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Autore: Melanto    07/03/2008    4 recensioni
Fuggire. Reazione immediata dinanzi ad un dolore troppo grande per essere affrontato a viso aperto. Camuffare la sofferenza in voglia di lavorare. Poi partire. Cambiare persino continente per ricostruire precari equilibri su cui camminare in punta di piedi. Dimenticarsi di tutto: amici, famiglia... assopire i ricordi e cullarli come bambini, perché non facciano troppo male, per ricaricare le certezze. E poi... e poi tornare, per affrontare il passato ed i sensi di colpa.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Yoshiko Yamaoka
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Huzi - the saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Huzi

- Capitolo 16 -

Ahhhh! Oddio! Attento alla vecchietta!”.
“L’ho vista, l’ho vista. Rilassati.”.
“Ed il rosso del semaforo?! Hai visto anche quello?!”.
“Ma se era arancione!”.
Il Prof avrebbe potuto continuare a minimizzare quanto voleva: Yoshiko non avrebbe mollato il suo braccio al quale si era arpionata da quando lui aveva fatto manovra per uscire dal parcheggio sotto casa, promettendole che sarebbe arrivata in perfetto orario all’Università, nonostante mancassero cinque minuti alle otto.
A quelle parole, la ragazza aveva avuto la brillante idea di chiedergli in quale miracoloso modo ci sarebbe riuscito e lui aveva sorriso candidamente, esclamando “Ti mostrerò la mia… ‘guida sportiva’.”
‘Guida suicida’ sarebbe stato un termine più appropriato, a detta di Yoshiko, mentre Yuzo destreggiava l’ingombrante Dante come fosse stata una minuta fuori serie a tutta velocità tra le strade che si riempivano del traffico mattutino, scartando assonnati pedoni, passando al limite del ‘rosso’ ed effettuando sorpassi sul filo del frontale con le auto che arrivavano dalla corsia opposta.
“Ossignore ed hai ancora la patente?!” sbottò la sorella di Misaki dopo che ebbero mancato di un soffio un signore col cane. “Sei un pericolo pubblico! Te la dovrebbero ritirare!” ed osservò il Prof che se la rideva come se il problema non lo riguardasse, ma, anzi, divertendosi come un bambino.
“Guarda che guido così solo in caso di emergenza, ad esempio: quando ho una colata piroclastica nello specchietto retrovisore.” spiegò con calma. Mentre Yoshiko non riusciva a non sorridere, nonostante si sforzasse di mantenere una severa espressione di rimprovero. Rispetto a quando l’aveva conosciuto, Yuzo le sembrava come rinato: non cercava più di dosare meccanicamente le sue emozioni per tentare di camuffare il dolore che si portava dentro. Ora era libero ed ogni sua espressione era più sincera di quanto non fosse stata fino ad allora: se era felice, era felice davvero; se si divertiva, lo faceva davvero senza più quell’alone malinconico ad adombrare i suoi comportamenti.
“Mi duole informarti che non c’è nessuna colata piroclastica che ci insegue!” rimbeccò Yoshiko e lui esibì un’espressione di puro stupore, guardando nello specchietto.
“Davvero?!” per poi inchiodare di colpo, ma trattenendo la ragazza per impedire che avesse un incontro ravvicinato con il cruscotto.
“Ma, dico?! Sei impazzito?!” sbottò Yoko con incredulità, spalmandosi contro lo schienale.
“Era rosso.” si difese candidamente il Prof, ridendosela sotto i baffi.
Lei sospirò uno “Scemo.” scuotendo il capo e girando lo sguardo per non fargli vedere che stesse ridendo, prima di continuare. “Oggi ti comporti come un bimbetto dispettoso, lo sai?”.
“Ah, sì?”.
“Sì! E sappi che non mi fido affatto della tua ‘guida sportiva’!” comunicò con convinzione.
“Ma davvero?” fece eco pensieroso, mentre inforcavano una traversa “Capisco.”. Così si strinse nelle spalle, mollando il volante. “Allora guida tu.” e cavò con nonchalance una sigaretta dal pacchetto.
“Che cosa?!” scattò Yoshiko, cambiando posizione sul sedile.
“Quello che ho detto.” fece eco, accendendosi la cicca. “Dante è tutto tuo.”.
“Ma non dire cretinate, per l’amor del cielo!” squittì lei, guardando la strada che, nel fondo, aveva una curva. “Io non so guidare!”.
“Beh, devi solo girare il volante, non ci vuole un diploma; è una cosa istintiva.” continuò il Prof imperterrito, esalando una nuvoletta che fuggì dall’abitacolo attraverso lo spiraglio aperto del finestrino. “Del cambio e dei pedali me ne occupo io.”.
“Ma… ma stai scherzando?!”.
“No, affatto. Anzi, se non sterzi, abbracciamo il palo.” le disse, indicando la via ormai terminata.
Yoshiko guardò prima la strada e poi lui che continuava a fumare per nulla intenzionato a riprendere i comandi del Pick-up.
“Ti strozzo!” esclamò prima di afferrare il volante ed effettuare una sterzata poco ortodossa.
Naaaa, che modi bruschi.” criticò Yuzo e la stava allegramente prendendo in giro. “La vedi quell’auto parcheggiata? Per poco non ci finivamo dentro, eh.”.
Yoshiko lo guardò come se avesse voluto incenerirlo: quella carogna le stava facendo il verso!
“Fa’ silenzio tu! E ringrazia che ho le mani impegnate o saresti già un uomo morto!” poi sospirò, scuotendo il capo “Ma guarda un po’ se io devo fare lezioni di guida alle otto del mattino.”.
“Ti correggo.” intervenne Yuzo “Sono le 7:58, mancano ancora due minuti e, se giri a sinistra al prossimo bivio, siamo arrivati alla tua Università in perfetto orario, come promesso.”.
Tsk! E ti aspetti anche che ti ringrazi?! L’unico ad essere ringraziato qui è Dante, che mi ha fatto arrivare sana e salva!” per poi rivolgersi teatralmente allo sterzo “Grazie caro, tu sì che mi vuoi bene.”.
Ma l’affermazione di Yuzo ebbe il solito effetto di farla avvampare, soprattutto per il suo modo di dire le cose.
“Perché? Io no?”.
Yoko si girò di scatto ad incrociare il suo sguardo e cercare di capire se lo stesse facendo apposta a metterla in difficoltà, se almeno un minimo si rendesse conto dell’effetto che aveva su di lei e di come le mettesse il cuore sottosopra con certe frasi. Eppure, nei suoi occhi scuri non riusciva davvero a leggere nient’altro che la reale attesa di una risposta alla sua domanda e lei si limitò a deglutire con uno sforzo, buttandola, al solito, sul ridere.
“Dante di più!”  - Davvero mi vuoi bene? -.
Con Yuzo che fece schioccare la lingua, ciccando all’esterno del vetro. “Naaa!” scherzò prima di attirarla a sé ed afferrare il volante, esclamando un “Attenta!” ed i freni del Pick-up inchiodarono giusto in tempo prima di tamponare l’auto ferma in doppia fila alla quale si accodarono. Ne scese uno studente, accompagnato da quello che doveva essere il padre, che rivolse loro una schifata occhiata di rimprovero prima di varcare il cancello dell’Università.
Yuzo gli rivolse uno stentato sorriso di scuse, accennando un saluto con la mano che il giovane ignorò. “Ehi, ma l’hai visto come mi ha guardato male?” ma Yoshiko non si era accorta assolutamente di nulla, mentre restava stretta al suo maglione, il braccio del Prof a cingerle le spalle. Adorava essergli così vicina e la faceva sentire più al sicuro di chiunque.
“Comunque…” riprese Yuzo “…hai visto?! Ti sei distratta e stavamo per andare a sbattere! E poi dici che dovrebbero ritirare a me la patente!”.
Yoko lo guardò incredula, puntellandosi sul suo petto con i pugni per poterlo osservare dritto negli occhi, il suo braccio ancora attorno alle spalle. “Che cosa?! Non vorrai mica dare la colpa a me, spero!”.
“Certo.” affermò con disinvolura “Non ero io a tenere il volante!”.
“Ma… ma!” capitolò, mollandogli un buffetto al torace. “Antipatico!” fu la sua resa, mentre si allontanava a malincuore dalla sua stretta ed afferrava la borsa con i libri. Scese dal Pick-up che lui stava ancora ridacchiando e lei gli fece una smorfia prima di aggiungere. “Grazie per l’ennesimo aiuto che mi hai dato.”.
Yuzo scosse il capo, divenendo più serio. “Grazie a te. Non credo che riuscirò mai a trovare le parole adatte per dirti quanto ti sia riconoscente.” e lei arrossì con un sorriso, spostando lo sguardo al marciapiede per qualche istante, mentre sperava che di nuovo qualche miracolo avvenisse e portasse con sé la certezza del re-incontro il prima possibile, però… l’ultima volta il passo lo aveva fatto lui, forse ora… toccava a lei fare qualcosa.
“Senti…” cominciò, dando fondo a tutte le sue scorte di coraggio e sistemandosi nervosamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio “…se ti chiamassi più tardi… ti disturberei? Sai, per sapere se ci sono novità.” quasi a voler trovare una giustificazione a tutti i costi pur di non fargli capire semplicemente: ‘Ti chiamo perché ho voglia di sentirti.’.
“Ma no che non mi disturbi, anzi, parlare con te mi fa sempre piacere e lo sai.”.
Yoshiko sorrise, sentendosi anche un po’ fiera di sé stessa per essere riuscita a superare il suo imbarazzo: Saya ne sarebbe stata orgogliosa. “Ok.” accordò, facendo un passo indietro. “Allora a più tardi. Buon lavoro.”.
“Grazie, buona giornata a te. Aspetterò la tua telefonata per prendermi una pausa.” le sorrise ancora il Prof, salutandola un’ultima volta con un cenno della mano, prima di fare manovra ed allontanarsi dall’Università.
Yoshiko rimase ancora qualche momento ferma sul piazzale ad osservare il Pick-up che si faceva piccolo piccolo, inghiottito dal traffico cittadino, con un senso di euforia crescente per la certezza che, in serata, lo avrebbe sentito.
Sistemandosi la spalliera della borsa con un gesto deciso ed una rinnovata sicurezza in sé stessa, varcò allegramente il cancello del Campus pronta ad affrontare il terzo grado che Saya le avrebbe sicuramente fatto.

Quando Yoshiko gli aveva chiesto se avesse potuto telefonargli, il suo cuore aveva accelerato i battiti per una frazione di secondo quasi impercettibile, ma sufficiente a diffondergli un senso di tranquillità sotto la pelle.
Era felice di sentirla.
Felice davvero.
Voleva ascoltare il resoconto della sua giornata, sentirla ridere, sentire la sua voce che aveva un effetto catartico su di lui. Anche un semplice: ‘Ciao, come stai? A presto.’ sarebbe stato sufficiente a migliorare la sua giornata e quell’inspiegabile, puro senso di piacere che traeva da una banale conversazione lo aveva solo con Yoshiko. Anche di questo, un giorno, avrebbe dovuto renderle merito.
Ricaricato di tutte le energie che aveva perduto dietro orari di lavoro improponibili e fughe camuffate da stacanovistiche missioni di ricerca, parcheggiò Dante nel posteggio sotterraneo dell’FVO e si avviò, deciso, al terzo piano, convinto che le cose sarebbero andate finalmente nel verso giusto, che sarebbero venuti a capo dei terremoti ed avrebbero risolto per tempo l’emergenza.
Salutò Shiguro, vigile come sempre al suo posto di guardia, e salì le scale con una rapida corsetta e pieno di rinnovato ottimismo.
“Buongiorno.” esordì, varcando la soglia del dipartimento e dirigendosi al suo studio. Della squadra era presente solo Hisui armato della solita mascherina - usata in ogni occasione per difendersi da smog, batteri, virus, aliti pesanti e puzze inconsulte - che rispose con un lamentoso. “Buondì.”. Mentre le scrivanie di Toshi e Rick erano ancora vuote.
“Cip e Ciop hanno fatto le ore piccole per caso?” domandò all’indirizzo del meteorologo che si strinse nelle spalle.
“Perché domandarselo: non senti che pace?”.
Yuzo rise. “Rita?”.
“A quel che ne so, non è proprio andata a dormire, ma sembra che abbia obbligato a frustate un povero tirocinante a lavorare con lei tutta la notte.”.
Il Prof sgranò gli occhi “Addirittura?!” mentre estraeva le chiavi dello studio, quando la porta del dipartimento si spalancò e la sismologa si precipitò in direzione di Yuzo, travolgendolo come un uragano.
“Ah, ecco ‘Stachanov in gonnella’!” esclamò il Prof con un sorriso. “Vuoi forse rubarmi la nominata di ‘lavoratore insonne’?” domandò, ma l’unica risposta che ottenne fu un “Amm’ parlà.[1]” ed un venir strattonato per un braccio con poca grazia.
“Ehi, ehi! Calma!” Yuzo tentò invano di protestare, mentre veniva trascinato davanti al suo ufficio come un sacco di patate. “Ma che diavolo sta…”.
“Ho trovato qualcosa che devi assolutamente vedere.” gli bisbigliò Rita, guardandolo con serietà da sopra le lenti tonde. “E mo’ arapri ‘sta port![2]” indicando l’uscio chiuso con un cenno del capo.
L’aria allegra ed ottimista scomparve dal viso del Prof, che divenne marmoreo in un attimo.
Aveva avuto la giusta intuizione, finalmente qualcosa cominciava a muoversi, ma, differentemente da quello che aveva pensato, la situazione non sembrava profilarsi di facile soluzione a giudicare dall’espressione scura di Rita, e cos’erano quei fogli che teneva stretta?
Rapidamente aprì la porta dell’ufficio, andandosi a sedere alla scrivania e accendendo il computer, mentre la sismologa richiudeva l’uscio alle loro spalle, prima di raggiungerlo.
“Che succede?” fu la domanda del Prof e lei lanciò il malloppo di fogli A4 sulla superficie del tavolo.
“Dai un’occhiata a questi.” disse solo, mentre lui cominciava a farli scorrere.
Erano sismogrammi.
No.
Erano pezzi di sismogrammi, ingrandimenti.
E tabelle.
Diede uno sguardo alle date degli eventi, mentre Rita spiegava, poggiando le mani sul tavolo. “Me ne sono accorta all’alba, facendo un raffronto tra gli eventi di Martedì, Giovedì e Sabato.” gli sistemò i diagrammi in modo che il primo, quello centrale e l’ultimo fossero i tracciati dei terremoti di cui stava parlando. “Mentre questi…” e posizionò altri fogli tra i precedenti “…sono i sismogrammi relativi alla stasi che è intercorsa tra un sisma e l’altro.”.
L’espressione di Yuzo cambiò in maniera drastica, mentre le labbra si tesero. Un sopracciglio si inarcò pericolosamente e fece per dire qualcosa, quando la sismologa lo interruppe.
“Se me lo stai per chiedere: no, non sono repliche[3].” e quell’affermazione gli fece alzare di scatto lo sguardo verso di lei.
“Ne sei certa?”.
“Ho rigirato quei tracciati fino a vomitare.” concluse Rita, ed il Prof tornò a guardare quello zigzagare fitto di linee nere che, ad occhi inesperti, non avrebbero detto assolutamente nulla, mentre ai suoi dicevano molto di più di ciò che avrebbe voluto vedere.
La sismologa sbuffò contrariata. “Ci siamo fossilizzati come stupidi solo sui fenomeni principali dei terremoti senza contare la microsismicità[4].”.
“Quanti ne hai contati?” domandò a bruciapelo.
“280 tra il primo ed il secondo, 330 tra il secondo ed il terzo, 300 dal terzo ad ora.”.
910 microsismi che non erano repliche degli eventi più grandi.
“Probabilità che siano noise[5]?”.
Rita scosse il capo “Ho preso come campione un tracciato relativo a quattro mesi fa: non sono noise.”.
910 micro-sismi che non erano repliche degli eventi più grandi né associabili a noise.
“Hai i valori di (b)[6]?”.
“Ovviamente.” accordò quasi con rassegnazione, passandogli fogli pieni di tabelle e numeri che lui scrutò senza fiatare.
1.1
1.5
1.4
1.3
1.6
1.5
2.0
1.2
1.0
E via di seguito con scarti minimi.
La sismologa aggrottò le sopracciglia, scrutando la sua espressione glaciale e dallo sguardo che scivolava sui fogli ed il loro contenuto; con un respiro pesante disse “Lo sai cosa significa tutto questo, vero?”.
A quelle parole, tutti i buoni propositi si dissolsero come neve al sole, mentre incrociava le mani sul tavolo. Meditò per una frazione di secondo, poi afferrò rapidamente la cornetta del telefono, componendo a memoria un numero.
All’altro capo squillò libero per qualche minuto prima che una voce impastata dal sonno rispondesse. “¿Que pasa?[7]”.
“Rick, sono Yuzo. Rintraccia Toshi e portate il vostro culo all’FVO.” sospirò con forza “L’ipotesi dell’evento vulcanico è di nuovo sulla lista.”.

Saya strinse il fazzoletto, guardandola con occhi lucidi. “Dio, che storia triste!” e si soffiò sonoramente il naso.
Yoshiko sorrise, tenendo il viso poggiato nella mano, mentre rigirava la lattina di coca cola, quasi vuota, sul tavolo.
“Già.” convenne, continuando a fissare l’oggetto senza realmente vederlo. Nella sua mente c’era una sola immagine, un solo viso, i suoi occhi ed il suo sorriso. Nient’altro. Lentamente mosse lo sguardo al cellulare che restava silenzioso accanto al vassoio del pranzo ormai consumato. Le sue labbra si distesero appena. Era da quando Yuzo l’aveva lasciata davanti all’Università che non vedeva l’ora che fosse pomeriggio per poterlo chiamare. Le mancava così tanto la sua voce, che finì col domandarsi se sarebbe riuscita a resistere così a lungo, ma sapeva anche che lui stava lavorando e che doveva essere impegnatissimo, come al solito. Lo immaginò, per un attimo, dietro la scrivania e lo sguardo al monitor del computer, con quell’espressione seria e pensosa, mentre Rick e Toshi facevano casino, magari prendendo in giro Hisui, e Rita che li ammoniva tutti e tre nella sua lingua incomprensibile. Non riuscì a non ridacchiare a quel quadretto, quando Saya si attirò nuovamente la sua attenzione.
“E’ il momento giusto, Yoko.” disse con severità, battendo i pugni sul tavolo e sporgendosi un po’ verso di lei. “Affondalo, tesoro.”.
“Affondarlo?” fece eco, prima di sorridere con ironia “L’unica ad essere colata a picco sono solo io.” ed agitò una mano “Anche se…”.

“…l’unico che deve essere ringraziato, qui, è Dante. Grazie caro, tu sì che mi vuoi bene.”
“Perché? Io no?”

“Anche se?” ripeté l’amica e Yoshiko scosse il capo.
“No, niente. Pensavo che magari un po’ di affetto lo prova nei miei confronti, ma credo che per lui io sia solo un’amica.”.
Saya incrociò le braccia al petto con stizza. “Non essere così pessimista, uffa! E poi… la moglie è morta, non è più un ostacolo, di che ti preoccupi? Non hai forse detto tu stessa che The Doctor[8] si è addirittura tolto le fedi?”.
Ma la ragazza non ne sembrava totalmente convinta. “Questo è vero, però… forse per lui è ancora troppo presto per cominciare a guardarsi intorno.” poi sbuffò, affondando il viso in tutte e due le mani, con espressione crucciata. “E poi, figurati se guarda proprio me.” scosse il capo “Certo, è protettivo, è dolce e molto affettuoso nei miei confronti, però…” e diede voce ad alcuni dei dubbi che, nonostante tutto, non l’avevano mai abbandonata ed ogni tanto si affacciavano al suo cuore, smorzando le poche certezze faticosamente acquisite “…temo che anche lui mi consideri come una bambina, solo… in maniera diversa dagli altri.”.
“Cioè?” indagò Saya, non riuscendo a capire il suo contorto ragionamento.
Yoshiko sospirò pesantemente. “Vedi, per tutti gli amici di Taro io sono la ‘sorellina di Misaki’, ed anche loro mi trattano e coccolano come se fossi la loro sorella minore. Per Yuzo, invece, io sono un’amica e, sotto quest’ottica, non mi vede come una bambina, ma credo di esserlo per l’uomo che è.”.
L’amica assunse un’espressione dispiaciuta. “Oh… ho capito…” ma, differentemente da Yoko, lei tendeva a non perdersi d’animo e con convinzione batté un pugno sul tavolo, facendo tintinnare gli oggetti su di esso. “Ebbene! Dimostragli che non lo sei! Hai già fatto un gran passo in avanti offrendoti di chiamarlo, ma ora devi fargli capire che siete entrambi giovani ed in buona salute, che siete entrambi sessualmente attivi e che non esiste solo ‘l’udito’ per ‘sentire’ l’altra persona!” arringò, annuendo con decisione.
La sorella di Misaki inarcò lentamente un sopracciglio, lasciando che qualche secondo di silenzio le separasse, poi sentenziò “Saya, sei veramente una… maiala!”.
“Oh, eddai! Hai capito cosa voglio dire, no?” la giovane si rilassò contro lo schienale della sua sedia.
“Certo che ho capito, scema! Ma mi spieghi cosa dovrei fare?! Intrufolarmi nel primo sexy-shop che trovo, comprare il completo più provocante di questo mondo e presentarmi a casa sua con il Kamasutra illustrato da Manara per caso?!”.
Saya si massaggiò il mento con aria pensosa “Sai che è un’idea?!”. Un tovagliolo appallottolato la centrò in piena faccia, facendola sbottare in una sonora risata.
“Non mi sei di nessuno aiuto!” l’ammonì Yoko, divenendo porpora.
“Eddai! Non dirmi che non ci hai mai fatto un pensierino…” poi, abbassando il tono e rivolgendole un’occhiata maliziosa “…il tuo vedovello è un gran bel figliolo, alto e con le spalle larghe…”.
Yoshiko le tenne il gioco, incrociando le mani sotto al mento e sporgendosi in avanti. “Posso confermarti che le sue spalle sono favolose, le braccia forti e le mani grandi, ma delicate.”.
“Ma davvero?”.
“Davvero.”.
Ehhhh. Chissà come lo hai consolato ieri… da cosa nasce cosa…”.
“E chi lo sa.”.
Rimasero a fissarsi in silenzio per qualche secondo.
“Stiamo degenerando, vero?” propose Saya.
“Abbastanza.”.
Ed entrambe scoppiarono a ridere con Yoko che ringraziò mentalmente l’amica per la sua innata abilità di saper sempre come risollevarle il morale anche nei momenti peggiori.
“Passando a cose più serie…” riprese proprio quest’ultima “…quando hai intenzione di parlargli dei tuoi sentimenti? Io sono sempre convinta che sia la soluzione migliore.”.
La sorella di Misaki bevve l’ultimo sorso della bibita ormai a temperatura ambiente, prima di stringersi nelle spalle. “Non lo so… il fatto è che non vorrei sembrare poco opportuna o, peggio ancora, non vorrei che lui pensasse che io abbia voluto approfittare della situazione.”.
“Anche questo è vero.” sbuffò contrariata.
“Senza dimenticare che… non credo di avere ancora il coraggio necessario per poterglielo dire.”.
E Saya alzò gli occhi al cielo. “Mhhh! Va bene, va bene. Un passo alla volta. Concentrati sulla telefonata che dovrai fargli dopo, ma vedi di trovare questo benedetto coraggio prima che lui vada via, intesi?”.
“Sì, sì.” accordò con un sorriso, ma non era affatto una cosa semplice. Le bastava ripensare a quando, quella mattina, aveva avuto il suo viso a distanza millimetrica per far sciogliere tutti i suoi buoni propositi come burro e sapere che avrebbe avuto quegli occhi puntati nei suoi, non aiutava di certo a farle trovare la forza necessaria. Forza che avrebbe dovuto essere doppia quando, con quel suo tono rassicurante, le avrebbe detto che no, non ricambiava i suoi sentimenti.
Era una cosa di cui aveva sempre tenuto conto. Differentemente da Saya, lei non aveva mai creduto in una happy ending tra loro ed anche ora, che aveva saputo la verità su Aiko, continuava a non crederci, sforzandosi di non sperarlo neppure: troppa era la paura di sentire il cuore in frantumi. Però, nonostante i timori e le raccomandazioni che tentava di auto-imporsi, non riusciva a non provare una gioia immensa per ogni piccolo passo che riusciva a compiere nella sua direzione.
Sospirò pesantemente, muovendo lo sguardo in direzione della porta, e sorrise, adocchiando Eri, Sumie e Fuyuko che si avvicinavano quasi correndo verso il loro tavolo.
“Tre Grazie a ore 10.” ridacchiò “Le tue degne compari.”.
Saya le fece prima una linguaccia poi si girò verso le amiche, sbracciandosi come un’ossessa e con un sorriso a trentadue denti.
“Eccovi!” esclamò Sumie “Vi abbiamo cercato dappertutto!” mentre Fuyuko si sedette, prendendo la mano di Yoshiko e guardandola con apprensione.
“Cara, allora? Si può sapere che è successo? Ieri sei scappata via ed il tuo cellulare è rimasto spento. Come stai?”.
“Bene bene, mie care.” cominciò Saya con la solita solennità di chi sta per divulgare la notizia più sconvolgente del secolo “Prendete posto e mettetevi comode, ne avrete per buoni trequarti d’ora.” ed annuì soddisfatta, incrociando le braccia al petto. “Dai, Yoko. Racconta.”.
La sorella di Misaki le rivolse un sorriso affettuoso. “E toglierti il piacere di spettegolare?” disse, scuotendo teatralmente il capo “Non mi permetterei mai!”.
Alla sua vicina di stanza per poco non venne un colpo, mentre si rizzò sulla sedia, osservandola con tanto d’occhi. “Dici davvero?! Posso dirglielo io?!”.
Yoshiko fece una piccola riverenza “A te l’onore.” generando il tripudio dell’amica che non aspettava altro.
Così, mentre Saya raccontava alle tre attentissime ragazze gli ultimi sviluppi, infarcendoli dei suoi particolari commenti, lei tornò a far scivolare il suo sguardo sul cellulare silenzioso, rievocando, con un sorriso, la sua bellissima voce.

“I conti non tornano.” esclamò Ricardo con uno sbuffo.
“Se è per quello, non tornano mai.” sospirò ironicamente Toshi, mentre tutta la squadra era riunita nello studio di Yuzo da quella mattina.
La scoperta di Rita era stata una maledetta doccia fredda, ma non era ancora una conferma definitiva.
“I valori di (b) sono ancora troppo ambigui per farci affidamento.” il Prof si passò stancamente una mano sul viso, desiderando ardentemente un caffè ed una soluzione al tutto nei tempi più rapidi possibili. “E quelle micro-scosse possono significare qualsiasi cosa…”.
“Non sono repliche, ergo, la possibilità che siano tettoniche tende a zero.” replicò l’ingegnere e Yuzo scosse il capo.
“E le migrazioni vulcaniche avvengono verticalmente e non in orizzontale.” si rilassò contro lo schienale della poltrona, alzando le mani “Sono fattori di eventi comuni che si smentiscono a vicenda, che diavolo!”.
“I dati del tuo amico, però…” intervenne Rita, riferendosi a quelli di Shiro che erano arrivati proprio in mattinata “…ci hanno permesso di individuare il reale inizio dell’attività sismica anomala.” che era avvenuto circa un mese prima dello sciame individuato da Yuzo al largo di Shimizu City, quando i dati non erano ancora completi. L’ipocentro era stato localizzato nelle profondità della Depressione di Nankai, registrando una magnitudo di circa 7.3 gradi Richter, però, data l’alta profondità, l’allarme tsunami non era nemmeno scattato. Per questo, in TV ed alla radio così come sui giornali, l’evento era passato in sordina.
“Beh, sappi che una migrazione che parte dalla Nankai non mi rassicura per niente.” obiettò Yuzo, afferrando una sigaretta spenta e portandosela alle labbra.
“Nemmeno a me, ma almeno abbiamo messo il primo punto fermo in tutta questa faccenda.”.
Hisui avanzò un’ipotesi. “Non potrebbe essere dovuto al famoso ‘acceleramento tettonico’?” ed il Prof negò con decisione.
“No. Avremmo dovuto avere eventi lungo tutta la Depressione e non ce ne sono stati.”.
“Questo mette una croce definitiva sulla teoria dell’ERI?” domandò ancora il meteorologo. Rick si strinse nelle spalle.
“Esattamente, ma non ci avevamo mai fatto grande affidamento.”.
Yuzo si attirò nuovamente l’attenzione di Rita. “Adesso dobbiamo verificare se queste micro-scosse, la migrazione se le porta dietro dall’evento (α).” E la sismologa si portò una mano al viso, per nulla entusiasta della cosa.
Uggesù[9]! Sai come sarà contento Takumi? Ci faremo Pasqua, Natale ed Epifania in quel laboratorio.”.
“Cosa succederebbe se Rita le trovasse fin dall’evento (α)?” si informò Toshi.
“Che si tratterebbe di fenomeni tettonici.” spiegò Yuzo “Già una migrazione orizzontale è alquanto rara, così lunga poi: è vulcanicamente impossibile.”.
“E se non ne trovasse, invece?”.
Un profondo sospiro precedette la risposta per nulla rassicurante. “Allora, l’evento avrebbe subito un mutamento e, da tettonico, si starebbe evolvendo in vulcanico.” si strinse nelle spalle “Le vibrazioni potrebbero aver fratturato substrati molto profondi, deformandoli e mettendo il magma in condizioni di risalire.” a quelle parole seguì un lungo momento di silenzio, mentre passava in rassegna tutti gli sguardi preoccupati dei presenti “Pregate che non sia così o avremmo un grosso problema.”. Poi si alzò lentamente, afferrando il giaccone. “Per ora lavoriamo su questi dati.” e controllò rapidamente l’orologio prima di affermare “Io mi assento per un po’.”.
“Dove vai?” si informò Rick con espressione ebete e già pronto per prenderlo in giro.
“Ho un appuntamento. E sono anche in ritardo, accidenti!” mancavano pochi minuti alle 18.
“Ma non mi dire…”.
Yuzo lo fulminò con un’occhiataccia.
“Mi spiace, ma non è con Yoshiko.” e l’ingegnere parve deluso.
“Come sarebbe?! Ed io che già immaginavo un incontro galante con Occhi Belli!” sbuffò, sbattendo velocemente le ciglia.
“Ed immaginavi male: devo vedere suo fratello.”. Yuzo infilò la pesante giacca sportiva, eclissando il cellulare in una tasca. “Credo voglia sapere un po’ com’è la situazione qui a Nankatsu.” ipotizzò anche se, effettivamente, Taro non gli aveva detto il motivo di quella visita, ma l’accertarsi dello status dei terremoti, per sapere se Yoshiko correva qualche pericolo, era l’unica idea che gli era venuta in mente.

“Taro, sei ancora in tempo per ripensarci.”
Azumi gli stava ripetendo quella frase da quando erano partiti da Iwata. Anzi, da prima. Da quando gli aveva detto che sarebbero andati a Nankatsu perché lui doveva parlare con Yuzo.
La donna aveva cercato di dissuaderlo in tutti i modi, ma lui era stato categorico e come sordo ad ogni sua più vivace protesta, trincerandosi in un sacrale mutismo che però non riusciva a schermare il suo nervosismo.
Era teso. Ed avrebbe continuato ad esserlo fino a quando non avrebbe parlato con il suo vecchio compagno di scuola ed avrebbe avuto la sua parola riguardo al non vedere più Yoshiko. Solo allora, dopo essersi tolto il peso, avrebbe sciolto anche la tensione.
Lanciò un’occhiata alla pendola del salotto e la lancetta dei minuti, in quel momento, scivolò sulle 18:05, l’attesa era quasi finita ormai, ma Azumi continuava imperterrita a non darsi per vinta.
“Per l’amor del cielo, perché non parli con tua sorella, prima di intrometterti in questo modo nella sua vita?” e, nonostante tutto, cercava di mantenere un tono dolce, preoccupato, sforzandosi di non rimproverarlo anche se avrebbe voluto. Fece scivolare una mano sulla liscia superficie del tavolo per stringere quelle intrecciate del giocatore dello Jubilo. “Stai rischiando di perderla, lo sai vero? Appena scoprirà quello che stai per fare, non vorrà più sapere niente di te…”.
Taro si concesse un sospiro pesante.
Azumi credeva forse che non ne fosse cosciente? Che volesse leggere l’odio negli occhi di Yoshiko nei suoi confronti?
“Se per risparmiarle una sofferenza maggiore in futuro devo farmi detestare, allora mi sta bene.” disse infine, alzando lo sguardo sulla fidanzata storica “Un giorno… un giorno capirà e mi ringrazierà…” ma sembrava quasi che stesse cercando di convincere sé stesso.
“Ma io non capisco cosa tu voglia dire!” si impuntò Azumi, scuotendo il capo “Credi forse che Yuzo possa trattarla male, seppur dovesse esserci qualcosa tra loro?! È un pensiero ridicolo!”.
Taro non si stupì che non riuscisse a capire, a vedere dove stesse il problema, perché avevano storie e caratteri differenti, ma, essendo lui il fratello di Yoko, era quasi normale che riuscisse a vedere più in là di quanto facesse Azumi.
“A me sembra solo che tu stia cercando una qualsivoglia spiegazione alla tua iper-protezione!” concluse la donna con uno sbuffo ed assumendo per un attimo il piglio arrabbiato.
Ma avrebbero potuto continuare a discutere per ore, ormai era troppo tardi per tornare indietro e rivedere le proprie decisioni e, forse, lo capì anche lei, quando sentì trillare improvvisamente il campanello.
Entrambi si girarono di scatto a guardare la porta chiusa, rimanendo immobili per qualche secondo, poi Taro si alzò, ma la mano di Azumi si serrò velocemente intorno al suo braccio. Con sguardo supplichevole tentò per l’ultima volta di fargli cambiare idea.
“Te ne pentirai.” disse solo.
“Lo so. Ma non c’è altra scelta.” e la presa cedette debolmente, quel tanto che bastava a fargli liberare il braccio e tornare a camminare verso la porta per accogliere il suo ospite, mormorando un “Lo faccio per il suo bene.”.

La casa era del padre di Taro. Quella in cui avevano vissuto la prima volta che erano arrivati a Nankatsu e, nonostante ora il signor Misaki continuasse a girare il Giappone e l’Europa tra mostre e nuove ispirazioni e Taro risiedesse ad Iwata, avevano deciso, perfettamente concordi, di non rinunciare a un importante pezzo di cuore che i due avevano lasciato in quella città.
Volenti o nolenti finivano sempre per ritornarci, soprattutto Taro che considerava Nankatsu come ciò che di più simile alla parola ‘casa’ vi fosse. E quando Yoshiko si era trasferita per l’Università, si era rivelato ancora più utile avere quell’appartamentino come appoggio, in modo da essere più vicino a sua sorella.
Non era molto grande, ma giusto per due persone, situato in una tranquilla palazzina che costeggiava il fiume di Nankatsu.
Yuzo parcheggiò nel primo spazio abbastanza grande per Dante e scese rapidamente, dando una veloce occhiata all’orologio. Era riuscito a recuperare qualche minuto, sperando che Taro ed Azumi non lo stessero aspettando da molto. Nel tragitto aveva continuato a rimuginare sul motivo di quell’incontro improvviso, senza però riuscire a trovarne uno diverso dai terremoti.
Inforcò rapidamente il portone aperto, avviandosi alle scale. Se non ricordava male, l’appartamento di Taro doveva essere al quinto piano, il che significava che gli aspettava una bella scarpinata.
Mentre saliva i gradini si disse che avrebbe dovuto scusarsi nuovamente con il suo ex-compagno di scuola per il casino che era successo quella mattina e, meccanicamente, tirò fuori il cellulare per dare un’occhiata al display.
Chissà quando lo avrebbe chiamato Yoshiko e sorrise, scoprendo di stare davvero aspettando quella telefonata. Ora che ci pensava, non le aveva detto che doveva vedersi con suo fratello. Non che fosse necessario, anzi, magari lo stesso Taro avrebbe preferito che Yoko non lo sapesse: se dovevano parlare della sismicità della Prefettura, si sarebbe potuta preoccupare. Però non riuscì a non pensare che stesse cominciando a perdere colpi.
Arrivò finalmente al pianerottolo del quinto piano, eclissando il telefono in una tasca e controllando le targhette delle porte.
Quando lesse ‘Misaki’ su una di questa, si sentì quasi rincuorato: forse non ne stava perdendo troppi, di colpi, e, tirato un profondo sospiro, pigiò sul campanello.
Non dovette aspettare molto perché qualcuno andasse ad aprirgli e sull’uscio comparve proprio Taro cui lui rivolse un sorriso.
“Ciao, Yuzo. Grazie di essere venuto.” esordì il fratello di Yoshiko e la prima impressione che il Prof ebbe fu che fosse… strano. Non il solito Misaki dai modi cortesi e sorridenti, accoglienti, ma insolitamente freddo e distaccato. Addirittura nervoso, ma non ne era sicuro. Gli ostentava un sorriso quasi di circostanza.
“Figurati, anzi, scusami: ho fatto tardi.” si limitò a rispondere, fingendo di non notare l’irrequietezza dell’altro che gli fece cenno di accomodarsi.
“Veramente, sarei io quello che dovrebbe scusarsi. Immagino di averti distolto dal tuo lavoro.”.
Yuzo sentì il rumore della porta che venne richiusa alle loro spalle, mentre anche Azumi, che fino a qualche attimo prima era rimasta al tavolo, si alzò per andare incontro all’ospite.
“Nessun disturbo. Qualche minuto di pausa non può farmi altro che bene.” rispose il Prof, per poi sorridere in direzione della donna. “Ciao, Azumi.”.
“Ciao, Yuzo.”.
Stranamente, gli parve che anche lei fosse tesa ed il suo sorriso quasi tirato. La salutò con un bacio sulla guancia, mentre numerosi campanelli cominciarono a tintinnare nella sua testa, come se avessero voluto avvisarlo di un pericolo imminente.
“Dammi pure il giaccone e accomodati.” continuò la ragazza di Misaki “Ho appena fatto il caffè, ne vuoi un po’?”.
Yuzo sorrise. “Lo sai che non lo rifiuto mai, quindi, credo che approfitterò della tua gentilezza, grazie.”.
Lei ricambiò il sorriso, lanciando una rapida occhiata a Taro, prima di appendere la sua giacca sull’appendiabiti e lasciare il salotto.
Forse si era sbagliato, ma il Prof sembrò leggevi quasi apprensione in quello sguardo fugace che aveva rivolto al giocatore dello Jubilo Iwata, eppure continuò stoicamente ad ignorare i fastidiosissimi campanelli che sembrarono come impazzire nella sua testa.
Si sedette al tavolo, venendo imitato da Taro che si accomodò alla sedia accanto alla sua. “Come procedono le vostre ricerche sui terremoti?”.
Proprio come aveva immaginato. Taro voleva ragguagli sulla situazione. Era comprensibile, anche lui sarebbe stato in ansia se si fosse trovato al suo posto.
Il Prof incrociò le mani sulla liscia superficie in legno, utilizzando un tono molto rilassato: non aveva ancora elementi sicuri sulla gravità dei fatti e non voleva certo che si impensierisse ancora di più, così esibì un sorriso, costruendo un discorso molto vago che lasciasse intendere che fosse tutto sottocontrollo.
“Ci stiamo lavorando molto, ma è ancora troppo presto per delle risposte. Nel frattempo continuiamo a muoverci in tutte le direzioni possibili.”.
L’altro annuì quasi meccanicamente, mantenendo lo sguardo fisso sulle dita che picchiettavano il tavolo, come se Taro non riuscisse a far trovare loro un po’ di pace.
Nel frattempo, Azumi tornò con una tazzina piena di caffè fumante e dall’aroma piacevole ed invitante.
“Se non sbaglio lo prendi amaro, vero?” domandò la donna e lui confermò.
“Esatto, grazie.”.
La ragazza annuì, lasciandoli nuovamente soli.
“Ad ogni modo, non c’è ancora motivo di preoccuparsi e non dar retta a ciò che potrà dire la TV!” Yuzo riprese il discorso, cercando di concluderlo in modo che l’amico si tranquillizzasse del tutto “Tendono sempre ad ingigantire le cose.” ma Taro rispose nella maniera per lui più inaspettata.
“Capisco. Allora cercherò di non farti perdere altro tempo, andando subito al punto.”.
Panico.
Il punto?
Non era quello, il punto?
Taro non l’aveva chiamato per i terremoti?
Beh, ormai era lampante dato che aveva liquidato l’argomento in un paio di battute.
E allora?
Di cosa mai avrebbe dovuto parlargli?
Lentamente appoggiò la tazzina che stava per portarsi alla bocca, osservandolo realmente sorpreso.
“Si tratta di Yoshiko.” e vedere il mutamento repentino sul viso del Prof non piacque a Taro.
“Yoshiko?!” fece eco Yuzo “Che è successo? Sta bene? Stamattina l’ho lasciata davanti all’Università e-…” il fatto che l’amico avesse nominato la sorella con quel tono così serio, lo aveva messo immediatamente sull’attenti e la preoccupazione gli si era riversata addosso senza che nemmeno se ne rendesse conto; l’altro lo rassicurò, alzando una mano, ma senza riuscire a trattenere un modo quasi seccato.
“Sta bene.” per poi sospirare profondamente ed aggiungere “Il problema è un altro.” disse, liberandosi finalmente del peso che si portava dietro da alcuni giorni.
Nell’altra stanza, Azumi trattenne il fiato per un attimo, restando appoggiata allo stipite della porta e sperando che il giovane avesse un ripensamento dell’ultimo minuto.
Ma ciò non avvenne.
“Che intenzioni hai con mia sorella?”.
Scese il silenzio, gelido come quel nuvoloso Febbraio che si intravedeva dai vetri del balcone e come lo sguardo che solo dopo quella domanda Taro aveva deciso di rivolgergli.
“…cosa?” fece eco il Prof. Era ingenuamente convinto di aver capito male.
’Che intenzioni hai con mia sorella?’. Perché, non so se l’hai notato, ma lei si è presa una cotta per te.”l’amico lo spiegò con lo stesso tono glaciale di prima. E il fastidio. Dio! Il fastidio che provava nel rivelargli quella notizia era palpabile, ma Yuzo riuscì a metterlo da parte, focalizzando la sua attenzione sulle parole che aveva pronunciato.
Yoshiko… cosa?
No, non l’aveva notato.
Ma era sempre stato un po’ tardo in quelle cose, Aiko glielo diceva sempre.
“Certo, ad occhi estranei può passare inosservato.” Taro continuò senza distogliere il suo sguardo “Ma io sono suo fratello ed ho visto il modo in cui ti guarda, come ti sorride, come cambia totalmente espressione in tua compagnia. Ed io…” strinse i pugni con forza “…io non sono d’accordo.”.
Eccolo, il vero problema. Ciò di cui voleva parlargli e, dopo aver udito quelle parole, Yuzo avvertì quasi la necessità fisica di accendersi una sigaretta, mentre i suoi occhi vagarono fino alla tazzina in cui il liquido scuro aveva smesso di disperdere il fumo.
A quel punto, Taro si aspettò che lui negasse una simile eventualità, che scoppiasse addirittura a ridere, ma, come incredibilmente continuava ad accadere, le sue attese vennero per l’ennesima volta disilluse, sentendosi domandare, dopo qualche attimo di silenzio, quel sospirato “E’ per via dell’età?”.
Forse lo stesso Yuzo si sorprese nel chiedergli i motivi del suo essere contrario. Come se stesse confermando… che anche lui…
Un sorriso quasi rassegnato distese le labbra del centrocampista dello Jubilo Iwata. “Quello è il male minore. E passa in secondo piano anche il fatto che tu sia già stato sposato.” si sporse di più verso di lui, le sopracciglia aggrottate “E’ il tuo lavoro, il problema, Yuzo.” seppellendolo sotto quella marea di particolari e problematiche che furono come uno schiaffo per il Prof, una doccia fredda improvvisa. “Yoshiko non è un geologo e non può costruire la sua vita dietro al tuo perenne spostarsi da un continente all’altro per… quanto? Due, tre, quattro anni? E poi? Come potrebbe mai realizzarsi?” scosse il capo “Io lo so che cosa significa muoversi di continuo, non avere il tempo di ambientarsi ed affezionarsi a qualcuno ché bisogna ripartire. Ringrazio il cielo di aver avuto il calcio, ma lei? Io non voglio che salti di città in città come una vagabonda. E seppur dovesse restare qui e tu continuassi a viaggiare come hai sempre fatto, mi spieghi che rapporto riuscireste a costruire? Fusi orari sballati, anni di distanza e vedervi poi per… un mese? Due? Prima che un nuovo viaggio ti porti via e la faccia rimanere da sola? Come potresti mai aiutarla se lei avesse bisogno di te? Avendolo vissuto sulla mia pelle, so che le storie così hanno una sola, spiacevole conclusione…” lasciò volutamente la frase in sospeso “…e so che non posso pretendere che tu lasci la vulcanologia per restare bloccato in questo Giappone che sembra andarti troppo stretto: finireste con l’odiarvi.” Infine, concluse con l’argomento che più gli stava a cuore. “Ed è pericoloso, questo tuo arrampicarti per vette fumanti, per quanto tu abbia sempre detto il contrario. Io non voglio che una telefonata la svegli nel cuore della notte per informarla che hai avuto un incidente e non tornerai mai più a casa.”. Taro respirò a fondo, osservando il suo sguardo che si era nuovamente arenato in un punto indefinito. “Lei… lei non c’era al funerale di Aiko, ma io sì ed ho visto com’eri distrutto, ho visto la tua sofferenza… non voglio rischiare di vederla anche su di lei, un giorno. Non voglio.”.
Mentre Taro illustrava quello straziante elenco, Yuzo si odiò.
Odiò sé stesso ad ogni sua parola perché tutto quello che l’amico gli stava dicendo avrebbe dovuto già saperlo da solo, avrebbe dovuto pensarci per primo. Come un idiota non stava imparando dai propri errori, ma stava per commetterli di nuovo.
E si odiò ancora di più per questo, per la sola idea che avrebbe potuto farle del male e rischiare di perdere anche il suo sorriso dopo quello di Aiko.
Erano troppo distanti e lui si era lasciato cogliere di sorpresa da quell’attrazione e quel forte affetto che provava nei suoi confronti. Ma se davvero le voleva bene, avrebbe dovuto fare qualsiasi cosa per proteggerla e c’era una sola scelta.
“Per tutto questo, ti prego: scompari dalla sua esistenza nello stesso, identico modo in cui vi sei entrato, ora che non è troppo tardi.” concluse Taro “E’ un favore che ti chiedo come amico: non vedere mai più mia sorella.”.
Scomparire dalla sua esistenza.
Non vederla mai più.
Eclissarsi dal suo mondo e tornare ad essere nient’altro che un nome, tra i tanti amici di suo fratello.
Il battito rallentò quasi a gelarsi nel petto del Prof, che lo sentì pesante come piombo, mentre il sorriso di Yoshiko gli attraversò la mente come un lampo che, col tempo, sarebbe divenuto sempre più lontano fino a che il destino non lo avrebbe fatto appartenere a qualcun altro e lui ne avrebbe serbato solo il ricordo. Ma Taro aveva ragione e Yuzo lo sapeva.
Dopo essere rimasto come immobile per tutto il tempo del suo discorso, il vulcanologo annuì lentamente, deglutendo non senza sforzo.
“Va bene.” per un attimo non riconobbe nemmeno la sua voce, ma era stato davvero lui a pronunciare quelle due semplici parole e, dopo tanto nervosismo, Taro distese un sincero sorriso sereno.
“Grazie, sapevo di poter contare su di te.” disse, mentre Yuzo si limitava ad imitare pallidamente il suo sorriso e buttare giù, in un sorso, il caffè ormai freddo e non gli era mai sembrato così amaro.
Solo Azumi, dalla cucina, continuava a stringere con rabbia lo strofinaccio. Possibile che nessuno dei due si fosse accorto che era già troppo tardi per tutti? Che Taro non avesse notato come la voce del Prof fosse cambiata nel dire quel ‘va bene’ e lo sforzo per tirarlo fuori? Che non si fosse posto la domanda sul perché Yuzo non avesse smentito l’ipotesi di una sua storia con Yoshiko? E lo stesso Yuzo, come poteva non capire che scomparire di punto in bianco dalla vita di Yoko non avrebbe fatto altro che farla soffrire di più?
“E’ meglio che io torni in dipartimento.” esordì il Prof dopo aver dato una rapida occhiata all’orologio, tanto non c’era più altro da aggiungere. “Abbiamo ancora molto lavoro da fare.” si alzò, venendo imitato da Taro.
“Sì, scusa. Ti ho trattenuto. Ma avevo davvero bisogno di chiarire questa situazione.”.
“Me ne rendo conto.” accordò, afferrando il giaccone e dirigendosi alla porta, quando anche Azumi comparve, ostentando un sorriso.
“Vai già via?” disse, incrociando il suo sguardo e, nonostante le stesse sorridendo, i suoi occhi non trasmettevano serenità.
“Sì, ho i miei colleghi da controllare: fanno danni senza di me.” cercò di buttarla sul ridere. “Grazie ancora del caffè.” e varcò l’ingresso, accennando un ultimo saluto col capo. “Ciao, Taro.”.
“Ciao Yuzo, buon lavoro.” Il centrocampista dello Jubilo Iwata chiuse il portone alle sue spalle e solo si concesse un profondo sospiro liberatorio, girandosi a guardare Azumi che lo fissava con un misto di rimprovero e preoccupazione.
“Non sei d’accordo con me?” le domandò, raggiungendola, e facendo scivolare le mani attorno alla sua vita sottile.
L’altra sospirò, lasciandosi abbracciare e poggiando la testa contro la sua spalla. “Ora comprendo le tue motivazioni, ma so che Yoshiko non lo farà e nessuno di voi tre ne uscirà incolume quando lo verrà a sapere.”.
“Lo so, ma Yoko è ancora una ragazzina e col tempo le passerà…”.
Azumi sbuffò un sorriso ironico. “Ragazzina? Sei rimasto un po’ indietro coi tempi, tesoro.”
Taro finse di non sentire quell’ultima frase che avrebbe rischiato di far crollare quel breve attimo di tranquillità faticosamente raggiunta.

Sarebbe dovuto rientrare all’FVO, ma preferì concedersi una breve deviazione.
Non aveva voglia di arrivare in dipartimento e sorbirsi le domande di Rick. Adesso aveva bisogno solo di un po’ di silenzio e ritrovare la concentrazione necessaria per potersi dedicare esclusivamente all’emergenza sismica.
E poi, cosa mai avrebbe potuto rispondere all’ingegnere? Che aveva dovuto dire addio all’unica persona che, dopo quattro anni di gelo, era riuscita a trasmettergli un po’ di calore umano a quel cuore che era convinto fosse definitivamente morto insieme ad Aiko? Che Taro gli aveva sbattuto in faccia come il suo mondo fosse un circolo chiuso per chi non ne condividesse il lavoro?
Si risolse che non gli avrebbe fornito nessuna spiegazione, trincerandosi nuovamente in quei mille impegni che la condizione della Prefettura gli aveva elegantemente offerto su di un piatto d’argento.
Poi sarebbe ripartito, perché la fuga faceva parte del suo DNA e perché magari sarebbe stato meglio anche per Yoshiko. Scomparire dalla sua esistenza, come aveva detto Taro.
Alzò lo sguardo al cielo plumbeo, mentre un gruppo di uccelli volò alto sulla sua testa, gracchiando dei versi stonati. Con quel tempo pessimo, il cimitero gli apparve ancora più silenzioso di quanto non fosse nei giorni di sole. E più triste. Ma, in fondo, era andato lì proprio per quello e si aggirò lentamente tra le lapidi con le mani nelle tasche dei jeans e la sigaretta fumante al lato della bocca. Ed era già la seconda che si accendeva dopo aver lasciato l’appartamento dell’amico. Quando era nervoso diveniva più ciminiera del solito ed in quel momento era teso come una corda di violino.
Arrivò alla meta, sedendosi sul cemento freddo di fronte alla lapide ed abbozzando un sorriso che non aveva nessuna pretesa di essere felice.
“Ciao, tesoro.” salutò la sua Aiko sorridente, osservando le bocche di leone cambiate di fresco, segno del passaggio di Hiroshi, e le Belle-di-Notte che aveva portato lui con le corolle che si stavano aprendo alla sera in arrivo. “Ti fanno abbastanza compagnia?” le dita sfiorarono i setosi petali multicolore. “Abbiamo un bel po’ di problemi, quaggiù. Se hai qualche suggerimento, lo accetto più che volentieri, sai?” raccontò, parlandole come se davvero avesse potuto rispondergli.
Ciccò sull’asfalto del vialetto, spostando lo sguardo all’intorno, ma senza soffermarsi su alcun particolare; il silenzio interrotto solo da un cinguettare solitario.
“Ho rinunciato a quella famosa possibilità; non credo di essere la persona giusta per lei… finirei col farle del male ed è l’ultima cosa che voglio.” rise con ironia “Lo vedi che faccio bene a non tornare mai in Giappone? Sono io la catastrofe! Ah, ma aspetta che risolvo il mistero dei terremoti e poi…” il tono tornò malinconico “…e poi prenderò nuovamente il largo…”. Sul cemento spense il mozzicone della cicca, deglutendo a fatica. “…ma non farmi arenare, tesoro. Non farmi arenare ancora.”. Gli occhi fissi su quel sorriso eterno della fotografia, in cui rivide ancora una volta quello di Yoko e si sentì solo come non mai.
In quel momento, il cellulare prese a vibrare nella tasca del suo giaccone, facendogli socchiudere gli occhi per un lungo momento, mentre lo sentiva agitarsi in maniera ritmica. Avvertì il cuore gelido che riaffondava inesorabilmente, nel lento cavare di tasca l’oggetto per osservare sul display la scritta lampeggiante del nome di chi lo stava cercando.
Ed aveva atteso così a lungo quella telefonata.
Yoshiko.
Ma non rispose, appoggiando il cellulare sul marmo della lapide con una delicatezza estrema, restandolo poi ad osservare con le mani intrecciate all’altezza del naso, lo sguardo assente.
“Aiko, dimmi che ho fatto la scelta giusta…” sussurrò con un filo di fiato “…dimmi anche tu che non era destino.”.


[1]“AMM’ PARLA’”: “Dobbiamo parlare!”.

[2]“E… PORT!”: “Ed ora apri questa porta!”.

[3]REPLICHE:sono le scosse che seguono quella principale e che vengono comunemente dette ‘scosse di assestamento’ (termine orrendo). Hanno una minore intensità ed il loro numero è proporzionale alla grandezza dell’evento principale.

[4]MICROSISMICITA’: ovvero si tratta di piccoli terremoti registrabili solo dai sismografi e non avvertiti dalla popolazione.

[5]NOISE: termine inglese per individuare il ‘rumore di fondo’ (da ‘noise’ = ‘rumore’), ovvero quelle vibrazioni che non sono dovute ai terremoti, ma ad altre fonti: automobili, vento, ecc.

[6](B): valore appartenente alla relazione empirica introdotta da Richter (1958) che lega la magnitudo dei terremoti alla frequenza con cui avvengono.

[log N = A – bM] 

dove (N) è il numero di eventi di magnitudo (M) o superiore, (A) una costante e (b) la pendenza della retta. Il valore di (b) differisce a seconda del tipo di terremoto: valori di (b) tra 0,6 e 1,2 si osservano comunemente per terremoti tettonici, mentre valori maggiori di 1,5 sono associati a terremoti di tipo vulcanico. (Fonte: “Vulcanologia – principi fisici e metodi di indagine”, R. SCANDONE, L. GIACOMELLI. Edizioni: LIGUORI EDITORE).

[7]“¿QUE PASA?”: “Che succede?”.

[8]THE DOCTOR: omaggio al mitico Valentino ‘The Doctor’ Rossi.

[9]“UGGESU’!”: “Oh Gesù!”.


…E poi Bla bla bla…

Za-za-za-zaaaaaaaan! XD
Beh? Non ditemi che vi aspettavate fuoco, fiamme, pugni volanti ed occhi neri, spero! Né Taro e né Yuzo sono persone da sfuriate colossali, ma piuttosto soggetti inclini al pacifico dialogo. Ad ogni modo, il numero 11 ha mollato la bomba che è stata piuttosto devastante per il Prof.
Ed ora siamo a -2 dal colpaccio del Capitolo 18! *blink* E chissà che non riesca ad anticiparlo… o a ritardarlo! XD Non si sa mai, quando mi prende la logorrea sono cavoli neri anche per me.
Ad ogni modo, vorrei tentare di ridurre di qualche capitolo l’intera storia, se ci riesco, ma si vedrà.
Infine, vorrei ringraziare tutti i lettori per la fiducia con cui seguono questa fic: lo so che procedo un po’ lentamente, ma cerco di fare del mio meglio affinché gli aggiornamenti siano quantomeno consistenti. ^^

PS: questa volta vi ho riempito di note! XDDD

Angolino del “Grazie, lettori, grazie! XD”:

Hikarisan: in primis grazie mille per gli auguri!*__* Dopodiché, ti ringrazio tantissimo anche dei complimenti che mi fai ogni volta!*_____*
Alla fine, Taro ha fatto il ‘buon fratello maggiore’ e spero che tu abbia apprezzato questo capitolo, nonostante l’abbia dovuto scrivere nei ritagli di tempo o alla sera, stanca morta per le ore in laboratorio. T___T

Eos: T__________________T Grazie! Mi ricopri di complimenti ogni volta *arross*. Sono felicissima quando leggo che certe cose, emozioni ed atteggiamenti riescono ad arrivare al lettore. L’evoluzione dei personaggi e le loro caratterizzazioni sono alcuni dei punti sui quali mi soffermo di più e quando vengono apprezzati… ne sono commossa! T___T
Per quel che riguarda Rita… la mia prof è esattamente così! XDDDD Ed ora sai anche cosa gli strumenti le hanno detto… sperando di essere stata abbastanza chiara! XDDD
Spero di non averti fatto attendere troppo per questo capitolo, mi metterò al più presto a lavorare al prossimo! *_____* grazie ancora!

Sakura-chan: Bettina! Spero che tu abbia trovato valide e credibili le motivazioni di Taruccio. A me, personalmente, non sembravano campate in aria. T_T  Eccetto per l’età e la vedovanza, sono state le prime cose a cui ho pensato quasi in maniera istantanea.
Per quanto riguarda Yuzo: lui non è che si sveglia e capisce, lui lo ha capito già da prima, solo che aveva bisogno di quella ‘spintarella’ in più per ammetterlo con sé stesso.
Rose e fiori?... MWAHAHAHAHAH! XDDDDDDD.
Grazie mille per tutto il lavoro che fai con le betaletture, davvero, grazie di tutto! Luv!

   
 
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