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Autore: HamletRedDiablo    02/09/2013    5 recensioni
L’equilibrio della Confederazione Siderale era garantito da tempi immemori dall’Asse, il primogenito della famiglia Vaticana Vargas; l’Asse era il cardine su cui ruotava tutto l’universo conosciuto.
Ma due gemelli avrebbero fatto precipitare anche il cielo, pur di ricongiungersi con il consanguineo.
«Saresti davvero disposto a tradire la tua famiglia?»
«Voglio liberare mio fratello dal Palazzo. Non mi importa del resto.»
«E faresti qualunque cosa?»
«Qualunque cosa.»
Una mano abbronzata sventolò sotto il suo naso, in una precisa offerta.
«Sei pronto a unirti alla mia ciurma?»

Coppie: GerIta, Spamano, RoChu, PruCan (altre si uniranno in seguito)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo Tre:  l’Auspicio

 

Le ossa del precedente Asse scricchiolarono come rami secchi in autunno mentre prendeva posto sull’inginocchiatoio imbottito, assistito dall’instancabile Guardiano.

Mancava esattamente un anno all’ufficiale successione di Feliciano, ed era giunto il momento dell’Auspicio: come da tradizione millenaria, il vecchio Asse avrebbe incontrato quello nuovo per profetizzare gli avvenimenti che avrebbero segnato la sua reggenza futura. Ma nessuno degli Assi precedenti aveva mai dovuto vaticinare su un gemello. Si augurava che la superstizione su di loro fosse solo una voce infondata.

I suoi pensieri furono interrotti dall’apertura del maestoso portone intarsiato.

Il futuro della Confederazione gli sorrise dalla soglia dorata.

Il vecchio Asse si concesse qualche lungo secondo di analisi critica della coppia apparsa nella suntuosa sala.

Il Guardiano svettava sulla modesta statura del nuovo Asse di almeno una ventina di centimetri, solenne nella sua divisa scura. A un Guardiano degno del proprio titolo non occorrevano pesanti armature per essere protetto: erano sufficienti la sua destrezza e la sua resistenza fisica, superiori a quelle di qualunque essere umano e ottenute tramite sanguinosi allenamenti. Nemmeno l’uomo più robusto della galassia sarebbe mai riuscito a sollevare la pesante spada che Ludwig portava sulla schiena, e certamente nessuno, a parte il giovane dagli occhi di ghiaccio, sarebbe riuscito a sfruttare il potenziale delle tre Gemme Mistiche incastonate nell’elsa.

Spostò le pupille invecchiate sul suo successore. La tunica bianca drappeggiava attorno al suo corpo esile come una nuvola poteva coronare il sole, e il fine velo appeso al cappello immacolato nascondeva parzialmente il volto, steso in un sorriso amabile.

Nemmeno Feliciano aveva il diritto di guardare il vecchio Asse negli occhi, almeno finché non sarebbe diventato un suo pari.

L’anziano lo invitò a inginocchiarsi davanti a lui con un gesto della mano decrepita, e Feliciano prese posto con grazia, seguito dal Guardiano.

Il passato e il futuro della Confederazione intrecciarono le mani e salmodiarono con precisione le preghiere di inizio cerimonia.

I Guardiani assistettero in perfetto silenzio mentre Feliciano scostava il velo per permettere al vecchio Asse di appoggiare la fronte sulla sua esattamente dove si supponeva si trovasse il Terzo Occhio, l’organo destinato alla preveggenza.

Il vecchio Asse non avrebbe mai dimenticato gli avvenimenti di quel giorno.

Quando il Terzo Occhio si spalancò, la sua pupilla invisibile abbracciò l’orizzonte placido di un planetario in cui i vari mondi ruotavano attorno al Palazzo di Cristallo in perfetta armonia. Non vi era modo di travisare quella visione: i poteri del suo successore erano stati acclamati in passato, e chiaramente avrebbero garantito un impeccabile equilibrio in futuro.

Lo scenario della visione cambiò improvvisamente: nello spazio buio in cui galleggiavano i pianeti si aprirono due occhi brucianti, rossi come la lava della Fortezza di Efesto. Poi, una dopo l’altra, comparvero le zanne affilate di un muso ferino, che ringhiò facendo tremare tutti i mondi.

L’Asse sentì i polsi trasformarsi in acqua quando la bestia lanciò un cupo ululato che arrestò improvvisamente il moto di tutti i pianeti. Richiamate dal suo urlo animalesco, altre tre fiere emersero dallo spazio buio: un corvo gracchiò sepolcrale, un falco si librò in volo, e un’aquila sfrecciò verso il muso tenebroso del lupo.

Alla comparsa delle belve, i pianeti stessi parvero impazzire: il Chugoku perse la stella più splendente, e una spada di foggia orientale si conficcò nel cuore del pianeta, facendogli stillare sangue denso e brillante; da Britannia partirono dei fulmini crepitanti, che mandarono in frantumi mille pianeti circostanti; le sei Fortezze si sciolsero, liquefatte come una palla di cera gettata nel fuoco, e le loro lacrime viscose si persero nel vuoto della Galassia. Un’enorme onda dello stesso colore degli occhi scarlatti del lupo si gonfiò poco sopra il contorno frastagliato delle sue zanne, e si riversò feroce sulla Confederazione, tingendo ogni pianeta rimasto con il suo colore sanguigno e spezzando il Palazzo di Quarzo in un caos di frammenti vermigli.

Il vecchio Asse sbarrò gli occhi, chiudendo bruscamente il Terzo.

Gli occhi ramati del ragazzo lo fissarono in attesa, a una misera distanza dai suoi.

«La pace e la prosperità segneranno la tua reggenza» predicò il vecchio Asse. «Non ho mai avuto visione più felice: non vi sarà nulla che turberà il tuo equilibrio.»

Feliciano sistemò di nuovo il velo, bisbigliò la preghiera conclusiva e si rialzò con eleganza, inchinandosi al suo predecessore come da cerimoniale. Il Guardiano si genuflesse più profondamente di quanto non avesse fatto Feliciano, poiché la rigida gerarchia Vaticana lo prevedeva. Dopodiché si fece da parte per permettere al futuro Asse di calpestare per primo la soglia di uscita, e lo seguì subito dopo.

Il vecchio Asse attese che i due fossero spariti lungo i corridoi perlacei prima di impartire l’ordine al suo Guardiano:

«Porta questo messaggio all’attuale Capofamiglia Vargas il prima possibile.»

Il Guardiano non si chiese il significato del criptico messaggio di cui sarebbe stato ambasciatore: si limitò ad ascoltare e memorizzare.

Il Caos era stato scatenato dal lupo nero, per cui, una volta eliminata la bestia, il Caos non si sarebbe risvegliato. Doveva trovare quanto prima l’altro gemello, sfuggito alla morte con chissà quale trucco diabolico, e ucciderlo; solo così la Confederazione non sarebbe crollata.

La superstizione sui gemelli si stava rivelando esatta.

Erano davvero un presagio di malaugurio.

 

***

 

«Non possiamo andare più veloci?»

I capillari del capitano dell’Aereonave quasi esplosero per quell’urlo esagitato.

«I razzi sono al massimo» gridarono in risposta dalla sala comandi. «Non possiamo fare di meglio!»

Non gli fu dato modo di tentare ulteriori vie di fuga: il rumore di una scialuppa li fece voltare tutti con mortale lentezza.

La piccola imbarcazione cilindrica fluttuava serena sul ponte di prua, i propulsori che emettevano una ghirlanda di fiamme azzurrognole. Il suo carico era costituito da due sole persone, ma fu sufficiente un’occhiata ai loro volti perché ogni uomo sull’Aereonave sentisse l’anima fuggire dal corpo.

Il cappotto rosso del capitano della Reina de la Oscuridad assomigliava a una cascata di sangue, e il cimitero di medaglie strappate ai condottieri sconfitti scintillava su quel fiume vermiglio. La pesante ascia, più alta dello stesso capitano, stava appoggiata sulla spalla destra con la tesa aspettativa di un predatore pronto a sbranare la sua vittima.

Al suo fianco, più piccolo ma non meno spaventoso, un giovane li fissava torvo, un piede appoggiato sul bordo della barca.

Il comandante dell’Aereonave inghiottì un amaro boccone di saliva. Conosceva le leggende su quel ragazzino, apparso come per un sortilegio nella ciurma dalla Reina de la Oscuridad. Si diceva che da solo potesse indurre un intero equipaggio al suicidio, e che la belva che era in grado di evocare si cibasse unicamente di carne e sangue umani. Il sacrificio delle sue vittime era ricordato nella tinta scarlatta della sua giubba, meno decorata e più corta rispetto al cappotto del capitano.

Antonio Fernandez Carriedo era universalmente conosciuto come la Mano Destra del Diavolo, e quel ragazzino si era presto guadagnato il titolo di Mano Sinistra del Diavolo.

Gli occhi smeraldini lampeggiarono nell’ombra del cappello, e la voce di Antonio Fernandez Carriedo si modulò in un saluto:

«Perdonate l’intromissione. Abbiamo bisogno di alcune informazioni. Se ce le fornirete, sarete tutti in grado di vedere l’alba di domani.»

Il comandante cercò di mantenere le gambe ferme mentre annuiva grave.

«Siete parte della flotta Britannica, non è così?»

L’uomo annuì di nuovo, paralizzato. L’enorme stemma del Leone sulla vela maestra era più che esplicativo.

«Avete contatti con la Capitaneria Britannica?» insistette Antonio.

«Come è ovvio…» tartagliò il comandante.

«State andando splendidamente. Vi prego di non cadere proprio sul mio ultimo quesito» si complimentò il capitano impaludato di rosso, prima di incupire il viso in un’espressione di assoluta serietà: «Dove si trova l’ultimo Hellsing?»

Gli occhi dell’uomo si strabuzzarono fino al punto di esplodere. Le gambe, che fino a quel momento avevano mantenuto stoicamente una posizione eretta, fuggirono all’indietro, facendolo arretrare di qualche passo.

Ricordava spaventosamente bene i giorni in cui l’Hellsing era stato libero di scorrazzare per la Confederazione con la sua coorte mostruosa. E il ricordo di quei giorni lo spaventava ancora di più della coppia davanti a lui.

«Non siamo autorizzati a rivelarlo.»

Le dita del capitano tamburellarono sull’impugnatura dell’ascia.

«Sono sicuro che siete un uomo ragionevole. E capirete che un’informazione vale meno di una vita.»

«Non questa informazione. Se l’Hellsing dovesse svegliarsi, quei demoni mostruosi tornerebbero a infestare la Confederazione, e migliaia di persone potrebbero morire…»

L’ascia si fermò a un millimetro dalla sua giugulare, ma sarebbe bastato lo sguardo furibondo del capitano a ucciderlo: le iridi verdi ardevano con una rabbia così totale che avrebbe potuto polverizzargli il cuore.

«Stai dicendo che l’Hellsing è un assassino?» sibilò.

«Quante persone sono morte, per colpa dei suoi famigli demoniaci?» esalò il comandante, preoccupato che una parola pronunciata troppo forte potesse spingere la sua gola verso la lama affilata dell’ascia. «È stato scomunicato dalle famiglie Vaticane al completo in quanto eretico!»

«Le famiglie Vaticane hanno il brutto vizio di distorcere la realtà a loro piacimento» intervenne il giovane, scendendo dalla barca con un balzo felino. «Secondo loro, io sono morto sei anni fa.»

«Lovino» chiese Antonio, impietoso del terrore che leggeva negli occhi iniettati di sangue del suo avversario. «Pensi di riuscire a estrarre qualcosa dalla sua testa?»

Il ragazzo inclinò il capo meditabondo, e i capelli ramati solleticarono le spalle cremisi della giubba.

«Posso fare un tentativo» concesse. «Non permettere a nessuno di avvicinarsi.»

L’ascia del comandante si scostò dalla sua gola solo per essere sostituita dalle mani del ragazzo; la gamba del giovane lo colpì dietro le ginocchia, facendolo rovinare a terra. Il comandate si ritrovò con la schiena schiacciata sul ponte dal peso del ragazzo a cavalcioni su di lui, le sue dita serrate contro la gola, e una voce di pece che gli colava nelle orecchie:

«Devi dormire per un po’, o non riuscirò a fare il mio lavoro.»

Antonio analizzò la scena, appagato dei progressi del ragazzo. Non era più un bambino pronto a dare di stomaco al primo sentore di sangue: ormai si era assuefatto alla battaglia, e il suo cipiglio scontroso non mutava nemmeno quando la sua vittima guerreggiava per l’ossigeno, come in quel momento. Vide i muscoli del ragazzo tendersi sotto la giacca per resistere all’ultima e più disperata lotta del comandante, prima che quest’ultimo si accasciasse privo di sensi. La mano del giovane scese ad artiglio sulla sua faccia: indice e anulare andarono a puntarsi sugli occhi, il medio raggiunse la fronte, e pollice e mignolo fecero presa sulle guance mentre il giovane chiudeva gli occhi per concentrarsi.

Antonio fu distolto dalla sua osservazione da un sibilo alla sua sinistra: un membro dell’equipaggio aveva tentato di sparargli con il silenziatore. Vide lo sgomento e l’orrore spandersi sul volto dell’uomo come una macchia di petrolio nel mare quando il proiettile si fermò a pochi centimetri dalla sua tempia, quasi fosse sospeso in una soluzione acquosa, senza nemmeno sfiorare la pelle abbronzata del capitano.

«Bel tentativo» si congratulò Antonio. Appoggiò la lunga ascia alla spalla in modo da poter imbracciare il fucile a canne mozze che teneva appeso sul fianco sinistro. Staccò con tranquillità il proiettile che ancora fluttuava nell’aria e lo caricò nella sua arma, per poi puntarla verso il cielo.

Il colpo partì diretto alle stelle sopra di loro, ogni mozzo poté vederlo. Così come lo videro scendere in picchiata verso il ponte, e schivarli uno per uno alla velocità della luce fino a conficcarsi nella fronte dello sventato che aveva tentato di sparargli. Uno schizzo di sangue investì le facce dei suoi colleghi mentre lo sciagurato cadeva a terra con un tonfo sordo.

«Sono questi i poteri… della Mano Destra dl Diavolo?» farfugliò un bucaniere, il viso imbrattato di sangue.

Antoniò sistemò di nuovo il fucile al suo posto e dichiarò, scuotendo lievemente l’ascia che gli stava facendo indolenzire una spalla:

«Impedire ai proiettili di colpirci e decidere la traiettoria dei nostri colpi… ogni Carriedo lo sa fare. Ma non è l’unica cosa che…»

La sua arringa fu interrotta dai mugolii sofferenti di Lovino, che lo portarono a dirigere di nuovo l’attenzione sul giovane.

Un groviglio di piccole saette verdi si propagava dalla testa del capitano e percorreva tutto il corpo del giovane, effondendo un odore nauseante di stoffa e carne bruciata. Lovino aveva bloccato il proprio polso con la mano libera, per impedire a se stesso di lasciare andare la presa proprio ora che era così vicino alla sua meta. La guerra del ragazzo contro l’incanto che proteggeva le memorie del comandante durò qualche secondo ancora, prima che Lovino venisse sbalzato via dal corpo supino dell’uomo.

Nonostante le pesanti armi, Antonio fu lesto ad afferrare il ragazzo prima che precipitasse al suolo.

«Il Mago dell’Ovest è davvero potente» imprecò Lovino, scuotendo la mano bruciata. «I suoi incantesimi di protezione sui ricordi dei suoi uomini sono difficili da ingannare.»

«Non sei riuscito a ottenere informazioni neanche questa volta?» lo interrogò Antonio.

Lovino lo scalciò con rabbia, offeso da quella mancanza di fiducia nelle sue capacità.

«Ho ottenuto qualcosa, invece! Il Mago dell’Ovest è potente, ma non infallibile!» sbottò.

Antonio posò gli occhi sull’uomo svenuto e sulla sua ciurma atterrita.

«Possiamo andarcene, allora.»

«Ci rimane solo una cosa da fare» gli ricordò Lovino.

Antonio annuì, e afferrò con entrambe le mani la sua ascia.

L’equipaggio osservò terrificato la lama che aumentava di dimensioni, fino a diventare grande come la scialuppa che ancora attendeva i suoi passeggeri. Ad Antonio bastò un gioco di polsi e braccia per far roteare la gigantesca arma, che divelse il tetto delle cabine della ciurma in un sol colpo.

«Dobbiamo ripulirvi la memoria» Lovino congiunse le mani, e una caligine scura sfiatò dalle sue spalle, formando due cupe palpebre che si aprirono in un paio di occhi sanguigni.

«Non possiamo permetterci il rischio che qualcuno riveli informazioni sul nostro conto» confermò Antonio.

«Purtroppo per voi, l’unico modo che conosco per impedirvi di parlare…» gli occhi rossi baluginarono di una follia animalesca, che fece piombare al suolo anche i più coraggiosi dell’equipaggio. «… è sprofondare le vostre menti nel Caos. Spero che il vostro soggiorno nella sanità mentale sia stato piacevole.»

L’ultima immagine che ebbero del mondo normale furono un paio di pupille rubino che si abbattevano su di loro. Poi la loro mente si lacerò, e l’universo vorticò intorno a loro, scomponendosi in mille pezzi che non si sarebbero mai più ricompattati.

La scialuppa abbandonò velocemente la nave su cui ormai regnava la pazzia.

 

***

 

«Dunque Lovino è ancora vivo.»

Il vecchio Guardiano chinò il capo imbiancato in un cenno di assenso.

«Ma non è l’unica raccomandazione che l’Asse intende rivolgervi riguardo ai vostri figli. Sono stato incaricato di riportarvi un secondo messaggio.»

Un sopracciglio del signor Vargas si incurvò a esternare un irritato interrogativo, e il Guardiano proseguì:

«Il bianco è stato scelto come colore rappresentativo dell’Asse, poiché riflette tutti i colori senza assorbirne nemmeno uno. Così deve essere anche per l’Asse: riflettere il mondo senza restarne toccato. Ma il bianco è anche il colore più facile da sporcare, per questo l’Asse deve restare lontano dalla lordura. Dunque, fate attenzione a colui che è stato scelto per ricoprire questo ruolo.»

«Per quale motivo?» il signor Vargas quasi ringhiò.

Il Guardiano rafforzò ulteriormente la sua posa marziale e scandì:

«Perché il suo bianco pare ansioso di essere sporcato. E la Confederazione non può ruotare su un cardine immondo.»

Ciò riferito, il Guardiano si inchinò e sparì a larghe falcate lungo il corridoio, lasciando il signor Vargas solo con le sue meditazioni.

Avrebbe inviato le sue milizie seduta stante per stanare Lovino e giustiziarlo. Per quanto riguardava Feliciano, non doveva preoccuparsi: ormai era totalmente sottomesso, e probabilmente si era perfino scordato di aver mai avuto un fratello.

L’unico problema era Lovino, come sempre.

Intinse il pennino nella boccetta di inchiostro e si preparò a stilare un mandato di cattura.

Non avrebbe permesso a quel gemello indesiderato di sbriciolare il loro Universo.

 

***

 

«C’è qualcosa che vi turba?»

Feliciano non aveva proferito verbo da quando se ne erano andati dalla sala dell’Auspicio: si era tolto il cappello e il velo, li aveva appoggiati su un angolo del letto e si era seduto sulla poltrona, rigorosamente lattea.

«Oh… te ne sei accorto?»

Le labbra si tirarono in un sorriso stanco, e Feliciano sprofondò nella poltrona con aria esausta.

«Non è stato onesto con me» rivelò.

«Come fate a saperlo?» domandò austero Ludwig.

Feliciano si coprì con una mano gli occhi, come se volesse nascondere il suo peccato sotto le dita.

«Perché i miei poteri sono più forti dei suoi. “Il migliore Asse degli ultimi trecento anni”. È così che vengo vantato, no?» di nuovo, quel sorriso figlio dell’amarezza affiorò sulle sue labbra. «Pare che i miei poteri siano davvero smisurati. Nemmeno io me ne ero reso pienamente conto fino… fino ad oggi. Ho visto quello che lui ha visto.»

«E cosa avete visto?»

Feliciano ritrasse le gambe sulla poltrona, appallottolandosi su se stesso. Quando la testa fu nascosta dalle ginocchia, fu quasi impossibile distinguere tra il candore delle sue vesti e la tinta nivea della poltrona.

«Se Lovino sopravvive, la Confederazione verrà stravolta. E, se ci riuniremo, l’Universo potrebbe smettere di esistere.»

Le spalle del giovane sobbalzarono per i brividi che cercavano disperatamente di trattenere, e Ludwig si avvicinò alla poltrona, preoccupato per le condizioni dell’Asse.

«So che un’Asse dovrebbe avere a cuore il bene della Confederazione» dalla gola otturata di lacrime uscì qualcosa di simile ad un miagolio, più che ad una voce umana. «Quindi dovrei lasciare che Lovino muoia e accettare il mio destino di solitudine…» la testa si infossò ulteriormente nelle gambe contratte, tanto che rimasero visibili solo alcuni ciuffi ramati. «Ma non voglio.»

Feliciano sollevò bruscamente il capo: il rosso delle guance infiammate, il colore trasparente delle lacrime e il castano infuocato degli occhi erano quasi violenti in confronto al predominante bianco.

«I miei poteri saranno superiori a quelli degli altri Assi, ma il mio spirito non è altrettanto forte! Non possono chiedermi di gettare i miei sentimenti fuori da questo Palazzo e diventare una bambola senza cuore! Non possono chiedermi di uccidere mio fratello!»

«Forse la vostra interpretazione è sbagliata…»

«Non è sbagliata! Quello era Roma!»

Vi fu un attimo di immobilità innaturale prima che Feliciano portasse una mano a coprire la sua bocca sfrontata.

«Scusami… ho urlato…» mormorò, mordendo le parole per non scoppiare in lacrime. «Ma per me mio fratello è più importante della Confederazione… proteggere un Universo in cui lui non c’è, per me non ha senso…» alzò sul Guardiano un paio di occhi imploranti e traballò: «Ludwig, se ti chiedessero di scegliere tra tuo fratello e la Confederazione, chi sceglieresti?»

Per un attimo, le spalle del Guardiano si contrassero. Poi si rilassarono di nuovo nella posizione di riposo militare mentre il giovane rispondeva:

«Mi è capitata una cosa simile, in passato. E non ho potuto fare nulla perché ero troppo debole.»

Feliciano si appoggiò a un bracciolo paffuto, completamente ammutolito. Ludwig si mise in ginocchio di fronte a lui, in modo da poterlo fissare negli occhi mentre affermava:

«Al contrario del me stesso di allora, voi siete forte, e anche io lo sono. Se combiniamo le nostre forze, potremmo fare in modo di rivedere i nostri cari senza che per questo la Confederazione debba cessare di esistere.»

Le ciglia del giovane, imperlate di lacrime, fremettero di speranza a quella prospettiva.

«Ne sei certo?» azzardò Feliciano.

«Non posso esserne sicuro. Ma possiamo cercare una via di uscita.»

Feliciano asciugò gli occhi sull’ampia manica, annuendo soddisfatto.

«Devo chiederti due favori» annunciò l’Asse. «Il primo è di non usare il “voi”, quando siamo da soli. Sembra che tu voglia tenermi a distanza, e non mi piace.»

«È per mostrarvi rispetto.»

«Me lo dimostri standomi al fianco ogni giorno e ogni ora. Non c’è bisogno di questa formalità.»

«Come… preferisci» Ludwig inciampò un attimo nello spezzare il muro della ritualità.

Il sorriso di Feliciano diventò finalmente più genuino, ma si infranse per l’incertezza nel pronunciare la seconda richiesta: 

«Potresti… abbracciarmi?»

Il ragazzo dirottò gli occhi sul bracciolo della poltrona, e si giustificò, imbarazzato:

«Quando c’era mio fratello… ero abituato ad abbracciarlo in continuazione, anche se ogni tanto mi spingeva via. Invece adesso…» strinse il pugno su alcune ciocche ramate, stringendo gli occhi per la nostalgia. «Sono sei anni che non abbraccio nessuno… o che nessuno mi tocca. Ed è così… triste… sembra che a nessuno importi che io sia vivo o meno, basta che stia al mio posto come una statua…»

Udì il fruscio della divisa, ma fu comunque sorpreso quando le braccia del suo Guardiano gli circondarono il capo.

«Non sei solo» furono le uniche cose che Ludwig disse, mentre lo teneva stretto a sé.

Feliciano morse le labbra e serrò gli occhi, ricambiando l’abbraccio del giovane. Pensava che Ludwig fosse gelido come la sua terra natale, o come i suoi occhi glaciali; invece sentiva il cuore del Guardiano battere nel petto su cui poggiava la sua guancia, e avvertiva il calore del giovane trapelare dalla divisa scura e avvolgerlo assieme alle sue braccia.

Strinse più forte la presa sulle spalle massicce, nascondendo il viso nel torace del giovane.

Aveva dimenticato che esisteva del tepore nel mondo, al di là del caminetto che riscaldava la sua stanza in inverno. E riscoprirlo gli diede una gioia che non sapeva di poter ancora provare.

 

***

 

Lovino esaminò corrucciato il disegno schizzato dal loro navigatore.

«Era qualcosa di simile» asserì infine, appoggiando il foglio sul tavolo in modo che tutti potessero vederlo.

«Sei assolutamente sicuro di aver visto questo, nella mente del comandante?» si sincerò Antonio, per l’ennesima volta.

Lovino picchiettò l’unghia sul paesaggio abbozzato.

«Ne sono certo. Qui c’era l’Hellsing, incatenato» spiegò, indicando un ponte sottile ricoperto di ghiaccio. «E lo stavano conducendo qui» concluse, indicando un nugolo di torri simili a una piantagione di stalattiti.

Un brusio preoccupato si levò dalla ciurma. Antonio sciolse il laccio che tratteneva la coda di riccioli sulla nuca, e legò nuovamente i capelli prima di pronosticare:

«Allora è stato portato alla Prigione Caina.»

Non vi fu bisogno di aggiungere altro.

La Prigione Caina era una delle Sei Fortezze e, in quanto tale, godeva della protezione di alcuni tra i migliori guerrieri di tutta la Confederazione: nessuno era vissuto abbastanza a lungo da raccontare il suo incontro con i Golem di Ghiaccio. Inoltre, il clima stesso del mondo in cui era stata edificata la Prigione scoraggiava qualunque avventuriero: nessuno poteva sopravvivere alla temperatura polare o alle asperità del terreno. In tutto il pianeta, l’unico edificio esistente era, per l’appunto, la Fortezza.

«Non c’è modo di coglierli di sorpresa» valutò ad alta voce un consumato bucaniere. «In quella maledetta terra non c’è nemmeno una montagna per nascondersi. Solo una schifosa lastra di ghiaccio.»

«Lovino, tu non potresti renderci invisibili?» tentò Antonio, ma il giovane scosse la testa.

«Potrebbe fare impazzire i prigionieri. Questo occuperebbe i Golem per un po’» propose un altro marinaio, ma questa volta fu Antonio a dissentire:

«Anche se li facesse impazzire, i prigionieri della Caina sono tutti addormentati e intrappolati nel ghiaccio. Non potrebbero fare scompiglio nemmeno volendo.»

Nessuno aggiunse altro, notando la tensione spasmodica con cui il capitano stava stringendo i pugni. La Prigione Caina era famosa non solo per la sua ubicazione impervia, ma anche per la pena riservata ai criminali chiusi nelle sue celle. I carcerati venivano immersi in un globo di ghiaccio e in un sonno profondo, in cui avrebbero rivissuto tutte le loro peggiori paure fino alla fine dei tempi. La sola immagine di Gilbert immobile in una bara congelata e tormentato da visioni fasulle gli faceva ruggire il sangue nel cervello.

«Esiste una persona che può avvicinarsi alle Fortezze senza essere fermato» rischiò un mozzo con la pezza sull’occhio. «Il Custode dei Cancelli.»

«Ma certo. Vuoi essere tu la prima testa che si fracasserà contro la sua mazza ferrata?» lo riprese aspramente un altro marinaio. «Per lui siamo nemici.»

«È l’unico modo per raggiungere l’Hellsing! Una volta in prigione potremo cavarcela in qualche modo, grazie ai poteri del capitano e del suo vice, ma dobbiamo arrivare interi!» protestò vivacemente il primo.

«E come pensi di…»

«È davvero l’unico modo?»

La domanda di Lovino sferzò la conversazione, spezzandola a metà. Tutti volsero lo sguardo verso il ragazzo che a sua volta fissava Antonio, in attesa di risposta.

«Il Mago dell’Ovest potrebbe fare qualcosa, ma dopo che gli abbiamo fatto impazzire un intero equipaggio dubito che avrà voglia di ascoltarci… no, potremo contare su di lui solo per ritrovare il Marauder. Forse» specificò Antonio. «Per quanto impossibile, il Custode è l’unica opzione.»

«Così sia. Se avete troppa paura, non preoccupatevi: andrò da solo.»

Lovino non lasciò tempo a nessuno di contestare la sua decisione: si alzò dal tavolo e si diresse veloce verso la sua cabina.

Si tolse la giacca amaranto e la dispiegò sulla gruccia. Un barbiglio di luce venne catturato dalla nuova medaglia: aveva raccolto lo stemma del capitano della nave di Britannia e lo aveva appuntato sul petto, assieme alle medaglie degli altri capitani che aveva sconfitto. Ma erano ancora insufficienti per rivaleggiare con Antonio.

Cominciò a slacciare i bottoni della camicia, ed era a metà strada quando la porta della sua cabina si spalancò.

«Dovresti ascoltare i discorsi altrui fino in fondo-» un cuscino lanciato con una permalosità scarlatta si abbatté sul viso del capitano, zittendolo.

«Dovresti imparare a bussare, dannazione!» esacerbò Lovino, riallacciando rapido la camicia.

«Non puoi biasimarli, se hanno paura del Custode dei Cancelli. Tu non hai visto cosa è capace di fare, ma loro sì» continuò imperterrito Antonio, scavalcando il guanciale che era rovinato al suolo.

«Infatti ho detto che andrò da solo. Così nessuno verrà ferito» replicò asciutto Lovino.

Si girò bruscamente quando Antonio lo afferrò per il polso con tanta forza da fargli quasi male.

«Questo» sillabò Antonio, sollevando la mano fasciata di Lovino. «Ustioni di secondo grado, e non era nemmeno uno scontro diretto con il Mago dell’Ovest. Pensi davvero che sopravvivresti a una lotta con il Custode dei Cancelli?»

«Me la caverò in qualche modo» contestò Lovino, cercando di liberare il polso.  Per tutta risposta, Antonio accentuò la presa e l’enfasi del rimprovero:

«Queste parole circolano solo nelle bocche degli stupidi. E tutti gli stupidi finiscono uccisi in qualche modo assurdo. Vuoi essere ammazzato anche tu, e lasciare tuo fratello a piangere col Cristallo?»

La pupilla di Lovino si dilatò, colpita a morte da quella previsione nefanda. L’ira di Antonio si acquietò un poco, vedendo la testardaggine del giovane ritirarsi dal suo viso per lasciare spazio all’ansia. Allentò la stretta sul suo polso, senza però lasciarlo andare, e consigliò, adamantino:

«Se vuoi rivedere tuo fratello, abbi più cura della tua vita.»

Approfittò della momentanea sottomissione di Lovino per aggiungere:

«Caleremo una scialuppa di sei persone per raggiungere la Fortezza Errante del Custode. Cercheremo di negoziare, non di combattere. Chiaro?»

«E se loro ci attaccassero?»

«Allora ci ritireremo. E cercheremo un altro modo per liberare l’Hellsing.»

Lovino portò le iridi, di nuovo ferme nella consueta espressione guardinga, sul volto del capitano e indagò:

«Sei davvero sicuro che, se risvegliamo l’Hellsing e il Marauder, potremo aprire una breccia nel Palazzo di Quarzo?»

«Loro sono le uniche persone che conosco in grado di accompagnarci in questa pazzia. Nonché le più potenti» confermò Antonio.

Lovino lasciò passare qualche secondo prima di porre la seconda domanda:

«Perché vuoi distruggere il Palazzo di Quarzo? Io lo faccio per mio fratello, ma tu…»

«Ho visto cosa si cela dietro la giustizia propagandata dalle famiglie Vaticane. E non credo che una simile ipocrisia possa mantenere questa Confederazione stabile ancora a lungo.»

La replica fu talmente immediata da lasciarlo quasi stordito. Antonio lo confuse ulteriormente estraendo un sorriso sornione del tutto inadatto all’argomento trattato.

«Un giorno te ne parlerò» promise.

«Mi basta che tu mi aiuti a liberare mio fratello. Non mi importa delle tue motivazioni» scalpitò Lovino, facendo un ulteriore tentativo per liberare il polso.

Le dita del capitano non gli permisero di fuggire, anzi, avvicinarono la mano bendata al viso dell’uomo. Il palmo venne accarezzato dalle iridi verdi di Antonio, calamitate da esso come se cercassero di scorgervi un percorso invisibile, prima che le labbra scendessero a lambire le fasciature.

Lovino si agitò come un luccio appena pescato, e le sue proteste verbali aumentarono di tono quando la mano libera del capitano fece pressione sulla sua schiena. Le esclamazioni di Lovino si strozzarono contro il cappotto del comandante. Le insinuazioni di Antonio si infiltrarono nelle sue ciocche ramate, accapponandogli i capelli sulla nuca.

«È ammirevole che tu desideri rivedere tuo fratello con tanta intensità. Ma ogni tanto dovresti renderti conto che lui non sarà l’unica persona che incontrerai nel tuo cammino. E perderai moltissime occasioni lungo il viaggio, se concentrerai tutto te stesso solo sulla meta.»

Antonio lo rilasciò all’improvviso, evitando di un soffio il calcio diretto ai suoi stinchi.

«Ci metteremo sulle tracce della Fortezza Errante da questo preciso momento. Se vuoi unirti a noi, sai dove trovarci» si accomiatò.

Lovino si gettò la giacca sulle spalle e infilò le maniche con una collera imbarazzata che gli colorava le guance.

Era sbagliato pensare solo al fratello? Doveva prestare attenzione anche alle altre occasioni?

«E quali sarebbero queste occasioni? Tu?» sberciò, abbassando la maniglia con veemenza. «Non farmi ridere, bastardo!»

E chiuse le sciocchezze del capitano dietro quella porta prima di recarsi di nuovo nella sala comune.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed eccomi qui con il terzo capitolo<3

Uhm, non ho molto da dichiarare/annunciare, questa volta XD

Solo, per le fan di Ivan: il fanciullo è in direttura di arrivo 8D

E, beh, non ho altri da aggiungere *che tristezza di postille finali XD*

Un bacione da questa scrittrice derelitta<3

A presto!

Red

Banner a opera di Claudia ^^
Le immagini utilizzate nei banner non mi appartengono; tuttavia, avendole prese dai miei archivi, non ricordo gli autori ç_ç Se qualcuno dovesse riconoscere la fonte di qualche immagine, me lo faccia sapere e provvederò a metterei credits<3
   
 
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