correre verso lei.
Semplicemente mi guardò, le sue iridi marroni bagnate dalle continue lacrime che rigavano il suo viso, poi mi abbracciò incrociando le sue braccia intorno alla mia schiena e stringendomi forte, quasi a farmi male.
E mi bagnò la canotta verde che indossavo, sporcandola con il nero del mascara e della matita, mi abbracciò se possibile più forte, singhiozzando e non riuscendo a parlare.
Ed io glielo lasciavo fare, la tenevo stretta a me, facendole capire che io ero lì per sostenerla, esserle vicino mentre piangeva disperata e l’avrei fatto per sempre, la facevo piangere perché sapevo che alla fine avrebbe smesso e avrebbe raccontato.
E dopo alcuni minuti che riempivano la stanza solo dei suoi singhiozzi, parlò.
“Jake…” si sedette sul letto e portò le mani davanti agli occhi.
Sapevo che si vergognava quando piangeva, anche davanti a me. Lei diceva di essere forte, che non avrebbe pianto davanti a nessuno perché lei doveva mostrarsi così, non debole e fragile.
Mi sedetti di fronte a lei e la guardai, sorpresa di non aver pensato prima alla ragione del suo pianto.
Maledetto Jake, giuro lo ammazzo. Pensai.
“Che ha fatto quello stronzo?” notai con stupore che ogni volta che pronunciavo quella domanda, la mia voce era completamente seria, sprezzante e piena d’odio. Eppure lui era il mio migliore amico, e lo amavo. Sì, lo amavo. Perché, in un certo senso, era sempre lì per me. Sempre pronto a prendere a pugni quando un ragazzo mi toccava lì dove nemmeno doveva guardare. I suoi diciotto anni lo faceva sembrare un duro, e lo adoravo.
Ma in quei momenti non lo sopportavo, e soltanto sentir il suo nome m’irritavo.
“E’ andato a ubriacarsi con Tom, Jim e Terry.”
Ubriacarsi… mi sentivo terribilmente in colpa quando mi domandai mentalmente ‘perché non mi ha invitato?’ mentre sentivo fuoriuscir quella parola dalla bocca di Cla.
Lei odiava terribilmente l’alcool, era stata a stretto contatto con esso per molto tempo, quando da bambina il padre tornava a casa strafatto e picchiava la madre.
Inutile nascondere che odiavo il padre e quando lo incontravo, dovevo trattenermi dallo sputarci in faccia e urlargli contro.
“Ehi, tranquilla... sai che sa regolarsi con esso, è un tipo apposto e di sicuro non si farà sedurre da quella troia.” Sapevo che piangeva per il ragazzo ma anche per quella ragazza.
Alzò il viso sorridendo, come poteva essere così facile convincerla?
“Sei l’unica che sa come gestirmi.” Mi sorrise grata mentre mi abbracciava.
Ed io ricambiavo l’abbraccio, sorridendo.
“Spero solo che non lo faccia con Tom…” mi stuzzicò lei con quel lampo malizioso negli occhi. Arrossii violentemente al solo pronunciar quel nome.
“Sai che non mi piace, Cla.”
“Certo, ed io ti credo al 100% cara migliore amica! Non vedo l’ora che mi racconti di quando scoperete.”
“Dio mio, Cla! Ma contieniti con le tue cose erotiche! Oltre il bacio, non si va da nessuna parte.”
“Alla fine succederà.” Mi informò lei sorridendo dolcemente.
 
Alla fine succederà. Ritornai alla realtà, sorridendo amaramente e pensando che non è mai successo, dopo la sua morte.
Morte. Mi vergognavo solo a pronunciarla nella mia mente, mi sentivo colpevole perché la causa di quella parola che accompagnava il nome e il cognome della mia migliore amica, era mia. La colpa era mia. Tutta mia.
Mi misi davanti al lavandino e dopo essermi sciacquata la faccia, alzai lo sguardo allo specchio. Non ero male, senza contar la matita colata sotto gli occhi e il sorriso non comparso sul viso.
Sentii delle risate. E mi ero quasi dimenticata del fumo che circondava l’aria di quella stanza.
“Ehi Justin, muoviti a...” la tenda si spalancò su Jaden che teneva stretto tra le dita una sigaretta, avanti a Rose e una ragazza mai vista.
“venire. Ti ha portato Justin qua?” si rivolse a me, la voce fredda mentre il volto diventava magicamente serio.
“In realtà il bagno serve per lavarsi, amico.”
“Be’, non a quest’ora.”
“C’è un orario per lavarmi? Ah bene, ora sono finita anche in una specie di prigione, dove sono comandata e se non obbedisco...” Alzai gli occhi al cielo, mentre parlavo e gesticolavo.
“Mi sculacciano?” domandai a Jaden che, sorpreso dal mio attacco di rabbia, rimase muto.
“Nessuno ti sculaccia, Jess…”
“Ah be, ci mancava.” Aprii la bocca a forma di O non credendo a quel che aveva detto Rose.
“Vuoi unirti a noi?” domandò con quello strano luccichio negli occhi.
“Passamene una.” Risposi con tono strafottente mentre liberamente prendevo la sigaretta dietro l’orecchio di Jaden e lo vedevo arrabbiarsi.
Sorrisi e presi l’accendino dalle mani di Rose che mi porse, portando la sigaretta alle labbra e un accendino alla base di essa. La accesi, tirando un lungo tiro preparandomi a beare di quella sensazione di tranquillità e pace, che non arrivò.
Aprii gli occhi che avevo chiuso, e buttai la sigaretta a terra. Ma che schifo era?
“Ma che vi fumate? Non sembra manco una sigaretta talmente è leggera.”
“Che c’è, vuoi darci dentro?” gli occhi perversi di Jaden mi crearono dei buchi negli occhi, talmente mi fissava serio e immobile.
Lo fulminai con lo sguardo, prima di “Uhm, spinelli?” chiesi imbarazzata.
“Canne.” Rispose subito la rossa dietro Rose, sorridendomi amichevolmente.
Ricambiai il sorriso, finto come al solito, e presi la cartina già riempita dalle mani della ragazza.
La accessi e questa volta potei davvero bearmi della tranquillità, della pace che il mio cervello avvertiva in quel momento, come svuotato da tutto.
Non pensare a nulla. Era quello il mio obiettivo.
Anzi, non pensar a Cla.
Nessun dolore, nessun passato e nessun futuro.
Nulla di negativo, tutto così positivo. Tutto falso.
 
 
 

Justin’s point of view
Dovevo smetterla di pensar sempre a loro.
Perché nella mia mente c’erano sempre e solo loro.
Ma adesso s’era aggiunta una nuova figura. Una ragazza dagli occhi celesti e i capelli biondi.
Una ragazza che sotto il suo sguardo mi aveva spogliato. Mi aveva visto nudo e non senza vestiti.
E io l’avevo permesso, ed è per questo che la disprezzavo. Ma la voglia immensa di sapere cosa lei nascondeva mi faceva andar fuori di testa, e mettendola sempre in primo piano nel mio cervello.
Le avevo fatto capire che anch’io soffrivo. O meglio, lei aveva capito che soffrivo.
E sì, anch’io. Perché anche lei stava male ed ero sicuro che quel dolore non era causato da un dolore fisico e dal fatto di aver cambiato scuola. Era un dolore uguale al mio e la voglia di chiederle cos’aveva equivaleva a dover dir qual era il mio, di dolore.
No. Non volevo mostrar quei pochi sentimenti che custodivo ancora. O almeno credo.
Indossai una canottiera grigia e un pantalone blu, poi misi ai piedi le scarpe blu e scesi giù passando la mano nei capelli per aggiustarli.
Non ero il tipico ragazzo che si passava la piastra, o metteva del gel per aggiustarli in una forma propria, non mettevo il profumo perché a me bastava già quello del bagnoschiuma e del dopobarba, nulla di che.
Eppure sapevo attirar l’attenzione, grazie al mio sorriso e al mio fisico. E mi tenevo sempre in forma, cercando di non ingrassar o dimagrir, facendo pesi alle volte e modellando i miei bicipiti.
Entrai nella sala da pranzo decisamente in anticipo. Mi piace il silenzio che dominava la stanza a quell’ora del mattino. Mi avvicinai al tavolo del buffet e presi una tazza di latte e versai il the alla pesca dentro, poi presi del pancarrè alla marmellata di ciliegia e mi andai a sedere.
Mi ritrovai a pensar a Jaden. Era un bastardo pervertito, un coglione con la c maiuscola ma non potevo negar il suo aiuto.
Era l’unico, insieme a Kate, a saper il mio dolore. E mi ha aiutato così tanto… sapeva della mia colpa ed era restato. Sapeva del mio carattere di merda ed era comunque al mio fianco, sapeva dei miei problemi e mi aveva aiutato a superarli in parte.
“Ehi amore mio.” E intanto si era avvicinato.
“Cia’ Jaden.”
“A cosa pensavi stavolta?”
“Tu.”
“Oh, ma che onore.”
“Proprio così, coglione.” Risi di gusto, una di quelle risate vere che a lui non potevo negare. Non ci riuscivo.
Alzai la tazza per bere un po’, visto la gola secca che avevo.
“Ieri la James si è drogata.”
Sputai di colpo tutto il the sul tavolo mentre Jaden dava forti colpi alla schiena.
“Cosa ha fatto?”
“E’ venuta in bagno per lavarsi sai..ma ci ha visto fumare e…”
“E..?” lo incitai a continuare, premendo lo sguardo nei suoi occhi e mettendolo in soggezione.
“E nulla, ne ha chiesta una.”
“Di canna.” Continuò subito dopo.
“E tu ce l’hai pure data, razza di coglione?” volevo evitar la rabbia nella mia voce ma non ci riuscivo.
“Ero fatto, amico. Scusa.”
“Non ci hai messo le mani addosso, vero?”
Lui sgranò gli occhi alla mia domanda, cercando di capir dal mio volto se scherzavo ma non capì niente se non il fatto che fossi serio. “Certo che…non lo so, ma immagino di no. Non ricordo..”
Tra noi calò il silenzio. Io che non volevo continuar a parlar se no ci avrei litigato, e lui perché era dispiaciuto immagino, dal fatto di non ricordar nulla di quella notte.
“E così si droga.” Le parole fuoriuscirono dalla mia bocca senza preavviso, non pensando seriamente di poterle dire.
“Amico, si vede che anche lei ha dei problemi.”
“Si, l’ho capito anch’io ma quali?”
“Non centra con la nuova scuola.”
“Certo che no! Mi guarda e sembra che io sia nudo.”
“Come io con te.”
“Esatto” mormorai pensando.
“Guarda, sta arrivando con Rose.”
Alzai lo sguardo mentre si sedeva accanto a Jaden e di fronte a me. Perché quella mattina avevo scelto un tavolo a quattro?
Rose fece il giro e scoccò un bacio sulla guancia di Jaden e sulla mia, che ricambiai con uno schiaffo sul sedere.
“non toccar il culo della mia migliore amica.”
Stavo per replicare ma mi trattenni pensando a quel che poteva pensar Jess.
Lì, in quella scuola, si studiava maggiormente religione, i professori ci assillavano così come anche la preside, chiedendo di pregar sempre e ovunque, quando necessario ma anche per essere in pace col Signore. Ma lì nessuno era davvero religioso, quando non c’erano le ore di lezione si faceva di tutto tranne pregar o quant’altro; si faceva sesso, chi una sega e chi un ditalino. Ma sempre a far quello.
Eravamo tutti puttane e puttanieri e, sinceramente, a nessuno importava. Lì tutti eravamo con qualche difetto in più e il fatto di scaricar la tensione, la rabbia e la tristezza su qualcosa, non doveva risultar di certo una novità.
C’era poi chi si drogava, chi passava la notte in bianco a giocar. La droga la prendeva Jaden che, visto essere il fratellastro della preside, era l’unico ad aver il permesso di uscir fuori il college. E lì prendeva qualsiasi cosa, noi davamo i soldi e lui comprava. Tutti lì erano ricchi sfondati con famiglie di alta importanza, quindi i soldi non erano un problema.
“Tutto ok?” chiese dolcemente Rose
“Sì, baby.” Le sorrisi prima di bere e la vidi arrossir.
“Ciao amore.” Due braccia mi circondarono il collo e del lucidalabbra mi sporcò la bocca. Chi poteva essere se non Samantha?
“Ciao piccola.” Gli strizzai il sedere mentre si sedeva sulle mie gambe.
Sentii un “E pensar che con quella mano ha toccato il mio.” ma non diedi importanza fin quando Amy non si concentrò su Jess.
“Tu sei la nuova studentessa, Jessica James.” La informò come se stesse elencando le ultime notizie.
Guardai il viso della bionda che sembrava tutto ma non amichevole e sorridente “Così mi dicono, Amy.”
“Bel colore, è naturale?” protestò l’altra indicando i suoi capelli che erano sciolti.
“sì, grazie.” Poi riprese a parlar con Rose.
 
 
 
Jess’ point of view
“Non pensarla, è solo la puttana di Justin.” disse Rose mentre Amy si sedeva su di lui.
“Non mi importa nulla di Justin, Rose. Perché me lo dici?”
“Oh, così piccola.” rispose con il suo solito sorrisino dolce.
Alzai gli occhi al cielo prima di “Davvero Rose, non ho tempo per Justin… devo studiar storia dopo.” Replicai poi cambiando discorso.
“Sì, anch’io. Ma che m’importa della rivoluzione americana?”
“In realtà è francese.” Risposi sorridendo, era così facile farle cambiar discorso.
“Fa lo stesso.” Ridacchiammo entrambe.
Le piccole vene rosse nei miei occhi si andavano a togliersi. Ieri sera, dopo aver finito, mi lavai e corsi in camera per poi addormentarmi appena la testa prese contatto col morbido cuscino.
“Non te l’ho detto ancora ma adoro il tuo colore, non sembra vero.” Rose iniziò a toccarmi i capelli mossi appena.
“Sì, lo so ma lo è. Tutti me lo dicono e quasi tutti dicono sia finto, ho portato anche un paio di colori e ce li ho in camera. L’ultimo è stato il viola, ma adesso è scomparso.” Mi passai le dita sule punte notando che si era definitivamente tolto.
“E’ bello.”
“Grazie” risposi sinceramente.
L’avevo fatto per Cla, dopo la sua morte mi decisi a ricordar le sue cose sul mio corpo; avevo tinto i capelli del suo colore preferito, avevo fatto un tatuaggio sul polso, accanto alle cicatrici, dove c’era scritto “Claudia” e un altro all’altro avambraccio con “I will remember you, forever”
E come se Jaden mi leggesse la mente, prese il mio braccio destro e lo tirò verso sé.
Mi accorsi solo allora che quelle ragazze erano andate via, lasciandoci da soli.
“wow, anch’io voglio un tatuaggio.”
“Uhh, oddio, un tatuaggio! Che bella frase.” Replicò Rose entusiasta e risi per la sua reazione
“I tuoi te l’hanno lasciato fare?”
Guardai per un secondo lo sguardo di Justin, incontrando i suoi occhi chiari ma anche così scuri.
“Sì, certo. Perché sapevano quanto stavo male.” Pensai ma decisi di non dirlo e sorrisi.
“male?” sei occhi mi guardarono attentamente e mi accorsi solo allora di aver pensato ad alta voce.
Mi maledii, pensando ad una scusa plausibile da dire.
“Sì, il tatuaggio.. faceva male, soprattutto qui.” Indicai il posto del tatuaggio sperando ci cadessero ma ovviamente la fortuna mi ha sempre odiato.
“Hai detto che stavi male, non che ti faceva male.” Mi suggerì Jaden guardando complice Justin.
Sospirai silenziosamente prima di “Sì, per una persona.” Rispondere. Abbassai lo sguardo, non pronta a confessar tutto di me.
Mi alzai veloce dalla sedia su cui ero seduta e mi diressi verso l’uscita della sala, con la borsa a tracollo e le guance bagnate. Mi benedii mentalmente di non aver messo mascara e matita per quel giorno e mi aggiustai i capelli mentre io e due ragazze entrammo in classe. La campanella non era ancora suonata ma il professore era già lì tutto sorridente mentre io avevo necessariamente bisogno di un qualcosa.
Mi ritrovai a pensar a quando ero sdraiata su una tavola di legno, con una mano intrecciata a quella di Jake e l’altra occupata a cercar di rilassarsi mentre il tatuatore mi marchiava la pelle con la sua penna speciale.
Faceva male, e le lacrime minacciavano di uscir notando il dolore. Non ci credevo, stavo davvero facendo un tatuaggio, una cosa marcata sulla mia pelle che sarebbe rimasta per sempre, indelebile come il pensiero che avevo su di lei, forzata come il mio sorriso quando raccontavo di lei, quando l’unica cosa che volevo fare era piangere.
Ma dovevo dimostrarmi forte, così consigliavano i miei. Dicevano che potevo sfogarmi in qualunque modo
 
 
 
Jaden’s point of view
la campanella mi risvegliò dal mio momento di trance.
Ecco dov’era il problema di Jess, aveva perso qualcuno. Qualcuno a cui teneva, e chi meglio di me e Jus poteva capirlo?
Mi ricordai per un secondo la sala comune, il fuoco, il vento, le candele, i corpi sudati e infine le lacrime: tante lacrime.
Nella scuola ormai l’episodio era dimenticato.
Eccetto per me e Justin, come potevamo dimenticar l’immagine di quei corpi a terra? E, così più grave, che ci appartenevano. Appartenevano a persone a cui volevamo bene.
La sensazione di colpa non decideva a togliersi.
Ma io, a differenza di Justin, cercavo di dimenticar e di non tener sempre presente quella sera, quella notte e il giorno successivo e quello ancora.
In quel periodo l’uno aveva bisogno dell’altro, se Justin era triste io provavo a consolarlo, e viceversa. Avevamo bisogno di aiuto e ci riuscivamo dandocelo a vicenda, rimanendo uniti e più amici di prima. Ma oltre noi due, l’unica adolescente che aveva cercato di aiutarci chiedendoci come stavamo, cosa facevamo e se ricordavamo, era diventata come una sorella minore, un’altra sorella minore, da proteggere e bisognosa di cure d’amore e felicità e io avrei fatto di tutto per  quella ragazza dai capelli neri e gli occhi celesti.
Mi alzai in fretta dirigendomi verso l’aula del professor Stanton, che noi chiamiamo per nome cioè Mark, e mi sedetti all’ultimo banco vicino a qualcuno accomodato già lì.
E non mi imporò se fosse una ragazza o un ragazzo, non mi importò se Mark mi avrebbe chiamato alla cattedra e io avrei risposto di nuovo che non ho studiato, non mi importò se sarei rimasto lì seduto a guardare il vuoto, a non ascoltare la lezione e prendere appunti, non mi importò se alla fine dell’anno sarei stato bocciato in quella materia perché oramai le vicende e i pensieri, gli stati d’animo di quella notte erano in primo piano nel mio cervello. E avrei pensato solo a quello.
Alzai lo sguardo, notando con distrazione che era una ragazza quella vicino a me, con tanto di aria sofisticata e da brava ragazza, la vidi posar le penne sul banco verde poi prendere il libro di scienze, sistemarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e abbassar lo sguardo.
Si girò per guardarmi, capendo comunque che io la stavo fissando con insistenza. La vidi irrigidirsi riconoscendo chi ero, ma a me sembrava non averla mai visto. Il suo viso sfuocato dai miei occhi lucidi non mi permetteva la vista, cosa alquanto improbabile.
“Jaden, stai bene?” la sua voce, la voce. Jess.
Mi irrigidii io stavolta, sistemandomi composto sulla sedia.
“Sì, sto bene.” Risposi in fretta ma non ci voleva un genio per capir che stavo male.
“Be’, a me non sembra. Stai piangendo, che ti succede…”
E solo allora presi padronanza del mio corpo che avevo lasciato andare per qualche minuto dal cervello. Mi resi conto portandomi le mani agli occhi che erano bagnati. Le guance erano calde.
“nulla, pensavo ad una cosa. Stai tranquilla.” Le sorrisi dolcemente e la vidi rilassarsi, ancora però tenendo le ciglia unite in una V verso il basso.
“Tu come stai?” chiesi non dandole il tempo di replicar alla mia risposta.
“Bene, grazie.”
“Ah, quasi dimenticavo..come ti trovi nella nuova scuola? Kate vuole sapere come stai.. ultimamente è un po’ impegnata con l’edificio. Per questo non viene a trovarti in stanza ma mi ha fatto promettere di dirti che in questi giorni, verrà.” Sputai tutto d’un fiato e la vidi dimenarsi sulla sedia.
“Bene per ora, ringraziala e dille di non disturbarsi affatto.” Poi rivolse lo sguardo verso Mark che aveva detto di far silenzio alla classe, per poter iniziare la lezione.
 
Per tutta la lezione non feci altro che guardar Jessica. Non mi importava se si trovava in imbarazzo o quant’altro, dovevo prendermi un momento per non pensare e, essendomi non ancora fatto un’idea della ragazza, decisi di farlo durante quella lezione.
La sedicenne, a dirla tutta, era bella a modo suo. Non si vantava di aver una gonna al posto di un pantalone, e non si truccava pesantemente come le altre ragazze della scuola. Una bellezza naturale, pensai.
Gli occhi grigi sfumati col celeste chiari lasciavano chiunque senza parole, e fui contento di non essere l’unico a sentirsi in imbarazzo ogni volte che mi guardava. Era capitato pure a Mark, che mentre la interrogava alla cattedra, cambiava continuamente posizione sulla sedia, cercando di non incontrar il suo sguardo. E lo posava sul banco, su qualche alunno, o su qualche telefono nascosto nell’astuccio senza però rimproverare il padrone di quell’oggetto.
Inoltre davano bellezza anche i capelli, quindi non c’era da stupirsi se qualcuno diceva che era uno schianto.
La sua 3° del davanti collaboravano al suo fisico che sembrava perfetto, con qualche forma prendere sui fianchi e sul sedere, che davano il colpo di grazia per ogni ragazzo etero o ragazza lesbica.
Immaginai che fosse ancora vergine e risi sotto i baffi scuotendo la testa divertito dai pensieri che aveva preso la mia mente.
Dopo la lezione la portai su un lungo sentiero fatto di piccoli sassi di tutti i colori, maggiormente grigi. La portai fino ad una chiesetta abbandonata nel retro della scuola.
Conoscevo quel posto come le tasche dei miei jeans, meglio dei sentimenti che provavo e che non riuscivo quasi mai a capire. Intanto lì c’erano già Justin e Rose, che ridevano a qualche battuta del ragazzo, sicuramente.
Quest’ultima appena notò Jess, si precipitò tra le braccia della ragazza urlandole un ‘ciao’ pieno di felicità.
Chissà perché faceva quell’effetto su Rose, sembrava sempre così felice di vederla che mi preoccupai per un secondo pensando al fatto che forse fosse lesbica. Intanto la bionda rideva abbracciandola e io mi andai a sedere accanto a Justin, sulla panchina di marmo grigio.
“Dimmi se la vuoi, bello. Oggi ho avuto modo di guardarla…” lo dissi con tutta l’aria divertita che avevo in corpo. L’ultima cosa che volevo era un Justin arrabbiato che mi prendeva a pugni.”
La guardammo entrambi e lei sembrò accorgersene, perché ci guardò entrambi sorridendo per poi girar la testa nuovamente verso Rose che le parlava felice.
“No.”
“No, cosa?”
“No, non puoi averla. Come puoi pensare di fartela se sai che sta male?”
“Qui tutti stanno male, eppure lo fanno continuamente. Qui tu stai male, sanno che loro stanno male ma lo fai, o sbaglio? Sai no, la storia di Samantha?” quell’aria divertita che prima avevo aveva dato posto all’irritazione. Non sopportavo quando era incoerente, voleva fare il bravo ragazzo ma lui tutto era tranne quello, visto che divideva tutte le ragazze della scuola, con me.
“Sì che la so, ma è pure lei a voler essere la mia puttana e tu rifiuteresti qualcuno che praticamente ti chiede si far sesso? Penso di no, amico, quindi non prendertela ma lei è mia.” Si alzò non aspettando che replicassi e in realtà, non avevo nulla da replicare. Mi aveva fatto rimaner a bocca aperta, senza parole.
Si avvicinò a Jess abbracciandola da dietro e si staccò subito, prima di guardarmi e incitarmi con lo guardo di far lo stesso con Rose.
E così feci.


 


spazio autrice:
buon pomeriggio a tutti :)
il fatto che Jess comunque avesse
deciso di rovinarsi la vita non dovrebbe
risultare di certo una novità, lo si poteva
capire anche già dal modo in cui si vestiva, no?
comunque, qui abbiamo avuto un'altro flashback 
della ragazza su Cla, facendoci capire che sta male.
Mentre scrivevo il capitolo mi son dovuta fermare 
circa quattro volte, a causa del dolore al 
petto ma poi è passato e ho ricominciato.
mi sono affezionata a questa fan fiction perché
il dolore di Jess e Justin mi rispecchia, non nel loro
modo ma comunque è così.
Jaden ha dato un accenno al dolore di Justin, e anche suo.
Cosa ne pensate al riguardo? Secondo voi quale 
colpa avranno entrambi? 
spero non ci siano errori, non ho avuto la 
forza di rileggerlo...spero mi capiate. 
Fatemi sapere cosa ne pensate :))
Ah, vorrei ringraziare tantissimo le persone
che hanno recensito ai capitoli, 
li hanno messi nei preferiti, nelle ricordate e 
nelle seguite, non mi aspettavo già un numero così.
inoltre voglio ringraziare anche quelle lettrici silenziose,
che ne sono tantissime :')
GRAZIE ANCORA.
Ora vi lascio, ci sentiamo al prossimo capitolo :')
xoxo, angelica. 

 
 
  
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