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Autore: inguaribilemalinconia    01/09/2013    3 recensioni
L'intera umanità è alla ricerca della felicità, fatta eccezione per una giovane ragazza ventenne che ha terminato la sua ricerca e si prepara alla conquista.
«Mi avevano assicurato che la strada per raggiungere la felicità fosse tortuosa, piena di insidie e di ostacoli insormontabili. Questa teoria a me sembrava assurda e priva di un senso logico poichè la mia felicità risiedeva proprio in una maestosa casa di fronte casa mia e per arrivarci bisognava unicamente attraversare le strisce pedonali.»
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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settembre                              CAPITOLO UNO

Mi avevano assicurato che la strada per raggiungere la felicità fosse tortuosa, piena di insidie e di ostacoli insormontabili. Questa teoria a me sembrava assurda e priva di un senso logico poichè la mia felicità risiedeva proprio in una maestosa casa di fronte alla mia e per arrivarci bisognava unicamente attraversare le strisce pedonali. Nessuna complicazione, nessun ostacolo, bisognava solo stare attenti al traffico. Mi consideravo una ragazza fortunata: l'intera umanità era alla ricerca della felicità, io non avevo più bisogno di cercare. Era ora di prendermi ciò che mi apparteneva.
«Che la conquista abbia inizio.» pensai. Presi il cappello e nascosi abilmente i miei lunghi capelli biondi all' interno, afferrai velocemente il primo paio di guanti che giaceva beatamente sul comodino vicino al mio letto, infilai il mio cappotto rosso in fretta e furia e scesi le scale di corsa con un sorriso stampato sulle labbra. Era il primo settembre. Il sole continuava a splendere nel cielo come se non avesse minimamente avvertito la fine dell'estate. L'autunno cominciava a svegliarsi dal suo lungo letargo e nessuno era pronto ad accoglierlo a braccia aperte, fatta eccezione per la sottoscritta. Rimisi le chiavi di casa in tasca e mi ritrovai a fissare un grande e antico portone: lì abitava la mia felicità. Il portone era sovrastato da una maestosa finestra che lasciava intravedere il lussuoso salone della casa più bella della città. Era la casa dei Cumbersten, famiglia di nobili origini che viveva lì da oltre cinquanta anni. Cominciai a ridere fragorosamente al solo pensiero che quei limpidi vetri erano osservati continuamente da una finestra più umile e molto più piccola: quella della mia camera. Non riuscivo più a contare le volte in cui, nascosta in un angolino, avevo segretamente ammirato il suo volto dalla mia camera. Mentre suonava il pianoforte quel ragazzo esercitava su di me un fascino indicibile. Dall'altra parte della strada non riuscivo a sentire la melodia, era per questo motivo che mi decisi finalmente ad affrontare il pericolo. Attraversai quella maledetta strada e giunsi a pochi passi da quell' imponente portone verde. Guardai l'orologio. Erano le undici e un quarto. Ero pronta a deliziare le mie orecchie con quell'amabile melodia. Non mi avrebbe deluso, ne ero sicura. Il motivo proveniente da quella finestra doveva necessariamente essere piacevole perchè era lui a sfiorare con le sue dita quei tasti. Ero pronta a chiudere gli occhi e a godermi quel momento istante per istante, ma invece di una soave melodia udì delle grida e dei rumori che si avvicinavano velocemente. Le voci si accavallavano confusamente e non riuscì a capire nemmeno una parola. Sbuffai. Improvvisamente realizzai che qualcuno stava per uscire da quella casa e mi affrettai ad avvicinarmi al bordo del marciapiede. Il semaforo era rosso. Avrei dovuto attendere un altro minuto prima di ritornare nel mio dolce rifiugio. Una ragazza aprì e chiuse rumorosamente il portone verde e si avvicinò a me. Sembrava scossa e tremendamente nervosa. Indossava un abito molto carino di colore verde smeraldo e un tacco dodici mozzafiato. Non riuscì a vedere di che colore fossero i suoi occhi perchè era occupata a scrivere un lungo messaggio di cui ovviamente ignoravo il contenuto. La curiosità mi stava uccidendo. Avrei desiderato con tutta me stessa sapere cosa fosse accaduto in quella casa. Un uomo anziano dalla robusta corpuratura chiamò la giovane ragazza.
«Signorina, ha dimenticato i suoi spartiti!» affermò avvicinandosi gentilmente e porgendo alla ragazza un esile libro.
«Grazie mille.» rispose freddamente la ragazza strappando il libro dalle mani del povero maggiordomo.

«
Mi dispiace per quello che è successo.» disse il maggiordomo con aria sommessa.
La collera invase il volto della ragazza che non riuscì a parlare per qualche secondo. La sua mano tremava e finalmente ebbi l'occasione di vedere i suoi occhi. Erano dei bellissimi occhi color cioccolato. Scuri, profondi e pronti a scatenare l'inferno.
«Sia dispiaciuto piuttosto per il signorino Cumbersten. E' lui ad averci perso molto.» ribattè la ragazza.
Dopo aver detto queste parole con tono deciso diede le spalle all'incredulo maggiordomo e attraversò la strada.
Lei doveva essere la ragazza francese di cui ho letto nelle prime pagine del diario. Rimproverai me stessa per essere stata così stupida e distratta. Lei era
quella ragazza. Lei era la sua Camille. A quanto pare non più sua. Attraversai anche io la strada e tornai a casa. Il povero anziano continuò a guardare la ragazza mentre camminava a passo spedito verso la piazza della città. Chissà se ribolliva di rabbia per l'arrogante atteggiamento della ragazza o se in cuor suo aveva il desiderio di curare quella profonda tristezza nascosta da un paio di occhi feroci.
 
  
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