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Autore: AnneC    31/08/2013    5 recensioni
Si può abbandonare il proprio Paese e una volta all’estero cercare qualsiasi cosa che ti tenga aggrappato ad esso?
Si può ripartire da zero, iniziare una nuova vita, creare una nuova versione di te senza sentirsi spaesati e soli in una metropoli che ti attende oltre le finestre?
Riuscirai a ristabilire l’ordine o andrà tutto a rotoli?
Resterai o tornerai indietro?
In ogni battaglia serve qualcuno che ti copra le spalle nei momenti di difficoltà e che esulti con te della vittoria. Ma puoi trovarlo in mezzo ad una folla sconosciuta?
C’e chi riesce nel suo intento e chi invece rimane sconfitto.
Cos’è successo a me? Stavo precipitando, ma qualcuno mi ha portata in salvo.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6

~•~

Who would have thought it would end up like this?


“Seconda regola: se proprio devi vomitare, fallo con dignità” annuncia Josh, mentre camminiamo per un vicolo dove ci sono un paio di persone che stanno vomitando anche l’anima a causa del troppo alcol.
“Ricorda, siamo pur sempre delle signore” aggiunge Marisol, dando un colpetto altezzoso alla treccia.
Annuisco, coprendomi la bocca con la sciarpa e stringendomi nel cappotto. Il mio gesto provoca una reazione istintiva da parte dell’inglese, che mi cinge le spalle con un braccio e mi avvicina delicatamente a sé.
“Sun, non fare quella faccia, sto solo cercando di non farla morire ibernata” le dice, cingendo anche lei e attirandola a sé.
“Sei un latin lover, non c’è niente da fare. Per te ogni scusa è buona” lo accusa, stringendosi a lui a causa del freddo.
“Mi pare che nessuno si stia lamentando però”. Perfetto, ha indirizzato il discorso su di me.
 “Diciamo che potresti anche cambiare lavoro e diventare un riscaldamento umano” mi difendo, giocando la carta dell’infreddolita. Anche se sentirlo al mio fianco e ricevere le sue attenzioni, mi fa stare decisamente meglio e fa passare in secondo piano il disadattamento che sto vivendo.
“Sai, non ci avevo mai pensato. Così avrei una scusa pronta nel caso dovessi esagerare” dice cominciando a ridere.
“Bene, Anna. Dagli anche un’idea su come rimorchiare altre povere ragazze indifese” aggiunge Marisol lanciandomi un’occhiataccia.
“Mica sono tutte indifese… Che ne sai se qualcuna non ne approfitta?”. Un momento, mi sto gettando la zappa sui piedi da sola?!
“Ottima teoria” mi appoggia Josh. Ha incluso anche me nelle approfittatrici?
“Certo che voi due siete una cosa incredibile, già era faticoso lottare contro di lui, ora però ti ci metti pure tu!” dice sbuffando.
“Ma dai, non fare l’imbronciata” le dico facendole gli occhi dolci, sporgendo la testa oltre il corpo di Josh che ci faceva da barriera.
“Non usare la tattica degli occhi dolci con me, non attacca” mi rimprovera, voltandosi dall’altra parte. Allora mi stacco dalla mia stufa umana e stringo calorosamente la spagnola, la quale, dapprima si oppone, ma poi ricambia l’abbraccio.
“Mi posso considerare perdonata?” le chiedo staccandomi leggermente.
“Lo sai che sei una ruffiana?” Credo che questo sia un sì.
Riprendo il mio posto alla sinistra di Josh e continuiamo a camminare verso casa. I due compari insistono per accompagnarmi fino al mio appartamento, dato che a loro avviso non è prudente rientrare da sola. “ Grazie per la serata” dico ad entrambi, mentre saluto Marisol con un abbraccio. Josh aspetta il suo e allora mi avvicino anche a lui.
“Terza regola: mai uscire con un terzo incomodo. Ti ritroveresti a dover dividere le tue attenzioni in due” mi sussurra all’orecchio, senza destare sospetto nella nostra accompagnatrice.
“Me ne ricorderò” gli sussurro a mia volta prima di sciogliere l’abbraccio.
 
Un nuovo giorno è cominciato e un nuovo strato di neve è caduto sulla città. Mi infilo una felpa sul pigiama e mi dirigo in cucina per concedermi un tè e un muffin al cioccolato; dopo colazione metto un po’ in ordine l’appartamento, nel caso in cui il nuovo coinquilino piombi qui proprio oggi.
Quando esco dalla doccia, controllo il cellulare e noto di aver ricevuto un messaggio.
“Hola dormigliona! Vieni in caffetteria prima che comincia il tuo turno? Mi mancano i commenti che facciamo sui clienti, Vodka è una palla! Vieni a salvarmi, ti prego!”. Povera Marisol, l’ho lasciata nelle grinfie di Katia, che abbiamo soprannominato Vodka a causa della bottiglia di alcol che ha nel suo armadietto. Non abbiamo ancora capito che ci fa lì, se la beve o se la tiene per qualche assurdo motivo, ma ogni volta che finisce il suo turno, la prende e la risistema delicatamente all’interno dell’armadietto.
Approfitto della richiesta d’aiuto e lascio l’appartamento. L’aria è meno fredda e nonostante ai bordi dei marciapiedi ci siano cumuli bianchi, ci sono ragazze che camminano spedite sui tacchi. Se fossi nei loro panni, a quest’ora avrei sicuramente qualche livido o qualche bernoccolo sparso qua e là sulla mia pelle.
Il locale è stranamente poco affollato. Appena entro vedo il volto di Marisol illuminarsi e un sorriso a trentadue denti si fa strada sulle sue labbra. “ Oh ciao, cosa desideri?” mi chiede Vodka, quando mi avvicino al bancone. “Ciao, una cioccolata calda” le dico sorridendole. “Sai già cosa fare” mi dice porgendomi lo scontrino.
Mi sposto verso la macchina del caffè e trovo una sorridente ragazza che mi aspetta a braccia aperte. Si sporge oltre il bancone, mi stringe per un secondo e poi mi prepara la bevanda. Mentre aspetto, altri due clienti si sono avvicinati al bancone, allora mi posiziono nello spazio vuoto che c’è tra quest’ultimo e il muro laterale. “Non potresti stare lì” mi rimprovera la mia amica muovendo le labbra. “Io lavoro qui, posso stare dove voglio” le dico a mia volta, mentre mi affida il bicchiere contenente la mia ordinazione.
I due clienti prendono le loro bevande e si siedono ad un tavolino. Approfitto del momento di stasi e faccio notare a Marisol come Vodka ha scritto il mio nome. Hannah. Non una, ma ha aggiunto ben due acca. “Quante volte le hai mostrato la targhetta col tuo nome?” dice la spagnola a voce bassa, “ A questo punto, credo che siano state troppo poche” aggiungo soffocando una risata.
 
Il primo turno finisce e Katia e Sun lasciano il posto a me e Paul. L’affluenza è maggiore rispetto a quella di quando sono arrivata, ma considerando che è sabato pomeriggio, credevo che arrivassero molte più persone.
In compenso però si è aggiunta un nuovo termine alla lista delle parole italiane che i clienti non sanno pronunciare: panino, che magistralmente diventa pnini. Sono proprio dei maghi questi inglesi!
 
“Siete già qui?” rispondo al cellulare, mentre sto finendo di vestirmi.
“No, siamo ancora a casa” mi dice Marisol con una voce strana.
“Cos’è successo? A quest’ora dovreste essere già arrivati” dico, controllando l’orologio a parete, che segna le nove.
“Credo che Vodka mi abbia attaccato qualche strana malattia, un virus alieno o mi ha drogata, non ne sono ancora sicura” aggiunge con un colpo sonoro di tosse.      
 “Ma cosa stai dicendo?” chiedo alla mia amica che sembra aver perso la ragione.
“ Sto delirando. Avrò sicuramente la febbre” mi informa e sicuramente si sarà portata una mano alla fronte per misurare la temperatura corporea.
“ Allora vengo io da voi e passiamo una serata al calduccio” le propongo.
“Non ti ci mettere anche tu, io starò bene. Non mi perdonerei mai di averti rovinato il tuo corso sulla sopravvivenza ai weekend” si interrompe a causa di un colpo di tosse.
 “Quindi uscirete solo voi due” continua Marisol.
“Sei sicura? Non vuoi che ti facciamo compagnia?”
“Sicura. Io andrò a letto appena Josh avrà messo piede fuori dalla porta” mi rassicura.
Sto per aprir bocca, ma mi precede ed aggiunge “Non fatemi pentire di avervi lasciati da soli stasera”.
 
“La terza regola è stata applicata” mi dice Josh appena mi vede.
“Ma dai, poverina è malata” lo rimprovero, dandogli uno schiaffo amichevole.
“Sto scherzando. Le avevo proposto di riunirci a casa e accudirla, ma la conosci, non si lascia convincere facilmente” aggiunge, mentre mi cinge la vita e mi attira a sé come ieri sera.
“Sì, ci ho provato anch’io a farle cambiare idea, ma è stato tutto inutile” concordo, Marisol è più testarda di un mulo.
“Ed eccoci qui, solo io e te” mi sussurra all’orecchio, stringendomi leggermente la vita.
“Non stavi aspettando altro” aggiungo beffarda.
“Più che altro speravo di poter cambiare il programma della serata” afferma gongolante.
“Perché, non andiamo al pub?” gli chiedo, era questa la nostra meta iniziale. Che cos’avrà in mente?
“No, niente pub. Lo scoprirai una volta che saremo entrati”.
 
Dall’entrata del locale misterioso, si snoda una fila che non mi permette di vedere l’ingresso.
“Posso sapere di cosa si tratta almeno?” lo supplico per l’ennesima volta, visto che gli altri tentativi erano andati in fumo.
“Non molli l’osso, eh? Non ti dirò niente. Vedrai tutto con i tuoi occhi” mi risponde, tenendomi ancora sulle spine.
Arrivati alla porta d’ingresso, riesco a leggere l’insegna luminosa sopra di essa: Below Zero. Nell’atrio una ragazza ci porge una mantella blu con un cappuccio di lana ed io lancio a Josh uno sguardo interrogativo. La ragazza scompare dietro un bancone ed io infilo la mantella, abbottonandola con cura; ricompare con due paia di guanti e li infilo, imitando il mio accompagnatore.
“Faresti bene a mettere il cappuccio” mi invita.
Bene, stiamo giocando a Cappuccetto Blu?
Scendiamo delle scale di vetro trasparente, attraversiamo un corridoio in penombra, svoltiamo un angolo, venendo investiti da una forte luce blu e il freddo pungente.
Non riesco a credere ai miei occhi.
La sala è luminosissima ed è piena di persone che indossano la mia stessa mantella. Ogni superficie è di vetro trasparente, ma appena poso la mano su una parete, mi accorgo che non è di quel materiale.
La parete è fatta di ghiaccio, così come il bancone, le sedie e i bicchieri.
Josh scruta ogni mia espressione e mi chiede cosa ne penso. Non ho ancora detto una parola, ma so che i miei occhi stanno luccicando.
“E’ tutto fantastico! Non posso crederci!” esclamo e manca davvero poco che inizi a saltellare come una bambina.
“Speravo che ti piacesse… E’ stato un po’ azzardato portarti qui, dopo tutto la temperatura qui dentro è sotto lo zero” mi dice, mentre ci dirigiamo al bancone per ordinare da bere.
“Ma io ho la mia stufa umana” aggiungo dandogli una pacca sulla spalla.
Forse sto esagerando, ma non sono mai stata così felice in un luogo in cui ci sono meno cinque gradi. Esatto, meno cinque. Mi meraviglio di me stessa.
E’ buffo parlare qui sotto, appena diamo fiato alla bocca appare una nuvoletta di fumo; mi sento come una bambina in un negozio di caramelle.
“Ti dona molto il cappuccio blu. Sei davvero bellissima” mi dice prendendomi alla sprovvista.
“Grazie” gli dico, sperando che il mio imbarazzo non faccia aumentare ancora di più il colore delle mie gote già arrossate dal freddo.
Josh non coincide esattamente col ragazzo ideale che ho sempre immaginato o al genere da cui sono sempre stata attratta. Non mi sono mai piaciuti i ragazzi dai capelli e dagli occhi chiari, per me hanno troppo un’aria da principe azzurro. Quelli che sembrano “perfetti” non fanno per me.
E invece mi sto ricredendo. Sto bene quando passo del tempo con Josh. La sua allegria è così coinvolgente, che mi appare come un faro nel mare in tempesta. Forse è troppo sfacciato per i miei gusti, ma dopotutto nessuno è perfetto, anche se ha i capelli biondi e gli occhi verdi.
“Il nostro tempo sta per scadere” annuncia Josh controllando l’orologio.
“Sono già passati quaranta minuti?” gli chiedo, sentendo i piedi quasi intorpiditi.
“Quasi. Conviene uscire prima che ci iberniamo” suggerisce. Ma nonostante il freddo, voglio dare un ultima occhiata e immortalare questo bar fantastico nella mia mente.
“Ti sei proprio innamorata di questo posto” mi prende in giro, dandomi una gomitata.
“Potrei rimanere qui per sempre” gli dico, ricambiando il gesto.
“E allora sarò costretto a restare con te per proteggerti dal freddo”.
 
L’aria non troppo fredda dell’esterno mi accarezza il viso, mentre ci allontaniamo dal locale dei miei sogni. Sento ancora l’adrenalina scorrermi nelle vene e i piedi stanno decisamente meglio.
“Non fa così freddo qua fuori, sai?” dico a Josh, girandomi e cominciando a camminare all’indietro, per guardalo negli occhi.
“ Passare quaranta minuti in un igloo, ti ha riscaldato di più di una pinta e mezza di birra” osserva divertito. “Ti emozioni facilmente” aggiunge.
“Non così facilmente” sottolineo. Lui scoppia in una risata, contagiando anche me.
“Che c’è da ridere?” gli chiedo, continuando a camminare al contrario.
“Ti ho immaginata in Islanda a saltellare tutta contenta spostandoti da un igloo all’altro” confessa non riuscendo a trattenere le risate.
“Sì, magari con addosso una mantella blu dal cappuccio di lana” aggiungo, cominciando a saltellare.
 


 

~•~

Ecco un nuovo capitolo!
Lo so che tifate tutte per Danny,
ma per ora vi dovete accontentare di Josh xD
Ringrazio le sei persone (sì, sei! Ancora non ci credo!) che
hanno recensito il capitolo precedente. Vi adoro!
E grazie a tutti coloro che hanno aggiunto la storia nelle
preferite/ricordate/seguite e a chi legge in silenzio.

Alla prossima! Un bacio.

~ AnneC

   
 
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