Film > Le 5 Leggende
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Autore: LunaLove_good_    01/09/2013    6 recensioni
Nata per morire. Viva per combattere.
Trapassare cuori con la spada è facile, estrarre la spada dal cuore trapassato non lo è.
Perché quando il tuo unico scopo è portare sofferenza, tutto quello che l’amore può fare è uccidere.
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Cinque Guardiani, Jack Frost, Nuovo personaggio, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le scuole elementari di Burgess potrebbero sembrare quasi normali, se non fosse per il silenzio da mortorio che alleggia nell’aria. E quando in un posto dove si concentrano così tanti bambini non ci sono capitomboli assurdi, ginocchia sbucciate, liti stupide o risate spacca timpani, decisamente c’è qualcosa di sbagliato.
In questo caso, quel qualcosa è Pitch.
Una nebbia di sabbia nera avvolge il parco della St James School, gettando tutto in una penombra fastidiosa, come quando è buio e non ci vedi, ma c’è abbastanza luce da non rendere necessario un lume. La neve è alta, ricopre buona parte del prato e bagna le panchine, ma i bambini non se ne fanno il minimo problema e se ne stanno seduti in silenzio, avvolti nei cappotti ad aspettare l’arrivo dell’autobus.
C’è un non so che di estremamente malsano, in questa scena, qualcosa che la fa sembrare inverosimile, come se non dovesse esserci, come se tutto dovesse andare in tutti i modi meno che così.
Vedo Jamie con il capo chino che dondola i piedi seduto su un’altalena ferma e mi avvicino senza farmi notare. È diverso dagli altri bambini, non ha l’aria sconsolata e non si guarda attorno spaventato, di certo non sembra uno terrorizzato che ha smesso di credere, ma mi fa un certo effetto vederlo aspettare l’autobus senza correre da tutte le parti e ridere come un matto.
Non mi piacciono per niente i bambini ridotti così, preferisco di gran lunga trovarli irritanti. Pitch... è così grave quelle che i Guardiani ti hanno fatto? Quello che stai – che stiamo – facendo... ne vale davvero la pena?
Devo sbrigarmi a decifrare il messaggio dei Maya, comincio davvero a dubitare che questa guerra sia giusta. Di certo qualcosa che riduce a quel modo dei nanerottoli che vivono eternamente contenti non è giusto, ma ho bisogno di sapere fino a che punto è sbagliato quello per cui sto combattendo.
Prendo il biglietto sgualcito e lo fisso stranita, aspettando speranzosa che la soluzione mi salti addosso.
Ma che diavolo di senso ha mettere insieme a caso così tante lettere!? È così importante non farmi sapere quello che c’è scritto su questa carta straccia ingiallita!?
Mi batto seccamente un palmo sul ginocchio e sbuffo infastidita.
«Tu è strana, tu ha qualche problema, ya?»
Sobbalzo, spalanco gli occhi, estraggo la spada, mi giro e trafiggo il Genio. Il tutto nell’arco di un quarto di secondo. Il tizio col turbante mi guarda con la mascella a terra e un grosso buco nello stomaco. Nel senso che si è aperto la pancia a ciambella per evitare il mio affondo, intendiamoci.
«Cosa ha tu in mente!? Tu voleva uccidere me!?» sbraita spalancando gli occhi.
Io scuoto la testa e rinfodero tranquilla la spada. «Non dovevi prendermi alle spalle.» rispondo con una scrollata di spalle.
Lui incrocia le braccia e si da fuoco agli occhi per guardarmi minaccioso. «Non solo io è costretto ad obbedire te, tu cerca pure di uccidermi!»
Si sta aspettando delle scuse? «Sopravviverai.»
Il Genio mi squadra scandalizzato, quindi mi mette il muso e mi volta le spalle. «Tu è cattiva, ya.»
«E tu pesante.» ribatto, fissando nuovamente il messaggio del labirinto.
Il tedesco ruota la testa sul collo e si alza sulle punte dei piedi per guardare meglio il biglietto che ho in mano. «Cos...»
«Un adorabile scritto dei tuoi amici Maya, che ci tengono tanto a farmi sapere che non mi riveleranno nulla sul Pendente fino a che non avrò risolto i loro indovinelli.» lo zittisco nervosa.
«Potrebbe essere codice cifrato, ya.»
Inclino la testa da un lato e lo scannerizzo con lo sguardo, domandandomi quale sortilegio gli hanno fatto per permettere al suo povero unico neurone di funzionare.
«Ya, Maya parlare sempre per codice.»
«E come faccio decrittare il messaggio?»
Scuote le spalle e alza le mani in segno di resa. «Io non sa, Maya mai svelare me loro segreti.»
La speranza che mi ero sentita crescere dentro alle sue parole crolla all’improvviso, lasciandomi sola con la scottante delusione di essere di nuovo ad un punto morto.
Pesto un piede a terra e cerco di riorganizzare le idee. Passo lo sguardo sul parco, che comincia a riempirsi di bambini che lasciano le panchine per raggiungere l’autobus, e la desolazione che porta questa calma glaciale mi fa squillare un campanello d’allarme nelle orecchie: devo darmi una mossa a trovare il Pendente d’Argento.
Jamie lascia l’altalena e si sforza di saltellare fino agli amici e tirarli su, ma l’unica cosa che ottiene sono occhiate tristi e disinteressate. La delusione si fa spazio sul suo viso rotondo, e quasi mi viene voglia di andare a consolarlo.
L’indecisione e lo sgomento per queste strane intenzioni mi inchiodano al suolo, e posso solo vederlo salire sull’autobus.
«Cosa tu sta pensando?»
Salto e mi trattengo dall’estrarre la spada dallo spavento, guardando il Genio a metà tra l’aggressivo e l’allucinato. «Vuoi piantarla!?»
«Di fare cosa?» dice, trasformandosi gli occhi in due grandi punti interrogativi.
«Lascia perdere.»
Mi domando perché i Guardiani non siano intervenuti alla vista dei bambini, ma non faccio in tempo a formulare a voce alcunché che il cielo scuro si illumina di bianco. Un lampo squarcia il cielo, doloroso e mortale come il messaggio che manda.
Stringo la mano all’elsa della spada e mi alzo in volo, raggiungendo le nuvole nere da cui arrivano i rumori tremendi della battaglia che si sta consumando. Mi tiro il cappuccio sul viso e sporgo appena la testa, quel tanto che basta per inorridire davanti alla scena che mi si presenta...
Purosangue, tori, squali e qualunque altro tipo di incubo si abbattono incessantemente sui Guardiani, che si difendono con eleganza e grinta. Potrebbe sembrare uno spettacolo, si potrebbe restare sorpresi dall’aggressiva perfezione e dall’incredibile equilibrio che reggono lo scontro, ma io non posso fare a meno che impallidire di fronte alla furia con cui Pitch attacca le Leggende.
Senza pietà, senza paura, senza cuore.
A rispondergli scintille rosa, uova esplosive e boomerang dalle lame affilate, fruste dorate e pericolose, scaglie di ghiaccio.
Il cielo esplode di continuo all’impatto di quelle due grandi forze nemiche, si illumina accecante e poi torna nell’oscurità, lamentandosi, ferito mortalmente da una guerra sbagliata in tutti i sensi.
Il Genio mi raggiunge e mi posa una grossa mano sulla spalla.
«Che cosa ho fatto?»
Lui fissa la scena ricoperto da uno strato di sudore freddo, con la grossa mascella indurita mentre digrigna i denti e gli occhi che lanciano scintille a Pitch.
«Fermiamoli!» faccio per sguainare la spada e lanciarmi alla carica, ma il tedesco mi agguanta per un braccio e mi immobilizza.
Mi guarda serio e rinuncia persino alla sua parlantina strana. «Troppo pericoloso.»
«Restiamo a guardare!?» sbraito, cercando di divincolarmi in tutti i modi.
«Non serviamo a niente morti!»
Lo squadro come se fosse un nemico, mi trasformo in sabbia nera e tento di raggiungere lo scontro, ma lui continua a battere le mani per afferrarmi di nuovo.
Mi ricompongo e lo vedo prendermi un polpaccio. «Lasciami andare!»
Il Genio mi strattona forte e mi costringe a guardarlo in viso. «Credi davvero che morta potrai aiutarli!?»
Io smetto di lottare e incasso la testa nelle spalle, mentre mi sento spazzata via come se fossi nel bel mezzo di un uragano. «Dobbiamo fare qualcosa...» provo ancora, con scarsa convinzione.
Lui allarga la bocca in un ghigno amaro, che stona troppo con la sua aria sempre estremamente buffa. «Pensavi che fosse facile rimediare ai propri errori? Io ci ho provato per tutta la vita. E non ci sono ancora riuscito.»
Alzo di scatto lo sguardo e fisso il Genio come se lo vedessi per la prima volta.
«Tu non hai proprio idea di cosa vuol dire vivere.» fa sconsolato, afferrandomi per una spalla e trascinandomi giù.
Rinuncio a divincolarmi e lo seguo docile come una bambina, mentre cerco di interpretare il significato nascosto dietro alle sue parole.
Lancio un’ultima occhiata al cielo: i rumori della battaglia si affievoliscono, ma il pensiero dello scontro mi fa venire i brividi. I lampi continuano ad illuminare la città. Sembrano l’ultimo tentativo dell’aria di non restare affogata nel dolore di due desideri contrastanti. Pitch che brama vendetta, i Guardiani che vogliono solo proteggere i bambini. Lo scontro di ideali finirà sempre per accendere il cielo di scintille moribonde?
«Tu non deve abbattere.» sento dire il Genio. Mi viene quasi voglia di sospirare per il sollievo, quando riprende a parlare col suo accento assurdo. «Guerre mai vinte da eserciti, ma da persone. Tutti potere fare cosa giusta, l’importante è trovare coraggio.»
Le sue parole mi confortano molto, ma allo stesso tempo mi mandano un’implicita richiesta: devo impegnarmi per cambiare le cose. «L’unico coraggio che troverò sarà quello per tentare di convincere Pitch a non farmi evaporare.» sbotto, allarmata dalla piega che sta prendendo la conversazione.
«Tu continuerà sempre a vivere di follie di Jack Frost?» mi domanda.
«Jack Frost è un idiota, non è colpa mia se ha deciso di salvarmi la vita.» ribatto, sempre più sulla difensiva.
«Tu voleva fermare guerra, fino a pochi secondi fa!»
Scuoto le spalle e arretro istintivamente. «Ero solo sconvolta.»
Il Genio si batte una mano in fronte e fa per aprire bocca di nuovo, ma poi rinuncia e mi guarda accusatorio. «Io pensava che mai essere tardi per fare scelte giuste... Tu mette in dubbio mie convinzioni.»
Anche se ha parlato in mezzo tedesco, non posso fare a meno di sentirmi male per quello che dice. Dannato istinto di sopravvivenza! Sarebbe tutto più facile se andassi a buttarmi direttamente contro Pitch senza ripensamenti e robe varie; di certo sarebbe più facile che rischiare la vita in Messico per colpa di un paio di mummie! D’altro canto, se non avessi il terrore di svanire da un momento all’altro, non mi sarei fatta problemi e avrei continuato a fare strage tra bambini e Guardiani.
Accidenti! Ma le emozioni devono per forza essere così complicate!?
I Genio mi squadra, quindi scuote la testa e si allontana, sfumandosi sempre di più e confondendosi con la nebbia di sabbia sullo sfondo, fino a sparire del tutto.
Io sbuffo e mi passo nervosa una mano tra i capelli. Tiro di nuovo fuori il messaggio dei Maya, me lo passo più e più volte davanti agli occhi e cerco in tutti i modi di trovare qualcosa che possa collegare quell’ammasso informe di lettere, ma l’unica cosa che ottengo è un gran mal di testa.
Rinuncio in fretta, alla fine, perché un codice cifrato non si può decrittare dal nulla, e senza un minimo di informazioni non andrò da nessuna parte.
Prendo una breve rincorsa e spicco un salto, ritrovandomi a sorvolare i tetti di Burgess sotto forma di nuvola di sabbia.
Mancano esattamente nove giorni a Natale, la gente lo sa benissimo e si affanna da tutte le parti. Lo fa essenzialmente per due motivi: per prendere regali da piantare sotto l’albero come se fossero souvenir, o per raggiungere in fretta studi o uffici, impegnandosi il più possibile per gli straordinari che permetteranno un giorno o due in più di ferie.
Giganteschi abeti tutti decorati occupano la maggior parte delle piazze, luci e ghirlande sono appese ai balconi o collegano le case nelle stradine secondarie, gruppetti di persone sono fermi a cantare canzoni assurde e un sacco di imitazioni di Babbo Natale se ne vanno a destra e a sinistra promettendo ai bambini un sacco di regali, purché si comportino bene. Non che ci sia chissà quanto bisogno di queste raccomandazioni, i mocciosi stanno immobili e zitti appiccicati alle gambe delle mamme. Oddio, tutti loro tranne una. Una nanerottola dalla testolina bionda e le ali da farfalla.
Non mi sorprendo affatto di vederla saltellare da sola per le strade, direi che da un uragano in miniatura ci si può aspettare di tutto, così atterro poco dietro di lei e mi affretto a raggiungerla.
Sophie mi guarda incuriosita e mi sorride.
«Cia...» Non faccio in tempo a concludere il saluto, che vengo fermata da una delle tante famosissime citazioni di una madre che credo ammazzerò presto. «Mamma dice che non devo parlare con gli sconosciuti.»
Io la guardo con un sopracciglio inarcato e una smorfia in faccia mentre cerco di capire che problemi ha questa bambina, poi mi accorgo del cappuccio che ho tirato in viso e me lo abbasso.
La bocca di Sophie si allarga in una ‘o’ che va oltre l’umanamente possibile. «Ma tu sei quella cattiva che ha detto Jack Frost.» dice, come se l’illuminazione divina fosse finalmente scesa su di lei.
«Già.» annuisco. Mi domando cosa ci faccio con questa marmocchia. Non dovrei essere a cercare una soluzione agli indovinelli assurdi dei Maya?
«Mamma dice che quando vai da una persona è perché gli vuoi bene.» mi informa lei.
«Dunque, secondo tua madre, io dovrei volerti bene?» ridacchio.
Annuisce convinta.
Wow.
Cerco di evitare di scoppiarle a ridere il faccia e mi passo una mano tra i capelli, sorprendendomi poi di come Sophie non abbia minimamente risentito dell’atmosfera tesa e cupa che alleggia su Burgess in questi giorni.
«Che ci fai qui da sola?» le domando.
«La babysitter è entrata in un negozio e mi ha detto di stare ferma finché torna.»
Mi guardo intorno: decisamente al centro di una piazza gremita di gente non ci sono tanti negozi.
«E tu le hai obbedito?»
«No.» Oh, ecco svelato il mistero.
«E perché ti sei allontanata?» La bambina scuote le spalle. «C’era Babbo Natale che regalava lo zucchero filato.»
Maledetta golosità infantile! Faccio per girarmi e andarmene, ma poi penso che non posso scaricare così una mocciosa di sei anni, da sola tra la folla, potrebbe succederle di tutto! Così cerco di mettermi l’anima in pace e di auto-convincermi a parlare. «Che ne dici se ti accompagno a casa?»
«No, la babysitter ha detto che devo stare ferma.»
Ma allora hai seri problemi, figlia mia! Mi impongo di stare calma e annaspo alla ricerca della forza di volontà necessaria per non mettermi a gridare. «Allora me ne vado?» chiedo.
«No! Non posso rimanere da sola in strada!»
Sophie cara, sbaglio o sei molto in guerra con te stessa? No, perché faresti meglio a deciderti, se non vuoi che ti mandi al diavolo assieme al tuo piumino imbottito e me ne torni ai fatti miei. «E che devo fare?»
«Accompagnami dalla mamma.» sorride, illuminandosi tutta.
Comincio ad averne abbastanza di queste contraddizioni. «Ma non avevi detto che...»
«Mamma dice che non si rinfaccia alla gente quello che dice.»
Mi batto un palmo in fronte e mi trattengo per decenza dal cercare un muro da prendere a capocciate. «E dov’è tua madre, di grazia?»
«In ospedale, lavora lì.»
Vedo un sacco di persone girarsi a guardare Sophie con aria stranita, probabilmente cercando di capire per quale motivo la bambina sembra talmente impegnata in una discussione con se stessa, e mi viene da sorridere davanti all’ignoranza degli umani.
«E con la babysitter?» Non riesco a credere che sto chiedendo consigli ad una poppante.
«Tanto quella si dimentica di me una volta sì e una no.» Beh, la capisco: neanche io tollererei la presenza di questa bambina per più di un’ora al giorno.
«Andiamo allora.» borbotto, prendendola bruscamente per mano e avviandomi tra la gente.
«Che bello! Mio fratello è sicuramente già lì.»
Fantastico!
Trascinare una piccola umana quando sei uno Spirito è quasi divertente. Insomma, le persone non sanno che esisti e le attraversi senza il minimo problema, mentre la mocciosa che ti porti dietro sbanda da tutte le parti cercando di mantenere il passo e attirandosi occhiate assassine da praticamente tutti i passanti.
Alla fine mi stanco di sentirla piagnucolare e rallento, ridacchiando quando la vedo inciampare tra i piedi della gente. Direi che è quasi una fortuna se è ancora viva quando raggiungiamo l’ospedale.
Preferisco che non entri in un posto del genere, così la mollo vicino all’ingresso e la minaccio dicendole che, se si azzarda a muoversi, mando il Lupo Cattivo a mangiarla.
In fondo, anche le conoscenze più scomode possono risultare utili a volte. E sottolineo a volte.
Per fortuna non ci metto troppo a trovare Jamie, non è in ospedale, ma nel parco a dondolarsi veloce su un’altalena. Salta giù e schizza veloce su uno scivolo, si arrampica sulle scale ricoperte di neve e scende ancora più in fretta per via del ghiaccio sulla giostra.
Certo che è davvero strano vederlo giocare da solo...
Lo raggiungo, lui mi vede e spalanca gli occhi tanto che temo che gli escano dalle orbite. Mi fiondo in avanti e gli tappo la bocca con una mano.
«Azzardati ad emettere un solo fiato e ti faccio secco, chiaro?»
Annuisce e lo lascio andare. «Tua sorella è all’ingresso. Mi ha fatto venire una crisi di nervi in meno di mezzora, dunque sei pregato di riprendertela subito e di portartela via senza aprire il becco, okay?»
Jamie è bianco come un lenzuolo, ma mi rivolge comunque un’occhiata strana, come se stesse parlando con un pazzo svitato.
Fa per andarsene, ma io lo blocco di nuovo. «Cosa fai quando cerchi qualcosa?»
Continua a fissarmi come se mi mancassero diverse rotelle. «In che senso?»
Non posso credere a quello che sto facendo... «Quando cerchi informazioni su qualcosa...»
Scrolla le spalle. «Vado in biblioteca, nei libri c’è tutto.»
Accidenti! Cavolo, è vero! In un posto dove ci sono tanti libri troverò sicuramente qualcosa che possa aiutarmi. «Non ti facevo intelligente.» gli dico.
Il bambino fa per protestare, ma io non gliene do il tempo e mi dileguo in una nuvola di sabbia.
Faccio per lasciare l’ospedale, ma una scia di incubi in viaggio me lo impedisce. Seguo quei fiumi scuri e vedo che sono diretti all’interno della struttura. Per forza: qui si muore, è ovvio che la gente ha paura. E dove c’è la paura, ci sono gli incubi di Pitch.
Seguo la sabbia e sbircio in diverse camere, dove i pazienti addormentati si agitano in preda al terrore di sogni troppo brutti. Cammino silenziosa tra la marea di infermieri e parenti che si agitano per i corridoi. È quasi ironico vedere come brulicano di vita posti dove molti muoiono.
Fa quasi ridere.
Mi tengo dietro ad un incubo, raggiungo una camera ed entro. Qui non c’è nessuno, solo una ragazza addormentata ricoperta di fili e tubi che la collegano ad una macchina che ticchetta in maniera irritante.
Il sogno nero che alleggia sulla sua testa non le fa nulla, è immobile e a malapena respira.
Mi avvicino incuriosita e la fisso in viso. Mi assomiglia così tanto...
È pallida quasi quanto me, con il viso ovale, il naso dritto e le labbra sottili e violacee; ha i capelli corti e scompigliati, così neri che potrebbero sembrare blu, un neo scuro in mezzo alle sopracciglia e un tatuaggio a forma di teschio sul collo.
Inclino la testa da un lato, guardandola incuriosita. Questa ragazza sembra quasi me... Ma che ci fa ferma e bianca come un cadavere su un letto d’ospedale?
Resto immobile davanti a lei, mentre il purosangue incubo continua a galopparle sopra la testa. Mi viene voglia di fermarlo, ma preferisco restare al mio posto perché qualunque cosa io faccia sono nata per portare sofferenza e non credo di poterlo cambiare.
Distolgo lo sguardo solo quando sento qualcuno accanto a me.
Mi giro e vedo il Coniglietto di Pasqua con in mano un paio di uova esplosive. Mi si erige affianco alto e fiero, con il respiro pesante per lo scontro suppongo appena concluso e uno strato di polvere nera che lo ricopre fino alle orecchie.
Vede che lo sto fissando e mi rivolge uno strano ghigno.
«Chi non muore si rivede.» mormora, tornando a guardare anche lui la ragazza stesa sul letto.
«Non te l’avevano detto che l’erba cattiva non muore mai?»
Sorride e scuote appena la testa. «Sai chi è lei?»
Gli rivolgo una breve occhiata interrogativa.
«È uno di quei ragazzi che noi Guardiani non siamo riusciti a proteggere.»
«Non proteggete solo i bambini?»
«Chiunque è stato bambino, a suo tempo. Noi cerchiamo di pensare a tutti, anche a loro, ogni tanto. Questa ragazza è stata travolta da un’auto mentre cercava di salvare un bambino. L’ubriaco al volante non ha nemmeno frenato. Dorme da quasi due mesi.»
Torno a fissare la ragazza e mi si stringe lo stomaco a pensare alle conseguenze del suo atto di coraggio. Penso che non riuscirò mai ad essere coraggiosa quanto lei. Sono uno Spirito nato dalla Paura, in fondo.
«Che ci fai qui?» domando al Calmoniglio. Non ho bisogno di chiedergli perché non ne approfitta per ammazzarmi, nemmeno a me verrebbe in mente di combattere in un posto del genere. In un ospedale muore già abbastanza gente.
Lui scuote le spalle. «Di solito vengo spesso qui, ma oggi sono venuto solo per darti questo.»
Mi porge un grosso tomo scarlatto, con le pagine ingiallite che sembrano pronte a sgretolarsi da un momento all’altro e strani segni sulla copertina.
«Che cos’è?»
«Di codici e chiavi, autore sconosciuto, libreria del Polo Nord. Uno dei pochi libri sopravvissuti al crollo del Palazzo.» Lo sento fremere nel pronunciare queste parole, ma resta calmo e fiero senza battere ciglio.
«E perché me lo dai?» Di certo i nemici non vanno a distribuire regali che faranno luce facilmente su segreti vari che bisognerebbe faticare molto per svelare.
«Diciamo solo che non ho bene in chiaro come Jack ragiona, ma mi fido di lui.»
Jack Frost. Prima o poi dovranno scrivere una guida avanzata per capire come comportarsi in sua presenza e come interpretare le sue follie.
Lancio un ultimo sguardo alla ragazza addormentata e mi giro per andarmene. «Davvero vieni qui spesso?» chiedo però prima di varcare la soglia.
Il Calmoniglio annuisce tranquillo. «Sì. Perché me lo chiedi?»
«Perché questo è un posto dove a regnare sovrana è la Paura.» rispondo.
«Vedi, Fonhìas, la gente che ha paura è la gente che ha ancora la forza di non lasciarsi andare, perché se non avesse paura significherebbe che non ha più neanche speranza. E ricordati che la Speranza, la Paura, la batte. Sempre.»
Pesta una zampa per terra e una galleria lo risucchia, lasciandomi da sola con una ragazza coraggiosa che ha dato la vita per proteggere un bambino e un libro in mano che sarà la risposta a tutte le mie domande.

«Spero vivamente che tu sappia quello che stai facendo.»
«Rilassati, canguro. È tutto sotto controllo.»
«Sai che usarla non è giusto, vero?»
Jack Frost alza lo sguardo verso l’amico e lo fissa con le lacrime agl’occhi.
«Ha ucciso North. Neanche questo è giusto.»









***









Benissimo. Comincio col chiedervi scusa in tutte quante le lingue possibili e inimmaginabili. Per questo ritardo, per non aver detto nulla, per la mancanza di rispetto nei confronti di quelli che seguono (o seguivano) la storia. Proprio così, io mi ero presa un impegno verso me stessa e verso gli ipotetici lettori, dunque essere venuta meno alla mia promessa è stato davvero un gesto irrispettoso verso tutti quelli che erano anche solo incuriositi da questa fiction. Vi chiedo umilmente perdono. Siete liberi di insultarmi perché non ho la minima scusante.
Il punto è che è stato un periodo schifoso, da quando sono tornata è successo un disastro dopo l'altro e non ero proprio in vena di scrivere. Questo capitolo è il meglio che sono riuscita a fare. Spero di non avervi deluso troppo.
Dunque, niente cretinate in queste note, solamente altre infinite scuse, mi dispiace davvero tantissimo.
Cercherò di darci dentro a scrivere, speriamo che vada un po' meglio.
E niente, questo è quanto. Spero che possiamo rivederci al prossimo capitolo.
  
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