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Autore: Vegeta_Sutcliffe    01/09/2013    4 recensioni
Salve a tutti. Propongo questa storia molto introspettiva e diversa dal solito, o almeno così penso.
Cit: Aveva ucciso, aveva sbagliato e per questo stava per essere punita. Avrebbe dovuto uccidere, avrebbe dovuto sbagliare e se non lo faceva rischiava di essere punita.
Esistevano criteri incorruttibili di verità? Gli uomini erano lunatici, volubili, cambiavano e con loro il mondo, ma la giustizia erano loro o la giustizia trascendeva loro?
“Perché l’hai fatto?”
“Ti avevo promesso che saresti uscita di prigione, se non sbaglio.”
“E non c’era un altro modo?”
“Anche più di uno.”
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Un po' tutti, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Non vale la pena avere la libertà se questo non implica avere la libertà di sbagliare. Gandhi


Freezer era il padre anche di Goku?
Avrebbe tanto voluto non crederci o sperare di capire male, ma sembrava la realtà.
L’assurdo era diventato la regola e Bulma non sapeva se voleva più obbedirle.
Era convinta che a breve avrebbe mollato la presa, che sarebbe impazzita a causa di tutto quel manicomio normalizzato che era la vita di Vegeta e della sua, a quanto detto, famiglia.
E, se prima aveva pensato che Goku fosse normale, ora si ricredeva completamente.
Lei si era disperata alla morte dei suoi genitori, ma i due fratelli sembravano indifferenti alla vita del loro padre, nel peggiore dei modi inumani.
Non piangevano, non urlavano, non erano tristi: solo Chichi sembrava scossa dalla notizia e, cosa ancor più paradossale, era lei che cercava conforto nel suo uomo.
La testa le pulsava e le doleva, forse era stata la tirata di capelli, la stanchezza o la gravidanza, ma voleva solo andare a dormire e non sentire più neanche mezza parola che l’avrebbe potuta anche minimamente allarmare o sconvolgere in più sensi: d’altronde c’era solo un morto: nulla di nuovo.
“L’hai ucciso tu, vero?” E con che tranquilla certezza Goku aveva posto quella domanda.
Non sembrava sorpreso o adirato e nemmeno rassegnato, solo serio, voleva sapere.
Bulma si girò istintivamente verso Vegeta, curiosa di sapere se il grande uomo avrebbe fatto l’ipocrita anche con il suo stesso fratello: cosa veniva prima: le regole sociali o l’affetto?
“Sì, me l’ha chiesto lui. Cosa avrei potuto fare di diverso?”
Era stato così candido il suo tono e così spaventose le parole circa l’amorevole e triste verità, che nessuno vi ci badò più di tanto: Chichi continuava a singhiozzare piano tra le braccia di Goku e lui continuava a stringerla e non gli passava nemmeno per testa di guardare per l’ultima volta il suo amato padre o avventarsi sopra il suo assassino.
“Niente. Ne aveva parlato pure con me, aveva detto che voleva morire, ma non pensavo proprio oggi.” Si diedero una pacca sulla spalla e si scambiarono un sorriso d’intesa, più che di circostanza.
Gli osservava da lontano e vedeva due bellissimi uomini dai capelli e gli occhi color antracite, ma di umano non ci vedeva proprio nulla.
Bulma iniziava seriamente ad avere paura e si coprì la bocca con la mano, attirando l’attenzione di Vegeta.
“Nausea?”
Annuì con la testa: ne aveva così tanta nausea e disgusto, da non poterla descrivere, avrebbe vomitato da un momento all’altro, se lui non l’avesse baciata dolcemente.
“Siete due teneroni.” Goku era tornato allegro e spensierato come sempre e aveva iniziato a prenderli in giro, guadagnandosi occhiatacce agghiaccianti e gesti poco educati.
“Facciamo tre. Aspetta un bambino.”
“Congratulazioni, è una bellissima notizia.” Chichi corse ad abbracciarla: anche lei si era scordata di Freezer.
Fu un attimo e decisero che, finito tutto il trambusto del funerale e dei media, avrebbero festeggiato tutti assieme quel gioioso avvenimento.
Passò tutta la notte, tra paramedici e poliziotti che facevano domande ai due fratelli, a lei e a Chichi, tutti freddi e circospetti, come se non avessero creduto che si trattasse di suicidio.
Poi arrivarono anche i giornalisti, fecero foto,  pretesero dichiarazioni: era tutto un gran caos di flash e parole che nascondevano la verità e confondevano.
Bulma guardava il commissario annotare tutto su un taccuino, nella illusoria speranza di venire a capo di quella faccenda, e si riscoprì esattamente come lui: un’estranea che brancolava nel buio.
A cosa doveva credere? Poteva mai credere a qualcosa?
Credeva che l’omicidio fosse reato e azione riprovevole, ma perché Goku e Chichi l’avevano accolto così di buon cuore?
Si fecero le sei del mattino e l’appartamento fu svuotato: l’indomani ci sarebbero stati i funerali e la settimana seguente il processo ai due fratelli, indagati per presunto omicidio.
Bulma sapeva che Vegeta era colpevole, ma non sapeva come gli altri sarebbero stati convinti del contrario; e queste tecniche cominciavano a incuriosirla, piuttosto che schifarla.
Dopo aver bevuto un buon caffè e mangiato qualche biscotto, calò il silenzio della spossatezza, ma era un silenzio così solito e abituale che non pesava a nessuno: anzi Goku si era appisolato sul divano, come si sentisse a proprio agio in quel bordello.
Quella notte, Bulma aveva osservato, in maniera attenta e scrupolosa, il comportamento del nuovo poliziotto e si accorse di riconoscere ogni movimento, ogni gesto e ogni espressione: erano le stesse di Vegeta.
Passò dell’altro tempo e si convenne che era meglio uscire e svolgere le solite mansioni: il lavoro, la spesa, la pulizia della casa.
Goku prese il giubbotto e se lo mise sottobraccio e, prima di avviarsi verso la porta, sospirò svogliatamente.
“Immagino che, ora che Freezer è morto, sarai tu ad occuparti di tutti i suoi affari.”
“Immagini bene, fratellino.”
Erano così vicini, si guardavano negli occhi, senza segni né di guerra, né di pace.
“È mio dovere arrestare i criminali. Appena ho una minima prova contro di te, un indizio che ti possa incriminare, non esiterò a denunciarti e a darti la caccia.” Chichi lo affiancava e spalleggiava: non sembrava turbata dal discorso.
“E io ti condannerò a morte.”
Vegeta scrollò le spalle e sorrise tranquillo: “Mi sembra giusto.” Facevano il giusto a modo loro, a modo della società.
I criminali andavano catturati e uccisi: non c’era alternativa e Bulma lo sapeva, solo che non capiva perché non fosse già successo il fato.
“Quindi, fratellone, vedi di non dare troppo nell’occhio, come quando hai ucciso il dottor Willow, perché sarebbe troppo facile.”
Sapeva il bastardo, sapeva e Bulma non capiva.
Quale piacere infame e perverso si aveva a dichiarare battaglia a un conosciuto omicida, solo per orgoglio personale? Bisognava arrestare i farabutti, non giocarci, ma Goku era fratello di Vegeta.
“Non dovresti difendere la giustizia tu? Se sai che ha sbagliato, perché non lo sbatti in prigione subito?”
La disgustava un poliziotto che per amore di famiglia rinunciava al suo pensiero.
“Io ho sbagliato e non potrei mai giudicare gli sbagli di qualcun altro. Non è compito mio condannare, è compito della società.”
Parlava sempre con un sorriso bonario e parole semplici.
Era così sicuro di ciò che pensava che a lui andava bene anche se avesse detto la più grande delle stronzate.
Gli altri si accorgevano che quel discorso era permeato di un rispetto bigotto e scevro da qualsivoglia coscienza: Goku sbagliava, ma nessuno glielo diceva, perché?
“Anche la società sbaglia.” Bulma non era nessuno.
Non aveva nulla di male contro quell’ingenuo poliziotto e poteva anche iniziare a provare per lui del sincero affetto figliare, ma era compito suo correggere i suoi sbagli, se assieme camminavano verso la rettitudine, eppure quel viaggio sembrava non interessare altri oltre lei.
“No, è la società che decide ciò che è giusto o sbagliato e non può sbagliare, se è lei a stabilire i parametri.”
Ognuno era libero di pensarla come credeva meglio, ma quella frase era così triste e rasentava la realtà che non aveva mai potuto soffrire, che Bulma si lasciò andare alla rabbia e all’ingiustificato odio.
“Che stronzate stai dicendo?” E non riusciva a controllare più nemmeno il tono della sua voce.
“Sto dicendo, cara la mia pluriomicida, salvata dalla morte, che Goku non giudicherebbe mai suo fratello, ma un poliziotto ha il dovere di acciuffare il criminale.”
Bulma indietreggiò, spaventata: era presupposto di quella famiglia essere spaventevoli? Esseri così anormali o semplicemente diversi da sconvolgere e atterrire?
“Ricordati che io so tutto. So che hai ucciso la segretaria di Vegeta, so che hai ucciso Yamcha e Kado Aka. Spero, invece, tu sappia che la forca aspetta anche te.”
Quell’uomo aveva la faccia di Goku, il ragazzo spensierato che si ricordava, ma quelle parole, quelle conoscenze svelate sapevano tanto di mefistofelico.
No, non era Goku quell’uomo serio che conosceva, ma allora chi cazzo era?

Gelato o alette di pollo piccanti?
Il suo stomaco brontolava per la fame e lui non riusciva proprio a scegliere cosa mangiare per zittire quei seccanti rumori intestinali, anche se, ad essere sinceri, quella sera a disturbare la quiete c’erano ben altri frastuoni, come pianti e urla femminili, provenienti dalla camera di Vegeta: chissà cosa stava combinando suo fratello.
Scrollò le spalle e tornò a concentrarsi sul frigo e vide, con sua somma gioia, che c’era anche una torta con la panna e le fragoline.
Goku non era fatto per scegliere con la testa: lui seguiva l’istinto, il cuore e questo diceva di razziare l’intero frigo e, se non fosse bastato, anche il freezer.
Certo era che quella notte si sarebbe sentito male, ma pensò che ne valeva assolutamente la pena, quando intinse il pollo nella salsa piccante.
Chichi aveva ragione: mangiava quanto il porco e faceva schifo, ma sarebbero state veramente squisite quelle fragoline, se ci avesse aggiunto del cioccolato fuso.
L’ultima volta che aveva dovuto compiere una scelta, aveva scelto il liceo scientifico e se n’era pentito amaramente: troppi calcoli, troppi ragionamenti, troppe lettere che si sommavano, dividevano e moltiplicavano; e aveva infine perso un anno di scuola.
Aggiunse la granella di nocciole al gelato al tartufo: se doveva avere il mal di pancia, doveva averlo bene!
Mangiò con voracità e rischiò di affogarsi con un grumo di pan di spagna e panna che aveva deciso di non scendere per l’esofago: aveva bisogno di qualcosa per mandare giù quella massa o ci avrebbe rimesso le penne.
Aprì nuovamente il frigo e non si pose nemmeno il problema se bere del succo di frutta all’arancia o alla pesca, quando vide una lattina di birra.
La stappò e la tracannò avidamente.
Lui amava la birra: era così fresca, dal gusto così deciso e poco dolce che era un vero sollievo per la sua gola arsa.
Goku aveva appena diciassette anni e beveva alcolici più spesso dell’acqua: un giorno il suo fegato non l’avrebbe ringraziato di quello sbaglio, ma, cazzo!, quelle bollicine lo facevano impazzire.
Quella sarebbe stata l’ultima aletta di pollo, era una promessa: poi avrebbe posato tutto, o almeno tutto quello che rimaneva e sarebbe andato a letto.
E avrebbe veramente mantenuto fede ai suoi buoni propositi, se suo fratello non fosse sceso in cucina, non avesse aperto il frigo e non si fosse preparato un sandwich con il prosciutto, sbattendo tutte le ante della dispensa della cucina, tra l’altro.
Sembrava molto nervoso.
Vegeta non pensava fosse così traumatico perdere un genitore: quando aveva saputo che il suo padre biologico era cinque o sei metri sotto terra, aveva scrollato le spalle ed era tornato a storcere il naso per quella immonda schifezza gelatinosa che gli propinavano da mangiare all’ospedale.
La morte dei genitori di Bulma aveva traumatizzato anche lui, non perché non aveva mai visto due cadaveri con la bava alla bocca, riversi in una pozzanghera di vomito, ma la sua carissima, nuovamente, fidanzata pareva trovare pace solo piangendo disperatamente, senza mai prendere fiato e lui ne aveva i coglioni pieni.
Per lei era stato un bene crollare senza più forze sul suo letto o Freezer l’avrebbe ammazzata freddamente tagliandole le corde vocali; aveva detto che uccidere un orfano era facile: niente genitori che muovevano il mondo per avere vendetta.
Aveva bisogno di bere cose forti, non del vino qualunque, voleva abbandonarsi ai super alcolici.
Si sedette malamente sulla sedia e ringhiò, quando addentò il panino: o riservava su di lui la sua frustrazione o avrebbe ucciso Bulma.
“Vegeta, va tutto bene?” Chiese Goku divertito.
Vedere suo fratello dare in escandescenze era uno spettacolo quotidiano che non stancava mai o, per meglio dire, non stancava mai ridere delle sue crisi violente.
“Fatti i cazzi tuoi.”
“Sono cazzi miei. Nella tua stanza c’è  un disperata che urla come un soprano, mi ha svegliato e per colpa sua mi sono mangiato tante di quelle cose che ora rischio un’intossicazione alimentare.”
Pensava di avere dato una spiegazione valida, che servisse anche da permesso per conoscere i pensieri di Vegeta, ma quello gli alzò solo il dito medio in risposta.
“Non fare l’antipatico o salgo di sopra, la sveglio e me lo faccio dire da lei.”
Bulma stava dormendo o non sarebbe riuscito a giustificare in altro modo quel benedetto silenzio: non poteva correre il rischio di riportarla alla coscienza.
Vide un incazzato terrore negli occhi di suo fratello e ne sorrise provocatorio.
“Te lo dico, ma ricattami un’altra volta e ti faccio ingozzare di lassativi.”
Goku trasalì: non erano solo parole quelle, una volta quella minaccia si era concretizzata ed era stata tremenda.
“E’ Bulma: sta facendo come una pazza, perché Freezer le ha ucciso i genitori.”
“In che senso?”
“Hai presente i proprietari delle capsule corporation? Freezer aveva un qualche interesse ad ucciderli e così è stato. E lei ora è disperata e io non so cosa fare.”
In che situazione di merda si era ritrovato senza nemmeno volerlo!
La storia con la Briefs era arrivata al capolinea, lo sapevano entrambi, ma non sembrava il momento giusto per urlare la parola fine: serviva la loro relazione o era meglio servisse, o Vegeta si sarebbe maledetto a vita per quella cazzo di debolezza.
Era così preso dai suoi pensieri e dal suo futuro che non si accorse che Goku era sbiancato come un cencio e aveva una mano davanti alla bocca.
“Vegeta?”
Era un flebile sussurro il suo, detto quasi di getto, con voce tremante e impedita, come da un grosso groppo alla gola: che si sentisse male, dopo tutto quello che aveva combinato in cucina? Quel coglione non aveva il senso della misura!
“Che altro vuoi, maledizione?”
“Per caso i proprietari delle capsule corporation sono quelli ritrovati morti per overdose? Quelli di cui si dice che abbiano tentato il suicidio per problemi finanziari?”
No, non poteva essere. Tutto lo spuntino di mezzanotte stava risalendo dall’intestino.
“Sì.”
“Vegeta?”
“Chiamami un’altra volta e ti uccido. Cazzo c’è?”
C’era che si sentiva una merda!
C’era che aveva passato tutta la serata a maledire mentalmente tutti i piagnistei di quella ragazza, pensandoli azione da mocciose viziate.
C’era che, mentre una sua conoscente stava soffrendo come una disperata, lui mangiava allegramente e pensava all’appuntamento con Chichi di quel pomeriggio e a quanto fosse stato piacevole leccare quelle labbra al gusto di vaniglia.
C’era che era un mostro.
C’era che quella sera avrebbe dovuto dare un taglio agli sbagli.
Buttò la birra e la torta in terra e guardò seriamente suo fratello dritto negli occhi.
“Sono io.”
“Eh?”
“Sono io che ho dato le pillole ai genitori di Bulma, Briefs. Sono io che gli ho uccisi.”



E questo ve l’aspettavate?
Dite la verità, le stronzate nella mia testa sembrano non avere mai fine: ed è meglio sia così, perché questa storia pare infinita e più ho intenzione di concluderla con pochi capitoli, più allungo tutto con questi magici dettagli.
E vi sembrerà strano, ma Goku non è OOC manco sta volta: nell’anime dice, quando Crilin cerca di uccidere Vegeta con la spada: “No, ti prego, non ucciderlo! Mi vergogno per lui, di tutto il male che ha fatto, ma non ucciderlo: è mio fratello!”
E lì sì che mi si è sciolto il cuore e ho detto: “Che carini!”
Comunque, mi tappo la bocca…
Avevo detto che mi sarei presa una pausa, fortuna che è stata breve, fortuna che con la raccolta ho ripreso un po’ di fiducia, fortuna che c’è Sophya che dice di non ascoltare mia cugina che mi dice che scrivo stronzate e fortuna, per voi, che c’è sempre la suddetta cugina che mi ricorda, con un’insistenza che solo la morte può avere. “No, devi finire Justice! Smettila di guardarti i video stupidi su Youtube e concentrati, sennò ti tiro un pupazzo.”
Le avevo promesso che l’avrei ringraziata e visto che se lo merita una volta tanto…Ti voglio bene Ele <3
Che dire? Accontentiamoci di questi aggiornamenti saltuari, ma mai della qualità del capitolo: inutile negare che le recensioni sono calate in maniera notevole, quindi rifaccio la solita domanda: cosa c’è che non va? Cosa è successo a questa storia per far allontanare molti dei suoi fan?
Ditemelo, almeno così capisco.
Nonostante questo, ringrazio di cuore anche chi legge solamente, chi segue, chi ricorda, chi preferisce e continua a recensire questa storia! <3
Io vi aspetto alla prossima, ci spero e vi auguro tante buone cose!
  
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